
"Gli orrori della Siberia", scritto nel 1900, è un classico romanzo di avventura, nel quale fra i topos tipici di questo genere letterario (il viaggio, la natura contraria, le lotte con le fiere e i traditori...), si individua la percezione dell'impero zarista - potente e crudele, ma ingenuo e corruttibile - che si aveva in Italia all'aprirsi del XX secolo. Prefazione di Claudio Gallo.
Una madre e un figlio salgono a bordo di una piccola barca a motore, lui è nero, lei bianca, e assieme intraprendono un viaggio lungo il fiume Atrato, l'unica via che permette loro di penetrare nella fitta giungla colombiana per arrivare a Bellavista, dove abita la madre biologica del bambino. Un percorso lento, scandito da numerose fermate, in condizioni tutt'altro che ideali. Mentre l'imbarcazione procede nella navigazione la madre racconta a un'altra viaggiatrice come il bambino addormentato tra le sue braccia sia arrivato una mattina nella sua vita e quale sia il motivo di questa loro immersione nel cuore della giungla. È un modo per esorcizzare l'ansia crescente, ripensare al passato che l'ha condotta fin lì, e un tentativo disperato di procrastinare il loro arrivo. Ogni gesto, anche il più quotidiano, acquisisce una dimensione nuova: mangiare un mango maturo, intrecciarsi i capelli, cucinare un pesce per rifocillarsi, fare il bagno nell'acqua piovana. Nel mezzo di questa regione segnata dalla violenza, da uccisioni e attentati, i passeggeri incontrano sempre più persone alle prese con un destino oscuro e un futuro tutto da costruire. Un incendio devasta un villaggio, emergenze continue, un parto improvviso. Sembra di non arrivare mai, sembra che il fiume non voglia mai smettere di intonare il proprio canto di dolore e di speranza. Un romanzo di paesaggi travolgenti, un accurato ritratto della paura di una madre, la cronaca di un dramma storico, la terribile violenza che ha colpito la Colombia negli ultimi decenni. E poi l'intima comprensione tra donne che si incontrano per la prima volta, la sorellanza allo stato più puro, la crudeltà della forza come unica soluzione, in un esordio che scruta senza ritrarsi il conflitto drammatico tra diritti naturali e affettivi, tra chi è madre e chi si sente madre, senza mai distogliere lo sguardo di fronte alla brutalità e all'incanto dell'animo umano.
In questo libro Salamov ripercorre l'epoca della sua infanzia e formazione a Vologda, città del Nord nivea e cupoliforme, densa di significati sovrapposti nella storia russa - primo fra tutti quello di essere stata città-simbolo dei confinati politici sotto gli zar. Con naturalezza, cercando di mantenere sempre la "percezione giovanile degli eventi" e oscillando nel tempo come seguisse il "mugghiante dondolio dello sciamano" (e di ascendenze sciamaniche era la sua famiglia), Salamov è riuscito a mescolare la corrente della sua vita al turbinoso flusso dela storia russa, senza mai distaccarsi dal tono fondamentale della sua opera.
Uno scrittore altissimo che ebbe in sorte di vivere e raccontare uno degli orrori più intensi e più vasti che l'umanità abbia escogitato.
Prima della discesa agli inferi della Kolyma, la sterminata distesa di paludi e ghiacci nella Siberia nordorientale dove il regime sovietico portò al massimo livello di efficienza il sistematico annientamento delle sue vittime, Šalamov aveva già avuto modo di sperimentare la durezza della repressione staliniana: arrestato nel 1929 per «propaganda e organizzazione sovversiva», fu infatti condannato a scontare tre anni di lavori forzati in uno dei primi lager sovietici, quello di Višera, nel Nord degli Urali. Al ricordo di quell'esperienza - il primo impatto di uno spirito libero e forte con la spietata realtà politica e sociale del Paese - Šalamov torna in due momenti distinti della sua vita, dopo il ritorno a Mosca da uomo libero. Nel 1961, mentre già sta lavorando ai Racconti della Kolyma, scrive i due frammenti che aprono il volume, La prigione di Butyrki (1929) e Višera: testi incompiuti, eppure fondamentali per introdurre il corpo centrale del libro - quello che nel diario egli definì L'antiromanzo Višera, scritto tra il 1970 e il 1971, ma destinato a vedere la luce solo nel 1989. In queste pagine, che si saldano indissolubilmente ai Racconti della Kolyma e che spesso ne richiamano temi e personaggi tanto da costituirne l'indispensabile preludio, prende via via forma l'epopea negativa dei lager staliniani: la storia della loro nascita, di chi li abitò e di chi li diresse, dell'incrudelirsi delle regole che li trasformarono in un perfetto meccanismo - congegnato «a immagine del mondo» - atto non solo a infliggere sofferenze estreme, ma soprattutto a stravolgere ogni norma etica, distruggendo moralmente tanto le vittime quanto i carnefici: «Che cosa mi ha dato Višera? Tre anni di disillusioni quanto agli amici e di speranze infantili infrante. Un'insolita sicurezza nella mia forza vitale ... solo, senza amici, e senza nessuno che la pensasse come me, sopravvissi a quella prova fisica e morale. Ero saldo sulle mie gambe e la vita non mi faceva paura».
Pistoia, 25 luglio: durante la festa di San Jacopo, patrono della città, due ragazzini in bicicletta trovano, vicino a un fosso, il cadavere di una donna, barbaramente uccisa, priva di documenti, vestita e truccata come una prostituta, probabilmente extracomunitaria. Dopo affannose indagini, portate avanti da carabinieri svogliati e un giovane cronista che sogna lo scoop, si scopre invece che il corpo è quello di Efisia Caddozzu, maestra elementare, che tutti credevano in vacanza, la cui scomparsa era stata segnalata solo dall'anziano padre, a cui nessuno aveva creduto. I sospetti sembrano portare sulle tracce della comunità albanese: Efisia faceva volontariato, conosceva il mondo degli immigrati e aveva preso sotto la sua protezione un ragazzo intemperante e violento. Ma chi era davvero Efisia Caddozzu? Perché una semplice maestra viene abbandonata sul ciglio di una strada con il cranio fracassato? Efisia era venuta dalla Sardegna agli inizi degli anni Sessanta: famiglia numerosa, carattere indomito, a tratti brusco e iracondo, aveva militato in Lotta Continua, aveva dedicato la sua vita all'insegnamento, al volontariato e aveva aiutato molti immigrati a inserirsi in città. Le indagini portano tutte a un unico indiziato: l'albanese, di cui si è persa ogni traccia. Ma la verità sulla morte di Efisia è un'altra. Per scoprirla sarà necessario scavare nelle ipocrisie più sottili e feroci dell'animo umano.
Münden, bassa Sassonia, 1626. Prìncipi e generali devastano la Germania con immense armate, mentre la povera gente annaspa per sopravvivere. La prostituta Rose, bella e combattiva, dopo una vita di umiliazioni al seguito degli eserciti cerca una via di redenzione, ma il destino le pone una scelta complicata. Brian, nauseato e ormai assuefatto al sangue, combatte per professione interrogandosi sull'onore e il senso ultimo dell'esistenza. L'amore tra queste due anime in cerca di riscatto è messo alla prova dai fantasmi del passato e dalle violenze del presente. Il loro cammino s'intreccia a quello di molti personaggi, come il padre gesuita Spee, che contrasta gli ingiusti processi per stregoneria e offre un'ancora di salvezza ad appestati e derelitti, o il piccolo Axel che medita vendetta dopo aver perso il suo signore nell'assedio di Magdeburgo... Il cardo e la spada è un affresco in chiaroscuro sulle contraddizioni della Storia e del cuore umano, tra orrore e speranza, desideri e delusioni, tormento e inaspettata luce.
Milano, 1965. La famiglia di Costantino lascia la Valcamonica per un lavoro in fabbrica. L'impatto con la città è una ferita per il ragazzino che a 10 anni sogna di compiere gesta eroiche. Il suo compagno di banco napoletano, Salvatore, e il "borghese" Lorenzo, lo aiutano ad ambientarsi. Al liceo Beccaria, si fa coinvolgere da Piero nel collettivo studentesco e nel circolo del nuovo professore di filosofia. Vorrebbe cambiare il mondo, ma non ha il coraggio di dichiararsi a Sara.
Londra, 5 novembre 1605. Un atto terroristico senza precedenti raggela l'intera nazione e devasta la vita del giovane Jack Digby. La sua famiglia distrutta, le sue speranze infrante, il ragazzo si ritrova in un mondo spietato fatto di intrighi, minacce e tradimenti, nel quale, per diventare un uomo, dovrà innanzitutto ritrovare sé stesso. Frequentando bettole e teatri, popolani e aristocratici, scoprirà che la verità non è facile né indolore; che i teatranti - tra i quali spicca l'enigmatico William Shakspere - potrebbero non essere semplici intrattenitori; che talvolta nulla è come sembra. L'intreccio si snoda tra sordidi vicoli cittadini e signorili dimore di campagna, sontuosi palazzi e antichi sotterranei; tra enigmi del passato, manoscritti segreti, amicizie, amori e rivelazioni inaspettate, mentre il patibolo è una minaccia che incombe dietro ogni angolo. Sullo sfondo scorre placido il Tamigi con i suoi colori, suoni e odori.