
Costa Azzurra, 1938. Vittima di un banale scambio di rullini Josef Vadassy, un timido insegnante di origine ungherese e incerta cittadinanza, viene arrestato con l'accusa di spionaggio. In realtà la polizia francese sa benissimo che Vadassy è innocente, ma sa anche che non è in condizione di trattare: quindi, o entro 3 giorni scoprirà chi, fra gli ospiti del suo stesso alberghetto, è il vero agente nemico, o si vedrà revocare l'indispensabile permesso di soggiorno. Per imparare il mestiere di spia 3 giorni possono essere pochissimi, specie se i tuoi compagni di villeggiatura provengono da ogni parte d'Europa e appaiono nel giro di una stessa conversazione l'innocenza stessa o la perfidia incarnata...
Gli effetti personali della vittima: una ventiquattrore con dentro solo un panino raffermo e una pistola, un vestito con il marchio di un campo profughi, una stilografica acquistata nel New Jersey. Un noto commediografo inglese che per sfida al proprio mestiere ha accettato di scrivere il resoconto giornalistico di un grande processo politico d'Oltrecortina. Come sempre accade nel mondo delle spie, il disegno che fra delitti, depistaggi e smascheramenti sembra emergere ne nasconde un altro e un altro ancora.
Robert Halliday è uno scrittore di biografie a pagamento che si trova, per un concorso di circostanze, ad affrontare un nemico particolarmente insidioso. Si tratta di un Emirato del Golfo, noto solo con il suo soprannome - il Principe - che, dal fondo di una miniera inaccessibile, progetta di compiere attentati devastanti sfruttando armi chimiche come il gas nervino. Comparso per la prima volta nel 1981, questo romanzo rispondeva alla necessità dell'autore di dar vita a vicende di puro intrattenimento, che dalla realtà più concreta si trasformassero in voli della più adrenalinica fantasia.
Per chiedere a Claire di sposarlo, l'ingegnere Nicholas Marlow non avrebbe dovuto scegliere il giorno in cui la sua ditta gli comunica il licenziamento. E prima di accettare un nuovo posto sul Continente avrebbe dovuto chiarire alcuni punti. Di quale lavoro si trattasse. Perché il suo predecessore fosse stato ucciso, se fossero da considerare parte del misterioso incarico le telefonate intercettate, la posta aperta, i movimenti controllati. Ma Nicholas è giovane e innocente, e decide comunque di partire. Nonostante sia il 1938, e l'Europa si trovi sull'orlo di una guerra. E nonostante la città grigia, fumosa e deserta in cui si addentri abbia un nome così strano e inquietante: Milano.
Se in una affamata repubblica balcanica un genio offuscato dal più selvaggio nazionalismo mette a punto un ordigno capace di sovvertire l'ordine mondiale non c'è da stare allegri. Tanto più che l'Ixania è una democrazia da burla, dominata in realtà dalla vecchia aristocrazia e in particolare dal principe Ladislao e dalla sua bellissima sorella. Il Paese, inoltre, è sull'orlo della rivoluzione e alla macchina infernale inventata dal professor Kassen si interessa anche la Cator & Bliss, una delle più potenti industrie di armamenti. Toccherà al metodico, candido e goffo professor Barstow, improvvisatosi spietata spia internazionale, e a Casey, l'inviato del "Tribune" che gli fa da spalla, venire a capo di un diabolico intrigo dove ciascuna delle forze in campo rappresenta un'oscura minaccia.
Per allestire un intrigo internazionale bastano due ingredienti: un'ambientazione esotica oppure familiare, ma che da un momento all'altro appare sinistra, e un protagonista innocente, preso in un gioco più grande di lui, e potenzialmente mortale. Poi ognuno deve aggiungere, se lo ritiene, un tocco personale, e quello di Ambler consiste da sempre nella capacità di entrare in uno scenario turbolento e indecifrabile tracciandone un disegno destinato a durare nel tempo. Così racconta la vicenda di Michael Howell, anonimo armatore con passaporto inglese e sangue armeno, greco e siriano nelle vene, che un gruppo di guerriglieri palestinesi cerca di coinvolgere nel progetto di un bombardamento notturno di Tel Aviv.
"Avevo bisogno di soldi, e quel tizio pareva averne ... Come diavolo facevo a sapere che genere di persona era Harper?". Arthur Abdel Simpson è un apolide egiziano che si professa inglese, un volgare ladruncolo che vive di espedienti, circuisce i turisti che arrivano ad Atene e ruba i traveller's cheque dalle loro camere d'albergo. Ma Harper, l'uomo adescato appena fuori dall'aeroporto - uno che parlava "da americano" -, non è affatto quello che sembra, e lo coglie in flagrante. Arthur, temendo la polizia greca, accetta da lui quello che appare come un facile incarico, mettendosi subito nei guai alla frontiera. In stato d'arresto, gli rimane un'unica possibilità di salvezza: collaborare suo malgrado con il controspionaggio turco, infiltrandosi in quella che sembra una pericolosa banda di sovversivi. Nel meraviglioso scenario del Bosforo, Ambler intesse una trama, nella quale il gioco di ricatti e colpi di scena si sovrappone a una galleria di memorabili ritratti; tra i quali, vivido e sferzante, spicca quello del protagonista, con la sua misera esistenza messa alla berlina, il profondo disincanto verso il mondo, la caccia ostinata al più sordido tornaconto. Perché in fondo, per Arthur Abdel Simpson, "anche una briciola è meglio di niente".
Un protagonista della vita politica italiana del dopoguerra, un personaggio che fu sempre guardato con rispetto sia all'interno del suo partito (il Pci) sia dagli avversari, racconta i principi morali che lo condussero alla scelta della lotta antifascista e all'intransigente difesa della libertà contro qualsiasi totalitarismo le minacciasse. Scritto nel 1976 - ai tempi in cui il partito di Enrico Berlinguer ricercava una propria via all'eurocomunismo e preparava lo "strappo" con Mosca - questo testo autobiografico rimane un punto riferimento per chi ritiene che la lotta politica sia un confronto di idee e non uno scontro fazioso. prefazione di Miriam Mafai.
A Pisa, in un appartamento zeppo di quadri e strumenti musicali affacciato sulla Torre pendente, Pietro Benati aspetta di scomparire. A quanto dice sua madre, sulla loro famiglia grava una maledizione: prima o poi tutti i Benati maschi tagliano la corda e Pietro - ultimogenito fifone e senza qualità - non farà eccezione. Il primo era stato il nonno, disperso durante la guerra in Etiopia e rimpatriato l'anno dopo con disonore. Il secondo, nel 1988, quello scommettitore incallito del padre, Berto, tornato a casa dopo un mese senza il mignolo della mano destra. Quando uno scandalo travolge la famiglia, Pietro si convince che il suo turno è alle porte. Invece a svanire nel nulla è suo fratello maggiore Tommaso, promessa del calcio, genio della matematica e unico punto di riferimento di Pietro; a cui invece, ancora una volta, non accade un bel niente. Per quanto impegno metta nella carriera musicale, nell'università o con le ragazze, per quanto cambi città e nazione, per quanto cerchi di tagliare i ponti con quel truffatore del padre o quella ipocondriaca della madre, la sua vita resta un indecifrabile susseguirsi di fallimenti e delusioni. Almeno finché non incontra due creature raminghe e confuse come lui: Laurent, un gigolò con il pallino delle nuotate notturne e l'alcol, e Dora, un'appassionata di film horror con un dolore opposto al suo. E, accanto a loro, finalmente Pietro si accende. Con una trama ricca di personaggi sgangherati e commoventi, e una voce in grado di rinnovare linguaggi e stili senza rinunciare al calore della tradizione, "Randagi" è un romanzo sulla giovinezza e su quei fragilissimi legami nati per caso che nascondono il potere di cambiare le nostre vite. Un affresco che restituisce tutta la complessità di una generazione: ferita, delusa e sradicata dal mondo, ma non ancora disposta a darsi per vinta.
È l'alba del 7 giugno 1967: le radio del Cairo, di Amman, di Damasco cantano ancora le eroiche gesta dei loro eserciti, ma i soldati di Israele hanno ormai occupato (o liberato) Gerusalemme est. Il governo israeliano si rende conto che nella nuova situazione le problematiche legate alla zona orientale della città saranno fra le più difficili da risolvere e nomina Nuri Elias Nasseh direttore dell'ufficio per gli affari arabi. Per Nuri, ebreo sefardita nato a Baghdad che conosce meglio la lingua e la cultura del "nemico" della propria, è un compito affascinante: dovrà mediare fra una realtà araba molto eterogenea e un mondo israeliano a sua volta diviso sul futuro ma reso baldanzoso dal trionfo militare, cercare punti di incontro fra una cultura che fonda la propria forza sull'unità religiosa e un popolo che in nome del progresso, del sapere scientifico e del processo di occidentalizzazione, rivendica un primato di civiltà. Nuri assume un punto di vista molto equilibrato, lontano dalle posizione radicali dei sionisti e degli ashkenaziti. Non manca di stabilire contatti con gli esponenti più in vista della comunità palestinese. Fra questi il giornalista Abu George, la cui figlia Jasmine è da poco rientrata da Parigi. Fra i due ha inizio un accidentato percorso di avvicinamento, fatto di rifiuti, di fughe, di litigi ma non privo di reciproca curiosità e di profonde affinità umane. Ma è anche solo pensabile l'amore, fra una palestinese cristiana e il figlio di una famiglia ebrea ortodossa?
Cambiare sesso. Suad Amiry sa benissimo che è questo l'unico modo per raccontare la paradossale condizione dei lavoratori palestinesi costretti a superare il confine con Israele per trovare lavoro. E così fa. Suad si traveste da uomo e raggiunge nottetempo un villaggio vicino a Ramallah da dove comincia il suo viaggio, lungo le strade costeggiate di olivi che conducono in Israele, insieme al fido Mohammad, a Murad - sfrontato, grezzo, tamarro, un ragazzo come tanti - e ai loro amici. Ridono, scherzano, parlano del lavoro che, forse, li aspetta al di là del confine, ma la testa è sempre altrove: ai soldati israeliani che potrebbero arrestarli da un momento all'altro, alla diffida che riceverebbero se venissero presi e che sancirebbe una "carcerazione preventiva", alla pallottola sparata da qualche cecchino nascosto tra gli alberi. Quando, dopo una marcia sulle colline e una serie di traversie, riescono infine a superare il muro e a mettere piede in Israele, è tardi: il lavoro non c'è più. Si confondono con i civili israeliani e salgono su un autobus per cominciare il viaggio di ritorno verso casa. Davanti a loro un paesaggio non ignoto ma visto forse per la prima volta con occhi diversi: tutto quello che era stato "palestinese" non c'è più, non c'è più memoria dell'architettura, delle coltivazioni, della vita quotidiana di un popolo che lì è vissuto per secoli.