
Viaggio autobiografico alla ricerca delle proprio origini e di un Paradiso raccontato dal nonno giramondo durante l'infanzia, nell'appartamento di Montparnasse: i Caraibi, Cuba, la Rivoluzione, il mito di Castro, i festeggiamenti per la caduta di Batista... Appena può (in realtà a 48 anni, nel 1995) Orsenna parte per Cuba in compagnia di un fotografo; trova ciò che gli premeva e da questo sfondo emergono la difficile convivenza con l'embargo, i miti dei cubani, la gioia di vivere, nonostante tutto. Il viaggio, raccontato in modo ironico, arriva alla conclusione che l'illusione di Castro di creare un Paradiso è appunto soltanto un'illusione.
Davvero strana l'isola dove Giovanna con il fratello Tommaso approda dopo un naufragio. Qui ci sono spiagge e palme e una barriera corallina. Un'isola tropicale come tante altre? No, dove si è mai visto un'isola con negozi che vendono parole, un municipio per i matrimoni tra sostantivi e aggettivi, un ospedale per le parole malate e una fabbrica per costruire le frasi, con distributori automatici di articoli e orologi a pendolo per i modi verbali? L'isola è una specie di "grammatica vivente" in cui i due fratelli imparano a parlare in un modo nuovo. Età di lettura: da 10 anni.
"Il congiuntivo è l'universo del dubbio, dell'attesa, del desiderio, della speranza, di tutte le possibilità. Che cosa sarebbe di noi, se non potessimo contare su ciò che non esiste?". A partire da questa constatazione Giovanna, già protagonista di "La Grammatica è una canzone dolce", esplora in questa nuova avventura l'arcipelago dei modi verbali. Età di lettura: da 10 anni.
Giro d'Italia con delitto dovrebbe essere "delitti", al plurale, ma si può considerare tutto il crimine assortito come un delitto unico commesso profanando la sacralità della corsa, è un giallo classico di ingredienti e moderno di salse, rigoroso e particolare, con soluzione completa e inattesa non all'ultima pagina e neppure all'ultima riga, ma all'ultima parola. Poi c'è un epilogo brevissimo che rimanda ad un Tour de France con delitto. Protagonista è la corsa rosa, che fa cent'anni in questo 2009. Le comparse sono tantissime, dal pubblico ai corridori ai cosiddetti suiveurs (giornalisti, amici, parenti, meccanici, tecnici, organizzatori, poliziotti...). I delitti sono truci ma non trucidi. Si sentono più applausi ai ciclisti che grida di terrore, ma il racconto toglie il fiato e toglie la voglia di fare tappa per sostare nella lettura.
GLI AUTORI
Gian Paolo Ormezzano (Torino, 1935) tre figli e sei nipoti, diplomato al liceo classico Cavour. A Tuttosport dal 1953 al 1979: giovane di studio, redattore semplicissimo, caposervizio del ciclismo, direttore. Da fine 1979 inviato speciale a La Stampa e poi, dal 1991 della pensione, collaboratore fisso dello stesso giornale, con breve ritorno a Tuttosport nel 1997-98. Primatista mondiale di Giochi olimpici, cominciando dal 1960 a Squaw Valley: 23 edizioni dopo Torino 2006, record di tremenda pesantezza anagrafica e non solo. Servizi o – più fine – reportages da 28 Giri d’Italia, 12 Tour de France, tanti e forse troppi campionati mondiali ed europei di calcio, atletica, basket, nuoto… Per i Giochi invernali di Torino 2006 ha scritto Di neve e di ghiaccio, fiabe olimpiche vere raccolte in un volume edito in italiano e inglese.
La seconda guerra mondiale infuria per l'Europa e in Polonia la vita, già difficile per tutti, è per gli ebrei pressoché insopportabile. E Alex è, appunto, ebreo. Sua madre è scomparsa nel nulla e suo padre è stato prelevato dalle SS e fatto partire per una destinazione ignota. Rimasto solo Alex si è rifugiato in un edificio abbandonato, al numero 78 di Via degli Uccelli, e dalla sua isola segreta esce solo di notte, per procurarsi il cibo. Finché, un giorno, Alex ode delle voci: degli sconosciuti si sono introdotti nel palazzo. Il coraggio, l'eroismo perfino, non sono insoliti in tempo di guerra, ma Alex ha appena undici anni, e la sua è la storia di come la nuda forza di volontà riesca talvolta ad avere la meglio sulla crudeltà e l'ingiustizia.
Srulik, otto anni, è ebreo e vive con la famiglia nel ghetto di Varsavia, durante la seconda guerra mondiale. Rimasto improvvisamente solo, si unisce a una banda di orfani che sopravvivono di piccoli furti, dormendo nelle case abbandonate. Costretto dai rastrellamenti a fuggire nelle foreste intorno a Varsavia, dovrà affrontare un lungo anno e mezzo di vagabondaggio, nel corso del quale incontrerà persone di tutti i tipi: padroni violenti, spietati soldati tedeschi, ragazzini prepotenti, contadini falsi e bugiardi, ma anche veri amici e famiglie gentili e affettuose. Età di lettura: da 10 anni.
«Trovo magistralmente ben narrata la squallida storia, perfettamente collegati i movimenti psicologici. Gli ultimi tre capitoli sono i migliori: vi è una reale progressione drammatica, come dicevano gli antichi; e in tutta l'opera del resto, la sensazione "temporale" è eccellentemente resa. I capitoli finali sono avvolti in una luce di grigia poesia».
Così scrisse di questo libro, letto inedito in un abbozzo giovanile, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Per aggiungere, dopo una serie di osservazioni stilistiche costruttive: «Queste mende sono poche; il riferimento a loro occupa molta carta, ma il loro valore è minimo in confronto della salda bellezza dell'opera».
Il celebre critico e teorico letterario scrisse ventenne un romanzo idealmente suggerito dall'autore del Gattopardo, lo lasciò quarant'anni in un cassetto, l'ha riscritto dai 65 ai 75 anni. I decenni intercorsi trasformano oggi in un romanzo storico quello che non lo era nei primi anni Cinquanta.
Prima liceo, 1947. Perché Mario, conquistatore di donne, è tenuto a distanza da Ferdinando che ama in segreto proprio ragazzi come lui? Lo si capirà solo alla fine. Ferdinando perde la testa per uno sportivo piú bello e piú sano ma totalmente incolto, Mario innamora la nipote di una duchessa in uno strambo salotto nobiliare e comunista. Quando il reciproco bisogno di confidenze li avvicina, l'affetto sincero degenera in una spirale sadica e masochistica di terribile violenza.
Entrambi ne escono annientati.
Una storia trascinante, che non nasconde i suoi debiti (il romanzo breve francese, Stendhal, la Carmen di Bizet), e dove l'ironia filtra le scene piú divertenti come le piú crudeli. Ci cattura per la rilucente bellezza e l'originale velocità dello stile, ci dà da riflettere sul fondo bisessuale di noi tutti quale lo vedeva Freud.
Orlando Orlandi Posti, diciotto anni, trascorse gli ultimi due mesi della sua vita in una cella del carcere nazista di via Tasso a Roma. Era stato catturato dai tedeschi per aver salvato dei compagni da una retata. Scrive un diario in cui si rivolge alla madre e all'amata Marcella, sforzandosi di pensare al futuro, all'amore, ai progetti, alla licenza liceale. Sullo sfondo la violenza della vita in prigione, la durezza degli interrogatori e dei carcerieri, l'agghiacciante immobilità del tempo che non passa mai. Una testimonianza impressionante proprio per quello che non dice. All'apparenza un diario di un comune ragazzo, tra le righe nasconde il dolore di un uomo conscio del proprio destino. Fu fucilato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine.