
In un piccolo giardino londinese, sotto un cielo dal tramonto infuocato, comincia l'avventura del poeta Gabriel Syme, che, da quel momento, attraversa una notte dell'anima, un vero e proprio incubo popolato di colpi di scena, figure inquietanti, duelli e fughe rocambolesche. Anche nelle storie poliziesche più geniali e ardite c'è uno sfondo solido su cui s'innestano enigmi e incidenti; in questo caso Chesterton ha osato portare l'enigma a tutto campo. Chi c'è dietro il Grande Consiglio Anarchico e chi è a capo di Scotland Yard? Chi è l'alleato e chi è il nemico? Qual è il volto dietro la maschera? Impugnando la spada del coraggio, della ragione e dell'affetto va combattuta la più vitale delle battaglie, quella di chi è pronto a mettere sottosopra cielo e terra per guardare negli occhi il mistero originale del mondo. "Il male è così malvagio da farci pensare che il bene sia solo un caso; ma il bene è così buono da darci la certezza che dev'esserci una spiegazione per il male." (G. K. Chesterton)
Che cosa accadrebbe se il re d'Inghilterra venisse eletto tramite un sorteggio? E se a essere sorteggiato fosse un bislacco funzionario governativo in frac, Auberon Quin, dotato di un sulfureo senso dell'umorismo e di un gusto particolare per l'epoca feudale? E che cosa accadrebbe se a condurre questo gioco narrativo fosse Gilbert K. Chesterton? Re Auberon conferisce ai quartieri di Londra la dignità di città-stato e un ragazzo dai capelli rossi di Notting Hill, Adam Wayne, prende1 talmente a cuore le burle del re che per contrastare il progetto di una strada che attraversa il suo quartiere scatena una vera e propria guerra con gli altri boroughs londinesi. L'unico modo per sconfiggerlo sarà affrontarlo sul suo stesso terreno. Con il suo spirito incline al paradosso e all'ironia, Chesterton imbastisce una farsesca allegoria sulla condizione dell'uomo, costretto a domandarsi se il mondo è uno scherzo di Dio e se lui deve stare al gioco seriamente, oppure scherzare, a sua volta, fino alla morte.
Per quanto pubblicata postuma nel 1937, I paradossi del signor Pond non è di certo un’opera minore. In otto racconti pieni di suspense, l’autore presenta la figura di un detective dilettante tra le più godibili della storia della letteratura poliziesca: un «ometto pacato», almeno in apparenza, che conosce benissimo il mondo e possiede la straordinaria capacità di elaborare deduzioni perspicaci e formulare, grazie al suo prezioso intuito, precise ipotesi investigative. Al signor Pond piace anche fare osservazioni casuali che sembrano contenere flagranti contraddizioni. Dietro ciascuno dei suoi paradossi si cela però un misterioso e avvincente racconto, squisitamente narrato.
Il lettore viene ad esempio messo a parte delle vicende di un importante maresciallo dell’esercito prussiano che vede fallire il suo progetto perché «due suoi soldati hanno eseguito i suoi ordini»; o di due uomini «a tal punto d’accordo che uno di essi uccise l’altro»; o ancora di una matita «relativamente rossa» che tracciava «segni neri»; oppure di un uomo «troppo alto per essere visto».
La verità, sembra dire Chesterton, non è sempre quella che appare e il mondo, e la vita, vanno visti da prospettive diverse e, soprattutto, mai giudicati troppo in fretta.
A soli tre anni dalla pubblicazione di "L'innocenza di Padre Brown", prima serie di storie che ruotano intorno al famoso prete, Chesterton ritornò a raccontarne le avventure in un libro che ne esalta la saggezza, la qualità che forse lo rappresenta meglio. Di aspetto poco appariscente, ma dotato di un acume straordinario, Padre Brown è di nuovo all'opera in un appassionante lavoro di analisi e decifrazione di crimini ed enigmi in apparenza insolubili, rigoroso e lucido nell'osservazione e nelle deduzioni e nel contempo profondamente umano. Personaggio molto amato anche in Italia (dalle sue avventure la Rai trasse un popolare sceneggiato negli anni '60), questo curioso prete cattolico si rivela un segugio insuperabile grazie alla capacità di riconoscere e affrontare il male, per assicurare i colpevoli alla giustizia ma soprattutto per salvarne le anime. Uno di quei personaggi capaci di conquistare per sempre il cuore dei lettori, entrando, come dichiarò Gian Dàuli all'epoca della prima traduzione, «nella piccola cerchia degli amici che rimangono tali per tutta la vita».
Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l'una quanto affettuosa e remissiva l'altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l'adulterio e culmina con l'efferatezza.
Londra, gennaio 1947. La guerra è finita da due anni e la città è in macerie. In uno degli inverni più freddi da che se ne ha memoria, anche trovare qualcosa da mettere in tavola è molto difficile. Ad abbattere ancor di più gli animi, arriva la perdita inaspettata e scioccante di uno dei più amati attori teatrali del momento: Charlie Grice muore in circostanze poco chiare, gettando la moglie Joan, donna bellissima e innamorata, che lavora come guardarobiera del teatro, in un dolore sordo e senza limiti. Controvoglia, Joan assiste con la figlia Vera alla prima replica dello spettacolo che era di suo marito, sottoponendosi al trauma di vedere un altro uomo interpretarne il ruolo. L'idea la terrorizza, ma quando l'attore appare sul palco, la vedova è sconvolta nel rendersi conto che dietro agli occhi dell'uomo brucia ardente lo spirito di Charlie. Più tardi, nel backstage, incontrando il sostituto, il suo cuore, stordito dalla gioia, ha la conferma che il suo grande amore vive nel giovane attore Daniel Francis. Ne diventa amica, lo invita a casa e comincia a donargli gli abiti del marito, sottratti al suo guardaroba. Nasce così una relazione che oscilla tra l'attrazione e l'assedio del fantasma di Charlie, che trascina Joan in un gorgo. Chiamata da una voce amata e spaventosa al tempo stesso, la donna scoprirà il terribile segreto che avvolge anche la morte di suo marito Charlie Grice: la guerra, dopotutto, non è ancora finita.
Cosa accade se ti scippano il telefonino e tutta la tua vita è lì dentro? Ti senti persa, naturalmente. È quello che capita a Poppy, una scombinata fisioterapista prossima alle nozze con un affascinante docente universitario. Proprio quando il telefono le serve per una faccenda a dir poco urgente! Perché tra le altre cose, nel bel mezzo di una festa con le amiche ha appena perso il suo prezioso anello di fidanzamento, uno smeraldo come non ne ha mai visti nella sua intera esistenza. Poppy è nel panico, e mentre cerca affannosamente l'anello perduto cosa vede in un cestino dei rifiuti? Un cellulare nuovo di zecca che sembra aspettare proprio lei. È un attimo. Ed è suo. Non può permettersi il lusso di rimanere scollegata, non in questo momento. Ma di chi è quel telefono? E a cosa si riferiscono gli strani messaggi che riceve? Poppy non ha il tempo di farsi troppe domande. Ha un anello da ritrovare, un matrimonio da organizzare e qualche cosuccia in sospeso con i suoi futuri suoceri. Ma non sa che quel telefono e lo sconosciuto con cui si troverà a condividerlo le metteranno a soqquadro la vita...
A Great Wyrley, un piccolo villaggio inglese, qualcuno uccide cavalli e bestiame e scrive lettere anonime. Annunciando il sacrificio di venti giovinette. Bisogna trovare un colpevole, e George Edalji, avvocato, figlio del parroco, è il principale sospetto. Forse perché è diverso? Suo padre è un parsi, arrivato dall'India e convertito all'anglicanesimo. George è condannato. La campagna che proclama la sua innocenza giunge però alle orecchie di Arthur Conan Doyle, che decide di indagare sul caso. Arthur è il contrario del grigio George, che vuole solo essere inglese e che credendo nella legge si rassegna a patire anni di lavori forzati. Arthur è uno scrittore famoso, un uomo moderno, sportivo e dalla mente aperta, attratto dallo spiritismo. Non sarà Sherlock Holmes a riabilitare George, ma il maturo e stanco Sir Conan Doyle, che giocando la parte dell'investigatore trarrà dalle circostanze anche la forza per ricominciare a vivere.
Traduzione di
Luigi Civalleri
Una casa isolata. Un cane che abbaia nella notte. Un omicidio spietato. Un detective in borghese bravo a seguire le tracce e a far parlare gli indizi. Una verità che non si può accettare. Dodici persone vivono nella casa, una è la vittima, chi è il colpevole? È un giallo nella sua forma più pura, ma è anche un drammatico fatto di cronaca che dall'Inghilterra dell'Ottocento parla ancora oggi alle nostre coscienze.
È una notte d'estate del 1860. In un'elegante casa in stile georgiano che si erge isolata a Road, nel Wiltshire, un bambino di tre anni viene prelevato con delicatezza dal suo lettino. I genitori dormono nella stanza accanto. I fratelli e la servitù al piano di sopra. La bambinaia nella stessa camera del piccolo con la sorellina. Il cane abbaia, tutti continuano a dormire. La mattina dopo il bambino viene trovato morto in giardino, soffocato, le labbra viola, lo sguardo sereno, la gola orrendamente lacerata e pietosamente avvolto in una coperta. Appare subito evidente che l'omicidio non può essersi consumato che fra le mura domestiche.
Dodici persone vivono nella casa, una è la vittima, chi è il colpevole? Sembra un giallo nella sua forma più pura e invece è un fatto di cronaca nera realmente accaduto a metà Ottocento di cui questo libro ricostruisce le vicende.
Nell'omicidio di Road Hill House, i primi e gli unici sospettati sono gli abitanti della casa: i famigliari e la servitù. Il caso è orrendo, crudele, spiacevole, bisogna investigare nel tempio sacro della famiglia e del focolare domestico. La polizia locale non osa indagare in una famiglia sprezzante e potente che sembra celare al suo interno molti misteri e legami malati, perciò brancola nel buio. Per la prima volta si manda a chiamare un investigatore «forestiero», un ispettore che viene da Londra da una squadra speciale appena costituitasi a Scotland Yard. Un poliziotto in borghese ma in carne e ossa, che sarà il modello per molti eroi da libro giallo, ispirati alla sua figura e alle sue indagini: gli investigatori di Wilkie Collins e quelli di Henry James, Arthur Conan Doyle, Charles Dickens.
Mr Whicher, è questo il suo nome, indaga senza requie, segue le tracce, è capace di leggere i gesti e le espresssioni del volto, sa come far parlare le prove. Capisce subito chi è il colpevole e lo accusa. La soluzione è però troppo scomoda, troppo difficile da accettare. L'opinione pubblica, che ha seguito morbosamente il caso sulla stampa, insorge. Il detective non sarà ascoltato.
In Omicidio a Road Hill House Kate Summerscale ricostruisce l'intera vicenda, e le sue implicazioni nelle nostre coscienze, facendo parlare documenti e giornali dell'epoca e padroneggiando con grande maestria e bravura le tecniche del giallo.
«Kate Summerscale combina scrupolose ricerche storiche con grande vivacità narrativa e talento per ricreare atmosfere di altri tempi. Il classico libro che, una volta iniziato, non si riesce più a lasciare».
The Observer
«Ciò che rende questo libro rigoroso profondamente sconvolgente è che, pur cercando di essere il più possibile obiettiva, Summerscale non si dimentica mai che in questa tragedia si sono giocate delle vite umane».
Les Inrockuptibles
Un giorno qualsiasi lo scrittore e naturalista inglese Richard Mabey si ferma, e tutto si ferma intorno a lui. Niente ha più senso, niente ha più colore. Smette di lavorare, si chiude in casa, non vuol più vedere nessuno. Ripete come una litania spezzata: «Sono stanco». Ma soprattutto si accorge di aver perso il legame per lui più importante, fonte di gioia e ispirazione: quello con il mondo naturale. Iniziano i momenti in cui proprio «non va». Momenti immobili e bui. Mabey è caduto in una depressione profonda.
«Come un giovane pennuto che si invola dal nido, o come un uomo che fugge dalla fame o dalle tribolazioni devo migrare», dice. Lascia l'amata casa della sua infanzia tra le dolci colline delle Chilterns e si trasferisce in una fattoria isolata nelle pianure del Norfolk. Parte con poche cose, senza pentole o suppellettili, ma con un bagaglio messo insieme sulla base di criteri strettamente emotivi. Eppure, grazie all'aiuto del nuovo paesaggio che lo circonda, nel giro di qualche mese Mabey risale lentamente la china. E con allegra meraviglia ci regala la sua ricetta.
Questo libro è il racconto di una rinascita, ovvero la storia di un misterioso rito di passaggio. Mabey è infatti un uomo che deve imparare ex novo a vedere la natura per tornare infine ad abbracciare il mondo, capire se stesso e accettare gli altri.
Attorno a lui le stagioni si alternano, le rondini partono e ritornano, le gru intrecciano nuove danze gioiose, e piano piano un paesaggio sconosciuto e ostile si fa sempre più accogliente. Quando ritrova la forza di scrivere si accorge che, descrivendo la natura mutevole dei boschi che circondano la sua nuova casa, si sta invero riappropriando del proprio sé. Con genuino stupore si scopre nuovamente pronto ad aprirsi all'amicizia, agli affetti, all'amore.
La cura naturale di Mabey non è un passivo abbandonarsi al mondo, ma una riflessione profonda sul senso del nostro esserci, sul valore relativo, e pertanto assoluto, di ogni creatura, sulla saggezza della terra, sul ruolo della fantasia e dell'empatia con la natura, gli animali, i fiori, il vento. Scritto nella scintillante prosa che ha reso celebre l'autore, strutturato come un racconto e preciso come un saggio, Natura come cura è un libro che ci lascia con un messaggio di grande speranza, individuale e collettiva.
Judith Earle conduce una vita ritirata nella sua casa di campagna, in una condizione di agiatezza che le permette di non pensare ad altro che a sé. Nessun dovere e nessuna preoccupazione interrompono i suoi vagabondaggi nel giardino, i suoi sogni a occhi aperti. A risvegliarla saltuariamente non c'è che l'arrivo, nella villa accanto, dei cugini Fyfe: quattro maschi e una femmina con cui, sin dall'infanzia, Judith intesse un rapporto discontinuo, a tratti ambiguo, sempre intenso. Di ciascuno Judith sogna, per ciascuno Judith soffre. Gli studi a Cambridge e l'amicizia appassionata di Jennifer, la ragazza più popolare del college, la distoglieranno per un po' dai Fyfe; ma nulla le renderà più semplice e lineare - anzi - il duro lavoro di diventare adulta. Introduzione di Jonathan Coe. Postfazione di Anna Nadotti.