
Fuggire la povertà, il silenzio e la violenza dei padri, l'assenza totale di una speranza: è questo ciò che cercano di fare Yashin, Hamid, Nabil, Fouad, Khalil e Azzi, sei ragazzini nati e cresciuti a Sidi Moumen, baraccopoli di Casablanca dimenticata da ogni Dio. Un giorno Hamid, il fratello maggiore di Yashin, cade vittima di Ahou Zoubeir, carismatico leader fondamentalista che "conosceva le parole giuste, parole ghiotte che si fissavano nella memoria e, dispiegandosi in essa, fagocitavano i detriti che la intasavano"; è così che la religione giunge a offrire ai sei amici una disciplina, un percorso finalmente tracciato, un'insperata occasione di riscatto sociale, nonostante chiami al martirio. Ispirato a fatti realmente accaduti - il 16 maggio 2003 la notte di Casablanca fu lacerata da quattordici attentati suicidi di matrice islamista -, "Il grande salto" è raccontato in prima persona da uno Yashin la cui voce aleggia sopra di noi: una voce arresa che ci parla dall'oltretomba o dal suo paradiso - e spiega cosa significhi dibattersi ogni giorno per succhiare alla vita un sorso di dignità. Binebine attraversa con semplicità, sgomento e compassione l'incomprensibilità di una scelta estrema, consegnandoci una storia dura e necessaria di indottrinamento ed emarginazione; una storia tragica e luminosa, intrisa di polvere e drammi muti che squarcia un cono d'ombra sulle nostre cronache internazionali.
«Rifiutando gli artifici romanzeschi, Binet si attiene ai fatti accertati e ci propone un'avventura mozzafiato: quella di una scrittura vista come azione di giustizia, come un'operazione di commando, che mira a ritrovare le tracce degli eroi. O meglio: a salvare loro la pelle».
Le Monde des Livres
La storia che viene qui raccontata è una storia nota. Apparentemente nota: l'attentato a Heydrich del 27 maggio 1942.
In realtà, la sensazione è quella di leggerla per la prima volta, in tutta la sua trascinante forza narrativa e nella sua drammatica verità documentaria.
Il primo protagonista della storia è Reynard Heydrich, il braccio destro di Himmler, l'ideatore, nel gennaio del 1942, della Soluzione finale, lo sterminio sistematico degli ebrei. Heydrich è il gerarca più spietato del Terzo Reich, il macellaio di Praga, la bestia bionda. L'uomo dall'infanzia problematica, segnata da due traumi: da una parte la voce stridula e l'aspetto effeminato che gli valsero l'appellativo di capra, e dall'altra il mistero di una presenza ebraica all'interno della propria famiglia. Ben presto il giovane Heydrich comincia a trasformarsi nell'incarnazione dell'uomo ariano, ammirato da Hitler per la ferocia e per l'efficacia delle sue azioni. In una rapida ascesa politica Heydrich arriva al vertice del Protettorato di Boemia e Moravia, dove si dedica allo sterminio degli ebrei e di tutti gli oppositori al regime. Ma da Londra, la città in cui il governo ceco è stato esiliato, parte contro di lui l'offensiva della Resistenza che culminerà nell'Operazione Antropoide, cuore del libro.
I protagonisti indiscussi diventano allora due: i paracadutisti Jozef Gabcìk e Jan Kubis?, uno slovacco e l'altro ceco, ai quali viene affidato l'incarico dell'esecuzione.
In un racconto trascinante, di grande forza visiva, si segue la vita dei due uomini dal reclutamento, all'addestramento, al viaggio a bordo di un Halifax, alla meticolosa preparazione dell'agguato di via Holesovice, quando faranno la loro comparsa altri personaggi, di cui uno sarà il traditore.
HHhH riesce nella magica alchimia di mescolare, con sicurezza e coraggio, la suspense e il tormento della scrittura senza mai allontanarsi dalla verità storica e dalla memoria.
1492: Cristoforo Colombo non scopre l'America ma viene fatto prigioniero a Cuba, e il futuro non gli promette nulla di buono. 1531: gli Inca invadono l'Europa. In un romanzo di amori, conquiste, battaglie, tradimenti, tesori, Laurent Binet capovolge la storia delle scoperte: il re degli Inca Atahualpa sbarca nell'Europa di Carlo V, della riforma luterana e dell'Inquisizione, della nascita del capitalismo e della rivoluzione della stampa. Da Cuzco a Firenze, Atahualpa si allea con Lorenzo de' Medici e si mostra molto abile nel conquistare il favore dei popoli oppressi, garantendo libertà di culto, un'equa redistribuzione delle ricchezze, un mondo con meno tasse. Il nuovo conquistatore guarda però con sospetto alle stranezze e alle contraddizioni degli europei, uomini vestiti in modo sorprendentemente misero, che combattono tra loro per un uomo crocifisso e vietano la poligamia, ma non rinunciano alle amanti. Laurent Binet sfida i generi letterari con una trama che ribalta la storia che conosciamo: cosa sarebbe successo se fossimo stati noi, gli europei, il nuovo mondo da scoprire e conquistare? Un romanzo su un passato immaginario che somiglia, in modo inequivocabile e inquietante, al nostro presente.
Il grande studioso Roland Barthes giace riverso per la strada, investito da un furgone della lavanderia, il 25 febbraio 1980, appena dopo un pranzo con François Mitterrand. L’ipotesi è che si tratti di un omicidio: negli ambienti intellettuali e politici, nessuno è al di sopra di ogni sospetto. È così che ha inizio la spericolata e avvincente ricerca della verità da parte del commissario Bayard, incaricato del caso, e di Simon, un giovane studente “reclutato” da Bayard per sfruttare le sue conoscenze nel mondo universitario. Insieme, incontreranno il presidente Giscard all’Eliseo, Foucault tra lezioni in aula e saune per omosessuali, Bernard-Henri Lévy alle prese con donne da sedurre e anziani colleghi da onorare, e si imbatteranno nei nuovi membri di una società segreta in cui, alla fine di ogni sfida, al perdente viene tagliato un dito. Seguendo la pista di un intrigo internazionale che vede affrontarsi spie bulgare, russe e giapponesi, Bayard e Simon arriveranno a Bologna, dove incroceranno Umberto Eco, Michelangelo Antonioni e Monica Vitti. Sfioreranno persino la bomba alla stazione, prima di partire di nuovo e attraversare l’Atlantico alla ricerca di un documento misterioso che potrebbe risolvere il caso. In pochi mesi, Simon viene trascinato in più avventure di quelle che avrebbe mai immaginato di affrontare in tutta la vita: come in un romanzo, più che in un romanzo.
Al geniale scienziato Evgenij Rudenko è stato affidato un compito ambiziosissimo: mettere a punto un sistema in grado di trasformare i computer del mondo nei ramificati gangli di un unico, gigantesco supercervello artificiale. I suoi risultati sono strabilianti: Rudenko è riuscito a realizzare un microcomputer basato sul DNA, in pratica un chip biologico che sa elaborare le informazioni proprio come la mente umana. Ma a dargli quell'incarico non è stato un governo nazionale e gli scopi del suo esperimento non sono propriamente pacifici. Dietro Rudenko, infatti, si muovono i più alti esponenti della malavita internazionale, i cui intenti sono quelli di captare le informazioni del mondo intero.
È un romanzo breve sulla vita della moglie di Ottaviano Augusto, madre di Tiberio, nonna di Claudio, bisnonna di Caligola, trisavola di Nerone, anima della dinastia dei Cesari, signora di Roma per 67 anni: dal matrimonio con Ottaviano Augusto, nel 38 a. C., fino alla morte, avvenuta nel 29 d. C. Il libro si compone di 12 capitoli che rappresentano altrettanti "quadri" della vita di Livia. Il testo è costruito con continui richiami - espliciti e non agli autori della Roma augustea. Tutti i riferimenti a fatti e persone hanno agganci storici, seppur romanzati, e si può trovare per ciascuno di essi almeno una fonte. Nella finzione del racconto viene evocato un antico codice latino degli inizi del III secolo d. C., il cui testo (che avrebbe anche utilizzato Machiavelli come fonte per il suo Principe) sarebbe stato scritto per confutare la descrizione negativa che di Livia danno Tacito e altre fonti dell'epoca di Tiberio, interessate a denigrare Livia.
Una semplice vacanza a Ostia, con la figlia Giulia. Doveva essere un momento di relax per l'ispettore Ferraro: qualche giorno di distensione per cercare di costruire un nuovo rapporto con quella ragazzina in piena adolescenza. Durante una nuotata al largo una barca alla deriva attira la loro attenzione. A bordo un biglietto lascia intendere che qualcuno ha deciso di porre fine alla sua vita. "Perdono tutti e a tutti chiedo perdono", c'è scritto. E sotto, "Non fate troppi pettegolezzi". Parole prese in prestito da Cesare Pavese, che Giulia, lettrice appassionata, riconosce subito. Una volta chiamati i colleghi di Roma, la faccenda sembrerebbe finita lì per Ferraro, se non fosse che il suicida ha lasciato un'ex moglie a Milano, e all'ispettore tocca l'ingrato compito, tornato a casa, di informare la donna. E così, suo malgrado, in una calda estate milanese, Ferraro si trova coinvolto insieme alla figlia in un'indagine sul destino di un uomo qualunque, Giovanni Tolusso, che partito dal nulla era riuscito caparbiamente a costruirsi una vita dignitosa. Fino a quando, in un'assolata mattina romana, il recapito di una cartella esattoriale aveva segnato l'inizio della sua fine... Il più kafkiano dei gialli di Biondillo, il più disperato, il più intimamente legato alla crisi economica che stiamo vivendo in questi anni difficili, in cui le nostre illusioni sembrano crollare, una a una, impietose.
L'ispettore Ferraro è tornato. È tornato da una città che non ha mai capito, Roma, dove ha lasciato il commissario Elena Rinaldi, un'altra storia andata male. È tornato al commissariato di Quarto Oggiaro, solo e sconfitto, e dopo tre anni in trasferta deve ricominciare da capo. Con la barba incanutita, una nuova casa, la figlia Giulia in piena preadolescenza e Lanza trasferito a Bruxelles. Poi c'è il lavoro: una rapina in villa, con un epilogo tragico. Morto il rapinatore, uno zingaro, e morto il padrone di casa. Una vera rogna. E il solito Comaschi lì a fare battute idiote. Nello stesso momento, a Lodi, una rocambolesca evasione dal carcere finisce in un bagno di sangue. Una carneficina con mistero: l'evaso è un nero di piccolo calibro, come si spiega il commando malavitoso allestito per liberarlo? Chi è davvero Towongo Haile Moundou? Ironia del destino, a questa domanda dovrà trovare risposta proprio Elena Rinaldi. In un frenetico inseguimento da nord a sud attraverso un'Italia oppressa da un cielo plumbeo - con assolati squarci di un'Africa arsa da un sole crudele e desertico - Gianni Biondillo disegna con questo romanzo la mappa dettagliata e cupa di una nazione senza memoria. Un noir contemporaneo che scava nelle più grandi paure dell'Italia di oggi e ci restituisce un paesaggio preciso e puntuale del nostro Paese. Senza mai perdere di vista la speranza.
Per parlare di città e territorio usiamo a sproposito categorie desuete (città, campagna, centro, periferia), oppure ci lasciamo affascinare da nuove parole d'ordine (i "non-luoghi") che comprendiamo poco, ma che danno un tocco di modernità ai nostri discorsi. Critichiamo la città del Novecento, ma non conosciamo il nome di chi davvero l'ha sognata e, solo in parte, costruita. Discutiamo di marginalità, di sicurezza, per sentito dire, mai in presa diretta. Viviamo le trasformazioni urbane come dilettanti, con categorie critiche vecchie di un secolo. Abitiamo le nuove metropoli italiane, delle quali neppure ammettiamo l'esistenza, come principianti, pieni di nostalgia per un passato che non abbiamo mai conosciuto davvero. Di questo ed altro parla Gianni Biondillo nel suo libro. Lo fa, innanzitutto, da architetto quale lui è, come tecnico attento alle dinamiche urbane.
L'ispettore Ferraro è tornato. È tornato da una città che non ha mai capito, Roma, dove ha lasciato il commissario Elena Rinaldi, un'altra storia andata male. È tornato al commissariato di Quarto Oggiaro, solo e sconfitto, e dopo tre anni in trasferta deve ricominciare da capo. Con la barba incanutita, una nuova casa, la figlia Giulia in piena preadolescenza e Lanza trasferito a Bruxelles. Poi c'è il lavoro: una rapina in villa, con un epilogo tragico. Morto il rapinatore, uno zingaro, e morto il padrone di casa. Una vera rogna. E il solito Comaschi lì a fare battute idiote. Nello stesso momento, a Lodi, una rocambolesca evasione dal carcere finisce in un bagno di sangue. Una carneficina con mistero: l'evaso è un nero di piccolo calibro, come si spiega il commando malavitoso allestito per liberarlo? Chi è davvero Towongo Haile Moundou? Ironia del destino, a questa domanda dovrà trovare risposta proprio Elena Rinaldi. In un frenetico inseguimento da nord a sud attraverso un'Italia oppressa da un cielo plumbeo - con assolati squarci di un'Africa arsa da un sole crudele e desertico - Gianni Biondillo disegna con questo romanzo la mappa dettagliata e cupa di una nazione senza memoria. Un noir contemporaneo che scava nelle più grandi paure dell'Italia di oggi e ci restituisce un paesaggio preciso e puntuale del nostro Paese. Senza mai perdere di vista la speranza.
Chi ha sparato all'ispettore capo Lanza del commissariato di Quarto Oggiaro? L'ispettore Michele Ferraro è alle prese con uno dei più difficili casi che gli siano mai capitati. Perché, in quella periferia milanese dove tutti si conoscono e dove è quasi impossibile distinguere gli innocenti dai colpevoli, sta succedendo qualcosa di grosso. Cosa c'è dietro? Che parte ha il Baffo, un sognatore finito a fare il barbone? E che strani intrecci si sono formati tra le mafie pugliesi, calabresi e slave? Ferraro indaga, facendo quotidianamente i conti con i suoi malumori, con l'ennesimo tentativo di prendere una laurea, e con il popolo minuto di una città raccontata con durezza sarcastica e simpatia contagiosa.
Il volume raccoglie una scelta dei migliori racconti di Adolfo Bioy Casares, scrittore argentino nato a Buenos Aires nel 1914 e scomparso nel marzo 1999. In mezzo secolo, Bioy Casares ha saputo creare un universo fantastico e insieme verosimile, e lo ha rappresentato in racconti memorabili, alcuni dei quali brevissimi e folgoranti. La scelta di questi sedici racconti - a cura di Glauco Felici -, risalenti agli anni tra il 1948 e il 1962, intende essere un avvicinamento fondatamente ammaliato a un universo misterioso e coinvolgente.

