
Ben Jelloun coglie con partecipazione gli atti e i pensieri della madre sofferente. L'Alzheimer che l'affligge non ha uno sviluppo lineare, il peggioramento è impercettebile, e spesso viene intervallato da momenti di lucidità in cui la madre scherza sul proprio male. Gli episodi descritti sono quelli dell'amnesia e confusione tipici della malattia; c'è la crisi dei figli, che oscillano tra l'angoscia e il rifiuto nel vedere la madre in quelle condizioni, nel vedere una persona che sbiadisce come una vecchia fotografia, si spegne, scompare. Una bufera di allucinazioni e ricordi, un tentativo straziante e continuo di cercare un ordine ormai sfuggente, di rivendicare una lucidità perduta, di salvaguardare la dignità. Una raccolta delle reminiscenze di una madre, ricomposte in un racconto pacato da parte di un figlio che dice un'ultima volta il suo amore di figlio.
«Un paese è ciò che noi siamo nel momento in cui lo visitiamo».
Il Marocco bisogna intuirlo, immaginarlo, fare attenzione ai particolari, è un enigma da sedurre con garbo: per affrontarlo non serve una guida da scorrere distrattamente ma un libro che ci accolga con la stessa ospitalità dei suoi abitanti.
E dato che la vita privata di un paese passa anche per l'immaginario e per le storie che ha ispirato, questo libro dovrebbe essere come un romanzo che ne contiene altri mille - alcuni fedeli alla sua anima, altri splendidamente infedeli.
Sembrerebbe un libro impossibile, eppure è esattamente quello che ha scritto Tahar Ben Jelloun: l'autore di Creatura di sabbia accompagna il lettore verso l'anima più autentica del Marocco, in un itinerario le cui tappe sono le città e i deserti, i ricordi personali e la storia ufficiale, le leggende della sua terra e le tracce lasciate dagli stranieri che l'hanno attraversata.
Si parte da Tangeri («una città abituata all'abbandono, che produce eroi stanchi») - anzi dal suo famoso Café de Paris da dove osservare i tanti viaggiatori, da Ginsberg a Burroughs, da Bowles a Barthes, che come pellegrini vi sono giunti in cerca di piaceri promiscui, di oblio o di un nuovo inizio - per poi proseguire verso Casablanca, Fes, Marrakech, fino ai sentieri meno battuti della Chaouia o a uno sperduto accampamento ai piedi dell'Atlante.
Lo sguardo partecipe e affettuoso di Ben Jelloun non ignora nemmeno le ineguaglianze che ancora feriscono il Marocco, dalla corruzione a tutte quelle cattive abitudini che «si fanno certezze agli occhi di una popolazione che le accetta rassegnata». Perché se è vero «che ci sono paesi che ci incantano e altri che ci maltrattano o che sono una pena per gli occhi e ci danno l'emicrania», è anche vero che molto dipende dalla nostra disposizione ad accogliere quello che ci viene presentato: «L'anima non si dà, non si concede, non svela niente della sua intimità. È in noi o non è».
Mohamed fa l'operaio vicino a Parigi, nel 1966 ha lasciato il sud del Marocco per stabilirsi in una Francia che ha sempre sentito ostile, in una periferia popolata da maghrebini con cui condivide il credo religioso, ma dei quali rifiuta vizi e rassegnazione. Analfabeta, padre di cinque figli estranei che non lo seguono più, Mohamed ha sempre rifiutato l'integrazione, perché è convinto che musulmani e cristiani non potranno mai incontrarsi. Ora è assillato da una nuova minaccia: la pensione. Nel suo primo giorno da pensionato decide di partire per il Marocco per finire di costruire la grande casa avviata cinque anni prima. Vuole che sia la casa più grande del villaggio, per ospitare l'intera famiglia, figli compresi. A sua moglie tutto ciò appare folle; ma è abituata ad assecondare il marito ed è consapevole che nulla potrà fermarlo. La sera stabilita per la riunione dell'intera famiglia si sistema fuori dalla casa su una poltrona, in attesa...
Le storie che si trovano in questo libro raccontano il disequilibrio e i malintesi tra l'uomo e la donna arabi. Come scrive l'autore "il primo amore è sempre l'ultimo. Nel mio paese c'è qualcosa di spezzato nelle relazioni tra l'uomo e la donna." Ben Jelloun è nato a Fès (Marocco) nel 1944 ma da molti anni vive in Francia, a Parigi. In Italia è conosciuto da tempo per il suo forte impegno personale, sociale e politico che si esprime anche nell'opera narrativa.
Storie di passioni e di perdizione, di amori destinati a durare per sempre e di incontri fugaci, di erotismo e di pure idealità romantiche, di misantropi, scienziati, profeti e angeli. Tahar Ben Jelloun, attingendo alle mille fonti dell'immaginario favolistico e delle tradizioni magiche del mitico Oriente, tratteggia in questi racconti l'universo del sentimento amoroso, e lo declina nelle sue molteplici e spesso impreviste forme, nella consapevolezza, ora divertita ora malinconica, che l'amore e il sesso sono i più grandi incantesimi del mondo, veicolo e luogo di supremi misteri, di pulsioni incontrollabili, di fascinazioni uniche e irripetibili: come la natura umana.
Un grande scrittore spiegava alla sua bambina di dieci anni che cos'è il razzismo, come nasce, perché è un fenomeno così tristemente diffuso, dando vita a un dialogo capace di trascendere i confini dell'occasione intima e famigliare e porsi come lezione di vita per tutti i lettori. Il suo sommesso e pacato dialogo con la figlia si arricchisce oggi di nuovi elementi: la ricostruzione della storia dell'Intifada, la spiegazione della differenza tra Islam e islamismo, l'analisi dei diversi fondamenti storico-ideologici degli usi e costumi di ebrei e palestinesi. La sua parola d'ordine è: tolleranza.
L'estrema solitudine è la condizione dell'immigrato: lontano da familiari e amici, sradicato da ogni tradizione, proiettato in un mondo che si muove secondo modelli etici, sociali, culturali completamente diversi dai suoi, in una parola straniero, "estraneo". In questo volume Tahar Ben Jelloun raccoglie ed elabora i risultati di un anno di lavoro preso un centro di consulenza psicologica e sociale per immigrati magrebini a Parigi. Attraverso decine di incontri, interviste, storie e voci che si intrecciano, si compone un quadro della condizione dell'uomo, straniero al mondo che lo circonda.
Un giovane maestro ritorna nel piccolissimo villaggio dell'Africa Occidentale in cui è nato per insegnare quello che sa ai bambini. Ma nel "villaggio del nulla" non ci sono sedie, non ci sono banchi, non c'è lavagna, e i bambini, che non hanno da mangiare, preferiscono cucire scarpe e palloni di cuoio per un dollaro l'ora piuttosto che frequentare la scuola. Come può il maestro spiegare il valore dell'istruzione a bambini che soffrono la fame? Il racconto di una lotta impossibile, di una resistenza estrema contro le ragioni del denaro per le ragioni della speranza. Con questo libro si contribuisce a ricostruire una scuola in Mozambico.
Intorno a Jenin non è restato nulla. La guerra ha devastato tutto. Solo corpi esangui, ricordi, e la scarpa abbandonata di un bambino, che Jenin spera di vedere ancora, a piedi nudi, alla ricerca della sua scarpa perduta. Mentre percorre questo paesaggio devastato dalla guerra, Jenin canta un'elegia di dolore e rabbia, un inno alla vita, violentata senza scrupoli dai conflitti.
È la storia di due amici, Ali e Mamed. Hanno condiviso molte cose, hanno amato, studiato, si sono abbandonati al sogno di un'utopia rivoluzionaria insieme, ma poi, all'improvviso, una lettera di Mamed, fatta di "poche frasi, brutali, secche, definitive", annuncia la rottura del loro sodalizio. Solo alla fine, dopo la rievocazione delle loro vicende personali emergeranno la verità e il senso di quella lettera drammatica. Si scoprirà che l'amicizia è finita per volere di Mamed, che ha preferito risparmiare all'amico un dolore troppo grande.
Mérième e Lidia sono due ragazze di diciassette anni come tante; l'una è cresciuta a Parigi in una famiglia laica di origini marocchine, l'altra è cresciuta a Bologna in una famiglia cristiana. Mérième è figlia di un padre famoso, Tahar Ben Jelloun, e ha già ispirato un libro: «Il razzismo spiegato a mia figlia». Un giorno iniziano a scriversi delle e-mail, ciascuna incuriosita dall'altra: cosa vuol dire essere musulmani? Cosa pensa una ragazza musulmana di fronte agli attentati terroristici? Esiste un'intolleranza cristiana? E che differenza c'è fra la battaglia per il velo e la battaglia per il crocifisso? Che significato ha per un'adolescente la parola "laicità"? Per oltre due anni, le ragazze si raccontano le proprie impressioni, mentre a poco a poco nasce una vera e propria amicizia, fatta di confidenze, vacanze insieme, tensioni, attese. Tahar Ben Jelloun torna a parlarci di attualità e di rispetto con un pamphlet che ha insieme la forza della denuncia, la spontaneità dell'adolescenza, la libertà di un'invenzione narrativa.
Azel ha poco più di vent'anni e il futuro davanti: una laurea, molti sogni, la voglia di vivere e l'ambizione che si hanno a quell'età. La vita a Tangeri, tuttavia, non permette molto; povertà e corruzione fanno intravedere la felicità solo dall'altra parte dell'oceano, in Spagna. Partire è l'unica salvezza possibile. Ma anche partire è difficile, rischioso e richiede compromessi. Per AzeI partire ha il prezzo del tradimento, degli altri e di se stesso. Ha il costo di un amore in cui non crede, di una relazione omosessuale cui cede per necessità. Sembra non esserci scampo per la dignità, in questo mondo di opportunismi, prostituzione, clandestinità, sessualità tradita. Per fortuna ci sono i sogni. Ben Jelloun compone un affresco straordinario, di denuncia e poesia: il ritratto di un mondo di immigrazione e clandestinità in cui la felicità sta sempre altrove.

