
Donne di dolori, fatiche di uomini. Malattia, isolamento, solitudine, carcere, manicomio. Il mondo di Pino Roveredo torna in una raccolta di racconti lucidi, spietati, disarmanti come di consueto, che si tratti di schegge o di esistenze narrate intere, di redenzioni in extremis o di condanne irreversibili. Un bacio e un morso: la vita è così, e siamo tutti sempre impegnati a masticare e sputare, come dice la canzone di De André che diventa leitmotiv di un amore spaccato in due da un delitto non commesso. Ma in questo universo che ha la nettezza scavata del bianco e nero entrano anche la luce del mare, la leggerezza di una parola umile, fagioli, che si meriterebbe una doppia per guadagnare ancora più sapore, la voglia di guardare certe città belle per definizione - Trieste, Parigi - con gli occhi nuovi della meraviglia.
La Colonia è un lembo di terra ai confini della galassia. I suoi abitanti, pochi, nel deserto e lontani dal mare, sono costretti a vivere secondo princìpi ferrei. Tutto è regolato da un fantasmagorico potere, invisibile, globale e realissimo, quello della Federazione. Sui giorni e le ore dei coloni aleggia un clima plumbeo talvolta interrotto dai rari e improvvisi quanto fugaci arrivi di un circo. Due divieti assoluti vigono sui coloni: non possono far uso di tabacco e utilizzare petrolio. A spezzare questo clima, a infrangere le due proibizioni, pensano tre bambini in fuga e una donna curiosa e vagheggiante di nostalgia per suo padre. Basterà poco per risvegliare l'ingegnosità, la brama di conquista e di progresso - in realtà mai sopiti del tutto - dei coloni, e il loro desiderio di ribellione. Antonio Pennacchi torna al romanzo con uno sguardo sul futuro che si abbatte impietoso sul nostro presente dimesso e depresso, per lanciare un grido di speranza; e riesce ad animare un mondo fantastico, popolandolo di personaggi indimenticabili, malinconici, sognatori, burberi, eccessivi, sempre e comunque troppo umani: dall'intellettuale Karel all'inventore Foost, dal reverendo Jacob alla flessuosa Ursula, da Erika che ha un marito in cerca di miniere perdute a Sophie, che dal marito è stata abbandonata. "Storia di Karel" ha tutta la sensibilità romantica di Antonio Pennacchi, impiantata in un mondo che rende omaggio ai grandi autori della fantascienza, e non solo.
1945. La Seconda guerra mondiale sta per terminare. Martin Davies, storico dell'arte e spia, che già abbiamo conosciuto in "Rex", è sulle tracce del Lupo, un nazista misterioso che diffonde il terrore dalle due parti del fronte. Ma da cacciatore diventa presto preda. Nelle strade di Lubecca, fra le vie e i canali di Copenhagen e nei boschi incontaminati della Germania, Martin ha l'impressione di muoversi fuori dal tempo. Contro di lui, oltre al Lupo, il capo dello spionaggio nazista Walter Schellenberg, le SS e soprattutto una realtà che sembra mutare di continuo. Nulla è ciò che sembra, nemmeno a Copenhagen, dove Elinor, una coraggiosa ragazza della Resistenza danese, beffa ripetutamente gli occupanti nazisti. Con il passare del tempo e l'avvicinarsi della sconfitta tedesca tutto si complica, e anche le poche certezze acquisite si tramutano in nuovi pericoli. Sullo sfondo la storia vera degli Autobus Bianchi svedesi e danesi del conte Bernadotte, i cui equipaggi sono in corsa per salvare quante più persone possibile dai lager nazisti. Le storie di Martin e dei suoi compagni incrociano le vicende del transatlantico tedesco Cap Arcona, affondato al largo della costa tedesca, della coraggiosa Wanda Heger, della splendida e imprevedibile Grete che da Roma conduce un gioco difficile e pericoloso.
Nella letteratura di tutti i tempi, da Omero a Virgilio, da Ariosto a Tasso, due figure interpretano variazioni di una stessa danza: si inseguono, si avvicinano, si corteggiano, si tradiscono, si abbandonano. L'eroe, l'uomo responsabile delle vite altrui, chiamato dal destino a compiere grandi imprese, si lascia salvare dalla bellezza, cullandosi nel piacere sottile della stasi. La maga lo accoglie e lo ama, rendendolo temporaneamente sordo al richiamo imperioso del mondo. Ma l'eroe non decide nulla per sé, obbedisce a un volere superiore, e la maga, dopo essersi presa il meglio di lui e averlo blandito e vezzeggiato, è condannata a lasciarlo andare. La solitudine per tutti e due è la fine della storia: l'eroe sarà costretto ad abbandonare l'amore per non tradire il destino, eppure la maga continuerà a illudersi "di poter chiudere il vento in una rete, la forza in un giardino."
Un piccolo aspide dalle guance morbide come quelle di un bebè, nascosto nella tasca di una giacca; le rane, le salamandre e i tritoni di un fiume salvati da una morte atroce; una sacra famiglia di cani randagi osservati con stupore affettuoso da un convinto gattofilo; una tenia sbarazzina come la "Lolita" di Nabokov, una mantide religiosa ubriacona, e anche un gruppo di Narcisi che parlano e cantano l'antica lingua ebrea del Nord Africa, un accampamento di Iris-guerrieri di un'audacia e di una bellezza terrificanti. Questi sono solo alcuni degli eroi che popolano il Marocco magico di Umberto Pasti, raccontato con la libertà e la grazia di un poeta.
Sicilia, 1949. Il giovane commerciante di bovini Peppino Maiorana affronta una meravigliosa impresa: fornire diecimila muli alla Grecia come risarcimento dei danni di guerra. Dovrà trovare le bestie in tutta l'isola, farle arrivare a Messina, sottoporle all'esame di una commissione e imbarcarle per il Pireo, centocinquanta alla volta, anticipando le spese con denaro che non possiede. Prodigiosamente l'avventura impossibile prende il via. Davanti al mare si anima una città provvisoria di contadini, mercanti, sensali, spie e prostitute, una folla di personaggi disperati, comici, soli, che cercano con molta immaginazione e senza troppi scrupoli di reinventarsi un'esistenza sulle macerie della guerra finita da poco. Maiorana si ritrova a fronteggiare due ostacoli enormi, la sua famiglia e la mafia, ma prosegue ostinato, zigzagando tra dubbi e minacce, convinto che il tempo delle antiche soggezioni sia finito per sempre e che quella sia l'occasione della sua vita. Troverà un singolare alleato in Giulio Saitta, commissario di polizia segnato da un lutto che alimenta il suo desiderio di vendetta. Le indagini solitarie di Saitta si allargano alla strisciante sovversione neofascista e s'intrecciano con le vicende degli omicidi impuniti di cinquanta sindacalisti capi contadini, della guerriglia di Salvatore Giuliano, delle stragi - prima fra tutte quella di Portella della Ginestra - che rischiano di trasformare la Sicilia in un lago di sangue.
Esiste ancora la letteratura italiana? Qualche "apocalittico" dice di no. Qualche "continuista" dice di sì: si nasconde in angoli remoti e refrattari all'attuale italiano mediatico, che è una cattiva traduzione da un cattivo inglese. A differenza del banco dell'ortolano, dove il carciofo e il tarocco di origine protetta fanno bella mostra di sé, in libreria si trova, comunque, pochissima letteratura italiana "biologica". Che fare? In "Lettere non italiane" si discutono alcune tesi classiche nel dibattito tra apocalittici e continuisti, anche alla luce della possibile sopravvivenza e addirittura della mera esistenza storica del romanzo italiano oggi. D'altra parte, di alcuni grandi e solitari scrittori contemporanei (da La Capria a Biamonti ad Atzeni) si considera la lampante continuità con i difficili padri novecenteschi: una porta socchiusa a un riaffluire di voci familiari, un segnale di resistenza e di attesa, secondo il principio che in ogni tempo una lingua e una nazione esistono solo se esiste una letteratura, si interrompono se si interrompe la letteratura.
Una redazione raccogliticcia che prepara un quotidiano destinato, più che all'informazione, al ricatto, alla macchina del fango, a bassi servizi per il suo editore. Un redattore paranoico che, aggirandosi per una Milano allucinata (o allucinato per una Milano normale), ricostruisce la storia di cinquant'anni sullo sfondo di un piano sulfureo costruito intorno al cadavere putrefatto di uno pseudo Mussolini. E nell'ombra Gladio, la P2, l'assassinio di papa Luciani, il colpo di stato di Junio Valerio Borghese, la Cia, i terroristi rossi manovrati dagli uffici affari riservati, vent'anni di stragi e di depistaggi, un insieme di fatti inspiegabili che paiono inventati sino a che una trasmissione della BBC non prova che sono veri, o almeno che sono ormai confessati dai loro autori. E poi un cadavere che entra in scena all'improvviso nella più stretta e malfamata via di Milano. Un'esile storia d'amore tra due protagonisti perdenti per natura, un ghost writer fallito e una ragazza inquietante che per aiutare la famiglia ha abbandonato l'università e si è specializzata nel gossip su affettuose amicizie, ma ancora piange sul secondo movimento della Settima di Beethoven. Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo che il lettore via via non sa se inventato o semplicemente ripreso dal vivo. Una storia che si svolge nel 1992 in cui si prefigurano tanti misteri e follie del ventennio successivo, proprio mentre i due protagonisti pensano che l'incubo sia finito.
Un centinaio di documenti tra lettere e messaggi datate dal 1946 alla fine degli anni Settanta, che testimoniano il legame lungo e profondo tra Alberto Moravia ed Elsa Morante. Passione e passioni comuni, la cura dell'altro, l'impegno di una presenza costante. A cura di Alessandra Grandelis.
Nel giro di ventiquattro ore un uomo perde il controllo della propria vita: fa un grave errore sul lavoro, gli viene sequestrata la patente, trova l'ufficio sigillato dalla Finanza, scopre che il suo socio è fuggito lasciandolo nei guai, rompe definitivamente con la sua compagna - e nel frattempo sua figlia è scappata da casa. Credendosi braccato, fugge a sua volta, alla cieca, ma lo sfacelo cui si è di colpo ridotta la sua vita, man mano che egli lo affronta, si rivela sempre più chiaramente un approdo, fatale e familiare - secondo una mappa interiore che era stata tenacemente rimossa. Quest'uomo è Pietro Paladini, l'eroe immobile di "Caos calmo", che nove anni dopo ritroviamo nella situazione opposta, roso dall'ansia e senza più un posto dove stare, costretto a vagare alla ricerca di quella pace improvvisamente perduta, o meglio - e questa sarà la sua scoperta - mai veramente avuta. La rimozione, la fuga, la famiglia che si disgrega, il confuso declino dell'Occidente, lo sforzo tragicomico di restare onesti in un tempo che spinge continuamente verso l'illegalità - e poi, di colpo, la verità. Alla fine di "Caos calmo" Paladini rispondeva a un celebre verso di Dylan Thomas affermando che "la palla che lanciammo giocando nel parco è tornata giù da un pezzo. Dobbiamo smettere di aspettarla". Si sbagliava, la palla era ancora per aria. Torna giù ora, in "Terre rare".
Al Nilo Blu, danza del ventre il sabato sera, uno scrittore si rifugia, in una notte di pioggia, per trovare il comune finale dei cinque episodi di un’unica storia, quella dell’addio, in cui ognuno saluta i restanti con un consapevole o inconsapevole rito che rispecchia l’assurdo, la rabbia, l’amore, il disprezzo, il dubbio. Un giovane nobile e squattrinato si arruola tra i garibaldini per andare a vedere come e perché si vada a morire per niente; in una baita sperduta, una bevuta di grappa servirà a scoprire l’esultanza di una selvaggia vecchiaia; un medico, perseguitato dall’odore della speranza, quando è vana, cui si aggrappano i corpi dei pazienti, coltiva un fantomatico progetto nel ricordo della figlia perduta. Una inquietante vecchia zia accoglie, nella sua equivoca villa, provvisori ospiti alla ricerca, prima di scomparire, di quale sia stato il senso della loro vita. Chiude le storie un rito collettivo, una ridda di personaggi impegnati a esorcizzare la loro uscita di scena recitando sul canovaccio dei ricordi e delle occasioni perdute, l’attimo in cui la tragedia della vita si volge in commedia.
Pierre, giornalista disincantato, ha appena perso il suo migliore amico, Sandro, travolto dagli eccessi di una vita straordinaria, vissuta senza freni. Dolore e senso di colpa per questo addio forzato lo accompagnano in ogni momento. Una notizia appresa per caso risveglia la sua curiosità per la storia di Italo Veneziani, fascista eccentrico e appartato che amava la musica e le donne e si era rifugiato in una villa al confine tra Italia e Francia prima di finire ucciso dai tedeschi. Era una spia? Sosteneva i partigiani? Il desiderio di saperne di più e il legame di Italo con la famiglia di Pierre inducono quest'ultimo a scavare nel passato, fare domande, connettere dettagli: ne scaturisce il ritratto di un uomo coerente e segreto, allegro e avventuroso, ma estraneo al suo tempo. Nel ricomporre l'esistenza di Italo Veneziani, tra isole greche e grandi città, incontri, amori che si trasformano e nuove passioni, Pierre dovrà ingaggiare confronti difficili con persone a lui molto vicine, districarsi tra i silenzi di Marie, la ritrosia di Alice e i tormenti di Vera, in un triangolo femminile impenetrabile e complicato, e infine tornare a misurarsi con l'assenza di Sandro. Scoprirà che in fondo situazioni e sentimenti in apparenza incompatibili sono legati da quel filo rosso che è la vita.