
Una donna, guardando un quadro dell'Annunciazione, si identifica con la paura che sembra vissuta dalla Vergine. Questa fascinazione inesplicabile è l'inizio di una ricerca che la porterà in musei e gallerie di tutta Italia, dove scoprirà immagini diverse e spesso conturbanti di un evento che irrompe con forza in una vita e che ancora oggi conserva il significato di una rivelazione misteriosa. Incontri anonimi o amorosi, presenze di famigliare estraneità, raccontate con nitore crudele, accompagnano questi viaggi. E parallelo si svolge un altro percorso: quello dentro le interpretazioni di Maria. La materia religiosa e storica si trasforma così in un'esperienza individuale che, pur rispettando le fonti, le mescola in una corrente interiore, tra echi poetici e figurativi.
Per Isabella Bossi Fedrigotti la scrittura è sempre stata una «scorciatoia segreta» per indagare a fondo i legami familiari, svelando le tensioni e i veleni ipocritamente nascosti in molti inferni domestici. In questo libro, la sua scorciatoia segreta l’ha condotta ancora più in fondo, lì dove abitualmente regna il silenzio dell’incomprensione e del dolore. L’ha portata a raccontare storie di figli dimenticati e lasciati soli da genitori fragili, frustrati o semplicemente egoisti.
La sua attenta compassione ci inchioda commossi al racconto di queste piccole vite difficili segnate dalla solitudine: Lorenzo – con i suoi «non voglio» gridati e le sue instancabili domande – che, sconfitto e domato, finisce con lo spegnere la sua energia e la sua curiosità diventando un adolescente silenzioso, assente e indifferente. Annalisa, intoccabile e irraggiungibile, innamorata del suo corpo senza carne. Paolina, bambina soave che finisce a vivere per strada, infagottata, sporca e arrabbiata. Pietro, che scappa continuamente di casa per sottrarsi alla triste giostra della famiglia allargata. Francesco e la sua trascinante vitalità prosciugata da videogiochi e film porno.
Dopo aver letto queste storie sarà davvero difficile farsi cogliere impreparati dalla solitudine dei nostri figli.
IL LIBRO
A Palermo, di fronte alla casa del giudice Borsellino, vive un’anziana donna che sembra uscita dalle pagine di un racconto d’altri tempi. Domenica Lupo, questo il suo nome, da anni assiste i carabinieri che dopo la strage di via d’Amelio piantonano la casa dei familiari del magistrato, e ha stretto con loro un legame così forte da diventare, ai loro occhi, «la mamma» di tutti. Porta il tè, l’acqua, i cornetti, i panini con le «panelle», a qualcuno attacca un bottone o sistema la divisa. Finché un giorno tra quei giovani carabinieri arriva un ragazzo che, incuriosito, decide di scoprire il motivo di tanta dedizione e si fa raccontare la sua storia. E quella che Domenica, detta Mimma, gli narra è una vicenda tanto drammatica quanto vera che appartiene al passato, all’epoca in cui le donne siciliane subivano abusi e violenze, di fronte ai quali dovevano chinare il capo in silenzio. Mimma racconta un amore mai consumato per un giovane brigadiere dell’Arma dei carabinieri, un legame fortissimo che l’accompagnerà tutta la vita, nonostante sia stato calpestato dall’ostilità degli uomini e dalle regole non scritte dell’onore... Una storia straordinaria dall’epilogo sorprendente, che ha commosso tutti quelli che l’hanno conosciuta e che, per l’intensità del messaggio in essa contenuto, merita di essere, come si legge nella Prefazione di Rita Borsellino, «ascoltata, vissuta e tramandata».
UN BRANO
Domenica Lupo, «zia Mimma», vive da anni in una piccola casa, una villetta stile Liberty dei primi del Novecento. Vive sola, circondata da vicini affettuosi. Frequenta la casa dei Borsellino da molto tempo e, dopo la morte del giudice, l’amicizia con la vedova del compianto magistrato si è fatta ancora più intima, tanto che per la signora Borsellino è quasi «una di famiglia», un’anziana zia alla quale chiedere consigli.
La casa di zia Mimma si trova di fronte all’abitazione di Borsellino, e così, la prima cosa che lei vede la mattina, aprendo le finestre, sono i carabinieri che dalla morte del magistrato montano la guardia per proteggere i suoi familiari.
Ma torniamo a zia Mimma.
E un caldo mattino di luglio. Sono le dieci e la canicola già opprime, fastidiosa, a causa dello scirocco che investe la Sicilia da due giorni. Palermo annaspa sotto il sole cocente, ma la vita cittadina continua. Zia Mimma apre il cancelletto pedonale. E vestita con semplicità, ma anche con una certa eleganza: un abito di stoffa leggera sul beige con piccoli pois terra di Siena, ton sur ton; una semplice cintura le cinge la vita. E una donna minuta, con una silhouette ancora giovanile... per i suoi quasi novant’anni!"
GLI AUTORI
Alessio Puleoè nato a Palermo nel 1981 e si è formato presso il Teatro Libero di Palermo, dove ha lavorato per diversi anni.
Filippo Vitale è nato a Cinisi nel 1949, borgo contadino e marinaro e si è trasferito quindi a Padova, per dedicarsi alla poesia e alla pittura.
Il racconto semiserio di una tranche di vita di una donna che insegue una forma di vita urbana fuori dagli schemi: dove sia più importante "essere-con" che avere; dove saper trovare la bellezza a un passo dalla monnezza; dove scovare perle di saggezza metropolitana sul bus come in condominio. Nella "città da condividere" l'autrice ha scopertola sua "vocazione", visto che non si erano aperte per lei le porte del monastero (era un 1° di aprile!).
Chi altri avrebbe osato scrivere la sua "autobiografia non autorizzata", offrendola spericolatamente in pasto al mondo in una lingua affabulatoria, epigrammatica, sincopata, di un'eleganza senza pari e di un'oscenità scatenata e al contempo scanzonata? Aldo Busi compie qui un viaggio che riconduce al punto di partenza, secondo un percorso circolare nel quale nulla accade perché tutto è già accaduto e non resta che prendere atto della verità così come la scrittura la riconosce, la indaga e la costringe a uscire allo scoperto, attraverso lo smascheramento spietato dell'imperfetta menzogna coltivata per tutta una vita da personaggi della piccola, media e grande borghesia, ordinari incantatori che vorrebbero sottrarsi e restare misteriosi ma finiscono per venire centrifugati in questo potente caleidoscopio delle umane vanità, cui non sfugge nemmeno chi ne scrive per chiamarsene fuori. Ancora una volta lo scrittore ci coglie di sorpresa avventurandosi in zone fra le meno seriamente esplorate dei rapporti tra uomini e donne, come quella dell'omosessuale innamorato di alcune elette e dannate a non averlo e a non farsi avere, pena il perderlo e con lui perdere l'occasione politica e rivoluzionaria per eccellenza che manca alle donne, l'amore ad armi pari con un uomo: un'amicizia di disinteressata e leale passione. Testo drammatico senza averne né l'aria né gli artifici, a tratti insospettabilmente romantico fino alle lacrime, più spesso esilarante fino alla risata irrefrenabile...
La legge del bene e del male è scritta fin dalla nascita in ciascun individuo? Oppure sono la cultura, l'educazione, le buone maniere a impedire all'uomo di prevaricare, di delinquere, di uccidere? Stefano Lorenzetto ha girato il Belpaese alla ricerca degli italiani che fanno il bene per il bene, indipendentemente dalla professione, dallo stato sociale dal credo religioso. Ne sono uscite venticinque storie esemplari: dall'imprenditore di Varese che assume solo dipendenti down alla mamma di Torino che realizza i desideri impossibili dei bambini gravemente malati; dallo scienziato di Siena che ha perso l'unico figlio e ora fa il padre ai ragazzi senza famiglia al medico di Parma che cura gli hanseniani nel lebbrosario genovese.
Da Melville a Brando, da John Ford a Diane Arbus, da Faulkner a Cary Grant, da Monument Valley all'utopia di Arcosanti. Irene Bignardi, che gli Stati Uniti li ha frequentati assiduamente da studentessa, da curiosa, da appassionata di letteratura, di cronache e di cinema americano, ha raccolto le esperienze accumulate nel corso di venticinque anni di giornalismo culturale seguendo un percorso libero. E ci propone con le sue cinquanta storie una vivace e ironica cronaca letteraria e il quadro divertente e appassionato di un'America talvolta imprevedibile, ma sempre tumultuosamente creativa.
Esiste una forma di sconforto, di segreto malessere che solo le donne custodiscono. Può essere taciuto per anni o un'intera vita, ma cresce nei giorni e infiltra le relazioni più intime, a cominciare dalla famiglia. Elisabetta, una giovane madre dalla buona posizione sociale, all'improvviso lascia marito e figlio per tornare a vivere nella casa in cui è nata. Questa fuga, inaspettata e sconcertante, produrrà una serie di serrati confronti-scontri dai quali tutti - Elisabetta, il marito, i vecchi genitori usciranno sconfitti.
"È una bella storia questo nuovo romanzo di Corrado Ruggiero, ancora dedicato a Nocera Inferiore. C'è la ricchezza delle grandi narrazioni ottocentesche, la felicità delle invenzioni linguistiche novecentesche, il ritmo incalzante del cronista di "nera", l'ironia e il sarcasmo del moralista che si fa scrittore di costume. Una prosa di coinvolgente efficacia disegna un quadro dai colori scintillanti, che restituisce vita nuova a comportamenti e relazioni di un recente passato, che ci appaiono insieme lontani e vicini. È una storia di mezzo secolo fa, in una città meridionale, campana, tra Napoli e "Salierno". Gennarina e Nocera sono le protagoniste di questa storia, le due facce di una sola medaglia: Nocera come stata ed è, Nocera come poteva e, forse, potrebbe essere. La vita e il mondo: come va e come potrebbe andare se solo ci si volesse, se si fosse capaci di volere. Una vita nuova, un mondo nuovo. E invece..." (Francesco Barbagallo)
Mentre in molte capitali europee soffiava il vento innovatore dell'Illuminismo, la Roma papalina di Pio VI Braschi sonnecchiava torpidamente sotto la polvere dei secoli. Era la Roma di Meo Patacca e di Pasquino, di Canova e di Pinelli, tappa obbligata dei "viaggi in Italia" dell'intellighenzia cosmopolita, da De Brosses a Goethe. Fu in questa Roma che, in riva al Tevere, nacque Lucina. Sua madre - che esercitava il puttanesimo al Porto di Ripetta, nei miserabili quartieri dove Illirici, Greci, Lombardi, Borgognoni e Portoghesi vivevano arroccati intorno alle rispettive chiese - la lascia orfana che è ancora bambina. Affidata alle suore, Lucina rivela una voce meravigliosa cantando le lodi del Signore nel coro delle Orfanelle: una voce di "musico sopranista", o di "castrato", come più comunemente si diceva; una voce da far invidia alle cantanti di maggior fama internazionale. Sennonché, nello Stato Pontificio, la carriera di cantante non era permessa alle donne. Ma Lucina, pur di cantare, si travestì da maschio e, fingendosi castrato, riuscì a diventare un musico famoso, di nome Leonardo. Fino a quando, molti anni dopo, con l'avvento della Repubblica Romana, potè tornare a chiamarsi Lucina. Queste, e mille altre vicende, si svolgono nello scenario turbinoso degli anni che vanno dalla Rivoluzione Francese agli albori del Risorgimento.
In un mondo in cui esiste solo l'informazione, che si avvita su se stessa, parla di se stessa, megafono del nulla, quel poco di realtà che c'è ancora è ignorata dai media e quindi non esiste, perché come dice lo slogan di Teleworld "fatto è la notizia e la notizia è il fatto". Il distacco tra virtuale e reale è ormai completo. Insospettito da alcuni segnali il protagonista, Matteo, in tre giorni di ricerca angosciosa durante i quali assiste a episodi di inaudita e gratuita violenza, di cui nessuno dà conto, scoprirà questa verità di cui gli altri, paghi e storditi dall'incessante rumore di fondo dei media, non sembrano preoccuparsi o avere coscienza. Matteo è un uomo in grigio, ingenuo e mite. Né eroe né rivoluzionario, la sua ribellione sarà la morte. Mentre il mondo dell'informazione, a causa di un blackout, imploderà su se stesso e scomparirà insieme ai suoi aiutanti. Il finale del libro, che a suo modo è anche un giallo, è a sorpresa.
Una giovane donna, che da bambina sognava di cambiare il mondo, e che poco più che adolescente ha finito per restare impigliata nella rete della mafia, oggi rischia consapevolmente la vita per dare un contributo alla lotta contro Cosa Nostra. Con le sue deposizioni ha consentito ai magistrati di Palermo di ricostruire gli affari criminali di una cosca che faceva capo a Bernardo Provenzano facendo i nomi di mandanti ed esecutori. Carmela Rosalia Iuculano, che ora vive sotto copertura, ha intrapreso questo difficile percorso inizialmente per amore dei figli, voleva dare loro un destino diverso dal suo, nella legalità; poi ha cominciato a pensare che in Sicilia fosse possibile un cambiamento e a credere nell'utilità di quello che stava facendo. Piano piano le è nata la speranza di diventare un esempio per le mogli di altri mafiosi, per i figli nati in queste famiglie sbagliate. Ha cominciato a credere che anche altre persone possano ribellarsi e denunciare chi lede la loro dignità. Pensa che solo seguendo senza tentennamenti questa linea la Sicilia potrà liberarsi della mafia, quella mala pianta che non la fa respirare. Il coraggio esemplare di una donna, magistralmente raccontato da Carla Cerati in un libro che è assieme la cronaca di un pezzo di Storia della Sicilia e la lucida testimonianza dell'amore di una madre