
Ci sono rare volte in cui incrociare per la prima volta lo sguardo di uno sconosciuto non è semplicemente un vederlo, ma un riconoscerlo. È sentire che chi hai di fronte, se anche all'inizio ti sembra strano, o addirittura insopportabile, è qualcuno che, in realtà, prima o poi ti salverà. Questa è la storia di Guido e Silvia, giovanissimi eppure già in debito d'ossigeno con la vita, costretti a fare i conti con un passato che si infila nel loro petto come lame, nell'indecisione di un vuoto dentro che sembra parlare, che sembra dire: "Andrà tutto male". Incontrarsi, conoscersi, amarsi - e tutto quello che c'è nel mezzo - per loro è come tornare a respirare, è trovare finalmente quel qualcuno che capisce che ciò che mostri agli altri non sei davvero e pienamente tu, perché dentro nascondi un mondo, e lo fai solo per paura che te lo rovinino. Quello che si preoccupa che tu sia felice nelle piccole cose, che osserva i tuoi occhi come nessuno vuol fare mai e ascolta i tuoi silenzi come canzoni lente, quasi potessero parlare, soprattutto in mezzo alla gente. Quello che non odia i tuoi difetti perché sa che senza non saresti tu, e che quando pensa lo fa pure per te, come se la sua felicità e la tua corrispondessero. Quello che non ti abbandona anche quando è difficile starti vicino, anche quando dici a voce alta che non vuoi nessuno, ma proprio nessuno accanto. E che così, a suo modo, ti sta sussurrando: "Ti amo". Con il suo stile inconfondibile, che si muove liberamente dalla prosa alla poesia, Marzia Sicignano ci mostra che, quando incontri quel qualcuno, l'unica cosa da fare è tenerlo con te, prendendotene cura come si fa con i tesori più preziosi, perché quel primo respiro che ti ha rimesso al mondo duri il più a lungo possibile.
Ambientato in una Torino malefica e metafisica, "La donna della domenica" è da molti considerato il capostipite del "giallo italiano". La trama si snoda tra i vizi, l'ipocrisia, le comiche velleità e gli esilaranti chiacchericci che animano la vita della borghesia piemontese.
Torino, 1849. Reduce dalla disfatta di Novara, dove gli austriaci di Radetzky hanno stroncato il sogno di Carlo Alberto, il maggiore Emiliano Mercalli di Saint-Just torna a Torino per sposare la fidanzata Naide, una delle prime donne-medico d'Italia. Naide, però, è una patriota convinta, e mentre lui era sul campo di battaglia è corsa a Roma, dove Mazzini sta cambiando la Storia con il miracolo progressista della Repubblica Romana. Emiliano vorrebbe raggiungerla, e l'occasione gliela offre nientemeno che Cavour: bisogna trovare il giovane Aymone, compagno di bagordi di Vittorio Emanuele II, e riportarlo a Torino, dove lo aspetta un matrimonio di facciata voluto proprio dal neo-re. Purtroppo, Emiliano non fa in tempo ad arrivare che la situazione precipita. E mentre i francesi si preparano ad assaltare Roma, i reazionari pretendono a gran voce una condanna esemplare per il giovane venuto dal Piemonte a spargere sangue.
Nel 1953 Alberto Carocci e Alberto Moravia fondano "Nuovi Argomenti", da allora la rivista è rimasta un punto di riferimento per il mondo intellettuale e letterario italiano. In tutti gli anni di attività si sono alternati alla direzione i principali protagonisti della scena culturale italiana, da Pasolini a Sciascia, da Bertolucci a Siciliano, fino all'impegno attuale di Dacia Maraini. Negli ultimi anni "Nuovi Argomenti" ha saputo dimostrare la sua straordinaria vitalità scommettendo su molte delle voci più interessanti della nuova generazione di scrittori, tra le quali quelle di Alessandro Piperno, Roberto Saviano e Paolo Giordano.
«Ciao Fra, sono tornata. È passato un bel po' di tempo, ma finalmente sono a Roma. Potremmo vederci, che dici? Fammi sapere. Un bacio.» A volte basta una cosa da nulla come un messaggio, un mucchietto di parole separate tra loro da punti, virgole e un unico, importantissimo, punto di domanda per cambiare tutto. Per scatenare uno tsunami di emozioni che sconvolge per sempre la tua vita tranquilla. E a quel punto stare fermi non è più possibile. Questo è ciò che accade a Francesco, poco più che ventenne, alle prese con giornate fatte di stanche abitudini, di noia forse, di piccole e grandi indecisioni e dubbi, ai quali non riesce a dare risposta. Questo è ciò che gli succede quando sul suo telefono arriva all'improvviso il messaggio di Aurora, la sua ex. Un amore grandissimo, il loro, come solo può esserlo il primo amore, appassionato, incosciente e pieno di contraddizioni. Una storia finita da tempo, che lui però non è ancora riuscito a dimenticare. Come potrebbe farlo se da quando si sono lasciati non ha sperato altro che lei tornasse? Eppure, ora che è a un passo dal rivederla, Francesco inizia ad avere paura. La confusione lo stordisce. Gli manca l'aria. Ha bisogno di uscire dalla sua stanza, sente il bisogno di scappare, chi lo sa se da lei o da se stesso. E allora afferra il piccolo diario sul quale, mentre stava con lei, ha preso nota di tutto ciò che accadeva, di tutte le emozioni provate, di tutti i luoghi attraversati insieme, ed esce di casa. Ancora una volta si affida alla sua città, Roma, alle sue strade trafficate, ai suoi angoli più romantici e conosciuti come alle sue periferie, tutti luoghi che quel loro amore lo hanno accompagnato, lo hanno visto crescere. Perché, per trovare la risposta che cerca, Francesco ha bisogno di ripercorrere la loro storia, di ricordo in ricordo, di luogo in luogo. Il diario che porta con sé gli farà da guida, aiutandolo a ricomporre la mappa del loro amore, e forse Roma, da sempre sua fedele compagna, ancora una volta come tante altre in passato lo salverà.
Elsa Morante comincia a scrivere molto giovane e dapprincipio scrive soltanto racconti. Nel 1933, passati i vent'anni, intraprende una frenetica attività di pubblicista e numerosi suoi scritti appaiono in settimanali di largo consumo e su fogli popolari quali il "Corriere dei Piccoli", "I diritti della scuola", "Oggi". Nel 1941 la Morante raccoglierà nel "Gioco segreto" alcuni di questi racconti e vent'anni dopo con la pubblicazione dello "Scialle andaluso" amplierà la raccolta. Restano così inediti dei racconti che l'autrice non ha mai ristampato, ma neanche rifiutato. Questa raccolta, presentata da Cesare Garboli, fa quindi emergere il libro fantasma che si nasconde dietro alle altre due antologie.
Pietro apre gli occhi e vede una realtà sconosciuta: un collegio, un posto squadrato anche fisicamente, cinto da un muro oltre il quale s'intuisce l'acqua. Forse è un'isola. Ma lui non sa perché è lì. Nella sua mente ci sono sprazzi di Eden: c'è una ragazza che corre con lui, è Irina, la sua fata compagna di giochi. E da qualche parte, altrove, ci sono le immagini di un corpo femminile impossibilitato a muoversi, in un luogo misterioso. Tornato a casa, vedrà la madre, bellissima e terribile, intrattenersi con stranieri che lui solo non vuole riconoscere come nazisti e sulla lapide di Irina e fra le pagine del suo diario segreto apprenderà infinite cose sulle persone e sui tempi attorno a lui.
Uno scrittore deve scrivere un romanzo che ha in testa da moltissimo tempo; ma un giorno dopo l'altro, la scrittura non arriva, e più s'inceppa e si perde, più la vita dello scrittore preme con potenza, con passione, con la necessità del sangue che corre, per trovare una forma. Intorno allo scrittoio vuoto, la stanza si riempie di pensieri, di sensi di colpa, di desiderio, di telefonate clandestine, di disperati tentativi di reprimere per amore della moglie un nuovo amore nascente, giocoso e irresistibile. Lo scrittore si chiama Mauro Covacich, le giornate che racconta sono quelle del suo matrimonio con Anna, le notti sono quelle tormentose del desiderio di Susanna, di un amore nuovo e dirompente. E più lunghe e arrovellate si fanno le giornate davanti alla pagina bianca, più chiaramente emerge che la storia di un amore che nasce e di un amore che muore è l'unica che abbia senso raccontare.
"Quella penna che non ho visto è l'emozione più forte e la curiosità intellettuale più intensa della lunga giornata. E quando rientriamo in albergo sento di avere in mano il capo di una lenza che a tirarla, piano piano dall'Europa mi farà passare la porta verso la Russia". "Quella penna" è la penna che Goethe donò a Puskin, e della quale non si trova traccia. Parte così, da un filo sottile che si dipana, da una traccia d'inchiostro fantasma, una "indagine narrativa" tra viaggi e ricordi, letture e suggestioni, incontri e ricordi familiari, nel mito della Grande Russia. Alla ricerca "di un dono, di un omaggio, di un'eredità poetica, di un sentimento, di una scintilla vitale".
Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome, come fossero persone di famiglia. È stato appena lasciato dalla moglie, ma cerca con ogni mezzo di mantenere un legame con lei e i due figli adolescenti. Un giorno viene improvvisamente nominato difensore d'ufficio di un becchino di camorra detto "Mimmo 'o burzone" e, arrugginito com'è, deve ripassarsi il Bignami di diritto. Ma ce la fa, e questo è solo il primo dei piccoli miracoli che gli capitano. Il secondo si chiama Alessandra: la pm più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero. E intanto Vincenzo riflette sull'amore, la vita, la delinquenza, la musica: su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, di deriva in deriva.
Tornano i personaggi di "Tre uomini paradossali" e "Scirocco" in un romanzo che mette in scena la civiltà della televisione trash e del sensazionalismo, della retorica culturale e dei salotti letterari: razzista, ipocrita, senza scrupoli, soggiogata a denaro e potere. Un delitto orrendo si consuma in un piccolo borgo di montagna, un luogo qualunque dell'Italia di oggi. Un luogo amorale, corrotto, pervertito dalla ricchezza: un micro-mondo nel quale sembra riflettersi l'intero Paese. Il parroco attribuisce la colpa dell'assassinio al diavolo, che si annida nelle condotte di tutti gli abitanti del borgo. Sul muro della chiesa una terribile accusa. E una serie di minacciose lettere anonime sono spedite alle persone più influenti. Andrea Vannini, in montagna per curare la sua asma, forse il minore tra i mali che il G8 di Genova gli ha lasciato, si troverà a scoprire gli scheletri negli armadi di tutto il borgo, tra cocaina, Epo, eventi culturali che si trasformano in scambi sessuali, segreti sussurrati e losche complicità. A partire dall'infanticidio di una bambina spaccata in due con una accetta, si intuisce una catena delittuosa senza fine, che porta davvero lontano. De Michele ricalca linguaggi e gesti di tipi e situazioni sociali, con una mimesi tanto precisa da demistificarli. E E il ritratto dell'Italia che si compone, cupo e dolente, risulta alla fine illuminato da una nerissima, comica, stralunata luce.

