
Perfetto amalgama di poesia e affabulazione, di ricordi lontani e paesi remoti, le prose del Secondo amore ci trasportano in un mondo magico, popolato di giovani violinisti capaci di far danzare le stelle in cielo, agili ballerini col monocolo, clown lillipuziani e macrocefali, zingari accampati fra il bosco e la palude in una distesa di tende bianche. Ma riaffiora, costante, la Storia, evocata da un Natale di guerra sul bassopiano della Podolia, a due passi dal fronte; dalla presenza dell’imperatore («Lui giace sepolto nella Cripta dei Cappuccini, sotto le rovine della sua corona, fra le quali io – vivo – vado aggirandomi»); dal cordoglio per la miseria austriaca al crollo dell’impero e per il tramonto della patria; dalla nostalgia degli esuli e degli emigrati – una nostalgia che può spezzare il cuore. E a ritmare l’intero libro è l’amore, che nel racconto eponimo si fa pura, toccante bellezza: nel bosco incantato, teatro di incontri pudichi, una risata si alza in volo «come un raro, sconosciuto uccello bianco», mentre i giardini esalano il profumo del glicine «con la fresca veemenza di un dolce vento». Un profumo inebriante oggi come allora.
L'AUTORE
Joseph Roth
Jopseph Roth (1894-1939) fu ufficiale dell'esercito austriaco nella Grande Guerra, giornalista (a partire dal 1918) e romanziere. Nel 1933 l'avvento del nazismo lo costrinse ad abbandonare la Germania, dove viveva. Morì a Parigi.
"Il secondo amante di Lucrezia Buti", elaborato in un intenso trimestre di scrittura tra maggio e luglio del 1924, è l'unico testo autobiografico - in senso proprio - di Gabriele d'Annunzio adolescente: ambientato a Prato, infatti, nel quadriennio in cui il giovane Gabriele compie i suoi studi superiori al liceo Cicognini (1876-1880), il testo narra della vita quotidiana del convittore e delle sue prodezze di studente poco avvezzo all'ordine ed alla disciplina. Il racconto si snoda tra insubordinazioni ai professori e al personale scolastico, gare retoriche e oratorie, incursioni notturne nei laboratori della scuola e scorribande nelle vie cittadine, a caccia di giovani fanciulle per sperimentare i piaceri di una intraprendente sessualità, alternando riflessioni sulla propria arte di scrittore e di ineguagliabile artefice della parola. L'adolescenza del poeta si rivela così una sorta di paradigma indiziario di una precoce eccezionalità d'uomo e di artista, come la storia biografica e letteraria di Gabriele D'Annunzio ha poi dimostrato.
Quando, quella mattina dell'11 settembre 2001, il secondo aereo - una massa orrorifica di tonnellate d'acciaio lanciate a più di novecento chilometri orari sopra Manhattan - si conficcò con la lucida volontà dell'intenzione nel corpo della Torre Sud del World Trade Center, l'America non potè fare altro che prendere atto dell'implacabile odio rivolto verso di lei. Gli attacchi terroristici, l'ascesa del fondamentalismo islamista, le guerre in Afghanistan e Iraq, i balordi sillogismi di Donald Rumsfeld, l'assalto alla razionalità illuminista, la trasformazione profonda e violenta del nostro orizzonte emotivo. Ma anche la condizione femminile, la crisi della mascolinità, le frustrazioni dello scrittore, l'inatteso legame tra terrore e noia. Tanto è stato scritto su quello "schianto morale" che è stato il crollo delle torri, nondimeno lo sguardo di Amis in questi saggi e racconti riesce a essere sorprendentemente spiazzante, coraggioso, senza timore di risultare scomodo e provocatorio. "L'11 settembre ha accorciato la distanza che separa la realtà dal delirio. Perciò quando ne parliamo, chiamiamolo con il nome che gli compete; non diamo a intendere di aver incassato e archiviato quell'evento, quel fenomeno, senza frizioni. Non è vero. L'11 settembre continua, va avanti, con tutto il suo mistero, la sua instabilità, e il suo atroce dinamismo".
È il racconto di una vicenda d'amore nell'epoca oscura delle dittature e delle persecuzioni razziali in Europa, ma anche la storia di una donna, Dora Levi, che a sedici anni è costretta ad abbandonare la religione ebraica per professare quella cristiana. Divenendo in un certo modo una persona nuova, una credente nuova, che pur restando per molto tempo una "cristiana della domenica", deciderà infine d'impegnarsi nell'insegnamento della religione cattolica ai fanciulli. Eppure Dora continuerà a pregare il padre ebreo e fervente nazionalista, scomparso nel 1944, volgendosi spiritualmente a Israele, secondo la religione ebraica in cui era stata immersa fino all'adolescenza. Che sia sintomo di incoerenza?
Siamo a Pianura, periferia di Napoli, negli anni Ottanta. Chi ci abita lo chiama il Far West. Fortunato ha dieci anni, una fame incontenibile - di cibo, di storie e d'amore - e un'immaginazione sfrenata. In famiglia lo chiamano 'o strologo, quello che sa le cose. Da grande vorrebbe fare il cantante neomelodico. Ma anche l'attore. Pure l'astronauta non sarebbe male. Oppure può raccogliere da terra la Smith & Wesson 357 Magnum di Patrizio, 'o figlio dô Bulldog, e mettersi a sparare come tanti altri. Vive in due stanze con i genitori, i tre fratelli e la nonna, arrivata all'improvviso dopo che un sasso enorme è precipitato sul tetto di casa sua - così dicono i grandi - minacciando di sfondarle il soffitto. Quello che pochi sanno è che Fortunato ha un sogno più grande di lui, qualcosa che lo tiene sveglio la notte. Andare lontano, schizzare via. Perché la vita corre, e va acchiappata.
"L'impresa di cercare di scrivere romanzi 'apocrifi', cioè che immagino siano scritti da un autore che non sono io e che non esiste, l'ho portata fino in fondo nel mio libro 'Se una notte d'inverno un viaggiatore'. È un romanzo sul piacere di leggere romanzi; protagonista è il Lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto dunque scrivere l'inizio di dieci romanzi d'autori immaginari, tutti in qualche modo diversi da me e diversi tra loro ... Più che d'identificarmi con l'autore di ognuno dei dieci romanzi, ho cercato d'identificarmi col lettore: rappresentare il piacere della lettura d'un dato genere, più che il testo vero e proprio. Ma soprattutto ho cercato di dare evidenza al fatto che ogni libro nasce in presenza d'altri libri, in rapporto e confronto ad altri libri." (Italo Calvino)
«L'impresa di cercare di scrivere romanzi "apocrifi", cioè che immagino siano scritti da un autore che non sono io e che non esiste, l'ho portata fino in fondo nel mio libro Se una notte d'inverno un viaggiatore. È un romanzo sul piacere di leggere romanzi; protagonista è il Lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto dunque scrivere l'inizio di dieci romanzi d'autori immaginari, tutti in qualche modo diversi da me e diversi tra loro ... Più che d'identificarmi con l'autore di ognuno dei dieci romanzi, ho cercato d'identificarmi col lettore: rappresentare il piacere della lettura d'un dato genere, più che il testo vero e proprio. Ma soprattutto ho cercato di dare evidenza al fatto che ogni libro nasce in presenza d'altri libri, in rapporto e confronto ad altri libri.»

