
Dopo molti anni Ricotta torna al suo paese d'origine: Gianni, un suo amico d'infanzia, si è suicidato. Nessuno sembra capire le ragioni del gesto e neanche il biglietto lasciato svela il mistero. Ricotta però non ci crede e vuole capire. L'indagine, sempre piú pericolosa, porta a investigare su un'industria chimica della zona. Ma non è solo il presente a celare complicità e crimini: dal passato riaffiora una ragnatela di passioni segrete che si estende indietro nel tempo e intrappola gli abitanti del paese, figure smarrite in un quadro in cui nulla è ciò che sembra.
Le piste dell'attentato è il romanzo d'esordio di Loriano Macchiavelli, e quindi quello in cui il popolare poliziotto protagonista - che da subito rivela caratteristiche che lo renderanno celebre, cioè caparbietà, spirito di contraddizione, indolenza e frenesia a fasi alterne - vive la sua prima avventura. Bologna, anni Settanta. Un attentato alla stazione radio dell'Esercito sui colli di Paderno e la morte di quattro militari fanno partire le indagini.
Fiori alla memoria è uno dei capolavori dell'autore. Un incendio doloso a Pieve, un paesino dell'Appennino tosco-emiliano, distrugge parte di un cantiere in cui si sta erigendo un monumento ai Caduti partigiani. Non solo: lí vicino viene trovato il cadavere di un giovane del paese. Delitto a sfondo politico? Chissà.
In Ombre sotto i portici siamo sempre a Bologna, anni Settanta. Imelde Scampini, tenutaria di uno dei piú rinomati bordelli della città, viene trovata cadavere. Che c'entrano quattro extraparlamentari di sinistra? Perché gli eredi raccontano tante bugie? E Sarti indaga.
Trame briose e convincenti, scenari precisi e godibili per questi tre classici del romanzo poliziesco italiano.
Dunque, il 15 ottobre 1991 il tribunale civile e penale di Milano mi assolse. Le motivazioni contenute nella sentenza erano varie; la piú importante, secondo me, è quella che affermava che l'autore (il sottoscritto) non era punibile in quanto aveva semplicemente esercitato il diritto di cronaca e di critica, emanazioni dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto di libertà di stampa e informazione. Un diritto-dovere che, ancor oggi, continua a essere messo in discussione da chi ha altri interessi che la libertà di stampa e l'informazione.
Solo oggi, nel 2010, trentesimo anniversario della strage di Bologna, il romanzo torna in libreria, praticamente inedito.
Due righe sulla storia. Fantasia, niente altro che ipotesi di un romanziere, basate su alcuni dati emersi nel corso delle tante indagini eseguite dai magistrati e che io ho utilizzato per aumentare l'interesse dell'intrigo e rendere piú credibile la vicenda. Anche il finale è pura invenzione.
Chi ritenesse di riconoscersi in uno dei tanti personaggi, uomo o donna, si tolga subito l'illusione di essere diventato un eroe da romanzo.
I personaggi sono di fantasia esattamente com'era di fantasia Jules Quicher, esperto di problemi di sicurezza in una multinazionale svizzera.
Loriano Macchiavelli
maggio 2010
BOLOGNA 1980 - 2010
Attenzione: questo è solo un romanzo. Ma come escludere che un romanzo sia piú vero della storia vera?
Giancarlo De Cataldo
Loriano Macchiavelli ci regala un magnifico romanzo, denso di colpi di scena e di sorprendenti intuizioni che contendono alle verità faticosamente ricostruite in tante sentenze, plausibilità, razionalità, verità.
Libero Mancuso
Questo libro, con il titolo Strage e a firma di Jules Quicher, «esperto di sicurezza in una famosa multinazionale svizzera», in realtà pseudonimo di Loriano Macchiavelli, uscí nel maggio del 1990 da Rizzoli, e subito fu ritirato dalle librerie, e mai piú pubblicato, in seguito alle vicende che lo stesso Macchiavelli racconta nello scritto introduttivo a questa nuova edizione.
Gli scrittori che Giovanni Macchia allinea in questa galleria di ritratti, sono colti anziché nello splendore della giovinezza, in momenti di crisi, quando, prossimi alla vecchiaia o attaccati da malattie, si avviano verso la fine. Perché ogni scrittore ha un proprio tramonto. Ma non sempre la vecchiaia è una condanna alla rinuncia e al silenzio. Montaigne acquistò verso la fine della vita un'energia e un coraggio che non aveva mai posseduto, quasi non vedesse più il passato come un ammasso di rovine e osservasse il volto dei tempi nuovi con un misto di terrore e di speranza.
In una scuola di un piccolo paese del Salento si presenta in qualità di insegnante il diavolo in persona. Portatore di sapere e corruzione, il professor Malennio giunge con il preciso intento di soggiogare Faustino, l'alunno più brillante della scuola. Le vicende di quell'anno scolastico sono documentate da una serie di componimenti svolti in classe, raccolti secondo un piano espositivo che descrive un duello senza risparmio di colpi e dall'esito imprevedibile fra il Signore delle Tenebre e un gruppo di ragazzini tutt'altro che ingenui. Su quelle pagine sfilano gli intrighi alla corte di don Ferrando d'Aragona e le peripezie di un musulmano con le stigmate, la minaccia del terrorismo islamico e un culto insolito della Vergine. Un apologo sul male e sul potere espiatorio del silenzio.
Il volume affianca a una sezione di scritti autobiografici altre sezioni dedicate al filone anticartesiano della letteratura francese, al XVII secolo (il secolo del teatro per antonomasia), a temi e figure del Settecento e dell'Ottocento (rapporti tra pittura e teatro, origini del romanticismo ecc.) e a Baudelaire.
Come in una favola, il cafone Giovanni Pepere salva la vita al viceré nella battaglia di Troia del 1528 e in premio riceve terre nell'agro di Melfi sulle quali incomincia a costruire una masseria. È l'inizio di una scalata umana e sociale, di un riscatto dalla miseria che porterà il cafone a sposare per calcolo una principessa ma ad amarne davvero la sorella; crudele e violento, ignorante ma conscio di esserlo, Pepere si muove nella vacanza di poteri nata dopo il sacco di Roma sfruttando ogni occasione con spregiudicata intelligenza. La scoperta nelle proprie terre dell'"olio di pietra" - base per il micidiale "fuoco greco" - lo lancia in un commercio disinvolto e illecito che lo fa ricchissimo; il fuoco diventa così il simbolo del suo potere e insieme dell'ambizione che gli fa cambiar nome, dichiararsi principe, battere moneta e creare un esercito che lo difenda da chiunque sfidi la sua nuova, illegittima autorità. Sorretta da una lingua ricca e da uno stile di grande impatto, la parabola del cafone che si fa principe fa emergere i caratteri che fanno del protagonista il "primo italiano", prodromo di una borghesia belligerante, senza censo, senza credo e senza paura. In uno specchio distante cinque secoli si disegna così un ritratto collettivo che ci trova, ancora, impietosamente somiglianti
"Una donna disposta a sfruttare se stessa, anima e corpo, senza restrizioni, senza scrupoli morali e senza misticismo, è una forza della natura paragonabile all'elettricità, della quale si dominano i capricci senza mai penetrarne il mistero originario": per quanto cinica possa sembrare, è questa la "morale" che l'autore stesso, giunto quasi all'epilogo del suo libro, trae dalle storie che ha narrato. Perché dei cinque personaggi che incontriamo nella prima, memorabile scena - il giovane squattrinato che aspetta un'avventura da "acchiappare al volo", il disertore dell'esercito coloniale, il pittore tedesco che intuisce la presenza della morte nei luoghi che dipinge, l'inquietante macellaio - l'unica a cavarsela e a diventare "potente", e forse anche l'unica a sopravvivere, sarà la donna: la prostituta Nelly. Alla fine dell'interminabile notte trascorsa al Lapin Agile (celebre cabaret di Montmartre), dove sono stati costretti ad affrontare a colpi di pistola una banda di malviventi acquattati nel buio, i quattro uomini si avvieranno infatti verso un destino variamente funesto - mentre Nelly andrà incontro alla vita da "conquistatrice". Quando la ritroveremo, nel 1919, sarà diventata "la divinità della strada, ma di una strada arricchita dalle folli prodigalità di tutti gli scampati al massacro". "Sono tutti morti per la mia salute fisica e morale" penserà. E ad alta voce aggiungerà: "Naturalmente!". Con un saggio di Guido Ceronetti e una postfazione di Francis Lacassin.
Un giorno qualsiasi lo scrittore e naturalista inglese Richard Mabey si ferma, e tutto si ferma intorno a lui. Niente ha più senso, niente ha più colore. Smette di lavorare, si chiude in casa, non vuol più vedere nessuno. Ripete come una litania spezzata: «Sono stanco». Ma soprattutto si accorge di aver perso il legame per lui più importante, fonte di gioia e ispirazione: quello con il mondo naturale. Iniziano i momenti in cui proprio «non va». Momenti immobili e bui. Mabey è caduto in una depressione profonda.
«Come un giovane pennuto che si invola dal nido, o come un uomo che fugge dalla fame o dalle tribolazioni devo migrare», dice. Lascia l'amata casa della sua infanzia tra le dolci colline delle Chilterns e si trasferisce in una fattoria isolata nelle pianure del Norfolk. Parte con poche cose, senza pentole o suppellettili, ma con un bagaglio messo insieme sulla base di criteri strettamente emotivi. Eppure, grazie all'aiuto del nuovo paesaggio che lo circonda, nel giro di qualche mese Mabey risale lentamente la china. E con allegra meraviglia ci regala la sua ricetta.
Questo libro è il racconto di una rinascita, ovvero la storia di un misterioso rito di passaggio. Mabey è infatti un uomo che deve imparare ex novo a vedere la natura per tornare infine ad abbracciare il mondo, capire se stesso e accettare gli altri.
Attorno a lui le stagioni si alternano, le rondini partono e ritornano, le gru intrecciano nuove danze gioiose, e piano piano un paesaggio sconosciuto e ostile si fa sempre più accogliente. Quando ritrova la forza di scrivere si accorge che, descrivendo la natura mutevole dei boschi che circondano la sua nuova casa, si sta invero riappropriando del proprio sé. Con genuino stupore si scopre nuovamente pronto ad aprirsi all'amicizia, agli affetti, all'amore.
La cura naturale di Mabey non è un passivo abbandonarsi al mondo, ma una riflessione profonda sul senso del nostro esserci, sul valore relativo, e pertanto assoluto, di ogni creatura, sulla saggezza della terra, sul ruolo della fantasia e dell'empatia con la natura, gli animali, i fiori, il vento. Scritto nella scintillante prosa che ha reso celebre l'autore, strutturato come un racconto e preciso come un saggio, Natura come cura è un libro che ci lascia con un messaggio di grande speranza, individuale e collettiva.