
Opera della piena maturità, tutta pervasa dal fluire delle passioni, "La sonata a Kreutzer" (1889) - che deriva il suo titolo dall'omonima sonata per violino e pianoforte di Beethoven, sulle note della quale ha origine la relazione 'proibita' - descrive il tragico degenerare di un rapporto amoroso, dalla passione iniziale all'indifferenza, fino alla gelosia, all'odio, al delitto.
Ideato e scritto fra il 1890 e il 1898, "Padre Sergio" fu pubblicato soltanto nel 1911, nel secondo volume delle "Opere artistiche postume di Lev N. Tolstoj", curate dal Certkòv. Tutto incentrato sulla figura del protagonista, il principe Stjepàn Kasatskij, che di colpo decide di abbandonare il mondo per farsi monaco e poi eremita, il racconto svolge con arte possente e mirabile il suo tortuoso itinerario verso Dio; la sensualità, il dubbio, la vanità di un 'grande peccatore' sconvolto dall'ansia della perfezione, che solo nell'amore operante per il prossimo troverà la forza per convertire la falsa gloria di una 'santità' mondana ben riconoscibile e gratificante nel dramma profondo della propria fede e della propria difficile vocazione.
Il lungo racconto "Il diavolo", composto nel 1889, venne pubblicato postumo un anno dopo la morte di Tolstoj, avvenuta nel 1910, seguendo dunque la stessa sorte di "Padre Sergio", un altro dei suoi racconti che per non pochi aspetti a questo si avvicina. "Il diavolo" infatti è, anche qui, la tentazione dei sensi: tema fondamentale nell'arte di Tolstoj, che si trova sviluppato in numerose sue opere e in particolare anche in un altro famosissimo racconto lungo, "La sonata a Kreutzer", pubblicato proprio nel 1889.
Guerra e pace, certamente il capolavoro di Tolstoj, è, come ha scritto Ettore Lo Gatto, «la più grande opera della letteratura narrativa russa e una delle più grandi della letteratura europea del secolo XIX». Il romanzo racconta la storia di due famiglie aristocratiche, i Bolkonski e i Rostòv, in una Russia sconvolta dalla guerra e dall’invasione napoleonica. Raramente è dato di leggere un’opera in cui i destini individuali dei personaggi principali – fra cui spiccano Nataša Rostòva, il principe Andréi Bolkonski e il conte Pierre Bezuchov – si intrecciano in modo così perfetto con gli avvenimenti storici e militari: una dimensione che il cinema non ha mancato di sottolineare in tanti film di successo. L’epopea del popolo russo, il rapporto fra personalità individuale e collettività, i grandi temi filosofici dell’Ottocento e l’interrogazione sul senso della Storia si fondono in questa grandiosa narrazione tolstojana.
"La confessione" descrive compiutamente la crisi spirituale che caratterizza gli ultimi anni della vita di Lev Tolstoj. Abbandonata la vita più mondana, l'autore si ritira nella villa di Jasnaja Poljana, si dedica a lavorare la terra, predica la non violenza. La rivoluzione, il cambiamento del mondo è l'insegnamento attualissimo di Tolstoj non può che avvenire per mezzo del lavoro manuale e individuale. Le rivoluzioni delle parole e dei proclami non sono che inganni.
"Per tutto quell'anno durante il quale continuai a chiedermi incessantemente se non fosse meglio farla finita impiccandomi o cacciandomi una palla in fronte, il mio cuore era continuamente assediato da un sentimento tormentoso che non posso chiamare in altro modo se non come ricerca di Dio. [...] Era un sentimento di paura, di solitudine, l'impressione di sentirmi orfano in un mondo completamente estraneo e la speranza che qualcuno mi aiutasse. [...] Cadevo preda del terrore e allora cominciavo a pregare colui di cui andavo in cerca perché mi aiutasse. E quanto più pregavo, tanto più mi era evidente che nessuno mi ascoltava, che non c'era nessuno a cui rivolgersi. Ma sempre di nuovo, sempre per nuove vie e nuovi ragionamenti, giungevo alla conclusione che non potevo trovarmi al mondo senza un motivo, senza una causa o un senso qualsiasi, come un uccellino caduto dal nido, quale appunto mi sentivo. E se anche fossi stato un uccellino caduto dal nido che se ne sta rovesciato sul dorso pigolando nell'erba alta, ebbene, avrei comunque continuato a pigolare perché sapevo di avere una madre che mi aveva portato in sé, mi aveva covato, riscaldato, nutrito e amato, e dov'era ora questa madre? Se qualcuno mi aveva abbandonato, chi era mai? Non potevo negare che qualcuno mi avesse generato con amore, ma chi era costui? Era Dio".
Nell'ultimo decennio della sua vita Tolstoj si dedicò a raccogliere testi tratti da ogni cultura e da ogni letteratura, dalla religione indù, ebraica, araba e cristiana, da pensatori antichi e moderni, dai grandi saggi d'Oriente e d'Occidente. In questo vero e proprio calendario di saggezza - a lungo bandito dal regime sovietico e poi completamente dimenticato sotto il comunismo - Tolstoj assegna a ogni giorno dell'anno un pensiero, una citazione o un aforisma, che ha come fine non la mera erudizione ma quello di divenire una guida spirituale, capace di illuminare una vita davvero degna di essere vissuta, giorno dopo giorno.
"Anna Karenina" è un romanzo di Tolstoj pubblicato a puntate sul "Messaggero Russo" tra il 1875 e il 1877. La storia della protagonista, che innamoratasi di Vronskij, brillante ufficiale, tradisce il marito, abbandona il figlio e poi si suicida sotto il treno, doveva essere il pretesto per lo scrittore russo di condannare tale peccaminosa condotta. Ma l'impulso artistico finisce col trionfare su quello moraleggiante: Anna Karenina appare come una figura di alta umanità, seppur travolta da un tragico destino. Di natura onesta e sincera, vive in un ambiente falso e corrotto, sposa incompresa di un uomo di assoluta superficialità. Tolstoj raffigura se stesso nel personaggio di Levin: la sua cerebrale ricerca del senso della vita approda, infine, all'accettazione dell'umiltà quotidiana.
Il romanzo, a distanza di quasi centoquarant'anni dalla sua prima pubblicazione e rispetto alle altre opere di Tolstoj, rimane la più candida e poetica rivelazione sul mondo dello scrittore poco più che trentenne. L'idea fondamentale di quest'opera è il senso della vita sottoposto a molte verifiche e infiniti ritocchi. Da un comune romanzo sull'amore Tolstoj costruisce un romanzo sulla vita, anzi sulla vitalità che avrebbe distinto più tardi molti dei suoi personaggi. Egli tenta di fissare quest'attimo nella sua naturale fugacità quando la donna e l'uomo si avvicinano a quello stato di grazia che si avverte nel momento dell'innamoramento.
In questo saggio del 1906 - ritrovato per questa edizione italiana - Tolstoj delinea il suo programma d'azione politico e denuncia la tirannia degli stati e la cecità morale della società. Egli si fa profeta di una nuova era e con grande lucidità invita alla insubordinazione verso ogni forma di governo. Lo spunto è offerto dalla convulsa dinamica della Rivoluzione russa del 1905, emersa sulla scorta della sconfitta della Russia nel conflitto con il Giappone. È tra l'ottobre e il novembre del 1905 difatti che Tolstoj scrive quest'opera, che non riuscì poi a vedere la luce in patria per la feroce censura zarista. Tolstoj indica qui la strada verso una "vera concezione della vita". Per liberarsi da tutti i mali di cui soffrono gli uomini c'è un unico mezzo: il lavoro interiore che ognuno deve fare per essere l'architetto del proprio miglioramento morale. Nel delegare il loro potere gli individui realizzano invece una sorta di schiavitù volontaria. Il testo, sofferta orazione che riflette sugli assetti politici del primo Novecento, fu poi pubblicato non senza difficoltà a Parigi nel 1906. Il volume diventerà presto introvabile anche in Francia, fino a questa edizione italiana.
Pubblicato nel 1886, questo racconto descrive la vita di Ivan Il'ic, un borghese di buona famiglia, di discreta intelligenza e qualità mondane, costantemente preoccupato del parere dei superiori, che con le loro azioni potrebbero agevolarne la scalata sociale. Anche il matrimonio sembra confacersi alla pratica di vita da lui perseguita nella vita professionale: ha sposato la moglie più per convenienza d'affetto e sociale che per reale innamoramento. Tutto procede per il meglio, fin quando il protagonista non subisce un banale incidente domestico. Cadendo da uno sgabello Ivan Il'ic accusa un forte colpo al fianco, un dolore che con il passare del tempo sarà sempre più costante, costringendolo a consultare numerosi medici per cercare di venirne a capo. Nella situazione di disagio indotto dalla malattia cambiano così le sue priorità. Nell'avere pietà di se stesso, comincia sempre più a essere insofferente verso la rumorosa indifferenza della gente sana. Nessuno lo comprende né gli presta ascolto, tranne un muzik, un paesano, che fin dal giorno dell'incidente aveva cominciato a prendersi cura di lui, peraltro con un atteggiamento improntato a una straordinaria serenità. La malattia lo induce pertanto a rivedere tutta la scala dei valori che aveva ispirato la sua vita, guidandolo alla comprensione della verità: tutto è stato falso, nella vita familiare come nel lavoro. Ma alla fine della sua vita la menzogna si ritira, e Ivan Il'ic riuscirà a morire sereno, con il sorriso sulle labbra.

