
Tutti odiavano il signor Rao, un uomo infido e capace di tirare fuori il peggio da ciascuno dei condòmini, per starsene poi a guardarli sprofondare nelle calunnie gongolante.
Karunakar Rao era un uomo dall'aspetto innocuo ma dal potere devastante: più che cattivo, perfido. Ciononostante, malgrado tutti gli abitanti dell'Ala A del condominio Utkrusha avessero almeno una buona ragione per volerlo morto, quando il suo corpo esanime venne trovato nell'ascensore, una cappa oscura piombò sul Palazzo e nessuno di loro riuscì a gioire di quella liberazione.
È la nipote di Miss Lalli - la detective in pensione della Omicidi di Bombay - a raccontare, con molta immaginazione e un pizzico di logica, le vicende degli ultimi due mesi dell'Utkrusha, nel quale abitano anche loro. L'aspirante scrittrice batte a macchina su una Brother la storia di come il signor Rao avesse continuato a seminare zizzania con la solita ostinazione e una rinnovata caparbietà...
Le molte voci del condominio fanno eco alle mille storie di Bombay, con le cangianti contraddizioni della città, in cui i mendicanti sanno come salvarsi la pelle scampando alle offerte dei benefattori europei, le donne muoiono uccise per la dote nell'omertà domestica e le tradizioni e il conformismo possono ancora più di ogni legge. Sono proprio le voci degli abitanti dell'Utkrusha che si accavallano, come in un coloratissimo radiodramma, a permettere a Lalli, la detective sessantenne con una passione per la cucina e compassione per i criminali, a ricostruire il percorso omicida che appare ispirato alla Canzone del giardiniere, una geniale filastrocca nonsense di Lewis Carroll.
Kalpana Swaminathan (1956), medico e scrittrice, vive e lavora a Bombay, inesauribile fonte di ispirazione per il suo lavoro letterario. Già autrice di libri per bambini e di una raccolta di racconti polizieschi, scrive per periodici indiani recensioni e articoli sotto lo pseudonimo di Kalpish Ratna.
Il primo romanzo della serie con protagonista Miss Lalli è Sapori assassini a Bombay (Kowalski, 2009).
“Solo uno scrittore di razza può arrischiarsi a scrivere della propria madre” diceva Papini. Gianfranco Svidercoschi si è cimentato nell’impresa di raccontare – in questo libro lieve ed essenziale - l’avventura umana di sua madre. E la racconta così come l’ha vissuta, o almeno come la ricorda.
Una storia molto semplice, straordinaria per la sua normalità. Una storia comune a tante donne che silenziosamente hanno portato e continuano a portare sulle spalle – e nel cuore – le sofferenze, le contraddizioni e le gioie della vita. In queste pagine intense e tenere ogni donna e ogni uomo possono specchiarsi. E ritrovarsi (dalla IV di copertina).
Un'edizione critica completa della produzione romanzesca dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale.
Un'edizione critica completa della produzione romanzesca dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale. Saggio introduttivo e cronologia di Mario Lavagetto.
Rimasto incompreso per lungo tempo, "La coscienza di Zeno" è il più importante romanzo di Svevo e uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea. È il resoconto di un viaggio nell'oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. L'inettitudine ad aderire alla vita, l'eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra salute e malattia divengono i temi centrali su cui si interroga Zeno Cosini in queste pagine bellissime che segnarono l'inizio di un modo nuovo di intendere la narrativa. Primo romanzo "psicoanalitico" della nostra letteratura, quest'opera rivoluzionaria seppe interpretare magistralmente le ansie, i timori e gli interrogativi più profondi di una società in cambiamento.
"Una vita" è il racconto di una iniziazione impossibile. Giovanissimo impiegato di banca, da poco inurbato, che chiama "malattia" il suo disagio sociale e sogna il successo come riscatto, Alfonso Nitri coltiva il "sogno": il sogno a occhi aperti, la fantasticheria che blocca la presa di coscienza; il sogno notturno di intensa vividezza, in rapporto stretto ma imprecisabile con l'esperienza reale, che fornisce intermittenti illuminazioni ma anche complica e frantuma in labirintici percorsi interni la sua complessiva esperienza. L'enigma non è nei fatti, ma nella natura del personaggio e nella fertilità inventiva con la quale egli, rifuggendo dall'apparente gratuità dei suoi gestì, insiste nel decifrarsi, si contraddice, conforta se stesso, traveste l'esperienza.
Un'edizione critica completa della produzione narrativa dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi dagli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale.
La storia di Zeno Cosini, inetto a vivere: una specie di marionetta tirata da fili che quanto più egli indaga, gli sfuggono. Una coscienza inutile a mutare un destino che sembra ineluttabile. E' il capolavoro di Svevo, la prima storia italiana dove entra prepotentemente in scena la psicanalisi come coprotagonista; forse il più grande romanzo del Novecento italiano e uno dei maggiori della letteratura europea del XX secolo.
Un cofanetto che presenta un monumentale lavoro critico condotto sull'intera produzione di Svevo. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore definisce un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale.
Profondamente segnato dal confronto con la nascente psicoanalisi (la prima edizione è del 1923), "La coscienza di Zeno" è concepito come fosse il diario terapeutico che un "nevrotico", Zeno Cosini, scrive su richiesta del suo medico e che questi decide di pubblicare per "vendicarsi" del paziente che ha bruscamente interrotto la terapia. Il racconto di Zeno percorre così le tappe di una vita malata, attraverso la lotta contro il fumo, la morte del padre, la storia di un matrimonio senza amore, di un adulterio appassionante e infelice, di un'iniziativa commerciale disastrosa. Risalendo, con le note di un'impareggiabile ironia, tutti i tortuosi rivoli dell'esistenza interiore del protagonista, Italo Svevo affonda qui nelle più oscure e dolorose regioni dell'incertezza umana, per poi risalire alla quieta consapevolezza del "male di vivere".

