
Nella bottega di un rigattiere parigino, Casimir de Chateauneuf vede una miniatura che ritrae il volto di una giovane donna e ne resta folgorato. Sulla piccola cornice dorata solo due parole: La Poupée (La Bambola). Bramoso di trovare la bella Poupée, Casimir si lascia sedurre dall'oriente profumato e misterioso e parte per un viaggio sconvolgente: Alessandria d'Egitto, Il Cairo, Tebe, Damasco, Costantinopoli. Un viaggio che lo trasforma irreversibilmente, prima di consegnarlo nelle braccia del suo kismet, il suo destino. Perché gli amanti non si incontrano per caso, ma fanno parte l'uno dell'altra fin dall'inizio...
Mikael Blomkvist ha una nuova storia tra le mani. Due giornalisti, Dag e Mia, intendono pubblicare un libro che svela nomi e retroscena di un losco e vasto traf?co di prostituzione tra Svezia e paesi dell'Est. Sono coinvolti personaggi di rilievo, poliziotti, giudici e politici. Nel corso dell'inchiesta, un triplice brutale omicidio scatena una vera e propria caccia all'uomo: l'attenzione di polizia e media nazionali si concentra proprio su Lisbeth Salander.
Mikael Blomkvist è tornato vittorioso alla guida di Millennium, pronto a lanciare un numero speciale su un vasto traffico di prostituzione dai paesi dell'Est. L'inchiesta si preannuncia esplosiva: la denuncia riguarda un intero sistema di violenze e soprusi, e non risparmia poliziotti, giudici e politici, perfino esponenti dei servizi segreti. Ma poco prima di andare in stampa, un triplice omicidio fa sospendere la pubblicazione, mentre si scatena una vera e propria caccia all'uomo: l'attenzione di polizia e media nazionali si concentra su Lisbeth Salander, la giovane hacker, "così impeccabilmente competente e al tempo stesso così socialmente irrecuperabile", ora principale sospettata. Blomkvist, incurante di quanto tutti sembrano credere, dà il via a un'indagine per accertare le responsabilità di Lisbeth, "la donna che odia gli uomini che odiano le donne". È lei la vera protagonista di questo nuovo episodio della Millennium Trilogy, un thriller serrato che all'intrigo diabolico unisce un'acuta descrizione della società moderna, con le sue contraddizioni e deviazioni, consegnandoci con Lisbeth Salander un personaggio femminile unico, commovente e indimenticabile.
Rey è stato sulla Luna. Strano posto per un botanico innamorato della magia della giungla, un uomo mite, un intellettuale. Eppure c'è stato, cosi come l'hanno visitata centinaia di suoi concittadini: anche se nessuno di loro è un astronauta. La "Luna" è come chiamano il campo di detenzione e tortura in cui il governo manda i dissidenti. Poi un giorno, poco prima della fine della guerra, Rey scompare nel nulla, lasciando Norma nella disperazione di chi non può nemmeno conoscere il destino del proprio marito. Sono passati dieci anni e oggi Norma è una delle voci più amate del paese perché conduce un programma nell'unica radio rimasta nella capitale, un programma cosi semplice eppure di tale forza da essere rivoluzionario: durante la trasmissione legge i nomi delle persone scomparse, presumibilmente rapite o uccise dal governo. Un giorno alla porta della radio bussa Victor, un bambino proveniente dal villaggio 1797, la stessa zona della giungla in cui si recava cosi spesso Rey per motivi scientifici... Il paese in cui è ambientato il primo romanzo di Daniel Alarcón non ha nome: cosi come non hanno più nome i villaggi e le città, sostituiti dal governo con dei numeri, cosi come non hanno più nome i dissidenti fatti scomparire nelle prigioni e nei campi. Una dittatura dell'oblio in cui si può leggere in filigrana la storia più o meno recente del Sudamerica, ma anche quella di ogni luogo del mondo in cui ancora c'è qualcuno che, ostinatamente, tenta di dare voce a chi voce non ha più.
A Fort-Lamy, nell'Africa Equatoriale Francese, il centro d'attrazione è l'Hotel del Ciadien. Il caffè-bar-dancing è di proprietà di Habib, una canaglia col sigaro perennemente alle labbra, il sorriso beffardo che non si rivolge a nessuno in particolare, ma pare destinato alla vita stessa, e di un suo protetto: de Vries, un giovane esile, eretto, capelli biondi ondulati, che si fa vedere raramente a Fort-Lamy e trascorre il tempo a braccare la natura in tutti i suoi rifugi col suo bel fucile col calcio incrostato d'argento. Fino a qualche tempo fa il Ciaden era un luogo piuttosto desolato, poi è arrivata Minna, tedesca, bionda, un gran corpo vistoso, un passato da dimenticare alle spalle, e l'atmosfera è cambiata. Un giorno, mentre Minna è al bar intenta a scegliere i dischi per la serata, piomba sulla pista da ballo un uomo con un viso energico e un po' scuro, i capelli castani e ricciuti, che ogni tanto rigetta indietro con un gesto brusco. L'uomo ordina un rhum. Poi comincia a parlare a Minna. Non le dice né chi è né da dove viene, ma le parla degli elefanti, delle migliaia di elefanti che vengono uccisi ogni anno in Africa. Meravigliosi animali in marcia negli ultimi grandi spazi liberi rimasti al mondo, abbattuti senza pietà. E così, quasi senza accorgersene, Minna e Morel, il "francese pazzo", l'"avventuriero dello spirito" compiono l'uno verso l'altra i primi passi di un'avventura che diventerà leggenda in Ciad e in tutta l'Africa Equatoriale Francese.
Rachele. Storia lombarda del 1848, scritto in francese da Cristina di Belgiojoso e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, è il romanzo di un “amore rivoluzionario” che ruota intorno alle vicende di una famiglia di contadini nel periodo dei moti di Milano.
La principessa compose il breve romanzo all’indomani dei suoi cinquanta anni, dopo il ritorno a Milano dall’esilio orientale, successivo alle burrascose vicende della Repubblica romana (1849) che l’avevano vista protagonista in qualità di direttrice degli Ospedali militari.
La storia si svolge in una fattoria della Lombardia in pieno Risorgimento e porta all’attenzione dei lettori una serie di tematiche care all’autrice e proprie di quegli anni attraversati da fortissime tensioni politiche e sociali: la mentalità della famiglia patriarcale, la condizione femminile, il pensiero cattolico, l’impegno dei patrioti e la condizione dei rifugiati.
In anni recenti si è assistito a un moltiplicarsi di studi e contributi importanti sulla complessa personalità di Cristina di Belgiojoso, ormai liberata dall’etichetta di donna fatale e bizzarra: in questo processo di risarcimento e di restituzione storico-critica si colloca l’edizione italiana di Rachele.
Uomini empi e pagani scacciano Dio dai loro templi provocandone la furia e la vendetta, per poi chiedergli invano il perdono. Solamente una donna, Rachele, riesce a far ascoltare la propria voce. Attraverso il racconto della sua storia di moglie paziente, protettrice dei figli, simbolo della perseveranza, ella ricorda al Signore i propri infiniti patimenti e come, in nome della misericordia divina, abbia saputo perdonare. Un giovane pellegrino vuole incontrare a ogni costo il Messia, di cui ha così tanto sentito parlare. Sfiancato dal lungo viaggio per raggiungere Gerusalemme, trova rifugio in una casa dove una donna lo tenta e lo fa ritardare nel suo cammino. Intanto sulla collina Ponzio Pilato ha già preparato la croce per compiere il crimine più celebre della Storia... Così Stefan Zweig, con questi due racconti dal titolo "Racchele litiga con Dio" e "Il pellegrinaggio", mostra le due facce della fede: la tolleranza e la crudeltà, il peccato e la pia pazienza, l'attesa eterna e la tracotante incostanza.
Aiuto contabile in un'azienda diretta da una macchina, l'anonimo protagonista di questo racconto decide di godere in riva al mare le tre impreviste giornate di ferie che la macchina gli ha concesso. E così che comincia il suo viaggio attraverso una città altrettanto anonima, che però non tarda a rivelarsi come sterminata - non una ma nove città, come quelle che Schliemann dovette riesumare prima di approdare alle vestigia di Troia -, mentre intanto prendono corpo le sue fantasticherie su come far guadagnare tempo e spazio all'umanità. Il "Racconto delle nove città" (il cui titolo originale è letteralmente "In memoria di Schliemann") era il racconto prediletto di Nina Berberova, il più moderno secondo una scrittrice che considerava fondamentale l'essere interpreti del proprio tempo. Si tratta di un racconto anti-utopico, ambientato in un futuro 1984 che vuole essere un esplicito omaggio a Orwell; un racconto molto diverso da quelli del periodo in cui la Berberova viveva in Francia, dopo l'esilio dalla Russia natale. Qui non si ritrovano né emigrati russi né ricordi della Russia perduta, e anche i temi più consueti della scrittrice - lo sradicamento dei personaggi, la loro solitudine, lo stesso tema dell'esilio - ritornano sì in questa narrazione, ma spogliati ormai da ogni connotazione realistica.
L'isola sconosciuta è un luogo mobile che appare e scompare sulle carte della fantasia ma sta ben saldo nel cuore di ognuno di noi. L'autore di "L'anno della morte di Ricardo Reis", "La zattera di pietra", "Cecità", "Tutti i nomi", "L'uomo duplicato", e tanti altre opere che gli hanno valso il premio Nobel per la letteratura, offre in questo volume una favola d'amore scritta nel 1998.
Un uomo in crisi raggiunge Parigi dalla Spagna per rivivere un passato felice, senza sospettare che precipiterà in un'avventura sordida; un architetto rievoca un allucinante episodio della sua giovinezza; un fotoreporter colombiano seduce le hostess di varie compagnie aeree per poi scoprire di essere uno strumento nelle loro mani; due orfani abbandonati a se stessi in una grande casa piena di fantasmi vivono la loro pubertà nel territorio oscuro e morboso di una relazione in cui si mescolano i vivi e i morti; un cileno in Germania si trova a giocare un ruolo rischioso in un cupo intrigo internazionale. Dal noir al racconto d'avventura all'erotismo: storie eterogenee di scrittori che si sentono fratelli benché di diversa nazionalità.