
Vengono qui raccolti, ordinati e proposti in un insieme coerente gli scritti in prosa dedicati da Andrea Zanzotto al tema del paesaggio. Questi testi, inediti o da tempo irreperibili, permettono di seguire l'evoluzione dell'immaginario dell'autore attraverso cinquantanni di impegno letterario. La scrittura di Zanzotto racconta un"'idea di paesaggio" in cui l'uomo e la natura interagiscono e si confrontano, nonostante l'impatto del primo sulla seconda si faccia sempre più invasivo. Ai luoghi reali della vita dell'autore, il grande Veneto che si estende dalle Dolomiti alle Lagune, si affiancano i paesaggi immaginati, viaggi compiuti o sognati in un'Europa sospesa tra lontananza e prossimità. Il ritratto dei luoghi si intreccia con quello dei personaggi che l'autore incontra e insegue nelle sue peregrinazioni, compagni di viaggio fidati e sorprendenti nella loro caratterizzazione umana e linguistica. Il risultato è un rapporto con il mondo che si completa nella scrittura, "vero luogo del nostro stare", ricercato e difeso con la forza di una passione intima e civile, come solo la poesia può essere.
Un giovane venticinquenne decide di intraprendere un viaggio a Illmitz, città al confine tra Austria e Ungheria, in cui viveva la sua famiglia prima che i genitori si trasferissero sul Carso. È un viaggio decisivo, che il protagonista, ora residente a Roma, ha deciso di compiere per fare i conti con se stesso, con la propria inquietudine, la propria fragilità, e per dare un senso a uno strisciante senso di inadeguatezza, al mondo e alle persone che lo circondano. Ma sarà, per lui, inevitabilmente, un viaggio insieme ai fantasmi che si stagliano nella propria memoria: Agnese, sua sorella, morta bambina, investita mentre attraversava una strada a occhi chiusi per mettere alla prova l'esistenza dell'angelo custode; il suo amico d'infanzia, Andrea, rimasto nel paese natale, sul Carso, lui sì, in salvo, vicino alle proprie radici; sua madre. Ma, soprattutto, Illmitz fa emergere il centro di questa inquietudine: Cecilia, la "fidanzata" del giovane, impiegata a Roma, dotata di una fisicità possente, una sessualità esuberante, un desiderio avvolgente, una vitalità istintiva. In lei il protagonista si specchia e con lei dovrà fare i conti.
Ernesto è un sessantenne. Da poco ha perso la moglie, il grande amore della sua vita. Gli sono rimasti due figli, entrambi sposati, e due nipoti. Ernesto è un romanziere di successo. Ma ciò che gli è capitato è definitivo, inammissibile, gli ha tolto il gusto della scrittura, la voglia di raccontare gli altri, le altre vite. Segue le vicende dei figli e dei nipoti, così complicate e vorticose come tutte le esistenze di oggi, ma qualcosa di insanabile se ne sta annidato dentro di lui. Una brace. Fino a quando Ernesto conosce un'amica di sua nuora. Una donna giovane e sensuale che inaspettatamente riaccende in lui un senso delle cose che fino a quel momento si era assopito. Capita, è in fondo solo uno dei mutamenti dello stare al mondo. Ma qui c'è qualcosa di più. C'è uno scrittore che si è impedito di scrivere, un uomo che si è impedito di amare. L l'amore torna a bussare alla porta, buttando all'aria ogni impedimento. Come gestire allora l'opposizione fra il ricordo e l'onda della vita che conosce soltanto il presente?
A 25 anni, Astrid è la stella del pomeriggio Tv e la fidanzata di Giangi di Settembrini, un giovane aristocratico, noto alle cronache rosa come campione di eleganza e playboy, ma che la sera si addormenta sul divano senza neanche guardarla. Arrivare a condurre lo show del sabato sera sarebbe per Astrid la svolta di un'intera carriera, il riscatto sociale di una vita, ma altre conduttrici, altrettanto agguerrite, le contendono lo stesso programma e i favori dello stesso potente: il presidente Cesare Gallia, capriccioso padrone della casta al governo. L'arrivo di una misteriosa busta verde sgretolerà in un attimo le speranze di Astrid, costringendola ad affrontare i suoi segreti e le sue paure. In un'unica, decisiva, settimana, scandita dall'attesa per la lesta di compleanno del presidente e dall'attesa per la presentazione dei palinsesti, si intrecciano i destini di questi e altri personaggi e si dipana un romanzo corale, popolato di politici nevrotici, principesse sull'orlo di una crisi di nervi, escort mascherate da sante, minorenni disinvolte, faccendieri di ogni risma, insospettabili cripto gay. Per tutti, il passato riemergerà a presentare il conto e, presto, tutti si ritroveranno a rischio di perdere tutto.
Il mistero circonda François de Nomé, detto Monsù Desiderio, uno straordinario pittore del Seicento. Ben poco si sa di lui: nato a Metz, in Lorena, visse in Italia, tra Roma e Napoli. Dipinse architetture fantastiche squassate da silenziosi cataclismi, abitate da statue spettrali che sembrano muoversi come figure viventi. Scenari da incubo, sogni pietrificati, il gran teatro della morte e della notte. Su questi quadri densi di ambigue valenze Fausta Garavini costruisce il romanzo di Monsù Desiderio, disegnandone una possibile biografia. La difficile infanzia lorenese, poi l'adolescenza a Roma, dove impara la pittura, incrocia gli artisti del momento e partecipa alla variopinta e tumultuosa vita della città: conosce la corruzione della corte papale, il sesso, i bassifondi, le feste, i soprusi contro gli ebrei, le prediche infuocate dei frati contro le forze demoniache, ma orecchia anche i segreti che filtrano dai circoli ermetici in cui si riuniscono i seguaci di Bruno e Campanella. In questo clima eterogeneo e straniante s'insinua in lui la fascinazione per le antiche rovine, simbolo di una sofferta inclinazione a registrare i crolli interiori, il senso della vanità del tutto. Ventenne, si sposta a Napoli e altre esperienze lo segnano: l'amore per Isabella, l'incontro con lo scienziato, astrologo e "mago" Giambattista Della Porta, la miseria del popolo, le crudeltà del governo spagnolo.
"Ogni angelo è tremendo" è la storia di una bambina che diventa adulta. Che nasce di notte, a Trieste, mentre soffia una bora nera che spazza via ogni cosa e rende ogni equilibrio impossibile. Di una bambina che cresce in una famiglia in cui sembra sia soffiato quello stesso vento impetuoso dell'est. Di una bambina che impara presto a riconoscere i vuoti che la morte lascia, quei vuoti che somigliano tanto agli abbandoni che la stessa bambina deve subire, da parte di un padre e di una madre desiderati e imprendibili. Di una bambina che non dorme mai, e fa (e si fa) molte domande, a cui nessuno sembra voler o poter dare risposte. Ma è anche la storia della scoperta del mondo e della sua bellezza, della natura e delle sue forme. Di una bambina che si fa ragazza e si apre ai primi palpiti di amore e amicizia, ai sussulti dei poeti e degli scrittori. È la storia di una ragazza che scende a rotta di collo le scale di casa, la notte in cui il terremoto irrompe. È la storia della scoperta della grande città, Roma, e del terrorismo e, finalmente, del potere della scrittura e dei libri. Quella bambina, quella ragazza, quella donna è Susanna Tamaro, che ci consegna il suo libro più intimo e coraggioso. Una autobiografia che è anche romanzo di formazione e inno alla vita nonostante, dentro (e forse grazie a) ogni sua oscurità.
Due sconosciuti in attesa di sparare durante un safari umano. Un'artista vestita da sposa che attraversa l'Europa in autostop. Un giovane sacerdote, ignaro del suo futuro di papa, in un drammatico corpo a corpo con il desiderio. Gli attentati compiuti nei supermercati da un tranquillo padre di famiglia con la passione per gli esplosivi. Le peripezie di un cuore espiantato, in corsa verso la seconda vita. Un uomo deciso a condividere la casa con un branco di lupi. Fatti realmente accaduti che si fondono a invenzioni folgoranti e brevi digressioni autobiografiche, come la lezione di frisbee al nipotino, nella quale affiora la dolente sterilità di un'intera generazione che ha rinunciato ai figli per le proprie ambizioni personali. "La sposa" è un unico flusso di pensieri sul presente, lo stesso che da molti anni caratterizza la scrittura di Mauro Covacich e che trova in "Anomalie" (1998) la sua iniziale scaturigine. Diciassette storie colme di bruciante amore per la vita, scaturite dai recessi di una normalità spesso, a ben vedere, fenomenale.
Giovanni Caonero vive tre fulminei incontri trasgressivi nell'arco di pochi giorni. Si tratta infatti di uomini e tutti assai più giovani: un palestrato, uno stilista di moda e uno studente. Ma la vicenda del sessantenne protagonista non narra soltanto l'affollarsi di occasioni erotiche che rivelano il suo improvviso lasciarsi andare a quello che più desiderava e temeva. In "La trasparenza del buio" si insinuerà anche, oltre a quella evocata di "Giovanna la pazza", la nonna cantante, la forte presenza di Milena, la donna che continua ad amarlo e a influenzarne le scelte. La scrittura di Roberto Pazzi si cala nella sequenza delle ore e dei giorni, nell'incalzare dei cellulari, delle video chat, degli sms, delle e-mail, restituendo alle perenni verità della letteratura gli effimeri linguaggi della comunicazione virtuale. S'inseguono così, in presa diretta, tradimenti e ossessioni, colpi di scena e inaspettate metamorfosi, sullo sfondo di un'Italia ancora omofoba, pur se diversa da quella narrata da Bassani, da Pasolini e da Tondelli. "La trasparenza del buio" ritrae, nel sentimento del tempo che lo divora, un uomo dai desideri che non invecchiano, determinato a non perdere le estreme occasioni di una vita con la disperata golosità di chi teme di non aver saputo cogliere, fra divieti e tabù della sua società, quanto della felicità gli spettava.
Dopo la scomparsa del padre, il giovane Jean vive con la madre Tilda nel "castello", la residenza di famiglia che Tilda ha ereditato dai genitori. La famiglia materna è un concentrato di anomalie, tramandate ai molti figli. I privilegiati sono Tilda e Attila, il più piccolo, ma gli altri fratelli, capitanati dall'avido primogenito Marcello, per non impugnare un testamento che li taglia fuori dalla proprietà della sontuosa dimora di famiglia, ottengono da Tilda la promessa di un rimborso, che le costa caro e che cambia radicalmente la sua vita. Tilda infatti entra in un altro mondo, quello della malavita. Una follia, la sua, che si manifesta anche nel modo in cui ha educato il figlio, vestendolo e truccandolo come una femmina, come una maschera. II piccolo Jean assiste alle imprese della madre comprendendo solo in parte ciò che avviene. La sua visione del mondo è parziale e infantile, deformata dai miti familiari di lusso, ricchezza, perfezione. Lui ama i profumi, i fiori, i colori. Ma quando i crimini di Tilda cominciano a venire a galla, la situazione precipita sul giovane, imponendo una sequenza allucinata in cui la realtà s'impone con tutta la sua forza.
Sette racconti, sette storie autonome una dall'altra popolate da personaggi diversi per età, contesto sociale, motivazioni: fra loro una bambina prodigio costretta a nascondersi, un fabbro che di malavoglia si avventura alla riscossione di un credito, un ricco finanziere prigioniero del ricordo della prima moglie, un giovane bullo di periferia alle prese con una sfida tanto inaspettata quanto definitiva. Niente li accomuna, all'apparenza. Ma il destino di ciascuno di loro è sottilmente legato a un elemento di vita altra, si nasconda esso in un giardino o dietro i passi di un cavallo, finanche in un'idea capace di deviare a sorpresa il corso degli avvenimenti, avviando il lettore a una differente, più profonda percezione del misterioso "noi" cui allude il titolo.
"Armi di famiglia" inizia con un biglietto, quello che i Vento, storici produttori di armi, ricevono da Olivia, la figlia più piccola. È un invito a tutti i membri della famiglia a riunirsi a casa. Così, per la prima volta dopo anni, si ritrovano... Viviana, la madre: amministratore delegato, che gestisce le questioni affettive come fossero comunicati aziendali. Vittoria, la primogenita: conduttrice TV, con due figli in sovrappeso e una vita che si misura in numero di spettatori. Virginia, direttore marketing ossessionata dalle strategie: "Se il tizio di Brescia delle pompe funebri distribuisce anelli a forma di bara, non vedo perché non dovremmo farlo anche noi con i fucili". Viola, doppiatrice: è davanti alla scelta più complicata per una donna. E Giacomo, il padre, che consuma le giornate nel silenzio del suo laboratorio. Tutti hanno un obiettivo: tenere nascosto qualcosa. Perché Olivia è l'unica a tardare? Perché al suo posto si presenta Elio, un giovane che si stabilisce in casa pilotando le dinamiche familiari? Francesca Lancini torna con un nuovo romanzo: un ritratto di famiglia in un Nord di restrizioni emotive, fra insulti travestiti da complimenti e sguardi impietosi che sembrano porre un'unica domanda: esiste forse qualcosa di più comico dell'infelicità?
Ojetti, Comisso, Gadda: folta fu la pattuglia degli scrittori in viaggio, negli anni trenta, per le contraddittorie strade della penisola. Tra questi un posto di rilievo spetta a Corrado Alvaro, allora giovane ma già noto narratore: in bilico tra disposizione cosmopolita e idillio paesano, la raccolta di prose "Itinerario italiano" (1933) costituisce una delle prove migliori di quella stagione letteraria. È la ferita ancora aperta della guerra a dare avvio al suo viaggio. Dalla Bassa Ferrarese alla Maremma, all'Abruzzo, alle terre napoletane, alla Calabria, attraverso paesaggi, architetture e topografie dei centri minori e delle città, incontrando i mille e faticosi mestieri degli uomini e delle donne, lo scrittore intraprende una ricerca che è storica, etica e autobiografica a un tempo, e giunge a una verità più profonda e universale: è la provincia la chiave interpretativa della civiltà italiana, da tutelare contro ogni eccessivo tentativo di accentramento. Prefazione di Carmine Abate.