
Raimondo è un diciassettenne timido e impacciato che vive tutte le aspettative e i tormenti dell'adolescenza. Incapace di esprimere la sua posizione nei confronti delle cose si ritrova sempre in balia delle "ingiustizie" degli adulti: dei professori che lo fanno sentire una vera e propria nullità, ma anche dei genitori che gli impongono umilianti ripetizioni pomeridiane. Quando si sente inerme, sfiancato dai paragoni, Raimondo si scatena in esilaranti sogni a occhi aperti in cui tutto è filtrato attraverso il sesso. L'unica cosa che gli riesce bene sono i giochi di prestigio. Proprio uno di questi permetterà a una ragazza di accorgersi di lui, Raimondo Ricci, quello carino, curvo, dinoccolato e timido.
Attraverso le vicende biografiche di Ippolito Nievo, scrittore e garibaldino, questo romanzo conduce il lettore nel cuore del Risorgimento, dalla spedizione dei Mille alla proclamazione del Regno d'Italia. In queste pagine intense, ambientate in una Palermo sontuosa e lussureggiante, scorrono in parallelo la vita di uno dei maggiori scrittori della nuova Italia e il difficile processo di ricomposizione politica della nostra penisola. Su un intreccio narrativo di grande godibilità, il movimentato apprendistato sentimentale di Nievo si alterna agii scontri e agli ambigui compromessi che preparano la proclamazione dell'Unità sotto la corona dei Savoia, nel 1861, lo stesso anno della drammatica fine del protagonista. Quella di Nievo fu una vita breve: la penna di Paolo Ruffilli ne rievoca passioni romantiche, vitalità e slanci patriottici, amicizie e amori, esperienze letterarie e avventure politiche, nonché la morte tragica, realizzando un inedito ritratto a tutto tondo di un protagonista dell'Ottocento che appare uomo e scrittore di straordinaria modernità.
"Buttato sulla sabbia, accecato dal fulgore di un paradiso perduto, le palpebre incollate dal sale. Riapro gli occhi. La mia mente è vuota: nessun ricordo, nessuna parola. Una tabula rasa. Non posso formulare un pensiero. Non so più distinguere i miei sentimenti, dare ordine alle mie percezioni. Qualcosa che non conosco ha annientato la mia vita. È un sogno a salvarmi: il viso luminoso di una donna. Impossibile per me riconoscerla, o ricordare il suo nome. Ma quel sorriso mi riscuote dall'oblio, diventa l'unica ragione per sopravvivere e fuggire. A guidarmi è un libro, trascinato sulla spiaggia dalla mareggiata di un tifone. Tra le sue pagine distrutte si è salvata solo una misteriosa poesia. E sembra parlare di me. Attraverserò il mondo per sapere chi sei. Vestirò nuove identità per ritrovarti. Cavalcherò un'onda paurosa per scoprire cosa nasconde il suo cono d'ombra: il nostro ultimo segreto, cancellato dall'amnesia. E alla fine sapremo solo una cosa, la più grande. Forte come quest'onda che nessuno può cavalcare fino in fondo."
Quando "il Maestro" e "il Poliziotto" s'incontrano Nicola Longo è già celebre, Federico Fellini ne ha seguito le imprese sui giornali appassionandosi a una carriera fitta di operazioni sotto copertura, scontri a fuoco, ferimenti e casi risolti. Tra i due, messi in contatto da Tonino Guerra, nascono subito una reciproca fascinazione e la voglia di lavorare insieme. Il primo tentativo - un film tratto dal romanzo autobiografico di Nicola, "La valle delle farfalle" - fallisce per contrasti con il produttore Renzo Rossellini. Il regista rilancia, sa che Nicola può essere la guida perfetta per decifrare il presente dei primi anni Ottanta: un eroe senza retorica, diviso tra l'orgoglio del proprio ruolo e una nascosta amarezza, con la consapevolezza del male e dei suoi indefiniti contorni. "Poliziotto" raccoglie i sei racconti che i due produssero, con l'aiuto di Gianfranco Angelucci, chiusi nello studio di Fellini nell'estate del 1983. Longo racconta impassibile, la voce è fredda e impersonale, irresistibilmente ipnotica. Fellini ascolta e annota, nella sua mente le storie diventano l'affresco di un mondo assediato da una violenza cieca e pervasiva che tutto confonde. Sono episodi di lotta quotidiana, che attraversano i bassifondi della malavita, s'immergono nel vortice caotico del crimine e arrivano a sfiorare il fantasma dei poteri occulti. Questi racconti, sospesi in precario equilibrio tra descrizione della realtà e metafora visionaria, non diventaranno film...
Lo scrittore Benedetto De Risi, scosso dalla perdita della moglie Lia, si ritira in un borgo di montagna, con la sola compagnia di una governante e di un gatto. Giorno dopo giorno, al ritmo delle stagioni e delle fasi lunari, Benedetto scrive un diario, nel quale inserisce dodici racconti, moderne parabole che fanno da contrappunto al fluire dei pensieri. È la riflessione, inquieta e mai arresa, di un uomo che si prepara all'ultimo passo e che ripercorre la propria esistenza, interrogandosi sull'amore, la salvezza, la libertà, il dolore, la presenza (o l'assenza) di Dio. Profonda indagatrice spirituale e narratrice che sa toccare le corde dell'animo, Adriana Zarri scrive, con "Dodici lune", un'intensa avventura dello spirito, che rifiuta ogni facile consolazione nel nome di un'insopprimibile, intransigente ricerca della verità.
Un santuario di montagna, una comunità di preti e suore di clausura, nobiltà massonica, dicerie e sotterfugi, alleanze e intrighi. Questi gli ingredienti dell'avvincente e misteriosa vicenda che esplode a partire dal ritrovamento di un neonato piangente all'interno della chiesa. Nessuno sa chi sia e da dove provenga, ma la sua comparsa dà l'avvio a una indagine complessa e colma di sorprese. Da una parte le suore, protettive e materne, dall'altra i preti, con le loro diverse e talvolta contrastanti personalità, infine la popolazione laica, rapita dai suoi interessi e dai suoi capricci, sconvolta da passioni, gelosie e continui imprevisti. E lo spettro del satanismo, la sapienza patristica, il giro di informazioni segrete, la ricerca di una verità diffìcile a trovarsi.
Altieres, una delle antiche dinastie regnanti del Vecchio Continente, si è estinta dopo la violenta morte di tutti i suoi discendenti, e a portare il nome della casata sono rimasti solo i vampiri Blackmore, creature immortali a cui regnare non è permesso. Ma qualcosa ora è cambiato: Sophia, unica erede ancora in vita, creduta morta da anni, è stata ritrovata e le già fragili dinamiche del regno sono vicine a spezzarsi una volta per tutte. Gli oscuri segreti di Altieres stanno tornando a celare ombre sulla Vecchia Capitale, fulcro del potere politico e religioso, e spettri senza volto si aggirano per le strade terrorizzando cittadini e studenti. Intanto Sophia sta imparando a conoscere la sua nuova vita. Essere una Blackmore infatti non significa solo indossare meravigliosi vestiti ed essere un giorno incoronata regina, come innocentemente credeva, ma evitare matrimoni politici e sfuggire a continui attentati alla sua vita, anche da parte degli stessi parenti. Eloise Weiss deve affrontare invece forze che nemmeno i suoi poteri possono governare. I morti non riposano più in pace nella Vecchia Capitale, disturbati nel loro eterno sonno da forze oscure e implacabili, forse collegate al ritorno dell'erede di Altieres e alle sconvolgenti verità che i vampiri Blackmore nascondono da secoli e sono ora sfuggite al loro controllo. Eloise, grazie al suo potere di dominare le forze oscure, sarà forse la chiave per riportare l'ordine là dove ormai esiste solo il caos.
"Tempo fa mi è capitato tra le mani questo libro. Con cosa avessi a che fare l'ho capito dopo un po', man mano che ogni pagina mi strappava il sorriso, e alla fine, quando mi sono scoperto commosso nonostante i dialoghi irresistibili e le risate. Il protagonista della storia è un buffo ragazzo, tenero e insopportabile insieme. Uno convinto di picchiare duro, ma che finisce steso in due secondi nel cortile della scuola; che straparla e non piange mai, nascondendo sogni e fragilità dietro un'irriducibile arroganza, pur continuando a buscarle ogni giorno dalla vita, e perfino da Chiara, la ragazza bella e inaccessibile di cui s'innamora. Uno così o lo ami o lo odi, e io l'ho amato, questo sedicenne protagonista di un romanzo in cui ho ritrovato tutta la gloriosa tradizione dei perdenti di talento, dal "Giovane Golden" ai personaggi di John Fante, col loro immancabile campionario di lividi. Ecco dunque che c'è un padre - "il Capo" - quasi alcolista; e c'è la "Foca Monaca", ubbidiente e grigiastra sorella timorata di Dio. Quanto alla madre, è scappata col tizio della stazione di servizio. La periferia torinese di fine anni Ottanta e il Muro di Berlino che crolla, insieme a un gioco di rimandi pop e cinematografici e a una scrittura esilarante quanto aggressiva nel suo realismo, fanno da sfondo a questo esordio: la prova che la narrativa italiana si muove, in direzioni nuove, inaspettate e potenti." (Giuseppe Genna)
Nel paesaggio di acqua e nebbie della Bassa, il commissario Soneri si trova a suo agio. Insieme con gli anziani del posto è tra i pochi a conoscere quel tratto del Po, a sapersi muovere tra gli argini, le golene, i casolari sparsi in una terra che ormai sembra abitata da fantasmi. E dove invece le cose stanno cambiando: slavi che pescano il pesce siluro e forse trafficano con le armi; speculatori che rubano la sabbia dal letto del fiume; ragazzi sbandati senza un futuro; una banda che rapina i bancomat con l'esplosivo... Stavolta però succede anche di peggio: nel giro di un giorno spuntano due cadaveri. Il primo, come presto viene appurato, è di un giovane ungherese. Rinvenuto nel fango con un foro di proiettile in testa. Il secondo è dell'ex comandante partigiano Libero Manotti, morto di vecchiaia, di solitudine, di abbandono nella sua casa isolata in mezzo ai pioppi. Due storie diverse, eppure legate da un filo: Soneri ci mette un po' a trovarlo, avviando un'indagine che lo porta a scavare nel rivolo ambiguo del nuovo terrorismo rosso, ma anche nel passato, al tempo dell'occupazione tedesca. E che lo mette drammaticamente a confronto con alcuni, indimenticabili personaggi del fiume: il Nocio, marinaio d'acqua dolce dalla scorza ruvida e dall'animo nobile; la stagionata Gina, che tuttavia all'amore non rinuncia; il vecchio Lumén, che sulla sua sedia a rotelle esce solo con il buio, perché così la realtà gli pare meno brutta; Carega, maestro in pensione con la saggezza di un filosofo.
Senza rendercene conto, nel corso degli anni diventiamo adulti rischiando di soffocare la parte geniale e infantile di noi, e tutti i desideri più profondi che animano la nostra esistenza. Attraverso un racconto che affonda le radici nel mito, questo libro ci guida alla riscoperta del nostro Bambino interiore, e alla rinascita della parte migliore di noi. Per questo l'autore narra di Dei e di uomini coinvolti in vicende atroci: storie di genitori che tradiscono i figli, e di figli che lottano per non morire, o per rinascere - o che, semplicemente, si arrendono per sconforto o per amore. Nelle storie sacre greche ed ebraiche (da Tantalo fino a Cristo) si rivela una struttura fondamentale della personalità: la tensione tra l'io e il Bambino interiore. La perdita di quest'ultimo distrugge ogni senso di originalità e di libertà, e atrofizza quella forza di desiderare e di crescere di cui il Bambino è simbolo. Come si manifesta la sindrome? Come si può guarire da questa nevrosi? Invece di costruire ipotesi interpretative, l'autore narra quali furono i sentimenti e le riflessioni di Zeus sul crimine di Tantalo. Racconta perché Minosse costruì il Labirinto, e che cosa provava nel Labirinto suo figlio, il Minotauro, ingiustamente ritenuto crudele e mostruoso. E delinea la "terapia" della sindrome del figlicidio nel mito di Demetra, che si ribella all'Olimpo per ritrovare la sua Bambina rapita.
Lena è giovane, bellissima e intelligente e accanto ha un marito che farebbe qualunque cosa pur di renderla felice. Ma lei non sa più dare né ricevere amore fin da quando - aveva nove anni - qualcuno le ha rubato l'innocenza, segnandola per sempre. Un segreto nascosto con cura, sepolto nell'anima, un fantasma di cui però non riesce a liberarsi e che a poco a poco sgretola il suo equilibrio. L'affetto e la dedizione di Lorenzo non bastano, e nemmeno la nascita di Prisca scalfisce la scorza di questa donna gelida, nemica, distante. C'era la guerra all'epoca in cui Lena aveva vissuto sulla propria pelle la follia degli adulti; da allora è trascorso molto tempo, eppure lei continua a combattere un'infinita battaglia dentro se stessa, contro i demoni che l'assediano. La sua bambina la teme e la respinge fino al punto di odiarla, di non volerla vicino, e la tragica scomparsa di Lorenzo accelera il distacco della figlia dalla madre. Un rapporto distruttivo, logorante, che lentamente intacca anche la psiche di Prisca, inducendola a difendersi con una straziante, terribile forma di rifiuto... Ambientata fra il 1939 e i giorni nostri, una storia di infanzia tradita, di sentimenti calpestati, di amori molesti, cui la scrittura limpida e affilata di Barbara Garlaschelli imprime un pathos e una drammaticità crescenti, che catturano il lettore sino al liberatorio finale.
Nella primavera del 2020, in una Milano spettrale, Arianna sta per compiere diciotto anni: è un momento di crisi e lei cerca conforto iniziando a scrivere un diario. Le sue impressioni senza filtri si dilatano fino a ricostruire gli ultimi quattro anni della sua vita: la separazione dei genitori, i segreti del passato e le amicizie inaspettate. Finora le braccia di Ayman, incontrato in un'indimenticabile estate in Puglia, sono state un porto sicuro, ma troppe gelosie minano la loro storia a distanza. Intorno a lei, tanti personaggi (come la nonna Angela, l'inseparabile Giorgia o il fratello Pietro) si muovono in un labirinto che sembra senza uscita, in cerca di spiragli che diano un senso alla vita. Nel suo viaggio Arianna continuerà a inciampare, mentire e tentare gesti estremi per recuperare i frammenti della sua anima e scoprire alla fine che... è ancora tutto da imparare.