
"Buttato sulla sabbia, accecato dal fulgore di un paradiso perduto, le palpebre incollate dal sale. Riapro gli occhi. La mia mente è vuota: nessun ricordo, nessuna parola. Una tabula rasa. Non posso formulare un pensiero. Non so più distinguere i miei sentimenti, dare ordine alle mie percezioni. Qualcosa che non conosco ha annientato la mia vita. È un sogno a salvarmi: il viso luminoso di una donna. Impossibile per me riconoscerla, o ricordare il suo nome. Ma quel sorriso mi riscuote dall'oblio, diventa l'unica ragione per sopravvivere e fuggire. A guidarmi è un libro, trascinato sulla spiaggia dalla mareggiata di un tifone. Tra le sue pagine distrutte si è salvata solo una misteriosa poesia. E sembra parlare di me. Attraverserò il mondo per sapere chi sei. Vestirò nuove identità per ritrovarti. Cavalcherò un'onda paurosa per scoprire cosa nasconde il suo cono d'ombra: il nostro ultimo segreto, cancellato dall'amnesia. E alla fine sapremo solo una cosa, la più grande. Forte come quest'onda che nessuno può cavalcare fino in fondo."
Anni '70. Un sedicenne smaschera un professore del suo liceo che non fa il proprio dovere. Anni '80. Due ragazzini prendono parte a un regolamento di conti che finisce nel sangue. Uno va dritto in riformatorio, l'altro sui banchi di scuola. Una dodicenne inguainata in un fuseaux nero partecipa al concorso Napoli, voci nuove. Ma arriva quarta. Oggi. Un killer spietato si diverte a sparare in faccia ai tossici. Ma si fa qualche pista pure lui. Un cronista di nera ha perso troppi treni nella vita. Però rischia di vincere il Pulitzer. Un professore universitario viene pestato selvaggiamente. E non denuncia il suo aggressore. Una donna sensuale e semianalfabeta vuole leggere "Il Piccolo Principe". Un costruttore edile, un piccolo boss, un imprenditore tessile vengono ammazzati. Con la tecnica della botta 'nfaccia. Sempre. Una città ha due volti, l'uno chiaro l'altro oscuro. È bellissima e dolente. È il paradiso dei diavoli, secondo la definizione di un suo illustre figlio adottivo. Il nuovo romanzo di Franco Di Mare è un doloroso inno d'amore a Napoli e insieme il racconto mozzafiato delle sue eterne contraddizioni. L'autore di "Non chiedere perché" dipinge ora un ritratto vivido e agghiacciante della città, un presepe dove hanno posto tutti, il borghese, 'o guaglione, il commerciante, il cronista di nera, la casalinga, l'intellettuale, e tutti sono in qualche misura contagiati dal Male che abita il golfo più bello del mondo.
In un'epoca dominata dal potere gli uomini si dividono tra i qualcuno e i nessuno, tra chi vive per farsi vedere e chi, quasi fosse trasparente, esiste ed è come se non ci fosse. Ma quando un Nessuno, orfano di un macellaio e di una cassiera di macelleria e privo di un ruolo nella società, si ripiega su se stesso alla ricerca di un senso, ecco che si squaderna come un libro aperto, anche se di pagine bianche. E su queste pagine comincia lentamente a dipingere il suo autoritratto, rielabora il suo dolore, dialoga - e delira - con le immagini della sua mente, sempre in bilico tra la realtà e l'allucinazione, tra la forza della memoria e la sua inaffidabilità, tra un fragile se stesso e le sue molteplici identità. Mentre gli sfilano davanti desideri e paure, ragazze rumene e animali abbandonati, procuratori della repubblica e carabinieri, diabole e messia, Nessuno riflette sulla vita che si intreccia alla morte, sul tempo e le sue declinazioni, sul mistero delle pulsioni e quello della coscienza, sul caso e sulla libertà. Ma è una cagnolina, Bibì, a fare breccia sul suo bisogno di affetto, nel suo universo chiuso ed enigmatico indicandogli una via, stretta, verso gli spazi aperti, verso il profondo respiro della natura, verso una vera casa.
Il volume raccoglie un variegato e variopinto campionario di scritti di un decennio (1929-1938), i resoconti che il giovane cronista faceva degli avvenimenti, veri e verosimili della sua amata città e, anche, le storie inventate che tratteggiano profili indimenticabili di personaggi caratteristici. Il lettore potrà così scoprire la Parma dei caffè letterari frequentati dai giovanissimi Pierino Bianchi, Attilio Bertolucci, Cesare Zavattini, dai grafici e dai pittori Erberto Carboni, Atanasio Soldati, Carlo Mattioli. E soprattutto ritroverà nell'autore un attento critico letterario, curioso di ogni novità, grande consumatore di vocaboli stranieri stranieri e creatore di neologismi.
Varie, extravaganti, occasionali, queste novelle - scritte tra il 1854 e il 1860 - si distribuiscono lungo la breve stagione creativa di Nievo intrecciandosi con i testi maggiori, nutrendosi degli stessi motivi. Esse rappresentano dunque un tassello di un'opera leggibile per rapporti e analogie oltre e più che per linee evolutive; ma rivelano anche, nella molteplicità tematica e formale, il percorso di uno scrittore alla ricerca di sé, aperto a sperimentazioni diverse. Il volume, introdotto dal "Giornale di Pellestrina", diario di una vacanza trascorsa da Ippolito studente fra mare e laguna, ha al suo centro "Le maghe di Grado". In uno scenario simile al precedente, con Venezia sullo sfondo, l'autore narra l'apparizione in paese di cinque giovani donne, il miracolo che trasforma in paradiso un luogo ostile, l'addio melanconico all'idillio estivo: un esperimento giocato su tonalità ironiche e serie, rievocative e riflessive, di felice riuscita. "La vigilia delle nozze" che chiude il volume appartiene, insieme alla "Voce della coscienza", alla tipologia della novella femminile. Nievo ne interpreta in modo personale, e ambivalente, la vocazione didattica e, per celebrare la simbiosi dell'amore coniugale, inscena il racconto del suo contrario, con discordia e separazione finale.
Stanco di storie tristi, reali o immaginarie, Mauro Corona ha deciso che è arrivato il momento dell'allegria: basta disgrazie o morti ammazzati, esiste un tempo per la gioia. E quale modo migliore per rallegrarsi se non recuperando storie antiche perdute tra i boschi? "Barzellette letterarie" come quella di Rostapita, Clausura e Santamaria, riuniti per ammazzare il maiale ma troppo ubriachi per riuscirci davvero, o racconti che l'autore ha raccolto a Erto e dintorni, nei paesi e nelle osterie, come quello di don Chino, prete anziano, incapace di arrampicarsi fino alla casa più arroccata del borgo e di Polte che, per ripagarlo della mancata benedizione, quasi lo uccide lanciandogli addosso una forma di formaggio. Così, scolpiti dalle sapienti mani di Corona, momenti di vita di montagna, episodi tragicomici ed esilaranti diventano novelle, piccole grandi leggende da tramandare alle generazioni future.
Chi legge percepisce subito quanto l'autore si sia divertito nello scrivere - "come mi sono sempre divertito a fare libri, a raccontarmi storie per rimanere a galla" dice -, eppure lui stesso ammette di essersi accorto, procedendo nella stesura, di non essere stato fedele fino in fondo all'intento iniziale: a ben guardare, infatti, le storie raccolte in questo volume non sono tanto allegre. Traggono tutte origine da fallimenti, solitudini, tristezze, "ricordano gente semplice, vissuta senza luci di ribalta, passata al buio del mondo in silenzio". Ma proprio qui è racchiuso, forse, il senso profondo di queste pagine: con la sua scrittura scabra ma ricca di sfumature, con ironia, disincanto e un realismo unito a una intima partecipazione, Mauro Corona apre la sua coraggiosa "via" per la leggerezza, e ci invita a ritrovare la capacità di sorridere anche quando non sembra essercene motivo.
"Forse perché la vera allegria è prendere l'esistenza al contrario. Ridere a crepapelle là dove si dovrebbe piangere."
"Se c'è una cosa che detesto sono i proverbi.
Quello che odio più di tutti in particolare è: "C'è sempre una prima volta". Sì, è vero, una prima volta c'è sempre, ma di solito non è un granché.
Sono molto più importanti le ultime volte.
In realtà, la vita è solo un'incredibile collezione di "ultime volte".
L'ultima volta che ti cantano una ninna nanna, l'ultima volta che esci dal cancello della tua scuola, l'ultima volta che baci la persona che ami, l'ultima volta che ti addormenti senza bisogno del Valium.
Ma non c'è mai nessuno ad avvertirti che quella che stai vivendo è l'ultima volta, anzi, di solito non te ne accorgi nemmeno.
Il fatto è che quando sei piccolo credi che tutto ti sia dovuto e che tutto rimanga esattamente come quando hai tre anni: i parenti che ti fanno le foto, i regali e sono ossessionati dal fatto che tu dorma, mangi e caghi, ed è tutto un sorridere, battere le mani e fare facce stupide.
Poi, però, arriva un giorno in cui puoi essere morto soffocato nel tuo vomito e a nessuno importa più un fico secco, così ti trovi da solo a gridare: "Hei! C'è nessuno?" e allora capisci che, o ti fai andare bene tutto quello che arriva dopo, o puoi spararti un colpo in testa.
Cinico? No, realista. Ma forse è il caso che io cominci dall'inizio."
Andrea aveva cinque anni quando il padre se n'è andato come un ladro lasciandolo ostaggio di sette femmine: la madre iperprotettiva, tre sorelle fuori controllo, la nonna genio della fisica, la cinica badante Stanka e la cagnolina di casa. Tutte sembrano non riuscire a fare a meno di lui. Sono talmente "pazze di lui" da fare di tutto per non permettere a nessun'altra donna di entrare nella sua vita. Finchè un giorno arriva Giulia...
Con il suo inconfondibile stile, sospeso tra romanticismo e ironia, Federica Bosco ci regala una storia d'amore toccante e divertente ma anche il racconto del percorso di un trentenne che vuole diventare un uomo. Perché solo se sei te stesso, puoi amare fino in fondo.
In una tomba del cimitero dei Rotoli di Palermo scompare un cadavere. Il giovane commissario della squadra mobile, Elio Vittori si interessa del caso e ben presto si trova a doversi muovere in mezzo a ingarbugliate situazioni. La mafia gioca un ruolo fondamentale nella vicenda. Parallelamente alle indagini, si sviluppa la storia d'amore fra Vittori e la donna della sua vita.
La famiglia D'Aste è una delle più in vista della città: una ricchezza antica e continuamente accresciuta grazie all'attività immobiliare e a solide relazioni con i "poteri forti" della città, a cominciare dai politici. Su tutti, nell'ampia villa dove risiedono i D'Aste, domina il vecchio patriarca, il nonno Edoardo. Visti i pessimi rapporti con i figli, ha deciso di puntare tutto sul venticinquenne nipote Francesco: sarà il volto nuovo della famiglia, a cui viene affidato il risanamento di un vecchio quartiere. Le tensioni non mancano: tra Edoardo e i figli, il padre di Francesco, che è medico, e zia Lena, che è tornata dopo un lungo soggiorno in India. Perché anche le donne hanno un ruolo centrale, negli equilibri e nelle faide familiari: la moglie di Edoardo, anziana e malata; sua nuora Rosita, che non essendo "nata bene" resta per sempre un corpo estraneo al clan; e soprattutto la giovane Dolores, la fidanzata di Francesco, con la sua leggerezza e la forza seduttiva della sua giovinezza e la sua sensualità. Sarà lei a scardinare l'ipocrisia che ha sempre regolato i rapporti familiari e a far divampare contrasti soffocati troppo a lungo, nell'arco di poche settimane - raccontate attraverso il punto di vista dei tre uomini della dinastia - che conducono a un Natale decisivo per la vita di tutti.
Alice Allevi ha un grosso problema. Si è appena resa conto di non voler più diventare un medico, ma non ha il coraggio di confessarlo a nessuno, e non sa cosa fare del suo futuro. Ma siccome la vita è sorprendente, sarà l'omicidio di una persona vicina alla sua famiglia a far scoprire ad Alice la sua vocazione: la medicina legale. Forse c'entra il suo intuito, che la induce a ficcanasare dove non dovrebbe, mettendo a rischio le indagini. Forse c'entra l'arrivo della sua nuova coinquilina Yukino, una studentessa giapponese che parla come un cartone animato e che stravolge le abitudini, non solo culinarie, di Alice. Forse c'entra nonna Amalia che, con saggezza mista a battute fulminanti, sa come districarsi fra i pettegolezzi di paese. Una cosa è certa: Alice non lo ammetterebbe mai, ma se sceglierà quella specializzazione, è soprattutto per rivedere Claudio Conforti, il giovane medico legale che ha conosciuto durante il sopralluogo. Vestito in maniera impeccabile, sorriso affilato come un bisturi, occhi travolgenti. Arrogante, sprezzante e... irresistibile.
Che cosa può la grande letteratura - quella di Dante e Apuleio, Virginia Woolf e Leopardi, Conrad e Dostoevskij, Melville e Joyce, Rilke e Yeats, i numi tutelari di questo libro - insegnare sul Bene? Trevi lo racconta in un breve libro, oggi ripubblicato in una nuova edizione rivista e accresciuta dopo un decennio di assenza dalle librerie, i cui capitoli sono dedicati ad altrettante virtù della tradizione cristiana: fede, speranza, carità; prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Svincolate dalla loro dimensione religiosa, non perciò dal loro intimo nucleo spirituale, le virtù, parole che paiono sull'orlo del definitivo tramonto, riprendono forza e vigore se illuminate - con la sapienza di Emanuele Trevi - dalla tradizione letteraria occidentale.