
Il protagonista, un eremita dai capelli ormai bianchi, rianima una sera tre figure di amici di gioventù. Il primo è stato terrorista e poi muratore in Francia: rievoca il primo assassinio commesso dal complice-amico. Con intensa drammaticità parla della violenza. Il secondo ha scelto la strada della vita religiosa che lo porterà in Africa, dove uomini, animali e cose hanno "il sapore dell'aceto" e per questo del dolore. Il terzo è un vagabondo, sempre provvisorio, di passaggio in un'esistenza che non dà requie. Violenza, dolore e vagabondaggio sono elementi comuni a tutti i tre personaggi che, nel loro insieme, compongono un affresco amaro e profondo della condizione umana dell'ultimo ventennio.
Ha scritto Gianfranco Contini, uno dei massimi critici del Novecento: "Almeno l'"Adalgisa", le "Novelle" o "Accoppiamenti giudiziosi" e il "Pasticciaio" appartengono al canone delle letture indispensabili per un italiano aggiornato all'arte del suo tempo". Che "Accoppiamenti giudiziosi" figuri in questo canone, a scapito persine della "Cognizione del dolore", non stupisce: i diciannove, temerari 'racconti' radunati da Gadda nel 1963 attraversano l'intera sua attività di narratore, e ne offrono la più autentica essenza. Tanto più che Gadda non ha esitato a includervi frammenti di romanzi, quasi a segnalare che questo libro è anche una insostituibile autoantologia. Dove spiccano i frutti urticanti dei suoi furori contro la "città della saggezza moraleggiante ... e stentatamente grammaticante " - fiammate di odio che gli facevano dire: "Vorrei essere il Robespierre della borghesia milanese: ma non ne vale la pena". La satira, di irresistibile comicità, divampa come un rogo, riducendo in cenere moralismo benpensante, logica di casta, incrollabili certezze e virtù, e mettendo in fuga dame imperiose e impettite contro i "calamitosi tempi", professori stolidi e reboanti, apoplettici commendatori "mecenatoidi" serissimi e operosi professionisti che nella famiglia e nel lavoro trovano le "soddisfazioni" più alte, industriali ossessionati dalla salvaguardia della loro "propria privata privatissima personale proprietà".
Il fascino e l'invidia, la sottile crudeltà e l'ambivalenza, le sfumature e le ombre nel rapporto tra due donne di diversa condizione e fortuna. Il legame tra una povera pianista - l'accompagnatrice - e una cantante di successo. Scritto nel 1934 e pubblicato nel 1985 in Francia, è stato accolto con grande favore dalla critica e dal pubblico, imponendo all'attenzione una scrittrice che con Blok e Gorkij, Pasternak e Nabokov, e i molti altri autori da lei frequentati, appartiene a pieno titolo alla storia letteraria e intellettuale del Novecento.
Le strade roventi popolate da orde di mendicanti, da cortei funebri, da bande militari tedesche che incedono con grande strepito, dai temuti Ussari della morte che sfilano in tutto il loro minaccioso splendore, da individui affamati e senza casa che si aggirano con espressione apatica, indifferente. Il gigantesco cantiere sulla Vistola dove gli operai - russi, ebrei e polacchi si sfiancano assonnati e indolenziti, perennemente sovrastati dal fragore delle onde, dal rombo dei macchinari, dal ruggito delle voci che sbraitano in varie lingue. È la Varsavia che accoglie Binyamin Lerner, reduce da nove mesi sul fronte galiziano nella fanteria dello zar. E più che mai deciso a sopravvivere, anche a prezzo della diserzione, a conquistare il suo destino in un mondo divelto dalle fondamenta: a contrastare, acciaio contro acciaio, l'inesorabile violenza della Storia. Una violenza che Singer ha vissuto sulla propria pelle e nella quale - mentre seguiamo Binyamin dal vertiginoso caos di Varsavia a una comune agricola in Polesia e infine a Pietroburgo, cuore della Rivoluzione - ci sprofonda, letteralmente, con la prodigiosa maestria che i molti lettori della Famiglia Karnowski hanno imparato a conoscere.
Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d’uscita. Poi un giorno arriva l’amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l’amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male.
Attraverso gli occhi di due ragazzine che diventano grandi, Silvia Avallone ci racconta un’Italia in cerca d’identità e di voce, apre uno squarcio su un’inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più. E lo fa con un romanzo potente, che sorprende e non si dimentica.
Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più.
Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più.
Un biglietto anonimo legato alla zampetta di un colombo viaggiatore: non è la richiesta di aiuto di un naufrago né lo scherzo di un animalista burlone, tanto più che riuscire a catturare uno di questi intelligenti animali non è cosa da poco né alla portata di tutti. Le indicazioni del messaggio portano Federico, brillante studente di etologia nonché proprietario del colombo, fino al cadavere di un uomo ucciso con brutalità nella propria casa. Unici segni particolari: una cesta per colombi infilata sulla testa del morto e il riferimento, nel biglietto, a dei semi usati come mangime che solo gli esperti possono conoscere. Per fortuna Federico può contare sul suo prof, maestro nella scienza degli animali e nella vita. Insieme possono cercare di capire che cosa sta cercando di comunicare l'assassino. Perché la polizia, classicamente, brancola nel buio, mentre l'omicida continua a colpire e a lasciare i suoi indecifrabili messaggi. L'indagine punta il dito sull'ambiente degli appassionati di colombi e dei loro circoli di incontro. In particolare finiscono sotto esame quei circoli dove si organizzano le gare di viaggio tra i migliori esemplari; un ambiente apparentemente innocente, finché non si scopre l'entità degli interessi economici coinvolti. Per Federico e il professore, consulenti scientifici a fianco della polizia, inizia così un viaggio nel mondo familiare dei colombofili e in quello ben più inquietante di una mente criminale.
La crescita, le difficoltà in famiglia, lo studio, la ricerca di un lavoro, la chimera del vero amore: queste piccole e grandi battaglie di tutti i giorni, quando anche le cose banali sembrano andare irrimediabilmente alla rovescia. Specie per Rebecca Rossetti, un'ostetrica in perenne lotta con la propria esistenza, che tende a incrinare sempre verso il disastro. Come comportarsi dunque? Rinchiudersi nell'orgoglio e lasciarsi andare al vittimismo? No, meglio rimboccarsi le maniche. Alla luce della fede e con quel tanto di autoironia utile alla sopravvivenza, i problemi, anche i più difficili, cominceranno ad apparire sotto una luce diversa.
L'autrice
Giulia Fornasier (Conegliano 1989) è single, prima di quattro figli e ostetrica di professione. Nella vita si occupa di riabilitazione uroginecologica e metodi naturali. A tempo perso cerca marito e prove della sua (improbabile) adozione.
Dopo che, al termine di "Autorità", il confine dell'Area X ha iniziato improvvisamente a espandersi e inghiottire ogni cosa nella sua avanzata, a cominciare dalla sede della Southern Reach, la situazione sulla "costa dimenticata" sta precipitando. Controllo, aiutato dalla misteriosa creatura che ha le fattezze e i ricordi della biologa e si fa chiamare Uccello Fantasma, si inoltra nel cuore dell'Area X, verso il faro da cui ogni cosa sembra essere partita. Sembra che tutti i personaggi della trilogia dell'Area X in qualche momento della loro vita abbiano visitato il faro. Verremo cosi a conoscenza della storia del suo guardiano, un uomo tormentato, con un passato di predicatore e troppi, forse ingiustificati, sensi di colpa, che proprio al faro pare aver riconquistato una qualche forma di pur precaria serenità. Anche grazie all'amicizia di una bambina dei dintorni, Gloria, con cui stabilisce un legame profondo, una relazione che saprà sopravvivere ai cataclismi successivi all'"evento". Ma veramente la Southern Reach è stata creata dopo l'evento che ha generato l'Area X o esisteva da molto, molto prima? E, soprattutto, chi ha innescato il processo che ha dato vita all'Area X e perché? Forse già ora, in qualche angolo del pianeta, un'"anomalia" dall'origine sconosciuta sta alterando la realtà in modi cosi sottili che probabilmente passerebbero inosservati.
Nella soffitta polverosa di Montevideo, in cui per anni ha perso tempo a ubriacarsi e a plagiare i grandi classici della letteratura universale, lo scrittore fallito Alonso Novarro, presidente dell'accademia per illetterati "Fernando Pessoa", un'associazione segreta di nemici dei romanzi, viene trovato impiccato da Hamete Benengèli, traduttore e nano. Accanto a lui un misterioso scritto in spagnolo nel più perfetto stile ottocentesco: la traduzione dei capitolo ventinovesimo dei "Promessi Sposi" di Manzoni, che Manzoni non si è mai sognato di scrivere...

