
Il Gatto è morto, l'hanno assassinato. Sono proiettili, queste parole, che accolgono Valerio Natali al suo rientro dal Messico dove ha trascorso una lunga latitanza. Massimo Giunti, alias il Gatto, amico fraterno, anche lui della Garbatela, non c'è più. E quello che adesso conta, per Valerio, è soltanto la vendetta: ripartire dall'unico indizio disponibile, il misterioso numero di cellulare digitato dal Gatto prima di morire accoltellato, e ricostruire le sue recenti frequentazioni con alcuni faccendieri coinvolti nel business dello smaltimento dei rifiuti. Lente e sofferte, le indagini di Valerio si addentrano nel vecchio quartiere, nell'intrico di strade e vie che hanno il sapore della sua infanzia. È qui che si riunisce la vecchia batteria. Mario, Nicche, Panettone e Papella. E ancora Bracalone, giovane graffitaro e hacker geniale, e Victor, che ha preso una strada diversa finendo per diventare poliziotto. Sono loro gli uomini che accompagnano Valerio nella ricerca della verità e della vendetta. La vendetta nella famiglia di Valerio Natali è come un destino, un respiro affannato che da sempre ne appesantisce il cammino. Da quando anche il nonno, partigiano, in una Roma terrorizzata dalla famigerata banda Koch, non riuscì a impedire una morte crudele, lasciandosi poi sfuggire per un soffio il diretto responsabile. Ed è proprio dal passato, dalla storia dolorosa della sua città e del suo quartiere, che Valerio otterrà le risposte che cerca.
Ambiziosa rivisitazione della vicenda più conosciuta della storia: quella di Simone di Cirene. Duemila anni fa un ebreo, un predicatore errante, fu condannato alla crocifissione. Un uomo di nome Simone, di Cirene, fu costretto ad aiutare Gesù a portare la pesante croce. Di che cosa parlavano i due durante quel doloroso tragitto? Il giorno seguente, ansioso di saperne di più su questo rabbi, Simone tornò a Gerusalemme. Ciò che imparò gli cambiò la vita e consegnò ai suoi discendenti un incredibile segreto.
Sid Ali ha poco meno di vent'anni. Proviene da una famiglia proletaria algerina, dai casermoni di una delle tante periferie di Parigi. È bello, intelligente, raffinato lettore. Ha ucciso quattro donne ed è in un carcere di Lisbona, in attesa dell'estradizione. Scrive quindi la sua storia, "senza montaggio", in un torrenziale monologo in cui rivivono schegge di vita di periferia: il bullismo, la desolazione, i vagabondaggi a passo di hip-hop nei templi commerciali delle Halles. Straccione e orgoglioso, Sid Ali cura il suo corpo, si aggira come un dandy bello di rabbia. Inveisce dentro di sé contro la volgarità della società dello spettacolo e, al tempo stesso, vorrebbe esserne l'unica star.
Francia, anni Trenta. Il nome di Paul-Jean Husson evoca rispetto e ammirazione: ufficiale decorato della Prima guerra mondiale, scrittore celeberrimo, editorialista dei quotidiani più prestigiosi, membro dell'Académie Française, Husson è uno dei grandi intellettuali della scena parigina, una vera e propria istituzione. Fermo sostenitore della necessità di un profondo rinnovamento del Paese, vede la recente invasione nazista come l'occasione per far rinascere una grande Francia, fondata sull'ordine e sulla purezza razziale. Ma l'intransigenza del suo pensiero si scontra con la passione per Ilse, la giovane attrice tedesca moglie del figlio partigiano. Un'ossessione proibita, e non solo a causa dei vincoli famigliari: gli occhi azzurri e i capelli biondi di Ilse nascondono infatti una colpa imperdonabile, una macchia impossibile da cancellare, se non con il sangue. Costretto per la prima volta a scegliere tra i propri principi e la voce potente del cuore, Husson si affida all'unica cosa che non l'ha mai tradito, la penna, consegnando al lettore, in una tragica confessione, tutto il peso del proprio destino. E la sorte della donna che non riesce a dimenticare.
La crisi ha centrifugato Clay Jannon fuori dalla sua vita di rampante web designer di San Francisco, e la sua innata curiosità, la sua abilità ad arrampicarsi come una scimmia su per le scale, nonché una fortuita coincidenza l'hanno fatto atterrare sulla soglia di una strana libreria, dove viene immediatamente assunto per il turno... di notte. Ma dopo pochi giorni di lavoro, Clay si rende conto che la libreria è assai più bizzarra di quanto non gli fosse sembrato all'inizio. I clienti sono pochi, ma tornano in continuazione e soprattutto non comprano mai nulla: si limitano a consultare e prendere in prestito antichi volumi collocati su scaffali quasi irraggiungibili. È evidente che il negozio è solo una copertura per qualche attività misteriosa... Clay si butta a capofitto nell'analisi degli strani comportamenti degli avventori e coinvolge in questa ricerca tutti i suoi amici più o meno nerd, più o meno di successo, fra cui una bellissima ragazza, geniaccio di Google... E quando alla fine si decide a confidarsi con il proprietario della libreria, il signor Penumbra, scoprirà che il mistero va ben oltre i confini angusti del negozio in cui lavora... Fra codici misteriosi, società segrete, pergamene antiche e motori di ricerca, Robin Sloan ha cesellato un romanzo d'amore e d'avventura sui libri che lancia una sfida alla nostra curiosità, al nostro desiderio di un'esperienza nuova ed elettrizzante. Un viaggio in quell'universo magico che è una libreria.
Siamo in Paradiso, prima della Divisione fra angeli e demoni: gli angeli Gahan e Dhalissia sono innamorati e felici, anche se lui è insofferente per il troppo tempo che lei passa a lavorare al grande Progetto con l'architetto Jehovah, mentre lei non approva gli amici di Gahan. Per il suo Progetto, però, Jehovah ha bisogno di un nemico, perché non può esistere il Bene senza il Male. La potenza divina scaraventa allora una schiera di angeli fuori dal Paradiso, creando una barriera che non potranno oltrepassare. Gahan fa parte del gruppo di angeli condannati all'esilio: non vedrà mai più Dhalissia?
"Gli uomini crederanno che sia un'oca, furba, facile. Le donne la tratteranno come una predatrice. E avranno tutti torto".
"Siamo soggiogati dalla forza, dall'audacia e dal talento di questa giovane autrice". - Tahar Ben Jelloun
"Quando chiude gli occhi sente i rumori, i sospiri, le urla, i colpi. Un uomo nudo che ansima, una donna che gode. Vorrebbe essere solo un oggetto in mezzo alla folla, vorrebbe essere divorata, succhiata, inghiottita tutta intera. Vorrebbe essere una bambola nel giardino di un orco."
Adèle cammina per le strade di Parigi la sera, dopo il lavoro al giornale, talvolta anche durante la pausa pranzo, in cerca di incontri. Ha trentacinque anni, un marito medico dedito al lavoro e un bambino di pochi anni; una vita cui in fondo manca poco per potersi dire felice. Eppure non può smettere di ribellarsi alla sensazione di vuoto che la assilla ogni giorno e che scaccia attraverso il corpo: è la fame per lo sconosciuto, da afferrare anche solo per un attimo. E non importa chi sia o dove, basta un incontro, un breve scambio di sguardi per trovare una veloce soddisfazione, o un'affinità che può trasformarsi in una vaga relazione. Dopo, Adèle sa tornare a casa, preparare la cena al bambino e infilarsi nel letto accanto a Richard, come sempre. Una febbre che non fa che salire e che trascina Adèle verso l'incapacità di gestire le due vite in cui si dibatte senza posa. Potrebbe essere facile giudicare Adèle, eppure seguiamo il suo cammino tortuoso con empatia, non riusciamo semplicemente ad accomodarci in platea, perché veniamo destati da un'impellenza, la sua, che capiamo, che da qualche parte forse abbiamo persino riposto. "Nel giardino dell'orco" non è la storia di una ninfomane, ma quella di una donna di oggi stretta nei lacci di una quotidianità come fossero spilli sul cuore.
Quando arriva il secondo figlio, Myriam decide di riprendere a lavorare. È una scelta sofferta, ragionata, discussa a lungo con Paul, il marito, eppure imprescindibile, e appena si presenta l'occasione la neomamma la afferra con tenacia e torna alla sua professione di avvocato. Adesso però serve una tata per Mila e Adam. Sarà una selezione severa, nessuno affida di buon grado i propri figli a una sconosciuta. Poi un giorno nell'appartamento dei Masse entra Louise: luminosa, solare, dolce, e i bambini, soprattutto Mila, sembrano sceglierla prima dei genitori. È l'incastro perfetto dell'ultima tessera di un puzzle. La donna guadagna l'affetto incondizionato dei piccoli e la gratitudine di Myriam e Paul, trasforma la casa in un incanto, li vizia anticipando ogni loro necessità. Finché questo rapporto di dipendenza, come tutte le dipendenze, non si incrina, mostrandosi eccessivo, non si rivela sbagliato e infine deraglia rovinosamente. Attraverso la descrizione chirurgica, certosina, della giovane coppia e della figura intrigante e misteriosa della tata, "Ninna nanna" affonda lo sguardo nelle nostre concezioni dell'amore, dell'educazione, dei rapporti di forza che si celano dietro il denaro, parlandoci di pregiudizi culturali e di classe e del tempo in cui viviamo. E ci mette di fronte ad alcune delle più recondite paure di ogni genitore, di ogni donna e di ogni uomo.
Russia, anni Novanta: in un angolo remoto degli Urali un televisore continua a trasmettere immagini di un'altra storia, in cui il comunismo non è mai finito e ancora si celebrano i congressi del Pcus. Il destinatario di queste immagini è Aleksej, un veterano della seconda guerra mondiale, che un ictus ha trasformato in "un articolo difettoso della morte", un essere chiuso senza via d'uscita nel proprio corpo. Decise a conservare "la sostanza dell'epoca", Nina, la moglie, e Marina, la figlioccia, vivono in bilico tra l'ipocrisia e l'arrivismo della nuova Russia, e il sicuro, immobile tempo che ristagna nella camera da letto del veterano. Aleksej diventa cosi il centro di una dimensione in cui il presente non accade e il passato non passa più. Eppure, sembra dire il protagonista dal chiuso della sua prigione, forse la realtà, quella esterna, bisogna alla fine affrontarla come è. Al punto da reclamare anche il proprio diritto alla morte, che avendo lasciato l'opera a metà lo ha reso un immortale per caso. Da una delle più promettenti scrittrici della Russia contemporanea, un'esplorazione del tempo e della morte, una riflessione, condita di gogoliana ironia, sulle contraddizioni della Russia moderna, e una ricerca della sua "autenticità" perduta.
India, 1920: esotica, scintillante e alla faticosa e dolorosa ricerca d'indipendenza dall'Inghilterra, ma preda della violenza etnica e del terrorismo. Isabel, una giovane donna inglese in cerca di se stessa e in fuga dalla devastazione della Grande guerra, sposa un ufficiale dell'esercito inglese di stanza in India e si trasferisce con lui in una terra magica piena di contraddizioni. L'incontro con Sam, un dottore indiano formatosi a Oxford stravolgerà tutto il suo mondo e precipiterà entrambi in un tunnel di passione, di rischi e di violenza tali da alterare per sempre il loro mondo.
Brando aveva tre anni quando suo padre ha abbandonato lui e sua madre in un quartiere di Los Angeles chiamato Echo Park. È stato allora che sua madre, una vera incantatrice, che sapeva inventarsi le bugie più folli e farle sembrare verità, decide che non c'era nessuna ragione di continuare a essere messicani, e che d'ora in poi sarebbero stati indiani nativi americani. Brando Skyhorse suonava molto meglio di Brando Ulloa, e solo anni dopo, quando ormai l'inganno aveva coinvolto vicini, compagni di scuola e persino il vicepreside della sua scuola elementare, Brando scopre la verità. Intanto per tutta la sua infanzia e adolescenza cinque uomini si succedono nella vita di sua madre, e quindi nella sua. Uomini che dovevano essere chiamati immediatamente padri, non importa quanto si sarebbero fermati. Uomini a cui lui immancabilmente si affezionava e che poi immancabilmente sparivano. Avvincente ed emozionante, divertente e intensa, ricca di personaggi indimenticabili, la memoir di un giovane uomo alla ricerca dei pezzi di sé che ogni padre si è portato via. Una storia che rivela così tanto della nostalgia, della complessa natura della famiglia, del senso di mancanza e di appartenenza e della capacità dell'uomo di tradire e salvare se stesso da diventare universale.