
Una notte in una casa nel bosco, un gatto fantasma affida a Prendiluna, una vecchia maestra in pensione, una Missione da cui dipendono le sorti dell'umanità. I Diecimici devono essere consegnati a dieci Giusti. È vero o è un'allucinazione? A partire da questo momento non saprete mai dove vi trovate, se in un mondo onirico farsesco e imprevedibile, in un sogno Matrioska in un Trisogno profetico, se state vivendo nel delirio di un pazzo o nella crudele realtà dei nostri tempi. Incontrerete personaggi magici, comici, crudeli. Dolcino l'Eretico e Michele l'Arcangelo - forse creature celesti, forse soltanto due matti scappati da una clinica, che vogliono punire Dio per il dolore che dà al mondo. Un enigmatico killer-diavolo, misteriosamente legato a Michele. Il dio Chiomadoro e la setta degli Annibaliani, con i loro orribili segreti e il loro disegno di potere. E altri vecchi allievi di Prendiluna: Enrico il Bello, Clotilde la regina del sex shop, Fiordaliso la geniale matematica. E il dolce fantasma di Margherita, amore di Dolcino, uccisa dalla setta di Chiomadoro. E conosceremo Aiace l'odiatore cibernetico e lo scienziato Cervo Lucano che insegna agli insetti come ereditare la terra. Viaggeremo attraverso il triste rettilario del mondo televisivo, e la gioia dei bambini che sanno giocare al Pallone Invisibile, periferie desolate e tunnel dove si nascondono i dannati della città. Conosceremo i Diecimici - come Sylvia la gatta poetessa, Jorge il gatto telepatico, Prufrock dalle nove vite - e poi Hamlet il pianista stregone, il commissario Garbuglio che vorrebbe diventare un divo dello schermo, e l'ultracentenaria suor Scolastica, strega malvagia e insonne in preda ai rimorsi. Fino all'Università Maxonia, dove il sogno diventerà una tragica mortale battaglia e ognuno incontrerà il proprio destino. E ci sveglieremo alla fine sulla luna, o in riva al mare, o nella dilaniata realtà del nostro presente.
Varcare il confine vicino a Metz, attraversare il Württemberg e la Baviera, raggiungere in treno Vienna e Budapest, proseguire a cavallo per la steppa russa, superare gli Urali e la Siberia, costeggiare il lago Bajkal e ridiscendere il fiume Amur fino all'Oceano. Poi, fermarsi a Sabirk ad aspettare una nave di contrabbandieri olandesi. È così che nel 1861 Hervé Joncour, che compra e vende bachi da seta, arriva in Giappone. È così che arriva al suo destino, che ha il volto di una ragazzina.
Quando Ugo Foscolo è a Bologna, nel 1798, compie la prima parziale stesura del romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis, che viene poi pubblicato in quello stesso anno. L'opera, profondamente riveduta, viene ripubblicata a Milano nel 1802; ispiratore di questa seconda redazione è l'amore del poeta per Isabella Roncioni, conosciuta in Toscana. Ma le Lettere hanno un destino movimentato perché subiranno ulteriori aggiunte e correzioni a Zurigo (1816) e a Londra (1817). Il travaglio "compositivo" dell'opera rispecchia la crisi, non solo politica, ma soprattutto filosofica ed esistenziale dell'autore, scaturita dal contrasto tra leggi meccanicistiche della natura e ansia di vita, tra razionalismo e nuove aspirazioni romantiche.
Nelle Novelle per un anno, Pirandello propone cinque diversi sguardi sul giorno di Natale. La tensione tra il rigore pauperistico di un parroco e la devozione popolare delle pie donne del paese. Una festa che termina in pianto. La figura di un Gesù furtivo e pallido che erra per vie deserte nella notte in cui si celebra la sua nascita. Un presepe di guerra nel quale pecore, pastori e Magi vengono sostituiti da soldatini di stagno con i fucili spianati contro la grotta di Betlemme. E un pranzo della festa attraversato con ironia da astuzie e malintesi.
Fuggiasco da Venezia, dopo Campoformio, Jacopo si isola sui Colli Euganei. Qui conosce Teresa e se ne innamora, ma sa che questo è un amore impossibile, perché Teresa è promessa a Odoardo. Jacopo si mette in viaggio per l'Italia, senza una meta e ovunque vede la tragedia dell'oppressione straniera, né lo consolano le bellezze naturali o la saggezza del vecchio Parini, incontrato a Milano. La tragica conclusione è una denuncia al mondo di una doppia delusione.
Con un linguaggio semplice e chiaro e partendo dalla propria esperienza di narratore, sceneggiatore, librettista e drammaturgo di successo, Vincenzo Cerami introduce il lettore ai segreti dell'arte narrativa: materiali di lavoro, attrezzi, meccanismi, trucchi, trabocchetti. Svela le leggi nascoste che producono la naturalezza dell'emozione drammaturgica, ripercorre i meccanismi attraverso cui si crea il climax, spiega le tecniche per costruire dialoghi convincenti, illustra i diversi effetti prodotti dal movimento della macchina da presa. Segnala la diversità tra la scelta di narrare in prima o in terza persona, e tra scrittura mimetica e scrittura espressionista. Questa edizione è arricchita da una serie inedita di "esercizi da fare con spirito divertito, da appassionati di sciarade".
Questa favola è una pagina di poesia perenne, fusione perfetta di reale e fantastico, oscillare misurato fra commozione e celia che salva sempre dai pericoli del sentimentalismo. Il campo di concentramento, la fame, una guerra perduta, l'incertezza, la morte sempre in agguato: è in questo clima che Guareschi, soldato italiano che non si era arreso e che si era fatto deportare per mantenere fede al suo giuramento, compose questa favola piena di ironia e di speranza per cercare di "tenere alto" il morale dei suoi compagni. Ma nella follia dei lager nazisti era impossibile trovare una logica; si poteva trovare la forza della poesia nei cuori di persone coraggiose e piene d'amore come fu Guareschi.
In questo libro Beppe Severgnini racconta lo sport: lo sport socialmente utile come la pallavolo, che si può giocare ovunque e ovunque consente a gruppi di ragazzi e ragazze di giocare corteggiandosi (o corteggiarsi giocando); lo sport - per esempio il calcio - come simbolo di qualunque organizzazione sociale (e in ogni organizzazione, da un'azienda al governo, c'è bisogno di un libero che gridi "Attenti al contropiede!"); lo sport freddo, come lo sci, dall'era della Scomodità Assoluta a quelle del Comfort Esagerato; lo sport generazionale, con la fenomenologia del QS (il Quarantenne Sportivo che tradisce la moglie solo con una mountain bike); lo sport familiare della Mamma Sportiva e del Papà Allenatore.
Non abbiamo tempo da dedicare ai malati, tanto più se vecchi o terminali e allora li indirizziamo verso ospedali, verso aziende simili a catene di "smontaggio" che " ...si prendono cura di loro e li accompagnano serenamente alla fine..." Vittorino Andreoli ha accettato con coraggio umano e letterario la sfida, immaginando una futuribile Città della morte concepita sul presupposto pseudorazionalista - e, in modo sinistro, attuale - della possibilità scientifica di separare la malattia dalla morte. E dà vita a un teatro che nel mettere in scena i momenti topici del rituale della fine, svela anche quelli della sua rimozione. Il romanzo che talora appare crudo, ci mette davanti alla nostra responsabilità di uomini che trascinati dai falsi miti inventati da fervida fantasia, sta finendo per dimenticare la sua reale natura animale. "L'uomo muore comunque: è una condizione del suo essere... Muore perché è uomo, non perché è malato".
Kouniò Baràm, chiuso in una stanza, cerca di dimenticare l'orrore che lo circonda e che avvolge la sua esistenza. Nel quartiere ghetto in cui vive con altri immigrati, a Verona, assiste impotente alla spedizione punitiva di "bravi ragazzi" bianchi in sella a potenti motociclette in preda all'alcol e alla droga. Devastano indisturbati, stuprano, incendiano, uccidono, per noia o come giustizieri della notte. Ripensa e rivive il luogo magico che da Tireli, un villaggio dogon, lo ha portato ad approdare sulla terra dell'Occidente. Ha lasciato terre vastissime e silenziose, popolate dai suoi cari, fiumi maestosi, alberi giganteschi, donne e uomini che ti accolgono con un sorriso, per approdare a Marsiglia, e poi a Verona. E il contatto con l'uomo bianco e la sua civiltà diventa proposta di vita in un mondo fondato sulla violenza del potere, sull'ingiustizia, sul pregiudizio, sulla cieca sopraffazione. Ma non serve ribellarsi, e così Kouniò pensa di sottrarsi a questa proposta con un viaggio a ritroso, seppure fatto di solo desiderio, verso la terra dei suoi morti, vera terra promessa. Anche in questo romanzo, Andreoli, ci mostra con crudezza e partecipazione gli aspetti feroci e immani che contraddistinguono questa nostra società, troppo occupata a perseguire un folle e spietato delirio d'onnipotenza, ma ci dice anche che la via perduta la possiamo ritrovare fermandoci un momento e ripensando al passato da cui veniamo.
Storia interiore dell'infanzia di Sergio tra campagna e città, "Conservatorio di Santa Teresa", primo romanzo "definitivo e confesso" di Bilenchi e suo capolavoro, indaga e racconta la formazione impossibile del protagonista stretto fra gli affetti familiari e la scoperta prima del paesaggio e poi di una più complessa e controversa alterità.
Mettere insieme, un alunno dopo l'altro, una classe di adulti analfabeti: questo cerca di fare Ariosto Aliquò, detto Osto. Figlio di un tappezziere puparo che dopo uno sgarbo involontario a un boss mafioso si è visto incendiare il teatro, Osto emigra dalla Sicilia in una terra ancora più povera, il Polesine: cerca di rastrellare gli scolari necessari a guadagnare, in base a una vecchia legge, il diritto a quello stipendio ridotto che spetta ai "maestri magri". Lì conosce Ines, una giovane vedova di guerra. E lì, in un mondo sospeso tra la terra e l'acqua, nasce un amore forte, malinconico e allegro. Il libro è il primo romanzo del noto giornalista, inviato del "Corriere della Sera".