
"Se scrivessi la mia biografia, stupirei il mondo", ha detto Caterina Sforza. Figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, Caterina ha dato prova del suo carattere già a dieci anni, quando si è proposta per diventare la moglie di Girolamo Riario, in sostituzione della cugina undicenne, giudicata troppo giovane per consumare il matrimonio. Dotata di una cultura vastissima, si è distinta in discipline considerate appannaggio esclusivo degli uomini, come l'alchimia, la chimica e le arti belliche. Dopo la morte del marito, ha governato da sola Imola e Forlì, guidando persino l'esercito in battaglia. Durante l'assedio della rocca di Ravaldino, non si è lasciata mettere con le spalle al muro da chi le aveva intimato di arrendersi, minacciandola di ucciderle i figli; al contrario, Caterina ha risposto sollevando la gonna e urlando: "Fatelo, tanto qui ho lo stampo!" Nella sua breve vita, Caterina ha fatto di tutto, tranne scrivere una biografia. Seicento anni dopo, è una sua discendente, Francesca Riario Sforza, a celebrare la straordinarietà della sua antenata in un romanzo che ci restituisce l'immagine di una donna in anticipo sui tempi, che non si è rassegnata al ruolo di moglie e madre, ma ha lottato per farsi strada in un mondo dominato dagli uomini. Una donna forte, indipendente e incredibilmente moderna.
Di Julia Martin sappiamo solo quanto racconta agli uomini che la mantengono: che forse è stata sposata, che forse ha avuto un bambino, che forse è cresciuta in qualche paese straniero. Del resto a chi passa una notte con lei non importa sapere chi sia veramente quella silhouette con il suo buffo costume di scena: turbante, veletta, un cappottino di seconda mano, un mazzo di violette stretto nel pugno. Del resto neanche a Julia importa sapere quello che pensano gli altri, lei ha sempre qualche credito da riscuotere, e non tradirebbe quello che ritiene l'unico modo sensato di vivere: "Se un taxi suona il clacson prima che abbia contato fino a tre vado a Londra, se no niente".
Marya, giovane inglese sposata con il polacco Stephan, si sente, per la prima volta nella sua vita, «molto vicina a essere felice». Ed ecco che, da un giorno all’altro, il marito finisce in galera lasciandola senza un soldo né un amico al mondo. L’agognata felicità assume allora per un istante le sembianze di Heidler, facoltoso mercante d’arte, che però la trascina – sotto gli occhi compiacenti e maligni della moglie – in una lunga, torpida ossessione. Sullo sfondo di una Parigi mai così crudele, in una Rive Gauche ingannevolmente romantica e mondana, Marya finisce per trovarsi avviluppata in un tormentoso ménage à trois; e quando, con un palpito di disperata onestà, prova a lacerare il velo delle apparenze, comprende che in quell’irrespirabile bohème i codici sociali pesano quanto e più che altrove. Schiacciata fra l’anelito a una vita rispettabile e la realtà obbligata del demi-monde, si scopre così condannata senza appello all’«esistenza grigia, spaventosa, dei derelitti»: un mondo irreale e al tempo stesso terribilmente concreto, fatto di sordidi caffè e grame camere d’albergo, dove è impossibile trovare scampo alla tragica ineluttabilità della vita.
"C'è in "Jane Eyre" di Charlotte Bronté un personaggio minore, ma discretamente inquietante. Il personaggio di una folle reclusa che si dice sia una bella ereditiera creola. Jean Rhys ha avuto l'idea di ricostruire la vita di una simile ombra labile e confusa prima dell'arrivo in Inghilterra. Una idea può essere buona o cattiva, anzi un'idea è in partenza provvisoriamente buona e cattiva. Risulterà essere più buona che cattiva, più cattiva che buona a seconda dell'esecuzione. Ora l'esecuzione di Jean Rhys è straordinaria, un romanzo avvelenato di fascino, squilibrato di passioni, condannato e riscattato dalla magia... Scacciata dal suo paradiso di Coulibri, Antoinette affronta un tragico e tumultuoso destino d'amore e follia proprio perché di tale tragicità e tumultuosità è convinta lei per prima. O, facciamo, per seconda. Per prima ne è convinta Jean Rhys che con mano implacabile e delicata, complice e spietata sospinge la sua eroina a bruciare e consumarsi nello straordinario romanzo che è "II grande mare dei sargassi" sino a ridursi all'ombra labile e confusa di un personaggio minore dello straordinario romanzo che è "Jane Eyre" di Charlotte Bronté." (Oreste del Buono)
"In un luogo mitico - la casa sul promontorio sospesa tra cielo e mare, il paesaggio e la luce 'mediterranei' - un intagliatore di Madonne e una pittrice astratta, entrambi tedeschi, vivono ed espiano fino alle conseguenze estreme la maledizione tragico-farsesca dell'essere artisti nel mondo del già detto, del già fatto, nel triste mondo della riproducibilità. Un'Italia degradata, e tuttavia memore di una trascorsa civiltà i cui rituali estremi, seppure insidiati dalla barbarie 'spettacolare' della modernità, sopravvivono nella vita di un borgo marinaro, fa da sfondo a un delitto, efferato ed enigmatico, e a un'altrettanto misteriosa metamorfosi del protagonista." (dalla Postfazione di Andrea Landolfi)
La parabola di un uomo dall'adolescenza alla maturità, sullo sfondo delle trasformazioni di una terra di confine. Il protagonista, cresciuto nella lontana Bucovina, crogiolo di popoli e razze diverse, sperimenta sulla propria pelle la dissoluzione della Felix Austria. Austriaci, tedeschi, slavi, turchi, armeni, ebrei da cittadini di un impero si trovano a essere popoli diversi con crescenti aspirazioni indipendentistiche. Le sue vicende personali lo costringono a interrogarsi sui temi dell'identità, della trasformazione dell'Io, tipici della letteratura mitteleuropea.
Nel 1990, poco prima di celebrare il suo ottantesimo compleanno, Gregor von Rezzori inizia la stesura di questo libro di memorie, arguto, divertente, ironico e intensamente poetico. E un libro di memorie per un intellettuale nomade e sradicato come Von Rezzori non può che coincidere con il racconto dei viaggi che nel corso degli anni lo hanno portato a rivedere i paesaggi della sua infanzia e della sua giovinezza, e a incontrare di nuovo vecchi demoni, in una riuscita combinazione di riflessioni storiche e meditazioni private. Così in un viaggio in Romania, suo Paese natale, in cui ancora si sentono gli echi della rivolta contro il comunismo del 1989, Von Rezzori riflette sulla natura della devozione del popolo verso i tiranni che lo rendono schiavo e sulle strane sensazioni che provoca rivedere dopo quasi mezzo secolo il posto in cui sei nato. Un viaggio in Germania, dove Von Rezzori aveva raccontato il carnevale di Colonia come commentatore televisivo, è l'occasione per una serie di riflessioni sul popolo tedesco, la bellezza e il fascino della sua lingua e della sua cultura in contrasto con le asprezze della sua storia e per un parallelo fra lo scadimento morale rappresentato da quella festa e la forte tensione morale della Berlino del 1938. Un tour de force di audacia letteraria e autoironia, che testimonia ancora una volta la forza di questo grande intellettuale del Novecento.
Anto ha due passioni: il sonno e il lenzuolo di sotto. Vuole imparare a dormire sulla vita che scorre, e di questo dialoga con il padre. Incontra Sonnekj, il vecchio saggio che possiede il sonno assoluto e che gli insegna a diventare un sonnambulo, a dormire un sonno compiuto, limpido e colorato. Conosce Ora, una sonnambula. Si innamorano e si uniscono per sempre. In una prosa surreale, visionaria e potente Antonio Rezza ci dà un testo unico: un inno al sonno, inteso come metafora della vita e della crudeltà del mondo; ma anche una storia d'amore perché non c'è cosa più bella che vedere una donna che dorme...
In una realtà rarefatta e indefinita, abitata da un'umanità sempre in corsa e distratta dalle cose importanti per star dietro a quelle urgenti, si dà il caso isolato di Antonio (io narrante del romanzo), che invece è fermo, idealmente immobile, inchiodato com'è al suo inferno interiore. È il tormento di chi vorrebbe ancora essere in una realtà dove è possibile solo apparire. Chi non appare è ostaggio della noia (che è immortale come Dio e in più esiste): e siccome è lei il peggior nemico dell'uomo, tutti corrono nel tentativo disperato di tenersi occupati. Antonio, rassegnato a vivere con sé (ma con in testa la vaga idea che senza sé vivrebbe meglio), si occupa quel tanto da non darsi scampo. Come la mattina in cui esce di casa per andarsene a fare una foto. Cede dunque alla tentazione di "vedersi chiaro", per essere come gli altri - almeno certificato in un documento - ma cede invano. Ma Antonio si muove. Scatta durante lo scatto e viene "mosso" nella foto come non riesce a essere nella vita. È un movimento piccolo, la distrazione di un istante: tanto basta, però, a escluderlo dal proprio ritratto e a sbalzarlo, per contraccolpo, in tutti gli altri dell'umanità intera; sui quali, da quel momento, indipendentemente dalla posa, campeggia sempre e solo il volto suo. È l'inizio di un lungo viaggio tormentato attraverso due dimensioni, di cui la foto è frontiera ideale e metaforica: quella del ritratto e quella della realtà.
Un padre, ormai anziano. Un figlio in viaggio, partito per un paese lontano alla ricerca della felicità. E, a tessere un filo tra i due, un lungo monologo, un racconto in prima persona che esplora con pudore lacerante la difficoltà e spesso l'impossibilità di essere genitore, di essere figlio.
"Felici gli amati e gli amanti e coloro che possono fare a meno dell'amore. Felici i felici": le due ultime "beatitudini" di Borges, che Yasmina Reza inscrive sulla soglia di questo romanzo, ci indicano la via per penetrare nel fitto intreccio delle vite che lo popolano. Perché la felicità - nell'amore o nell'assenza di amore, all'interno di una coppia o al di fuori di ogni legame - è un talento: e di tutti i personaggi che a turno consegnano al lettore confessioni a volte patetiche, a volte grottesche, a volte atrocemente comiche, si direbbe che quasi nessuno lo possegga. In un sottile gioco di echi, di risonanze, di contrappunti - tra amori inaciditi e rancori mai sopiti, illusioni spezzate e fughe nel delirio -, le voci che si avvicendano, quasi incalzandosi, tessono un ordito i cui fili (tenui in alcuni casi, in altri pesanti come catene) collegano molteplici destini, tutti segnati dall'impervia difficoltà dell'incontro con l'altro. Con una scrittura di chirurgica precisione, capace di muoversi tra i registri più vari, in un susseguirsi di scene in cui sempre lampeggia il genio della donna di teatro, Yasmina Reza è abilissima nel far affiorare, appena sotto la superficie smaltata delle apparenze, solitudine e violenza, disperazione e risentimento; e riesce a condurre la ronde dei suoi personaggi - mogli inquiete e mariti perplessi, amanti insoddisfatte e libertini mediocri, giovani in fuga dalla vita e vecchi abitati dalla morte.
«Il mio amico Serge ha comprato un quadro» annuncia Marc, da solo in scena, ad apertura di sipario. «È una tela di circa un metro e sessanta per un metro e venti, dipinta di bianco. Il fondo è bianco, e strizzando gli occhi si possono intravedere delle sottili filettature diagonali, bianche». Subito dopo Marc viene a sapere dallo stesso Serge che il quadro bianco a righe bianche è stato pagato duecentomila franchi: cosa che Marc giudica grottesca, poiché secondo lui è «una merda». Un terzo amico, Yvan - che ha già abbastanza guai con i preparativi del suo matrimonio -, non prende posizione, venendo accusato dagli altri due di pusillanimità e doppiezza. Così, la serata che i tre decidono di trascorrere insieme si trasforma in un regolamento di conti, in un gioco al massacro: il quadro bianco a righe bianche diventa il rivelatore da cui affiorano a poco a poco nevrosi, risentimenti e rivalità, mentre le parole si fanno sempre più velenose, sempre più acuminate, fino a ridurre in macerie la fragile impalcatura di un rapporto fondato sull'egoismo, la vanità e l'ipocrisia. Yasmina Reza, di cui conosciamo la penna affilata e lo sguardo chirurgico, tocca in questa commedia nera vette di comica crudeltà, si diverte e ci fa divertire - perché ridiamo molto, anche se sempre più a denti stretti, a mano a mano che da sotto la maschera buffa del théâtre de boulevard vediamo spuntare la malinconia.

