
Questo libro usa due linguaggi e li mette al confronto: la fotografia e la letteratura. Gli scatti visivi non pretendono di gareggiare con quelli dei veri fotografi; sono soprattutto appunti visivi, simili a quelli che i viaggiatori di una volta prendevano disegnando. Gli scatti verbali sono invece snelli, veloci e sintetici. Fanno pensare a delle poesie in prosa che provano a tradurre in parole le movenze nascoste della città. Il lettore inoltrandosi in questa sorta di cinema frattale entrerà in contatto con una città che di sicuro è Napoli; allo stesso tempo, però, gli verrà spesso da sospettare che Napoli sia anche l'emblema di tutte quelle città in cui la storia e la natura si sono stratificate a lungo davanti all'incessante andirivieni del mare. Uno sguardo fattosi voce narrante e descrittiva lo guiderà per scale, anfratti, scorci, paesaggi e memorie, rintanandosi nel silenzio ogniqualvolta la scoperta sarà fatta propria da chi legge e allo stesso tempo guarda.
Palermo, a metà degli anni '80, è una città abitata dalla violenza, dove l'unico principio ordinante è la legge del sangue di mafia. Dall'estate dell'85, nelle strade cominciano a cadere giusti diventati scomodi, come il poliziotto Ninni Cassare e il giornalista Mauro Rostagno, vittime ignare come il giovanissimo Gianmatteo Sole, industriali come il presidente del Palermo calcio Roberto Parisi, che coltivava il suo sogno sportivo. In una città che ride per le battute in tv di Franco e Ciccio, all'ombra dei lavori per il nuovo stadio, altri innocenti si aggiungono alla lista nera: a dare voce a tutti loro è il "cuntaru" per eccellenza, il cantastorie Colapesce. In equilibrio tra favola e inchiesta, e tra un castello e uno stadio, "Vivi da morire" racconta di eroi conosciuti e persone dimenticate, storie di mafia e coraggio, di lacrime e della forza di un sorriso, da leggere come un'appassionante ballata civile, che rivela ai genitori e ai figli dell'Italia di oggi come la Sicilia fu l'incubatrice e il laboratorio di tutti i mali di una nazione, e delle sue più grandi speranze.
Gli atomi rinchiusi dentro una bomba nucleare si ribellano al generale che vuole scatenare una guerra con l'arsenale nascosto in solaio. Tre cosmonauti in competizione tra loro, un americano, un russo e un cinese, arrivano su Marte dove incontrano un marziano con sei mani che li metterà d'accordo. Un imperatore presuntuoso invia un esploratore per portare la civiltà su un piccolo pianeta innocente e felice. Dall'incontro straordinario tra un narratore e un artista, tre storie sul rispetto e la speranza, per chi ama leggere con la fantasia. I racconti "La bomba e il generale" e "I tre cosmonauti" sono stati pubblicati per la prima volta nel 1966 mentre "Gli gnomi di gnù" nel 1992.
Un uomo, forse un ragazzo, ama una donna, forse una ragazza, e ne è riamato. Ma lei muore. E lui rimane solo. Il mito di Orfeo e Euridice ci parla di questo. Ma ci parla ancora? E cosa può dirci di questo accadimento così comune eppure così unico, definitivo, irripetibile, come la perdita della persona amata? Valeria Parrella torna a confrontarsi con la classicità e, in questa novella, che contemporaneamente diventa uno spettacolo teatrale, rielabora il mito con forza, originalità, coraggio e lo fa parlare ancora alle donne e agli uomini di oggi.
"'Rievocare i paesaggi del passato non si può, diremo che Dio non vuole; vi è in essi alcunché dell'Eden consentilo all'uomo una volta sola... egli non può rientrarvi.' Questa frase mi tornava alla mente mentre mettevo insieme questo libro dove appunto si parla di quell'Italia perduta che oggi ci appare attraverso le parole di alcuni degli ultimi viaggiatori che la videro in un tempo non lontano - come un Eden consentito all'uomo una volta sola. E proprio quelli della mia generazione, che ne conservano il ricordo, possono ancora fare il raffronto tra i luoghi di una volta e i luoghi di oggi, nati dal rapporto sbaglialo fra tradizione e modernità, cultura e classe dirigente. È questo rapporto sbagliato che ha dato origine a quell'ibrido per cui oggi un luogo non è quello che era né quello che vorrebbe essere. Questo è accaduto a tutti i luoghi che nomino in questo libro, ai 'sacri siti' di una volta, a Positano, a Ischia, a Procida, a Capri, e a gran parte dei luoghi più prestigiosi dell'Italia Meridionale e della Sicilia; e naturalmente a Napoli stessa." (Raffaele La Capria)
Spesso quando si desidera distrattamente qualcosa si finisce per ottenerlo senza sapere che farsene. È quello che scopre Anna, quarant'anni, un passato prossimo doloroso e irrisolto, un presente di lavoro-passione e leggerezza forzata, quando Iride Bandini, celebre autrice per ragazzi conosciuta anni prima, le lascia in eredità una piccola casa, la portineria della sua proprietà: un curioso, eccessivo gesto di gratitudine che invita Anna a cambiare vita senza rifletterci troppo. Dalla città alla campagna, passato un primo periodo in solitario nuovi legami s'impongono, si rendono necessari: un capomastro gentile e devoto, l'ex segretaria e il figlio irrequieto della scrittrice, uno sceicco che non è uno sceicco, una coppia di contadini con bambine, tutti sembrano volere qualcosa da Anna, come se la sua presenza in quel luogo non fosse quasi casuale ma richiesta. E poi c'è una raccolta di fiabe inedite ritrovate in una scatola di latta, ci sono le storie di guerra e d'amore che solo certe case sanno raccontare, e i conti da fare coi propri nodi quando continuano a stringere, a far male. Un romanzo che parla della cura degli altri e delle cose, di madri buone e figli cattivi o viceversa, di vino, cani e fantasmi, del peso da dare a ciò che si fa e alle parole che si scelgono per definirlo.
Lorenzo, Antonio, Elena. Due adolescenti. Un'insegnante. Un amore, un rimpianto, un atto di violenza. E un bacio. Da questo libro l'omonimo film sull'adolescenza, il bullismo, l'omofobia e l'amicizia.
Donne di dolori, fatiche di uomini. Malattia, isolamento, solitudine, carcere, manicomio. Il mondo di Pino Roveredo torna in una raccolta di racconti lucidi, spietati, disarmanti come di consueto, che si tratti di schegge o di esistenze narrate intere, di redenzioni in extremis o di condanne irreversibili. Un bacio e un morso: la vita è così, e siamo tutti sempre impegnati a masticare e sputare, come dice la canzone di De André che diventa leitmotiv di un amore spaccato in due da un delitto non commesso. Ma in questo universo che ha la nettezza scavata del bianco e nero entrano anche la luce del mare, la leggerezza di una parola umile, fagioli, che si meriterebbe una doppia per guadagnare ancora più sapore, la voglia di guardare certe città belle per definizione - Trieste, Parigi - con gli occhi nuovi della meraviglia.
La Colonia è un lembo di terra ai confini della galassia. I suoi abitanti, pochi, nel deserto e lontani dal mare, sono costretti a vivere secondo princìpi ferrei. Tutto è regolato da un fantasmagorico potere, invisibile, globale e realissimo, quello della Federazione. Sui giorni e le ore dei coloni aleggia un clima plumbeo talvolta interrotto dai rari e improvvisi quanto fugaci arrivi di un circo. Due divieti assoluti vigono sui coloni: non possono far uso di tabacco e utilizzare petrolio. A spezzare questo clima, a infrangere le due proibizioni, pensano tre bambini in fuga e una donna curiosa e vagheggiante di nostalgia per suo padre. Basterà poco per risvegliare l'ingegnosità, la brama di conquista e di progresso - in realtà mai sopiti del tutto - dei coloni, e il loro desiderio di ribellione. Antonio Pennacchi torna al romanzo con uno sguardo sul futuro che si abbatte impietoso sul nostro presente dimesso e depresso, per lanciare un grido di speranza; e riesce ad animare un mondo fantastico, popolandolo di personaggi indimenticabili, malinconici, sognatori, burberi, eccessivi, sempre e comunque troppo umani: dall'intellettuale Karel all'inventore Foost, dal reverendo Jacob alla flessuosa Ursula, da Erika che ha un marito in cerca di miniere perdute a Sophie, che dal marito è stata abbandonata. "Storia di Karel" ha tutta la sensibilità romantica di Antonio Pennacchi, impiantata in un mondo che rende omaggio ai grandi autori della fantascienza, e non solo.
1945. La Seconda guerra mondiale sta per terminare. Martin Davies, storico dell'arte e spia, che già abbiamo conosciuto in "Rex", è sulle tracce del Lupo, un nazista misterioso che diffonde il terrore dalle due parti del fronte. Ma da cacciatore diventa presto preda. Nelle strade di Lubecca, fra le vie e i canali di Copenhagen e nei boschi incontaminati della Germania, Martin ha l'impressione di muoversi fuori dal tempo. Contro di lui, oltre al Lupo, il capo dello spionaggio nazista Walter Schellenberg, le SS e soprattutto una realtà che sembra mutare di continuo. Nulla è ciò che sembra, nemmeno a Copenhagen, dove Elinor, una coraggiosa ragazza della Resistenza danese, beffa ripetutamente gli occupanti nazisti. Con il passare del tempo e l'avvicinarsi della sconfitta tedesca tutto si complica, e anche le poche certezze acquisite si tramutano in nuovi pericoli. Sullo sfondo la storia vera degli Autobus Bianchi svedesi e danesi del conte Bernadotte, i cui equipaggi sono in corsa per salvare quante più persone possibile dai lager nazisti. Le storie di Martin e dei suoi compagni incrociano le vicende del transatlantico tedesco Cap Arcona, affondato al largo della costa tedesca, della coraggiosa Wanda Heger, della splendida e imprevedibile Grete che da Roma conduce un gioco difficile e pericoloso.
Nella letteratura di tutti i tempi, da Omero a Virgilio, da Ariosto a Tasso, due figure interpretano variazioni di una stessa danza: si inseguono, si avvicinano, si corteggiano, si tradiscono, si abbandonano. L'eroe, l'uomo responsabile delle vite altrui, chiamato dal destino a compiere grandi imprese, si lascia salvare dalla bellezza, cullandosi nel piacere sottile della stasi. La maga lo accoglie e lo ama, rendendolo temporaneamente sordo al richiamo imperioso del mondo. Ma l'eroe non decide nulla per sé, obbedisce a un volere superiore, e la maga, dopo essersi presa il meglio di lui e averlo blandito e vezzeggiato, è condannata a lasciarlo andare. La solitudine per tutti e due è la fine della storia: l'eroe sarà costretto ad abbandonare l'amore per non tradire il destino, eppure la maga continuerà a illudersi "di poter chiudere il vento in una rete, la forza in un giardino."
Un piccolo aspide dalle guance morbide come quelle di un bebè, nascosto nella tasca di una giacca; le rane, le salamandre e i tritoni di un fiume salvati da una morte atroce; una sacra famiglia di cani randagi osservati con stupore affettuoso da un convinto gattofilo; una tenia sbarazzina come la "Lolita" di Nabokov, una mantide religiosa ubriacona, e anche un gruppo di Narcisi che parlano e cantano l'antica lingua ebrea del Nord Africa, un accampamento di Iris-guerrieri di un'audacia e di una bellezza terrificanti. Questi sono solo alcuni degli eroi che popolano il Marocco magico di Umberto Pasti, raccontato con la libertà e la grazia di un poeta.