
Alice ha quasi quarant'anni, non beve caffè, ha paura dei gabbiani, cura la gastrite con le banane, e sul mondo si concede di avere piú domande che risposte. Capire le cose difficili è la sua passione, e dopo che le ha capite ha il dono di saperle spiegare agli altri. Tecnicamente è un medico, in realtà fa la giornalista scientifica, è rigorosa fino all'impossibile, adora gli aperitivi e ha le stesse amiche dalle elementari. Amiche che la considerano una clamorosa rompiscatole. Perché Alice ultimamente le ascolta parlare e non le riconosce piú. Erano lucide e ragionevoli, adesso credono alle pozioni miracolose, alle terapie alternative, ai magici benefici del cetriolo e agli spaventosi malefici di generiche multinazionali del male. Ma forse sono i suoi occhi testardi a voler negare il potere inesauribile dell'irrazionalità.
Alice detesta le cose semplici, soprattutto se sono anche sbagliate. Fa la giornalista scientifica, perciò il mondo è abituata a interrogarlo e poi a raccontarlo. Anche alle sue amiche, che intrattiene per ore con le sue storie bislacche di scienziati. D'un tratto però le sue amiche sono diventate tutte streghe. Cioè, sono ancora le stesse di sempre, eppure sono diventate incomprensibili. Credono alle pozioni magiche, ai piani astrali, ai complotti, ai rimedi della medicina non ufficiale. Valeria, per esempio, spera di far girare il feto podalico che ha in grembo facendo le capriole in acqua. Vuole evitare il cesareo a tutti i costi perché ha letto su internet che non è il modo migliore per iniziare il rapporto con suo figlio. E dire che la nonna di Alice, ai suoi tempi, un parto podalico se l'è fatto per via naturale aiutata solo da una bottiglia di brandy, e a distanza di settant'anni non è affatto certa che sia stato un bel modo per iniziare alcunché. E poi c'è Lucia, fissata con l'alimentazione sana e i prodotti bio. E Arianna, medico anestesista, che si scopre fautrice dell'omeopatia. E ancora quella che non vuole vaccinare i figli, quella che segue l'ultima dieta del momento, quella che legge il futuro negli oroscopi. Alice si arrabbia, cerca di farle ragionare, e a volte pontifica, perché sembra incapace di vedere anche lei una semplice realtà, cioè che le emozioni possono tradire. Un romanzo d'esordio brillante e originale sulle nostre superstizioni ma soprattutto sulle nostre fragilità, che ha il coraggio di affrontare ironicamente temi molto dibattuti conquistandoci con la voce irresistibile della sua autrice.
Alle prese con ambizioni frustrate e desideri infranti, tre quarantenni tentano goffamente di resuscitare dalle ceneri di fallimenti piccoli e meno piccoli, rincorrendo una maturità che quasi sempre ha il volto di una donna. È il caso del protagonista di "Segni d'oro", che pensava di insegnare all'università e si ritrova bibliotecario infelice in un paesino di provincia. In crisi con la moglie, dopo una fuga passionale sui Colli Euganei scopre di trovare verità e bellezza solo nell'esaltante lessico degli antichi poeti. In "Eccesso di zelo", un dattilografo si perde nella stessa inconcludenza. Sullo sfondo di una Roma disfatta dal caldo, si lascia coinvolgere in un conflitto di coppia altrui dapprima per pura cortesia, poi con un fervore sempre crescente, lanciandosi in un'impresa cavalleresca alla rovescia che metterà a rischio tutte le sue conquiste dell'età adulta. Altrettanto ansioso e nel pieno di una crisi è infine il protagonista di "Denti", un racconto che si dischiude come una bocca aperta sulla vita di un insegnante divorato dai ricordi e ossessionato dalla gelosia, nonché dai propri incisivi enormi. Con una postfazione dell'autore.
Matteo Bussola riconosce ciò che di straordinario si annida nelle cose ordinarie perché le guarda come se accadessero per la prima volta, come se sentisse sempre la vita pulsare in ogni cellula. Ed è con quello sguardo che racconta di relazioni sentimentali, l'istante in cui nascono, il tempo che abitano. Lo fa mettendosi a nudo, ricordando gli amori passati, per ripercorrere la strada che lo ha portato fino a qui, alla sua esistenza con Paola e le loro tre figlie. Soprattutto, lo fa specchiandosi nelle storie di ciascuno: quelle che incontra su un treno, o mentre sbircia dal finestrino della macchina, o seduto in un bar la mattina presto. Quelle che incontra stando nel mondo senza mai dare il mondo per scontato, e che la sua voce intima e familiare ci restituisce facendoci sentire che sta parlando esattamente di noi.
«Bussola sa scrivere. Usa le parole con accortezza, con cura, come se fossero importanti. Tanto importanti quanto le esperienze che raccontano».
Michele Serra
In queste pagine ho scelto di illuminare le cose che per me hanno un senso: l'amore dove lo scorgo - compreso quello dal quale, per paura o vigliaccheria, sono fuggito -, la cura quando mi colpisce, il dolore da cui ho imparato, la bellezza in quel che c'è, anche quando arriva inattesa e quasi a far male.
Ida è appena sbarcata a Messina, la sua città natale: la madre l'ha richiamata in vista della ristrutturazione dell'appartamento di famiglia, che vuole mettere in vendita. Circondata di nuovo dagli oggetti di sempre, di fronte ai quali deve scegliere cosa tenere e cosa buttare, è costretta a fare i conti con il trauma che l'ha segnata quando era solo una ragazzina. Ventitre anni prima suo padre è scomparso. Non è morto: semplicemente una mattina è andato via e non è più tornato. Sulla mancanza di quel padre si sono imperniati i silenzi feroci con la madre, il senso di un'identità fondata sull'anomalia, persino il rapporto con il marito, salvezza e naufragio insieme. Specchiandosi nell'assenza del corpo paterno, Ida è diventata donna nel dominio della paura e nel sospetto verso ogni forma di desiderio. Ma ora che la casa d'infanzia la assedia con i suoi fantasmi, lei deve trovare un modo per spezzare il sortilegio e far uscire il padre di scena.
All'istituto Santa Sofia, Jacopo è il solo maschio della classe, e a otto anni il suo rapporto con le donne è già complicato. A partire da quello con la madre, che gli fa imparare a memoria versi di Majakovskij, spegne i mozziconi di sigaretta nei piatti ed è divorata dalla voglia di vivere. Per le suore della scuola è chiaro che quella ragazza con la maglietta troppo corta è all'origine dei comportamenti di Jacopo: taciturno, fin troppo interessato alle gambe delle sue compagne e soprattutto fissato con la scrittura. I suoi temi, che hanno sempre lei come protagonista, fanno il giro della scuola. Sua madre e suo padre non vivono insieme ma non hanno mai smesso di litigare furiosamente, lei in italiano e lui in napoletano, lui macellaio e lei segretaria della Brahms edizioni musicali. Una notte, Jacopo e la segretaria - cosí lui chiama sua madre - si trasferiscono abusivamente in una palazzina popolare al Rione delle mosche: due buste, una scatola, e lo zaino di scuola come unico bagaglio. L'ascensore non funziona e il bagno è senza porta, ma c'è un solo letto in cui dormire: se Jacopo dovesse scegliere un momento perfetto della sua vita, indicherebbe quello. Nel rione c'è anche la macelleria di suo padre, e il pomeriggio Jacopo si chiude nella cella frigo a riempire di parole i fogli per incartare la carne. Quella di Jacopo è un'educazione sentimentale fallimentare, e a leggerla scappa spesso da ridere. Un incontro disastroso dopo l'altro, fino alla catastrofe definitiva: l'incontro con Veronica, maestra di meraviglia e di fuga. Un romanzo amaro, ironico, abrasivo, che rivela una nuova voce di inusuale freschezza, in cui il sorriso e l'emozione convivono a ogni pagina. Gianni Solla si fa spazio tra gli scrittori capaci di affrontare il dolore a viso scoperto, con grande fiducia nella letteratura.
I Boscolo sono una famiglia come tante? Non proprio. Abitano quasi tutti nella palazzina di via delle Magnolie 11 e non disdegnano finti omicidi, gare truccate e amori clandestini. In una parola, hanno una morale tutta loro. Altrimenti perché continuerebbero ad affittare l'appartamento del secondo piano a quel donnaiolo di Lorenzo, senza comunicarlo alla legittima proprietaria? E perché dovrebbero avvalersi di un detective privato travestito da palma per impedire a lei, la legittima proprietaria, di scoprirlo? «Come l'amato di Bella ciao, anche io una mattina mi son svegliata e ho trovato l'invasor. Il maledetto virus, che per molti motivi ho odiato: quelli più ovvi, certo, ma anche per la retorica insopportabile che ha scatenato intorno a sé. Come sfuggire alla melensaggine che si diffondeva a macchia d'olio, aggravando la pena di tutti? L'unica cosa che mi è venuta in mente è stata di offrire a chi avesse avuto voglia di servirsene una storia negativa al tampone, ma non solo, che del tampone proprio ignorasse l'esistenza. Così ogni mattina, dal 16 marzo al 3 maggio, mi sono alzata e come prima azione della giornata ho scritto cinque o sei pagine e le ho postate. Quando ho iniziato la prima puntata avevo un solo dato di partenza: una palazzina in una piccola città immaginaria, Rivabella Lago, in provincia di Verbania, abitata da una famiglia di origine veneta e di natura truffaldina. Tutto il resto è venuto giorno per giorno, semplicemente perché doveva venire. Stella Marina e sua cugina Claudia, il fratello di Stella Marina, che si chiama Alvise, la nonna assassina, l'inquilino bellissimo, l'avvocato romantico ma permaloso, il cugino americano tutto arancione... e la cognata carognetta che si iscrive a un talent di ballo, in una parola: i Boscolo, a cui mi sono affezionata man mano che a loro si affezionavano i miei amici di Facebook, che commentavano, suggerivano, proponevano modifiche, trovavano nella storia oggetti e sentimenti della loro vita quotidiana. Mi auguro che sia lo stesso anche per voi, che state per leggerla tutta riunita dentro questa bella copertina. E non smettete dopo la parola fine, perché le storie dei Boscolo continuano...».
Una giovane bellissima, che lavora nel mondo dell'arte, viene uccisa nel proprio appartamento a Roma. Tre personaggi coinvolti per ragioni diverse nell'omicidio forniscono la loro interpretazione dei fatti. Chi nasconde la verità. Chi la manipola. Chi sembra non curarsene. Il commissario Davide Brandi è un poliziotto molto abile, e molto ambizioso. È lui che conduce le indagini. A dargli la parola è Giancarlo De Cataldo. Marco Valerio Guerra è l'amante della vittima. Un uomo d'affari ricchissimo, potente, odiato. A dargli la parola è Maurizio De Giovanni. Anna Carla Santucci è la moglie di Guerra. Scoprire il tradimento del marito non l'ha stupita affatto. A darle la parola è Cristina Cassar Scalia. Le loro versioni non concordano. Ma tutte rappresentano un piccolo passo per arrivare alla soluzione del caso.
Natale è vicino e, a poco a poco, il Pm Manrico Spinori si ritrova solo in una Roma fredda e umida. Una condizione troppo malinconica anche per un appassionato del melodramma come lui. Ma ideale per concentrarsi su un mistero che pare un autentico "giallo della camera chiusa". Quando il mare di Ostia restituisce il cadavere di Ademaro Proietti - palazzinaro di successo e personaggio di rilievo negli equilibri politico-economici della capitale - la prima ipotesi è che l'uomo sia annegato in seguito a una disgrazia, cadendo dal suo gigantesco motor yacht durante una gita con i figli e il genero. Eppure c'è qualcosa che non torna, un piccolo indizio che potrebbe richiedere per l'episodio una spiegazione diversa. È davvero così o è Manrico a essersi fissato? Magari si è lasciato suggestionare dall'abitudine a pensar male dell'impulsiva ispettore Cianchetti, il più recente acquisto della sua squadra investigativa. Stavolta nemmeno l'opera lirica, che da sempre lo ispira nella soluzione dei casi, sembra volergli venire in soccorso. L'unica certezza è che la famiglia del morto ha più di un segreto da nascondere. Del resto, e lui lo sa bene, quale famiglia non ne ha?
Il corpo di una scrittrice, in apparenza integro eppure danneggiato, diventa lo specchio della fragilità umana e insieme della nostra inarrestabile pulsione di vita. Francesca Mannocchi guarda il mondo attraverso la lente della malattia per rivelare, con una voce letteraria nuda, luminosa, incandescente, tutto ciò che è inconfessabile. Quattro anni fa Francesca Mannocchi scopre di avere una patologia cronica per la quale non esiste cura. È una giornalista che lavora anche in zone di guerra, viaggia in luoghi dove morte e sofferenza sono all'ordine del giorno, ma questa nuova, personale convivenza con l'imponderabile cambia il suo modo di essere madre, figlia, compagna, cittadina. La spinge a indagare sé stessa e gli altri, a scavare nelle pieghe delle relazioni più intime, dei non detti più dolorosi, e a confrontarsi con un corpo diventato d'un tratto nemico. La spinge a domandarsi come crescere suo figlio correndo il rischio di diventare disabile all'improvviso e non potersi quindi occupare di lui come prima. Essere malata l'ha costretta a conoscere il Paese attraverso le maglie della sanità pubblica, e ad abitare una vergogna privata e collettiva che solo attraverso l'onestà senza sconti della letteratura lei ha trovato il coraggio di raccontare.
Un libro pieno di fascino, romantico, ironico, avventuroso in cui la storia personale dell'autrice si intreccia con quella di donne e uomini che hanno inseguito un sogno, un luogo perfetto, un istante irripetibile, o anche una nostalgia, fino all'ossessione. «Che l'Eden perduto sia reale o solo sognato poco conta: ognuno può immaginarsi un Paradiso su misura e decidere di spendere la vita per riconquistarlo». La memoria dell'infanzia, trascorsa in una villa del viterbese, è il filo rosso con cui Serena Dandini ci conduce nelle vite di personaggi famosi e misconosciuti che sono partiti per viaggi straordinari, a volte fisici, a volte mentali, guidati dall'aspirazione all'assoluto. Visiteremo giardini fantastici. Ci addentreremo nelle utopie di architetti, profumieri, amanti della musica. Ci stupiremo per il coraggio di Jeanne Baret, che nel Settecento, travestita da uomo, compie il giro del mondo con la spedizione di De Bougainville. Guarderemo il vecchio Claude Monet, ormai quasi cieco, dipingere senza sosta le ninfee della sua casa di Giverny. Scopriremo con Agatha Christie «il lato oscuro delle piante». Accompagneremo Vladimir Nabokov a caccia di farfalle e Margaret Ursula Mee nella giungla amazzonica sulle tracce del fiore di luna, che sboccia una volta l'anno, di notte, per svanire all'alba. E infine torneremo nel Paradiso Perduto dell'autrice, a tirar le somme fra momenti dolorosi, bellissimi, struggenti.
Don Fabrizio, principe di Salina, all'arrivo dei Garibaldini sente inevitabile il declino e la rovina della sua classe. Approva il matrimonio del nipote Tancredi, senza più risorse economiche, con la figlia di Calogero Sedara, un astuto borghese. Don Fabrizio rifiuta però il seggio al Senato che gli viene offerto, ormai disincantato e pessimista sulla possibile sopravvivenza di una civiltà in decadenza e propone al suo posto proprio il borghese Calogero Sedara.
Seconda metà del diciottesimo secolo. In un piccolo villaggio tedesco. Il piccolo Abel nasce in una famiglia di poverissimi contadini: gracile di salute, ha dalla sua una sensibilità e un'intelligenza fuori dal comune. Se ne accorge il parroco e maestro, Rupprecht Radebach, un pastore luterano tormentato: ha avuto una brillante carriera nelle gerarchie della chiesa cattolica ma, alla fine di una profonda crisi teologica ed esistenziale, ha abbracciato la dottrina di Lutero e ha sposato la donna che ama. Radebach chiede alla madre di Abel il permesso di impartire al ragazzino lezioni supplementari. Abel rivela una disposizione eccezionale per lo studio, ma il carattere chiuso e incline alla meditazione gli fa il vuoto intorno.

