
Scritto nel 1906 e considerato il romanzo di esordio di Musil, la storia, di ispirazione autobiografica, narra attrverso crudi episodi sadomasochistici e avventure intellettuali, il momento di passaggio dall'adolescenza alla virilità nella crisi della società mitteleuropea. Come scrisse lo stesso Musil, in quest'opera risiede la chiave dell'"Uomo senza qualità": l'assenza di sentimento, di morale e di "esperienze" di Toerless, lo rende nostalgico, vuoto. Parabola di profonda attualità, nei tratti psicologici del giovane protagonista si delinea il fiero e consapevole rifiuto di un patrimonio di valori svalutato, paragonabile al vuoto "ideologico" e alla noia esistenziale di molti giovani di oggi.
Infine, l'attesa si compie: ecco la terza parte, quella conclusiva, del grande romanzo di Javier Marías. La vicenda è quella ormai nota: Jaime Deza - che amici, colleghi e familiari chiamano Jacobo, Jack, Jacques, ma anche Yago - è al servizio di un misterioso centro di spionaggio inglese che sfrutta il suo straordinario talento di interpretare le potenzialità di un carattere, di saper leggere il volto delle persone e di prevederne così i comportamenti. Dal rapporto con Tupra, il suo superiore, Jaime Deza apprende - dal vivo e con pratiche dove ogni scrupolo viene messo da parte - cosa sia la violenza, come dietro l'apparenza della realtà vi siano oscuri e inestricabili intrecci e finisce per conoscere il vero volto di chi lo circonda, e anche il suo. Allo stesso tempo deve congedarsi per sempre da due figure fondamentali: il padre e Sir Peter Wheeler; grazie all'esperienza diretta della Guerra Civile spagnola, il primo ha saputo trasmettergli la coscienza di quanto il tradimento e la delazione siano presenti nell'essere umano, mentre il secondo lo ha introdotto nel misterioso mondo dei «traduttori di anime», dove gli scopi finali delle azioni non sono mai trasparenti e spesso la legalità è messa tra parentesi. Nella sua condizione di spagnolo trans-terrado nell'«isola grande», Jaime è infine obbligato a confrontarsi con la solitudine provocata dalla lontananza dei figli ancora piccoli e della moglie Luisa: una solitudine che la presenza della giovane Pérez Nuix non riesce certo a colmare.
Incentrato sul tema del tempo e della memoria, e pervaso da una irridente levità ironica, questo terzo e ultimo volume del suo progetto narrativo più ambizioso conferma il talento di Javier Marías, da molti ormai considerato fra i più autorevoli scrittori europei.S
Continua qui la storia di Jaime o Jacobo o Jacques Deza, uno spagnolo al servizio di un gruppo senza nome, dipendente dal MI6 o Servizio Segreto britannico, il cui compito e "dono" è di prevedere quello che le persone faranno nel futuro, sapere oggi come saranno i loro volti domani. Ricompaiono personaggi e temi di "Febbre e lancia"; nuova è la coppia di italiani, i Manoia, con lei che in una discoteca cerca di divertirsi tradendo il marito, uno del Sismi, con un malavitoso.
"Tuo è il regno" ci immerge in uno spazio di cui tutto ignoriamo all'inizio e che presto diventa parte incancellabile della memoria: uno spazio dagli oscuri confini qui chiamato l'Isola, una tenuta alla periferia dell'Avana composta dal'Aldiqua, un insieme di edifici fatiscenti, porticati e cortili, e dall'Aldilà, un giardino lussureggiante in cui molti si sono addentrati senza far più ritorno. Siamo nelle ultime settimane che precedono la rivoluzione cubana. L'atmosfera è carica, tesa, ma solo per allusioni si viene a sapere qualcosa di ciò che accade altrove, perché l'Isola è anzitutto un mondo autosufficiente, dove appaiono in successione, come attraversando un palcoscenico, i protagonisti del romanzo.
"La maggior parte dei morti tace. Per i poeti non è così. I poeti continuano a parlare." Perché comunicano a ognuno qualcosa di personale e accompagnano diversi momenti della nostra vita, innescando con noi un dialogo intimo al di sopra dello spazio e del tempo. Per questo Cees Nooteboom, nel corso di trent'anni di viaggi per il mondo e attraverso i cieli della letteratura, ha visitato le tombe dei grandi scrittori e filosofi che lo hanno segnato, raccogliendo quello che, dietro una lapide di marmo, un monumento bizzarro, un'epigrafe toccante o l'incanto di un'atmosfera, hanno ancora da raccontare. Dal famoso Père-Lachaise di Proust e Oscar Wilde alla pittoresca collina sopra Napoli che ospita Leopardi, dalla cima del monte Vaea, nelle isole Samoa, dove è sepolto R.L. Stevenson, a Joyce e Nabokov in Svizzera. Calvino a Castiglione della Pescaia, Melville in un angolo sperduto del Bronx, e Kawabata nel suo Giappone; Keats e Shelley accanto a Gregory Corso nel romantico Cimitero Acattolico di Roma; Brecht a due passi da Hegel a Berlino est; Brodskij insieme a Pound nell'isola veneziana di San Michele, e il Montparnasse di Baudelaire, Beckett e Sartre, a cui ha scelto di unirsi anche Susan Sontag.
Pubblicato ai suoi esordi su "Die Fackel", Ehrenstein fu anzitutto un irregolare nella cultura austriaca del primo Novecento: anomalo già in quanto "espressionista viennese" e anomalo per il suo ebraismo eterodosso e per il suo socialismo individualistico. L'autore offre una inconfondibile versione del monologo interiore in una prosa che trascorre dall'assurdo stralunato, al grottesco-esilarante, al disperatamente nichilistico.
Buenos Aires. Inés, moglie di Ernesto – irreprensibile dirigente di successo –, trova per caso nella ventiquattrore del marito un biglietto d'amore scritto con il rossetto e firmato "Tua". Una sera decide di seguirlo fino al parco Bosques de Palermo dove lui e la sua amante si sono dati appuntamento. Iniziano a discutere, lui la spinge violentemente, la donna cade, sbatte la testa contro un sasso e muore. Inés torna a casa ben decisa a fare il possibile per coprire il marito, salvare le apparenze e il matrimonio.
Dotato di una suspense irresistibile, Tua è un thriller psicologico vertiginoso, che incalza il lettore fin dalle prime righe: un perfetto meccanismo a orologeria che non risparmia colpi di scena sorprendenti. Il terribile ritratto in giallo di una normale famiglia borghese.
"Un'infaticabile analisi di un microcosmo sociale in via di decadenza."
José Saramago
"Claudia Piñeiro è una vera scoperta: il suo romanzo d'esordio Tua è un'esplosiva tragedia romantica che va direttamente al punto – al più buio e profondo dei punti. Splendido."
"Deutsche Welle"
"Una storia forte e nerissima, un thriller tragicomico che ti gela il sorriso."
Rosa Montero
La mamma per tutti noi è una sola. Ma le madri che incontreremo fra le pagine di questa antologia non potrebbero essere più diverse. Madri dolci e premurose, sempre pronte a riempire di coccole e attenzioni i loro bimbi. Madri severe, dure ed esigentissime. Madri sempre presenti, a volte anche ingombranti. Madri lontane e distratte. Madri perdute per sempre e madri ritrovate. Madri ricche di vita e di saggezza. Madri che sanno sempre perdonare. Da Edith Wharton a Francis Scott Fitzgerald, da Virginia Woolf ad Alice Munro: un caleidoscopio di narratori d'eccezione per raccontare le infinite sfumature dell'amore più grande.
Il cane che "il signore" regala alla "signora" la vigilia di Natale, ancora sudicio di fango e paglia, ha un pedigree quanto mai incerto e un gran brutto carattere: non è quel che si dice una bestiola mansueta e dimostra sin dalla più tenera età una radicale insofferenza per qualsiasi disciplina. Sarà propri a causa del suo caratteraccio se i rapporti tra lui e il signore, inizialmente improntati a una virile, calda complicità, giungeranno a un epilogo inatteso e tutt'altro che edificante.
È con un vero e proprio tonfo al cuore che María José alza la cornetta quando la segretaria le dice che un certo Jaime González la cerca. Benché sia passato tanto tempo, la voce di Jaime, il compagno dell'Accademia delle Belle Arti, la avvolge in una morbida sensualità. La notizia che lui ha da darle è dolorosa: Marcos, un loro compagno, si è suicidato. Le ventiquattro ore che vanno dalla telefonata di Jaime al momento in cui si ritrovano uno di fronte all'altra, al funerale dell'amico, offrono a María José l'occasione per ripercorrere la storia degli anni della gioventù all'accademia, dell'incontro con Jaime e Marcos, di un'amicizia a tre che dalla complicità è, quasi naturalmente, sfociata in un legame erotico tanto disinibito, quanto tormentato.
Gioca a shanghai con le sue storie, Alice Munro, da sempre. Getta sulla pagina posti, alberi, situazioni e donne, cucine, abiti e animali, e con mano ferma se li riprende, li riordina provvisoriamente dentro la storia successiva, di raccolta in raccolta. Intanto passano gli anni e le verità che accendono improvvise i suoi racconti si sono fatte longeve. Non perché durino, ma perché non smettono di accendersi di nuovo, emanando altra luce, un'altra luce. Con "Troppa felicità", tuttavia, il lettore avverte il passaggio in corsa di un'elettricità inedita, una scarica di tremenda libertà. Queste storie sembrano spingersi un passo oltre il segreto contenuto in storie passate, e non per consumarlo rivelandolo, ma per complicarne l'esito a partire dalla consapevolezza temeraria della vecchiaia. E se altrove l'immaginazione aveva provato a raffigurarsi l'orrore della morte di un bambino, qui i figli a morire sono tre, e a ucciderli è il padre. Se altrove una madre imparava a sopportare l'abbandono della figlia, qui all'abbandono del figlio segue il coraggio di rappresentare l'incontro, anni dopo, con uno sconosciuto di cui un tempo si conosceva a memoria ogni millimetro di intimità. Se altrove la fragile e caparbia convenzionalità dell'infanzia coagulava in dispetti odiosi ai danni di una qualsiasi creatura debole, qui tocca il fondo di una banalità del male senza scampo.
Gioca a shanghai con le sue storie, Alice Munro, da sempre. Getta sulla pagina posti, alberi, situazioni e donne, cucine, abiti e animali, e con mano ferma se li riprende, li riordina provvisoriamente dentro la storia successiva, di raccolta in raccolta. Intanto passano gli anni e le verità che accendono improvvise i suoi racconti si sono fatte longeve. Non perché durino, ma perché non smettono di accendersi di nuovo, emanando altra luce, un'altra luce. Con "Troppa felicità", tuttavia, il lettore avverte il passaggio in corsa di un'elettricità inedita, una scarica di tremenda libertà. Queste storie sembrano spingersi un passo oltre il segreto contenuto in storie passate, e non per consumarlo rivelandolo, ma per complicarne l'esito a partire dalla consapevolezza temeraria della vecchiaia. E se altrove l'immaginazione aveva provato a raffigurarsi l'orrore della morte di un bambino, qui i figli a morire sono tre, e a ucciderli è il padre. Se altrove una madre imparava a sopportare l'abbandono della figlia, qui all'abbandono del figlio segue il coraggio di rappresentare l'incontro, anni dopo, con uno sconosciuto di cui un tempo si conosceva a memoria ogni millimetro di intimità. Se altrove la fragile e caparbia convenzionalità dell'infanzia coagulava in dispetti odiosi ai danni di una qualsiasi creatura debole, qui tocca il fondo di una banalità del male senza scampo.