
Le tre minestre che danno il titolo al racconto autobiografico di Andrea Vitali rappresentano, con un espediente letterario tanto originale quanto spassoso, tre ministre: è così che Vitali ribattezza segretamente le zie che accompagnano gli anni della sua infanzia. Cristina, ministro degli Interni, è preposta alla conduzione delle faccende domestiche e alla cucina; Colomba, ministro dell'Agricoltura, si occupa dell'orto e delle attività agricole di famiglia; Paola infine, ministro degli Esteri, è impegnata professionalmente fuori casa e cura le relazioni con vicini e parenti. Filo conduttore del racconto di Vitali sono le qualità attribuite ai cibi di casa, più particolarmente le loro presunte virtù terapeutiche, a cui si legano vari aneddoti. Siamo in un'Italia di provincia, negli anni Sessanta, dove ancora si parla il dialetto e "la saggezza si esprime in assiomi che non ammettono repliche". Le zie circondano il ragazzino con un affetto "rustico ma profumato", dettato dal buon senso ma ancora pregno di superstizioni, retaggio di una cultura popolare di altri tempi. Ne emerge uno spaccato di vita vissuta e di costume di grande suggestione, delicatamente nostalgico e al contempo ironico. Un autentico tuffo nel passato al quale contribuisce anche il verace ricettario della tradizione locale che affonda le radici nel territorio, tra le sponde del lago di Como e le valli retrostanti.
Milano, 1945. La guerra è finita, la città liberata, ma la vita quotidiana è segnata dalle ferite dei bombardamenti, la penuria di tutto, gli strascichi di odi e regolamenti di conti. È lo scenario che circonda la vita di Sveva ragazzina, protagonista di questo nuovo racconto autobiografico, dove piccoli fatti quotidiani assumono ai suoi occhi infantili grande importanza. Curiosa e anche un po' ribelle, osserva le dinamiche del mondo adulto e ne percepisce tutte le contraddizioni: convenzioni sociali, falsità, ipocrisie dai risvolti talvolta dolorosi. Al centro di un racconto molto personale e senza pudori è il rapporto sofferto con una madre severa e intransigente, che non esita a trattarla ingiustamente pur di salvaguardare la sua idea di perbenismo. Ma vi è anche l'affetto sconfinato per il padre, un uomo dolce e attento che non esita a proteggerla dalle piccole crudeltà della vita quotidiana. Dopo le prime pagine segnate dalle conseguenze della guerra appena finita, il racconto assume un registro ironico e leggero, che rispecchia la ritrovata serenità e la prospettiva di un benessere possibile. Il libro si chiude con un'appendice firmata dal fratello Lucio, nato dieci anni dopo di lei, che descrive dal suo punto di vista la vita di famiglia e in particolare la sorella, definita "la mia paladina".
Roma, 999. La fine è vicina. Impaurito e disorientato, il popolo aspetta l'alba del nuovo millennio, ammaliato dai predicatori eretici che annunciano il giudizio universale. Incoronato papa da pochi mesi, Silvestro II sa bene tutto ciò, eppure dedica gran parte del suo tempo al dono inviatogli dall'imperatore d'Oriente: una statua che emette un suono simile a un canto. Ed è a quella macchina meravigliosa che Silvestro decide di affidare la sua eredità, un'eredità destinata a segnare i secoli a venire... Roma, 1928. La città sta cambiando volto. I faraonici progetti urbanistici voluti da Mussolini sono una grande opportunità per tutti gli architetti della capitale. Per tutti, tranne uno: fuori dal giro che conta, Cesare Marni si guadagna da vivere trafficando in oggetti d'antiquariato e, un giorno, viene avvicinato da un operaio che gli mostra la fotografia di una statua. L'uomo sostiene di averla trovata durante gli scavi nell'area dei Fori Imperiali e vuole sapere quanto vale. Incuriosito, Marni inizia le ricerche ed entra in contatto con un eccentrico professore, convinto che quella sia la leggendaria statua di Silvestro II, custode di un grande segreto. Ma, quando l'operaio viene barbaramente ucciso, Marni capisce che quella scoperta ha messo in moto una catena di eventi molto pericolosi, dietro cui si muovono personaggi oscuri e agenti dei servizi di mezza Europa. Perché a Roma è cominciata una caccia che potrebbe segnare le sorti del prossimo, ineluttabile conflitto mondiale.
E se Francesco d'Assisi fosse vissuto ai giorni nostri? Francesco ha diciotto anni e un grande fuoco che gli arde dentro. Non è capace di stare fermo un attimo e conduce una vita a cento all'ora, tra discoteche e ristoranti di lusso insieme agli amici. Grazie alla sua famiglia, non ha problemi di soldi e può avere tutto ciò che desidera. Francesco però non sa che cosa desidera. Forse sono le ragazze. Forse sono le corse in moto. Forse è semplicemente il divertimento puro. Ma se fosse qualcosa di più? Qualcosa che non riesce a vedere, mentre sfreccia per le strade della città, in sella al suo bolide? Sarà l'incredibile incontro con don G. a cambiare tutto e a spingere il ragazzo a rallentare, fino a fermarsi, per osservare ciò che gli sta attorno. Un mondo fatto di piccole e grandi sofferenze, di ingiustizie, solitudine, ma anche pieno di persone dal cuore grande, pronte a rimboccarsi le maniche per aiutare gli altri. Grazie al confronto con gli amici, Chiara e Ruf, Francesco deciderà così di mettersi in viaggio, percorrendo a piedi mezza Italia, per scoprire che cosa vuole e chi è per davvero. Dopo il "Ammare", i Pellai orchestrano un racconto senza tempo, dimostrando che la storia di Francesco d'Assisi è più moderna che mai. I Pellai ci regalano un romanzo in cui Francesco è un adolescente del nostro millennio. Pieno di dubbi, desideri, passioni. Pronto a sbagliare, ma anche a cambiare il mondo. Età di lettura: da 12 anni.
La più completa raccolta delle opere leopardiane (comprendente, fra l'altro, tutti gli scritti della precoce fanciullezza, le dissertazioni filosofiche e alcune lettere sparse in riviste specialistiche) è qui disponibile in una edizione curata e annotata da Lucio Felici per la selezione poetica e da Emanuele Trevi per la sezione della prosa. Un autentico "monumento letterario", che raccoglie una vastissima e varia produzione: i Canti, le Operette morali, ma anche i Paralipomeni, i Pensieri, le traduzioni poetiche, i saggi e discorsi, l'Epistolario. Poi, lo Zibaldone, specchio di una straordinaria esperienza umana e intellettuale, chiave di lettura insostituibile di tutta l'opera leopardiana, in cui convergono, tra l'estate del 1817 e l'inverno del 1832, sondaggi introspettivi, capitoli di diario, meditazioni filosofiche di folgorante genialità, frammenti di compiuta poesia, riflessioni sociali e politiche, note filologiche, analisi di testi antichi e moderni. Le opere contenute in questa raccolta dimostrano come Leopardi sia, dopo Dante, l'unico grande autore nella storia della letteratura italiana a riunire in sé la fantasia vertiginosa del poeta e la profondità speculativa del filosofo.
Accanto alla poesia altissima e senza tempo della Divina Commedia è stata riunita in questo volume l'intera produzione dantesca, dalla Vita nuova (1292-93), l'intimo memoriale in rime e prosa poetica dell'amore di Dante per Beatrice, alle Rime, mai raccolte da Dante in un corpus unitario; dal Convivio, scritto in volgare tra il 1304 e il 1307 per rendere accessibili anche al pubblico più vasto temi scientifici e filosofici, al trattato latino De vulgari eloquentia; dal Monarchia, trattato politico in tre libri, alle due Egloghe latine composte tra il 1319 e il 1320, fino alle 13 Epistole latine, scritte tra il 1304 e il 1319, e alla Quaestio de aqua et de terra, tesi filosofica letta a Verona nel 1320.
Una vita è il primo passaggio obbligato per entrare in quella sorta di “presa di coscienza”, individuale e collettiva, della crisi della cultura e dei valori dell’uomo europeo, che i romanzi di Svevo in qualche modo rappresentano. Nel racconto di un’esistenza che si svolge tutta all’insegna del non vivere, si scontrano la poetica del verismo e del naturalismo, l’oggettività con cui vengono descritti ambienti e tematiche sociali con la tensione, tutta nuova, dell’introspezione psicologica e autobiografica. La parabola esistenziale di un sognatore, implacabile analizzatore di se stesso, negato all’azione e quindi destinato all’inevitabile fallimento.
Con Senilità Svevo entra nel pieno della sua maturità letteraria. Pubblicato per la prima volta nel 1898 con scarso successo, fu salutato come un capolavoro nel 1927, dopo che Joyce ebbe dichiarato pubblicamente il suo grande apprezzamento per questo libro. È la storia, in una Trieste allietata dai clamori del Carnevale, di un “eroe esistenziale” la cui protesta sociale, il cui non ritenersi figlio dei tempi si arrendono all’amore per una donna, miscuglio irresistibile di sensualità e devozione, di grazia e sfacciata volgarità, di egoismo e pietà. Nell’opera si respira, ormai libera e naturale, quella che Montale definì «l’epica della grigia casualità della nostra vita di tutti i giorni».
Rimasto anch’esso incompreso per lungo tempo, La coscienza di Zeno è il più importante romanzo di Svevo e uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea. È il resoconto di un viaggio nell’oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. Primo romanzo “psicoanalitico” della nostra letteratura, quest’opera rivoluzionaria seppe interpretare magistralmente le ansie, i timori e gli interrogativi più profondi di una società in cambiamento.
L’inettitudine ad aderire alla vita, l’eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra sanità e malattia sono i temi centrali di Svevo che ritroviamo anche nei percorsi narrativi dei suoi bellissimi e insoliti racconti.
Nella nostra epoca, la straordinaria eredità intellettuale di Machiavelli appare in tutta la sua modernità: la sua definizione del comportamento "doppio" del politico e la dialettica "virtù"-"fortuna" ritornano spesso nelle elaborazioni di storici e studiosi del pensiero politico occidentale, negli articoli degli opinionisti, nei saggi degli intellettuali. Il Segretario fiorentino è noto al grande pubblico come fautore della filosofia del fine che giustifica i mezzi, espressa in quel gioiello di trattato politico che è "Il Principe", che all'epoca della sua pubblicazione suscitò un vero scandalo: il "diabolico" fiorentino vi affermava, tra le tante cose che, se il Principe vuole conquistare e mantenere il proprio Stato, deve adottare per necessità un modo di agire "doppio", deve saper gestire le apparenze. Solo questo stravolgeva la tradizione umanistica, e il concetto di moralità era sostituito da quello di necessità storica. Oltre che nelle opere politiche, Machiavelli si espresse come grandissimo scrittore anche nelle opere teatrali: la "Mandragola" va in scena anche oggi e racconta tutta la devozione del suo autore per un'etica naturale, per la concretezza delle opere umane esaminate e vissute escludendo qualsiasi trascendenza. Questa edizione - introdotta da un saggio di Nino Borsellino, è arricchita da un nutrito apparato biobibliografico, da note esplicativa e da un glossario concettuale.
Specchio di una straordinaria esperienza umana e intellettuale, lo "Zibaldone" è la chiave di lettura di tutta l'opera leopardiana; ma è anche un testo autonomo, che si offre alle indagini più disparate. "Diario meramente interno e mentale", libro "unico probabilmente in tutte le letterature", come ebbe a definirlo Gianfranco Contini, questo sterminato laboratorio (4526 pagine autografe) è il luogo in cui convergono, tra l'estate del 1817 e l'inverno del 1832, sondaggi introspettivi, capitoli di diario, meditazioni filosofiche di folgorante genialità, frammenti di compiuta poesia, riflessioni sociali e politiche, note filologiche, analisi di testi antichi e moderni. Con la scoperta postuma dello "Zibaldone", Leopardi è entrato nel circuito delle grandi correnti del pensiero moderno, collocandosi tra sommi protagonisti come Schopenhauer e Nietzsche.
Ester è una professoressa, una che crede nel suo lavoro, nel suo ruolo. Fin da ragazza, fin da quando frequenta la parrocchia e aiuta don Carlo, un prete di borgata che legge ai ragazzi Don Milani al posto del Vangelo e che cerca di strappare i figli degli ultimi al loro destino di ignoranza ed esclusione. È stato lui a creare il doposcuola in cui Ester ha compiuto i primi passi come insegnante. Ma la storia non si ferma davanti ai muri dell'oratorio e, mentre Battisti e poi Guccini prendono il posto di Modugno sul giradischi, scorrono le notizie della guerra in Vietnam, le contestazioni studentesche, la bomba a piazza Fontana, le scritte "Assassini" sui muri della scuola. Qualcuno cambia chiesa, come Giovanni, il primo amore di Ester, quando scopre che "Dio è morto" e che ci sono battaglie più importanti da combattere, riunioni di comitato, e poi chissà. Attraverso la vicenda di Ester, prima scolara e studentessa e poi professoressa, Vauro ripercorre oltre quarant'anni di scuola e di società italiana, dagli anni Sessanta a oggi.
È il mese di aprile, e l'isola di Nantucket si tinge di giallo acceso: milioni di narcisi fioriscono, a salutare la primavera e prepararsi per l'estate. Olivia ormai vive qui. Da quando il piccolo Anthony non c'è più, la sua vita è fatta di passeggiate sulla spiaggia, di letture, di giornate solitarie. E di ricordi. I ricordi di Anthony, un bambino che non ti guardava mai negli occhi, che non sapeva come si fa ad abbracciare qualcuno. Un bambino che adorava il numero tre. Tre erano gli anni che aveva quando gli è stata diagnosticata una grave forma di autismo; otto, quando è volato via per sempre. E adesso Olivia, sulla stessa striscia di sabbia fine su cui Anthony metteva in fila i suoi sassolini bianchi aspettando che le onde li portassero via, cerca di ricostruire ciò che è successo, di ripercorrere le tappe della breve vita di suo figlio. E di trovare, nel mistero di quel bambino che ha amato incondizionatamente, un senso. Perché, scoprirà in un modo del tutto inaspettato, se Anthony è venuto al mondo, è stato per insegnarle che l'amore può farsi sentire anche quando le porte del tuo mondo sono chiuse a chiave.