
L'Autore riflette su molti interrogativi, dando vita a un racconto magico e indimenticabile, un volo nel regno della fantasia poetica.
"Ti mancherà il suono dei quattro cilindri e di un'elica di legno, il canto del vento tra i tiranti d'acciaio mentre voli. E ti mancheranno le persone di qui, che conoscono quella musica, che la creano."
Partendo dal cuore di un piccolo uccellino, un colibrì, Richard Bach va alla ricerca della verità che da sempre conosce. Il suo viaggio di apprendimento può portarvi dovunque, accanto a chi desiderate. Chi ha volato con "Il gabbiano Jonathan Livingston" troverà qui tante idee da condividere. Ed è bello pensare che la vera amicizia non è schiava del tempo e dello spazio. In questa edizione, le illustrazioni a colori di H. Lee Shapiro accompagnano il lettore in un viaggio breve ma intenso, al termine del quale si arriverà a comprendere la forza dei sentimenti veri.
Pochi ingredienti, un angelo, un bambino, un volo in deltaplano mettono in moto le riflessioni dell'autore sul proprio passato, sull'amore, sul dolore, su tutti gli aspetti più importanti dell'esistenza. L'autore incentra la propria narrazione sul distacco e sulla necessità di lasciare il nido, per poter spiccare il volo con cui inizia la propria vita.
Nel volume finale dell'amatissima saga dei furetti, Richard Bach parla di valori e sentimenti eterni: la paura, il perdono, la voglia di cambiare il mondo. Non solo quello dei furetti.
"Malina" è la storia di un abnorme triangolo amoroso e di un abnorme assassinio. Leggibile sui più diversi piani, immediato e insieme carico di riferimenti nascosti, quasi temerario nel toccare anche l'attualità più intrattabile o la più proibita realtà dei sentimenti, questo romanzo narra una storia che ha la massima concretezza, facendola però coincidere con un delirio segreto che appartiene a un'altra realtà, con una favola nera che un mondo visibile potrebbe difficilmente ospitare.
Giunto al suo trentesimo anno, il protagonista del racconto che dà il titolo a questo libro avverte che sta entrando in una zona della vita dove i nomi si scollano dalle cose, le cose vagano sospese, la spinta a muoversi si arresta per un lungo momento. Qualcosa di simile è sottinteso nella nascita di questo libro: dopo aver sbalordito con la precoce perfezione e felicità delle sue liriche, Ingeborg Bachmann sembrò ritrarsi, dopo i trent'anni, in un suo nuovo regno della prosa, che qui si manifesta per la prima volta (1961). Ed è un mondo doloroso, ambiguo, investito da onde di delirio. Ma soprattutto è un mondo dove nulla viene lasciato nella cornice dei suoi significati prestabiliti. Qui sui fatti, sulle minuzie di un processo o su un grandioso sentimento, si posa uno sguardo ardente e lucido, come se tutto ciò che esiste venisse messo alla prova di un'altra possibilità, forse quella a cui Musil alludeva chiamandola "l'altro stato". Letti oggi, questi racconti rivelano con nettezza certi caratteri che sfuggivano ai primi lettori ammirati. Innanzitutto l'agilità e trasparenza della lingua, che rimanda a "una sorta di dolcezza austriaca", quel clima in cui la Bachmann stessa riconosceva la sua unica affinità con Rilke. Poi la sicurezza nello sfuggire alle innumerevoli stoltezze che donne e uomini si raccontano sui loro rapporti. Infine la capacità di lasciar trasparire, dietro ogni vicenda, l'ombra di una "partenza verso l'assoluto".

