
I "Nuovi racconti romani" di Alberto Moravia sono stati scritti tra il 1954 e il 1959 e costituiscono la naturale continuazione del discorso avviato con i precedenti "Racconti romani", considerati dalla critica centrali nella produzione moraviana. Anche nei "Nuovi racconti romani" il mito proletario influisce non soltanto sulla visione del mondo, ma anche sulla scrittura che è leggermente "romanesca" come appunto il linguaggio corrente di Roma che non è più affatto dialettale come ai tempi dei Belli, ma appena velato da un superstite accento locale. La vastissima compagine di questi racconti, una vera e propria commedia umana, può apparire anche come una puntigliosa verifica della disfatta che insidia i propositi della vita.
Si narra che la Sibilla, adirata contro le fate che ballavano con i pastori, avrebbe scagliato loro le pietre che divennero poi il paese di Arquata: pietre destinate a rotolare drammaticamente di nuovo, durante il terremoto. Le sorelle Nadia e Olga si sentono a casa proprio qui, in questa terra che si muove, e che scendendo dai Sibillini verso il mare si fa campagna. Qui il loro papà ha trascorso la vita lavorando la terra, per questo ancora oggi la famiglia viene trattata con rispetto. Ma adesso tutto è cambiato. L'amore e il lavoro le hanno portate lontano, i figli sono cittadini del mondo. La gente vuole fragole e susine anche a gennaio. È una nuova stagione. E, per loro, è tempo di separarsi dalla terra. Inizia per le sorelle un viaggio a ritroso, nella memoria, e uno reale, attraverso gli incredibili colloqui con i possibili acquirenti del terreno, ex mezzadri arricchiti o emissari di multinazionali della frutta; tutti maschi, tutti ambigui, tutti apparentemente incapaci di capire quanto male facciano le radici, quando bisogna tagliarle.
Emma ha davanti a sé una giornata speciale: niente scuola oggi, niente ragazzi difficili a cui dare una possibilità di riscatto. Andrà invece all'incontro con Carlo, il grande amore della giovinezza. Sono vissuti insieme a lungo, finché lui, sempre meno idealista e sempre più ambizioso, ha scelto di andare all'estero per inseguire i suoi sogni di gloria; e lì la loro storia si è fermata. Emma è ostinatamente rimasta fedele ai suoi ideali. Ha da tempo un compagno, un sindacalista ardente, e un mestiere, quello dell'insegnante in una scuola di borgata, che la appaga. Eppure i diari della sua vita di prima sono sempre lì, a raccontare un tratto di strada che, nel bene e nel male, l'ha segnata profondamente: il primo tratto di strada, quello che non si scorda mai. Buffo, appassionato, irripetibile. Ora che Carlo torna per incassare anche in Italia il successo del suo film, ispirato proprio agli anni della giovinezza condivisa, sono tante le cose che Emma sente di dovergli dire. Una su tutte, un segreto lungo vent'anni che ha tenuto per sé e che è venuto il momento di svelare. Dopo lunghi e accurati preparativi, che danno conto della solennità del momento per lei, Emma sale sulla bici e corre all'appuntamento con Carlo. Lui la aspetta seduto al bar quando un incidente in presa diretta sospende tutto e lascia la vita di Emma appesa a un filo. Le cose non dette restano non dette. Ma il passato preme, e Carlo, disperato, si ritrova a confronto con quello che sa e quello che non sa. Soprattutto con un'esistenza possibile a cui ha voltato le spalle. Ci sarà il modo e il tempo di aggiustare ciò che si è rotto, di ricostruire, di riprendersi un po' di quel grande amore che ha attraversato tutta la loro vita senza mai placarsi?
Il ragazzo corre nella notte d'inverno, sotto la pioggia, scalzo, coperto di sangue non suo. Chiamiamolo L.B. e avviciniamoci a lui attraverso gli anni e gli eventi che conducono a quella notte. A guidarci è la voce di una giovane donna brusca, solitaria, appassionata di letteratura, e questo romanzo è memoria e cronaca del confronto con la scomparsa del padre, con ciò che è rimasto di un legame quasi felice nell'infanzia felice da figlia di genitori separati, poi fatalmente spinoso, e con la tardiva scoperta della vicenda giudiziaria che l'ha visto protagonista. Chi era quello sconosciuto, L.B., il giovane sempre dalla parte dei vinti, il medico operaio sempre alle prese con qualcuno da salvare, condannato al carcere per partecipazione a banda armata? E perché di quel tempo - anni prima della nascita dell'unica figlia - non ha mai voluto parlare? Testimonianze, archivi e faldoni, ricordi, rivelazioni lentamente compongono, come lastre mescolate di una lanterna magica, il ritratto di una persona complicata e contraddittoria che ha abitato un'epoca complicata e contraddittoria. Torino è il fondale della lotta politica quotidiana con le sue fatiche e le sue gioie, della rabbia, della speranza e del dolore, infine della violenza che dovrebbe assicurare la nascita di un avvenire radioso e invece fa implodere il sogno del mondo nuovo generando delusione e rovina. Il romanzo di un uomo, delle sue famiglie, delle sue appartenenze, la sua vita visitata con amore e pudore da una figlia per la quale il mondo si misura e si costruisce attraverso la parola letta e scritta.
In una Francia sconvolta dal terrore le Dame del Carmelo di Compiègne sono ghigliottinate a Parigi nel 1794. Sedici donne giunte alla conquista di una libertà interiore che esalta l’emancipazione femminile e i valori di una sana laicità dei popoli; perché uguaglianza, libertà e fraternità sono pilastri del cristianesimo, amalgamati assieme dal senso di solidarietà e dallo spirito di carità. Dalla debolezza nasce la forza e dall’incertezza la fede: bisogna apprezzare chi ha molti dubbi e diffidare di chi n’è privo. La fede è una logica che si regge sull’assurdo dove la debolezza sta nella sicurezza d’esser possente e il vero vigore nelle fragilità delle insicurezze dove Dio si cela in attesa dell’uomo da rendere forte. Composta col metro del romanzo storico, l’opera è una meditazione sul significato eucaristico del martirio, ed attraverso un gioco di luci che promanano da un’anima che coglie nel passato con la sensibilità del presente, provoca riflessioni col sottile gioco dei paradossi, dando vita a un linguaggio dello spirito che traduce in fluida narrativa le più profonde essenze spirituali della teologia cristiana. Un libro che sfida in modo seducente il torpore dell’uomo moderno toccando la sensibilità dei lettori più raffinati e quella del grande pubblico, inducendo i non credenti a porsi quesiti più profondi ancora.
Non luogo per eccellenza, il cimitero è una realtà vitalissima. Per definizione è un territorio "oltre", destinato ad accogliere i defunti che, espurghi dell'esistente, vengono ammucchiati a parte, fuori dal consesso dei viventi. Il cimitero, spazio fisico e mentale dove sono messe in gioco le angosce suscitate dal rimpianto per qualcuno che se rie è andato (o finalmente toltosi dai piedi), è il controtipo lucido e inconscio della più aulica follia umana: la sopravvivenza di se stessi. Nei cimiteri tutto si svolge sotto mentite spoglie, giacché sono soltanto i viventi che conferiscono senso al luogo più inverosimile mai inventato dall'uomo. I morti sono inerti. Possono tuttavia permettersi periodici ritorni nella mente di coloro che stanno ancora fuori dei funebri recinti: vicende che riguardano lembi di esistenza, storie di transiti, di salme, ossa, ceneri, materiali trafficati dai vivi nell'insistenza strenua, quanto inutile, di conferire ordine a quegli strani oggetti, fisici e mentali, che sono l'avanzo dei viventi di ieri. Sotto forma di culto dei morti, nel vacuo fasto delle tombe, gli ancora non estinti tentano di esorcizzare il molesto terrore di non essere più. D'altra parte il cimitero è un affare che riguarda sempre e soltanto chi non vi è ancora andato a finire.
Stavolta non mi appello alla rabbia, all’orgoglio, alla passione. Mi appello alla Ragione.” La pubblicazione de La Rabbia e l’Orgoglio, dopo il crollo delle due Torri l’Undici Settembre 2001 a New York, genera un dibattito senza precedenti nel mondo intero. In risposta agli attacchi e alle minacce ricevuti per aver espresso il proprio punto di vista in assoluta libertà e senza condizionamenti, Oriana Fallaci decide di lavorare a un post-scriptum intitolato “Due anni dopo”. Pagine ricche di fatti, notizie, riferimenti, da cui nasce questo nuovo saggio, La Forza della Ragione, un’analisi rigorosa e serrata della storia dell’Europa in chiave filosofica, morale e politica, un approfondimento del rapporto tra Occidente e Islam. “Scriverlo era mio dovere.” Identificandosi in un tal Mastro Cecco che nel 1328 viene bruciato vivo dall’Inquisizione a causa di un libro, la Fallaci si presenta come una Mastra Cecca eretica, irriducibile e recidiva che sette secoli dopo fa la stessa fine. Ma non senza battersi per difendere i valori in cui crede e in cui è cresciuta. “Se un’ortica m’invade, se un’edera mi soffoca, se un insetto mi avvelena, se un leone mi morde, se un essere umano mi attacca, io combatto. Accetto la guerra, faccio la guerra. La faccio con l’arma che m’appartiene, che porto sempre con me, che uso senza riserve e senza timidezze, è vero. Ossia l’arma incruenta dei pensieri espressi attraverso la parola scritta, attraverso le idee e i principi che ci distinguono dagli animali e dai vegetali.” Nell’Appendice di questa nuova edizione BUR de La Forza della Ragione sono riprodotti documenti autografi inediti relativi alla versione americana del testo.
In tanta narrativa di cartapesta che affligge le patrie lettere,
Cordelli spicca per il suo fascino ispido,
per la sua forte identità scevra da compromessi.
Enzo Golino, “la Repubblica”
“Le mie passeggiate, Procida, il cane, il passato tremendo e il passato remoto, Costanza, la cartolina, i critici, il rimuginare. Ce n’è abba stanza per ricominciare. Ma si può trovare del ridicolo in tutto ciò. Del resto sarebbe sorprendente se non fosse così. Si comincia con una visione, un’euforia. L’incipit è sempre paradossale.” Inizia così Le forze in campo, con un “incipit paradossale” che sembra contenere delle scuse anticipate per non aver saputo vincere la ten tazione di narrare un’estate romana indigesta e torrida, immersa nell’atmosfera stordente della capitale negli anni Settanta. Nello stralunato diario di un boxeur in pensione, riciclatosi istruttore di tennis e nuoto presso un circolo sportivo all’Acqua Acetosa, la storia si avvolge attorno a una galleria di personaggi eccentrici e intriganti. Tra lezioni, pettegolezzi, invidie e svogliate passioni amorose, Le forze in campo, scritto da Franco Cordelli nel 1979, rimane un esempio di scrittura raffinata che si sposa con il piacere della lettura.
Franco Cordelli, scrittore e critico teatrale e letterario, ha esordito nel 1973 con il romanzo Procida, ripubblicato da Rizzoli nel 2006 in una versione interamente riscritta. Tra le sue opere ricordiamo Pinkerton (1986), Un inchino a terra (1999), Il duca di Mantova (2004) e il suo ultimo libro, La marea umana (Rizzoli 2010). Collabora con il “Corriere della Sera”.
Nell'incanto del mare della Grecia, la storia di due uomini separati da un'antica colpa che ha trasformato la loro amicizia in un rancore senza tempo. Tarzan, il vulcanico pescatore che vuole diventare armatore, e Jani, il suo rivale, eterno sconfitto dalla vita che vive di illusioni e di rimpianti. Uomini diversi come le facce di una stessa medaglia, ma uniti da un comune destino e da un segreto, un segreto inconfessabile. Tra loro, un altro legame, più forte di quanto entrambi vogliano immaginare: il giovane Elias, l'unico figlio di Jani, stregato dall'esuberante personalità di Tarzan e dalla sua incontenibile energia. Chi racconta è Francesco, un merchant banker italiano amico e confidente di Tarzan e Jani che, cercando di mettere ordine nella propria esistenza, sempre in bilico tra il bisogno di certezze e le passioni che scardinano ogni cosa, assume di volta in volta il ruolo di testimone, di consigliere, di "deus ex machina". Dal magico Egeo alla New York ferita di Ground Zero, dalle sedi delle grandi banche ai parchi incontaminati d'Africa, il romanzo mette in scena l'eterna lotta umana per la felicità e si cala nel mare insondabile dei sentimenti - amori trascorsi, amori stanchi, amori nuovi - sui quali, inesorabile come in una tragedia greca, incombe l'ombra del Fato.
Chi fu realmente Cristoforo Colombo, l'"Ammiraglio del Mare Oceano", scopritore ufficiale del continente americano, prima celebrato dai potenti, poi morto in miseria e solitudine? Fu davvero un impavido navigatore, eroe senza macchia oppure un ipocrita privo di scrupoli, incapace di rispettare la parola data e le regole dell'onore? Rodrigo di Triana, soldato e disertore nonché marinaio, non nutre l'ombra di un dubbio al riguardo. Perché in quel famoso 12 ottobre 1492 non è l'Ammiraglio il primo ad avvistare l'isola di San Salvador. Chi grida il fatidico "Terra, terra, terra!" non è l'esploratore genovese, ma lui, Rodrigo, imbarcatosi sulla Pinta per sfuggire alla miseria e per sete di avventura. Cristoforo Colombo è stato solo lesto a rubargli la scena, e a intascarsi i diecimila pezzi d'oro della Corona spagnola. Da allora Rodrigo di Triana è ossessionato da un unico pensiero: vendicarsi di chi lo ha tradito e derubato di quanto gli spettava. La sua è un'odissea sullo sfondo degli ultimi anni della Reconquista: il regno dei cattolicissimi Ferdinando e Isabella; la caduta di Granada, ultimo baluardo moro nella penisola iberica; le persecuzioni razziali benedette dall'Inquisizione. Tra guerre, esplorazioni, pirati, picari, briganti, cupe prigioni, taverne dove tutto può succedere, un romanzo, frutto di anni di ricerche, per rileggere la prima pagina della storia moderna e lasciarsi trasportare dalla fantasia.
Il condominio come luogo del delitto. Un luogo in cui ci si sente protetti perché non si è isolati, non si è soli, e se si ha bisogno di aiuto qualcuno accorre. Oppure no? Una giovane donna viene uccisa alle tre del pomeriggio sul pianerottolo di un condominio. Le coltellate sono venti. Nessuno sente. Nessuno vede. Cominciano le indagini. Arrivano i giornalisti. In molti raccontano di avere visto l'assassino mentre fuggiva. Erba, 11 dicembre 2006: Rosa e Olindo compiono un massacro nell'appartamento dei vicini. Ma come è possibile che due persone apparentemente normali agiscano come autentici serial killer? Dopo la "strage di Erba" nulla è più come prima. La nostra casa, simbolo della sicurezza e dell'intimità, si è trasformata nel teatro di potenziali delitti. Ora sappiamo che la convivenza forzata in un condominio può esplodere in una violenza senza fine. O nell'indifferenza più agghiacciante. La cronaca dei nostri giorni continua a offrire storie di vicini che ammazzano. Come è possibile che, nel silenzio estivo, nessuno in via Poma si sia accorto che qualcuno stava uccidendo a coltellate Simonetta Cesaroni?
Un biglietto anonimo legato alla zampetta di un colombo viaggiatore: non è la richiesta di aiuto di un naufrago né lo scherzo di un animalista burlone, tanto più che riuscire a catturare uno di questi intelligenti animali non è cosa da poco né alla portata di tutti. Le indicazioni del messaggio portano Federico, brillante studente di etologia nonché proprietario del colombo, fino al cadavere di un uomo ucciso con brutalità nella propria casa. Unici segni particolari: una cesta per colombi infilata sulla testa del morto e il riferimento, nel biglietto, a dei semi usati come mangime che solo gli esperti possono conoscere. Per fortuna Federico può contare sul suo prof, maestro nella scienza degli animali e nella vita. Insieme possono cercare di capire che cosa sta cercando di comunicare l'assassino. Perché la polizia, classicamente, brancola nel buio, mentre l'omicida continua a colpire e a lasciare i suoi indecifrabili messaggi. L'indagine punta il dito sull'ambiente degli appassionati di colombi e dei loro circoli di incontro. In particolare finiscono sotto esame quei circoli dove si organizzano le gare di viaggio tra i migliori esemplari; un ambiente apparentemente innocente, finché non si scopre l'entità degli interessi economici coinvolti. Per Federico e il professore, consulenti scientifici a fianco della polizia, inizia così un viaggio nel mondo familiare dei colombofili e in quello ben più inquietante di una mente criminale.