
La prima raccolta dei tre testi in prosa del poeta Mahmud Darwish. Dice Elias Sanbar: "Darwish non era ambasciatore del suo paese ma un poeta slegato dalla nazionalità e dal passaporto. Certamente la Palestina era il suo humus, la terra dove affondava le radici: la sua flora e la sua fauna, la sua musica e le sue nuvole, ma tutto questo non doveva essere il suo limite. Se parla di terra, quella terra è proprio la sua terra. Non si è mai impantanato nelle chiavi di lettura che davano della sua opera". "Diario di ordinaria tristezza" (1973) ripercorre il tempo che precede la scelta dell'esilio, gli arresti domiciliari, gli interrogatori degli ufficiali israeliani, il carcere, e chiude la fase più drasticamente militante del poeta. "Memoria per l'oblio" (1987) evoca l'invasione israeliana di Beirut nell'agosto del 1982. "In presenza d'assenza" (2006) è una riflessione sull'esperienza poetica e sulla lingua. Una sorta di testamento, che coincide con l'addio dello struggente poema "Il giocatore d'azzardo" (2009), che chiude questo volume.
Adam Kindred, trentenne climatologo americano sbarcato a Londra per un colloquio di lavoro, dopo aver vagato lungo il Tamigi dalle parti di Chelsea Bridge, decide di varcare la soglia di un ristorante italiano, senza avere alcuna idea del fatto che nel giro di un paio d'ore la sua vita cambierà completamente. A metà cena gli si avvicina un altro avventore solitario. Inglese perfetto con accento americano, il tizio si presenta come il dottor Philip Wang, immunologo. Scambia qualche parola con un certo brio, poi saluta e se ne va. Poco dopo Adam si accorge che Wang ha dimenticato una cartellina di plastica trasparente su una sedia. Fortunatamente c'è il biglietto da visita del dottore, con un indirizzo londinese. Adam decide di riportargli la cartellina, ma quando entra nel suo appartamento trova Wang che giace sul suo letto, in una pozza di sangue.
Una mattina come tante a Coldwater, sul lago Michigan. La stagione turistica è finita e la città si prepara alla tranquillità sonnolenta dell'autunno: pochi negozi aperti, parcheggi vuoti e la tavola calda di Frida di nuovo semideserta. Accade così, all'improvviso: i telefoni cominciano a squillare. Il primo è quello di Tess, che riceve una chiamata dalla madre. Poi quello di Jack Sellers, che ne riceve una dal figlio, e di Katherine Yellin, dalla sorella. Per ultimo tocca a Elias Rowe, con una telefonata che arriva da Nick, un suo ex dipendente. Tutti dicono di essere in paradiso. Impossibile contenere una simile notizia nei confini della città: il mondo deve sapere che la morte non è la fine di tutto. Coldwater è invasa dai media, ma anche da migliaia di fedeli richiamati dal miracolo più straordinario mai accaduto. Solo Sully Harding, tornato in città dopo la prigione e la perdita della moglie, sospetta che si tratti di una grande truffa. Mentre tutti sono in balia della "febbre da miracolo" - anche il suo bambino tiene sempre con sé un telefono giocattolo sperando che la mamma lo chiami - Sully va a caccia della verità. Ma quel che scopre è molto lontano da ciò che si aspettava.
Quello di Leila Guerriero non è un racconto di fantasia ma una storia vera. Non è una storia estrema, né di eroismo, né di deriva, né di coraggio. E la storia semplice di un uomo comune che insegue un sogno e per realizzarlo è capace di ipotecare anni di vita e di risparmi. La cosa curiosa è che il sogno di quest'uomo è tutt'altro che straordinario: vincere una gara di ballo, diventare campione di malambo, una danza folkloristica dei gaucho argentini, che dura pochi minuti ma richiede la preparazione fisica e psicologica di un centometrista. Tutto si svolge a Laborde, una cittadina come altre, perduta nell'immensità della pampa, e riguarda una comunità ristretta in cui il campione di malambo assume i connotati di un eroe olimpico. Leila Guerriero decide di capire fino in fondo i meccanismi di questo microcosmo e dei personaggi, a tratti inverosimili, che lo popolano, trascinando il lettore, a forza di suspense e coup de théâtre, in un reportage capace di emozionare come un romanzo.
"Una storia russa" racconta la storia di tre compagni di scuola che si incontrano a Mosca negli anni cinquanta: un poeta rimasto orfano, un fragile ma molto dotato pianista e un fotografo in erba con il grande talento di collezionare segreti. Tutti e tre si fanno strada verso l'età adulta in una società dove il loro eroi sono stati censurati se non esiliati. Un racconto pieno di passioni e intrighi, questo romanzo è un ritratto della vita dopo Stalin e un'indagine drammatica che scandaglia integrità individuale in una società governata dal KGB. I protagonisti cercano di trascendere l'oppressione del regime attraverso l'arte, l'amore per la letteratura russa e l'attivismo. E ciascuno di loro finisce per ritrovarsi faccia a faccia con la polizia segreta, estremamente pronta a fomentare paranoia, sospetti e tradimenti. Il romanzo di Ludmila Ulitskaya prosegue la tradizione dei grandi autori russi, da Dostoevskij a Tolstoj fino a Pasternak: un'opera che brucia di politica, amore e fede, un inno alla vita anche nei momenti più oscuri.
Si incontrano una sera di ottobre, davanti a un teatro. Lui, rientrato da Londra, insegna recitazione a un gruppo di anziani. Lei lavora in un'agenzia di viaggi. Dal fascino indecifrabile di Teresa, Nino è confuso e turbato. Starle accanto lo costringe a pensare, a farsi e a fare domande, che via via acquisiscono altezza e spessore. Al di là dell'attrazione fisica, coglie in lei un enorme mistero, portato con semplicità e scioltezza. L'uno guarda l'altra come in uno specchio, che di entrambi riflette e scompone le scelte, le ambizioni, le inquietudini. Tanto Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna tensione ideologica), tanto Teresa, con il suo segreto, sembra andare oltre. Ostaggi di un mondo invecchiato, si lanciano insieme verso un sentimento nuovo, come si trattasse di un patto, di una scommessa. Accade sotto lo sguardo lungo e partecipe di Grazia, zia di Teresa e insegnante di teatro di Nino, attor giovane allo sbando. Proprio mentre crescono l'attesa e il desiderio, Grazia esce di scena, creando una sorta di "dopo" che rilegge l'intera vicenda di Nino e Teresa, il loro cercarsi là dove sono più profondamente diversi. Paolo Di Paolo entra nel teatro della contemporaneità cogliendo i segni di un bene inaspettato, di una luce che si accende dove smettiamo di esigere garanzie, dove viene voglia di mettersi alla prova. E di capire se siamo in grado di vivere.
Si incontrano una sera di ottobre, davanti a un teatro. Lui, rientrato da Londra, insegna recitazione a un gruppo di anziani. Lei lavora in un'agenzia di viaggi. Dal fascino indecifrabile di Teresa Nino è confuso e turbato. Starle accanto lo costringe a pensare, a farsi e a fare domande, che via via acquisiscono altezza e spessore. Al di là dell'attrazione fisica, coglie in lei un enorme mistero, portato con semplicità e scioltezza. L'uno guarda l'altra come in uno specchio, che di entrambi riflette e scompone le scelte, le ambizioni, le inquietudini. Tanto Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna tensione ideologica), tanto Teresa, con il suo segreto, sembra andare oltre. Ostaggi di un mondo invecchiato, si lanciano insieme verso un sentimento nuovo, come si trattasse di un patto, di una scommessa. Accade sotto lo sguardo lungo e partecipe di Grazia, zia di Teresa e insegnante di teatro di Nino, attore giovane allo sbando. Proprio mentre crescono l'attesa e il desiderio, Grazia esce di scena, creando una sorta di "dopo" che rilegge l'intera vicenda di Nino e Teresa, il loro cercarsi là dove sono più profondamente diversi.
Un amore così perfetto. O è solo la storia eterna della vittima e del seduttore? Lui è il proprietario e l'anima di un'azienda di design per collezioni di moda, carte e oggetti. Lei, Bianca, insegnante di discipline pittoriche in un liceo delle arti, gli propone una serie di disegni ispirati ai fiori. Disegni bellissimi, luminosi, unici. Lui se ne innamora e, come fa sempre, decide di prendere non soltanto l'opera ma anche l'artista, singolare e incantevole come quei disegni. Comincia il corteggiamento, ma presto si accorge di essere lui ad avere bisogno di lei, conquistato e allo stesso tempo sconcertato dalla sua purezza quasi spirituale, dalla sua natura appassionata ed esigente, dalla gratuità dei suoi gesti, dalla sua vita con il figlio Gabriele in una casa piena di piante e di acqua che fa pensare a un piccolo paradiso. Bianca vuole credere a quell'amore, si abbandona. Ma lui ha già ottenuto ciò che voleva e, a poco a poco, come fa sempre, inizia ad allontanarsi. Il mondo intorno osserva immobile. È la provincia elegante e crudele della chiacchiera, che spiuma la verità e la sparge dalle finestre dei palazzi. Tutti a vedere. Tutti pronti a dire come va a finire quando si entra nel gioco di un seduttore. Ma non sempre le storie sono già scritte dall'inizio.
Amore e tenebra sono due delle forze che agiscono in questo libro, un'autobiografia in forma di romanzo, un'opera letteraria che comprende le origini della famiglia di Oz, la storia della sua infanzia e giovinezza a Gerusalemme e poi nel kibbutz di Hulda, l'esistenza tragica dei suoi genitori, e una descrizione epica della Gerusalemme di quegli anni, di Tel Aviv che ne è il contrasto, della vita in kibbutz, negli anni trenta, quaranta e cinquanta. La narrazione si muove avanti e indietro nel tempo, ricostruendo in 120 anni di storia familiare una saga che vede protagonisti quattro generazioni di sognatori, uomini d'affari falliti e poeti egocentrici, riformatori del mondo, impenitenti donnaioli e pecore nere.
Ai confini col deserto del Kalahari, François Joubert aveva trascorso i primi tredici anni della sua vita circondato dagli agi della grande fattoria paterna. Ma una notte un rumore insolito lo avvertì che stava succedendo qualcosa nella boscaglia: quella notte incontrò Xhabbo, il giovane boscimano rimasto imprigionato in una trappola per leoni. Con Xhabbo avrebbe condiviso innumerevoli avventure, avrebbe conosciuto la saggezza del popolo boscimano, scoperto i misteri e le leggi della natura. E proprio nella conoscenza della natura François e la sua giovane amica Nonnie, Xhabbo e la sua compagna troveranno la salvezza dai drammatici eventi che minacciano le terre in cui sono nati.
Ci sono luoghi dove i ricordi di più persone si intrecciano, senza riuscire a diventare memoria condivisa. Giovanna, magistrata a rischio costretta a vivere sotto copertura benché ormai fuori dai ranghi, cerca in una casa di riposo qualcosa che sarà pena o sollievo, dipenderà anche dalle sue scelte. I suoi compagni di viaggio si conoscono fra di loro più per le malattie di cui soffrono che per nome, e condividerne la quotidiana fatica a sopravvivere, costantemente avvelenata dal rancore per le promesse non mantenute dalla vita, impegna Giovanna in una lotta vischiosa con se stessa. La grande Storia ha attraversato la piccola esistenza di ciascuno, imprimendovi cicatrici incancellabili: c'è Olga, che celebra accendendo candele le stragi di Stato; Virginia, che tutti chiamano Vandaosiris; e poi Quintina con la sua religiosità rabbiosa, l'ex partigiano Carlo, Dante che ostinatamente crede nei valori della Costituzione, e Federico, che per il segreto di cui si fa scudo rischia di trasformarsi, nei pensieri di ognuno, in capro espiatorio. Però sarà proprio Federico, per un malanno misterioso, a costituirsi per tutti in occasione di ripensamento, in opportunità di pacificazione nei confronti di se stessi e degli altri, in possibilità di percepirsi non come sommatoria di insofferenze e sospetti individuali ma come comunità. Un romanzo che ci racconta da dove veniamo e traccia un ritratto non rassegnato del presente: un'Italia fragile, invecchiata che non rinuncia in un impegno verso il futuro.

