
Ivan Sciarrino è un killer molto particolare. Forse il piu spietato. Perché alle sue vittime non toglie la vita, toglie l'amore. I suoi committenti sono uomini d'affari disposti, pur di rovinare i nemici, a ricorrere alle armi non convenzionali dell'innamoratore, colpendo le loro mogli e distruggendo i loro matrimoni. Un gigolò? No. Un truffatore? Neanche. Solo qualcuno dotato di un'innata, diabolica capacità di ascoltare le donne, scoprendo cosa desiderano davvero. Eppure per Ivan non si tratta solo di lavoro: è quello che prova a spiegare ai due carabinieri che lo stanno interrogando in ospedale, dove si trova dopo che qualcuno gli ha fatto esplodere l'auto. Già, perché l'ultimo incarico è finito male, con la sua macchina che saltava in aria e Soraya, splendida italo marocchina dagli occhi chiari e una timidezza quasi infantile, che pare scomparsa nel nulla. Lei che doveva essere la preda... e invece Ivan se ne è innamorato. Perché questa è la sua regola, l'unico metodo: per catturare il cuore di una donna, deve prima aprire il suo e donarglielo senza mezze misure. Ma a quale prezzo? E dove sta il confine tra vittima e carnefice?
Quanto somiglia Cabras, Sardegna, paese natale di Michela Murgia, ad Avalon, Britannia, luogo mitico di Re Artù e della spada nella roccia? Se Morgana, Igraine e Viviana, le "Signore del Lago", hanno il potere di sollevare le nebbie con le parole e influenzare le vite dei cavalieri della Tavola Rotonda, Michela Murgia, nata in mezzo alle acque di Cabras, ha il potere di sollevare le nebbie intorno alle storie e alle idee che ci circondano, raccontandoci la versione delle donne, nel solco ideale di Ave Mary. In un viaggio che comincia in mezzo al mare e in mezzo al mare ritorna, una delle maggiori scrittrici italiane racconta come e perché è diventata femminista, come e perché ha cominciato a temere le gerarchie religiose, come e perché non ha mai smesso di giocare di ruolo nel mondo magico di Lot, come e perché certi libri che ci hanno fatto crescere, in effetti, li abbiamo mangiati più che letti, e soprattutto come e perché creare ogni giorno il mondo che ci circonda è un gesto politico.
Un sacrificio a Satana con un piano studiato fin nei minimi dettagli e in nome di un'inspiegabile devozione al maligno. Cosa hanno in comune Elena, Vanessa e Samantha? Un legame morboso - quasi un patto di sangue -, l'eterna noia di giornate tutte uguali, la tentazione di tingere di nero le proprie vite, fino al desiderio di uccidere. Quando Vanessa torna in paese, dopo otto anni, i dolorosi ricordi legati a quella tragica sera riemergono con violenza, scatenando l'inferno nella sua mente. Strapparsi di dosso quell'orrenda colpa sembra impossibile. Silvia è più piccola delle tre ragazze, ma frequenta lo stesso istituto, lo stesso bar, a volte anche la stessa compagnia. È un comune amico a coinvolgerla un giorno in una seduta spiritica, in cui sarà evocata l'anima della suora uccisa. La vita di Silvia, la sua adolescenza, i suoi rapporti familiari si intrecciano pericolosamente con la vicenda di Elena, Vanessa e Samantha. Domande ossessive e inquietanti riempiono le pagine del suo diario: cosa può averle spinte a compiere un gesto tanto efferato? Avrebbe potuto commettere anche lei quel delitto? In una sorta di identificazione con le carnefici, Silvia rivive un episodio macabro e ai limiti dell'umana comprensione, la deformazione di tre menti convinte di essere votate al diavolo...
"Io voglio cambiarlo, questo mondo sporco, o almeno cambiare me, che forse è anche più difficile." Abram Singer è un prete, un uomo che ha deciso di vivere per misurarsi con qualcosa più grande di lui, di credere in qualcosa per cui valga la pena di spendere l'intera esistenza. Questa è la lezione che ha appreso da sua madre, che lo ha cresciuto da sola dopo averlo concepito durante la passione breve e intensissima con un attore ebreo, artista di strada capace di costruire mondi interi con le parole. Così, nonostante le origini ebraiche testimoniate dal nome, Abram è entrato in seminario ed è diventato sacerdote, scegliendo di portare avanti il suo cammino pastorale e spirituale nel cuore di una città brulicante di vita come la New York degli anni Settanta. Lì trascorre le sue giornate in un impegno militante per gli ultimi della terra. Ma Abram è anche un uomo innamorato, di un amore terreno e carnale, per lui tormento ed estasi. Lisa accetta che lui sia un sacerdote, non gli chiede di scegliere, di lasciare l'abito. Lo ama nella sua fragilità e si lascia amare da lui quanto e come può. Al punto da rinunciare al figlio che hanno concepito. Un amore immenso e vissuto con strazio ogni giorno. Fino a che Lisa non si ammala, e Abram è il solo che possa starle vicino.
Maurizio ha dieci anni e non vede l'ora che comincino le vacanze. Per lui l'estate significa stare dai nonni a Crabas: lì ogni anno ritrova Franco e Giulio, fratelli di biglie, di ginocchia sbucciate e caccia alle libellule, e domina con loro un piccolo universo retto da legami che sembrano destinati a durare per sempre. Ma nell'estate del 1986 qualcosa di imprevedibile incrinerà la loro infanzia e mostrerà a tutti, adulti e ragazzi, quanto possa essere fragile il granito delle identità collettive. Basta un prete venuto da fuori a fondare una nuova parrocchia per portare una scintilla di fanatico antagonismo dove prima c'erano solo fratellanze. In quella crepa della comunità l'estraneo può assumere qualunque volto, persino i capelli rossi di un inseparabile compagno di giochi. In questo racconto insieme comico e profondo, la penna inconfondibile di Michela Murgia ci regala una storia di formazione in cui il protagonista scopre - insieme al lettore - cosa significa dire "oi". "Non era un pronome come negli altri posti, ma la cittadinanza di una patria tacita dove tutto il tempo si declinava così, al presente plurale".
Maurizio ha dieci anni e non vede l'ora che comincino le vacanze. Per lui l'estate significa stare dai nonni a Crabas: lì ogni anno ritrova Franco e Giulio, fratelli di biglie, di ginocchia sbucciate e caccia alle libellule, e domina con loro un piccolo universo retto da legami che sembrano destinati a durare per sempre. Ma nell'estate del 1986 qualcosa di imprevedibile incrinerà la loro infanzia e mostrerà a tutti, adulti e ragazzi, quanto possa essere fragile il granito delle identità collettive. Basta un prete venuto da fuori a fondare una nuova parrocchia per portare una scintilla di fanatico antagonismo dove prima c'erano solo fratellanze. In quella crepa della comunità l'estraneo può assumere qualunque volto, persino i capelli rossi di un inseparabile compagno di giochi. In questo racconto insieme comico e profondo, la penna inconfondibile di Michela Murgia ci regala una storia di formazione in cui il protagonista scopre - insieme al lettore - cosa significa dire "oi". "Non era un pronome come negli altri posti, ma la cittadinanza di una patria tacita dove tutto il tempo si declinava così, al presente plurale".
Nel paesino di Roccazzelle, periferia siciliana dell’impero, anche gli echi della guerra, la seconda mondiale, arrivano quasi appannati, affidati ai volantini lanciati sulla campagna dagli aerei alleati e ai manifesti del Partito Fascista. Sullo sfondo di una comunità abituata al poco e che sa vivere anche del niente, che guerra o meno continua nelle sue abitudini, nei suoi riti, e nelle sue credenze (come quella dell’incantesimo della buffa, la femmina del rospo, che se la si fissa negli occhi poi non si cresce più), si muovono personaggi ai margini e notabili del luogo - dal poetico Agostino, venuto dal mare e in fuga dal proprio passato al pavido podestà Agnello che infligge alle sue mani lavaggi d’ammoniaca pura - sempre in sbilenco equilibrio tra il dramma e il grottesco. Ma soprattutto il tredicenne Gesù, figlio di quella terra bruciata dal sole, e la coetanea Tea, di origine austriaca e cieca per una malformazione agli occhi, vivono a Roccazzelle un idillio adolescenziale fatto di salsedine e scogliere, di esclusività e dolcezza, nel tentativo di dimenticare il loro essere rimasti orfani di madre, mentre l’ombra della guerra si fa improvvisamente più minacciosa fino alla tragedia dei bombardamenti e al conseguente sbarco alleato anglo-americano.
Silvana Grasso dipinge un nuovo ritratto espressionista della Sicilia alla metà del secolo scorso con il tocco irriverente della sintassi e il solfeggio linguistico tipici della sua scrittura, che riescono ancora una volta a miscelare il registro alto - ma sempre rutilante - con il colore e il calore di una lingua parlata e mitica, per una storia in cui anche gli stessi personaggi sembrano cercare una forma ideale per raccontare quello che li circonda o un’ideale evasione psichiatrico-mitologica per non raccontare, per non raccontarsi.
Dietro un ciuffo di capelli neri e vestiti altrettanto scuri, Vani nasconde un viso da ragazzina e una innata antipatia verso il resto del mondo. Eppure proprio la vita degli altri è il suo pane quotidiano. Perché Vani ha un dono speciale: coglie l'essenza di una persona da piccoli indizi e riesce a pensare e reagire come avrebbe fatto lei. Un'empatia profonda e un intuito raffinato sono le sue caratteristiche. E di queste caratteristiche ha fatto il suo mestiere: Vani è una ghostwriter per un'importante casa editrice. Scrive libri per altri. L'autore le consegna la sua idea, e lei riempie le pagine delle stesse parole che lui avrebbe utilizzato. Un lavoro svolto nell'ombra. E a Vani sta bene cosi. Anzi, preferisce non incontrare gli scrittori per cui lavora. Fino al giorno in cui il suo editore non la obbliga a fare due chiacchiere con Riccardo, autore di successo in preda a una crisi di ispirazione. I due si capiscono al volo e tra loro nasce una sintonia inaspettata fatta di citazioni tratte da Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck. Una sintonia che Vani non credeva più possibile con nessuno. Per questo sa di doversi proteggere, perché, dopo aver creato insieme un libro che diventa un fenomeno editoriale senza paragoni, Riccardo sembra essersi dimenticato di lei. E quando il destino fa incrociare di nuovo le loro strade, Vani scopre che le relazioni, come i libri, spesso nascondono retroscena insospettabili.
Un romanzo che spiega l'estetica del brutto a partire dalle vite fallite di artisti e critici d'arte. Un professore di mezza età, alla ricerca del senso di una vita apparentemente buttata via, si illude di trovarlo nell'amore e si rifugia nelle riflessioni estetiche, incappando però in un incubo surreale. L'impostura ionica è un romanzo breve che, constatando la relatività dei valori artistici, segue il percorso accidentato della memoria, riflette con il senno di poi e rivede cronache, avvenimenti e fatti con risentimento e ironia.
Esiste un luogo in cui convergono le teorie più inaccessibili, i fenomeni e le ipotesi più difformi. È lì che - secondo quella che la fisica teorica chiama "teoria generale del tutto" - risiederebbe la spiegazione dell'universo. Per Alessandra e Marinella, gemelle di cinquant'anni cui la vita ha riservato strade molto diverse, quel luogo è la casa del padre che le ha abbandonate quando avevano otto anni, senza voler più sapere nulla di loro. Ora che lui è morto si ritrovano entrambe lì, circondate da quelle pareti a loro sconosciute che sembrano sussurrare ricordi e rievocare rancori mai sopiti. Per le sorelle quella vicinanza forzata si rivelerà una tortura col sorriso sulle labbra, una resa dei conti dagli esiti imprevedibili. Una storia universale sulla ferocia e sulla dolcezza dei legami familiari.
Terzo e ultimo volume del ciclo degli Uzeda, "L'imperio" riprende il personaggio principale de "I Viceré", l'ambizioso e cinico Consalvo, e ne segue l'ascesa politica a Roma, in qualità di deputato e di ministro. Sinora poco letto anche a causa dello stato provvisorio in cui l'autore lasciò il dattiloscritto tra le sue carte (prima della pubblicazione postuma nel 1929), il romanzo di De Roberto ritorna oggi in un nuovo testo criticamente rivisto che sana le incongruenze delle edizioni precedenti, accompagnato da un commento che per la prima volta fa luce sui tantissimi riferimenti polemici alla corrotta politica liberale di fine Ottocento e lo presenta ai lettori in tutta la sua statura di grande classico. Arricchisce il volume un'ampia introduzione del curatore, Gabriele Pedullà, dove, a partire da "L'imperio", l'intera trilogia degli Uzeda viene riletta retrospettivamente alla luce dell'inesausta pulsione a smascherare la violenza dei rapporti di forza - nella coppia, nella famiglia, nell'arena pubblica - che accompagnò De Roberto per tutta la vita.