
Molte le novità di questa seconda edizione: i criteri diagnostici del DSM-5, la trattazione della psichiatria della donna, della psicopatologia in rapporto col cinema, del ruolo della psichiatria nella medicina moderna, della revisione dei disturbi dell'età evolutiva, della riabilitazione psichiatrica come professione emergente.
In breve
Sullo sfondo della situazione politica, sociale, economica, religiosa dell'Impero, le modalità della diffusione del cristianesimo, il carattere dell'azione missionaria, la fisionomia e la vita dei cristiani, le critiche e le accuse di cui sono fatti oggetto da parte dell'intellettuale pagano o dell'uomo comune, le persecuzioni che subiscono, le risposte che danno mediante la vita e la parola. E poi, dopo la svolta costantiniana, la graduale 'cristianizzazione' dell'Impero, i risvolti sociali delle eresiee degli scismi, il drammatico incontro con i barbari.
Indice
Premessa – – PARTE PRIMA – I Le origini – II. L'impero romano e la difiusione del cristianesimo – III. Il mondo ellenistico-romano di fronte al cristianesimo – IV. Le reazioni del potere politico e la risposta dei cristiani – V. Le comunità ecclesiali – VI. Modi e limiti di una presenza cristiana nella società tardoantica – PARTE SECONDA – VII. L'età costantiniana – VIII.Politica, teologia e società – IX. Impero e Chiesa da Costanzo II a Teodosio – X. Cristiani e pagani del IV-V secolo tra Oriente e Occidente – XI. L'Occidente e i barbari – XII. La Chiesa e l'impero d'Oriente – Prospetto cronologico e sinottico – Bibliografia – Indice dei nomi propri e di alcune cose notevoli
La storia del cinema europeo, dal neorealismo al Sessantotto, e anche la storia di una serie di problematiche legate alla vita e allo spirito. Il neorealismo rappresenta la rivoluzione estetica dalla quale nasce il cinema moderno. La «politica degli autori» a livello teorico, la successiva «nouvelle vague» e soprattutto il «nuovo cinema» d'autore affermatosi negli anni Sessanta non rappresentano, come molti sostengono, solo una "forma" nuova. La "forma" naturalmente ha una rilevanza non trascurabile. Ma se oltre alle questioni meramente formali, ampliando il campo di osservazione, si evidenziano le tensioni etiche presenti nelle opere cinematografiche, ne viene fuori una storia molto più complessa, caratterizzata da una forte tensione morale e spirituale. Il neorealismo e animato dal desiderio di guardare in faccia le tragedie umane, e il passo successivo compiuto dalla ricerca del cinema d'autore europeo conduce lo sguardo cinematografico verso la descrizione della libertà di autodeterminazione morale, tratto peculiare della modernità, le cui conseguenze sono intimamente connesse alla negazione etica, alla solitudine spirituale, all'eclissi del sacro. Naturalmente fra i vari autori presi in esame, da Roberto Rossellini a Federico Fellini, da Andrej Tarkovskij a Samuel Beckett, da Jean-Luc Godard a Michelangelo Antonioni, c'e chi vede nell'allontanamento da Dio la vera grande opportunità del moderno, chi, invece, collocandosi sulla sponda opposta, rivendica il primato dello spirituale nella sua ricerca, e chi rimane nel mezzo, oscillando tra le due polarità, senza prendere partito. Alla conclusione di uno straordinario decennio - gli anni Sessanta - di effervescenza, originalità, profondità e creatività incarnate dal cinema d'autore europeo, proprio nel ribollente crogiolo culturale del Sessantotto, alla disumanizzazione estetica finisce per legarsi una virulenta ideologia politica, anticristiana e genuinamente ostile ad ogni fenomeno legato alla sfera del sacro. Il risultato finale, oltre a favorire il progressivo torpore (determinandone la scarsa rilevanza a livello internazionale) del cinema europeo, torpore dal quale ancora non è stato capace di uscire, sarà il rovesciamento della secolarizzazione, con l'aprirsi della nuova fase del risveglio postmoderno della spiritualità.
Questo studio intende segnalare alcune problematiche determinanti del cinema europeo dalle sue origini sino alla conclusione della seconda guerra mondiale. Scaturito dall'insegnamento universitario, il volume fornisce originali chiavi di interpretazione della contemporaneità e descrive l'affermazione della cinematografia a livello sociale e artistico quale prezioso indicatore dei comportamenti umani, pur in un contesto di radicale secolarizzazione. Nell'epoca del dominio universale della tecnica, quella dei fratelli Lumière fu l'ultima, straordinaria invenzione della supremazia europea sull'Occidente. Con il cinema l'arte si impegnava, in nome dell'avanguardia, a distruggere ogni barriera e indicava un grandioso "destino" di progresso per l'umanità, giunto all'apice nella Belle Époque ma destinato a frantumarsi sugli scogli di due conflitti mondiali. Con il cinema, inoltre, molti elementi dell'ideologia artistica originata dai movimenti rivoluzionari di inizio secolo finirono per confluire nel linguaggio dell'arte totalitaria, traduzione delle idee di avanguardia e arma di distruzione del nemico. Gli "anni vertiginosi" conobbero così prima il massimo splendore e poi il suicidio dell'Europa. La cinematografia percorse lo stesso cammino.
"Immagini della desocializzazione" completa il panorama storico del cinema americano nel Novecento analizzato dall'autore nel volume "La Hollywood classica". Se il cinema hollywoodiano conquistò il mondo affidandosi ad un'etica umanista e cristiana, nel corso del tempo questa caratteristica originaria si è persa. La tesi presentata in "Immagini della desocializzazione" è che a partire dagli anni Sessanta del secolo passato potenti spinte nichiliste e antiumaniste hanno attraversato il cinema americano. Hollywood, superato il "canone classico", è tornata a dominare l'universo della celluloide. Addirittura surclassando il cinema europeo non solo nella produzione commerciale, ma anche in quella d'autore. Abbiamo così opere non troppo distanti rispetto ai kolossal del passato (i blockbuster dal 1980 ad oggi lo dimostrano chiaramente) e opere radicali, formalmente eccellenti, espressione però di un'etica postmoderna che in maniera crescente sta trasformando la cultura americana. È il sintomo di un inarrestabile declino morale, così come è successo al cinema europeo dopo il 1968? Saranno gli anni futuri a rispondere a questa domanda.
Questo studio si apre con l'analisi di un film italiano, Ossessione (1943) di Luchino Visconti, e si conclude con l'analisi di una altro film italiano, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini. In mezzo c'è la storia del cinema europeo sviluppatasi nell'arco di tempo compreso tra la fine del secondo conflitto mondiale e i primi anni Sessanta del Novecento (nella vicinanza di un passaggio epocale per la cultura occidentale, il sessantotto). Il confronto con alcuni film «esemplari» - essendo le opere cinematografiche un prezioso «documento» per interpretare la storia - consente un avvicinamento alle questioni di maggior rilievo dell'epoca della secolarizzazione. Il neorealismo rappresenta la rivoluzione estetica dalla quale prende avvio il cinema moderno. La politica degli autori a livello teorico, la successiva nouvelle vague e soprattutto il nuovo cinema d'autore affermatosi negli anni Sessanta, non rappresentano solo una «forma» nuova. La «forma» naturalmente ha una rilevanza non trascurabile. Ma dietro le questioni meramente formali, se si amplia il campo di osservazione, si scorgono le profonde mutazioni antropologiche. Il neorealismo è animato dal desiderio di guardare in faccia le tragedie umane, per mettere a fuoco l'identità stessa dell'uomo. Il passo successivo compiuto dal cinema d'autore dell'autodeterminazione, tratto peculiare della modernità, le cui conseguenze sono intimamente connesse alla «trasvalutazione dei valori» in atto nella società europea. Alla conclusione dello straordinario decennio - gli anni Sessanta - di effervescenza, originalità, profondità e creatività incarnate dal cinema d'autore europeo, proprio nel ribollente crogiolo culturale del Sessantotto, alla disumanizzazione estetica finisce per legarsi una virulenta ideologia politica. Il risultato finale, oltre a favorire il progressivo torpore (determinandone la scarsa rilevanza a livello internazionale) del cinema europeo (torpore dal quale ancora non si è ripreso), è la tragica fine delle illusioni, così ben rappresentata nell'ultimo film di un geniale e tormentato protagonista del tempo moderno, Pier Paolo Pasolini, che rivolge lo sguardo al Marchese de Sade per addentrarsi nell'inarrestabile processo di dissoluzione dell'umanità.
Per lo studioso francese Pierre Sorlin, «L’America ha creato uno stile che, oggi, può essere definito “classico”.
Lo stile “classico” non è di facile definizione, ma basandosi sull’esperienza personale è possibile dedurre quali siano le caratteristiche di un film classico: immagini chiare, una colonna sonora che accompagna lo spettatore nel racconto senza diminuire il suo piacere, un dialogo comprensibile, buoni attori e, soprattutto, una storia ben definita, con una situazione che, rivelata dall’inizio, si sviluppa in modo logico e si conclude senza ambiguità».
Il cinema classico hollywoodiano, tra gli anni Venti e gli anni Sessanta, ha conquistato il mondo. Attraverso commedie e opere drammatiche, film di genere western, noir, gangster, horror, musical, è riuscito ad imporre un modello di riferimento prettamente americano, pur se valido per l’intero Occidente.
Gli spettatori, di qua come di là dall’oceano, sono stati rapiti dai tanti film prodotti ad Hollywood, e soprattutto sono stati sedotti dai divi che ne sono stati protagonisti.
Le innumerevoli interpretazioni riguardanti la storia del cinema classico americano non di rado sorvolano su un aspetto determinante: l’etica presente nelle singole opere. Il film hollywoodiano avrebbe trionfato per la forza della produzione e del mercato statunitensi; per la bravura di registi (molti di loro provenienti dall’Europa), attori, scrittori, sceneggiatori, musicisti e costumisti; per l’astuzia, la determinazione e il senso degli affari dei produttori; per la potenza e l’innovazione dell’apparato tecnologico e industriale.
Tutto vero. Ma se Hollywood è diventata un “impero”, lo deve anche all’etica americana. Per lo storico Ernesto Galli della Loggia il cinema hollywoodiano è stato capace di parlare «all’uomo comune non ponendosi da nessun punto di vista particolare, settoriale, ma solo dal punto di vista dei valori universalmente umani. E non a caso tale punto si è rivelato come il più adatto ad incontrarsi con il mercato.
Anche nella tensione-attenzione al mercato del suo cinema si è espressa, infatti, la vocazione modernamente democratica di una cultura come quella statunitense, non toccata dalle mitologie classiste e programmaticamente eticopedagogiche, proprie della tradizione culturale europea. […] Non solo, ma nei film statunitensi si manifesta in pieno una ulteriore caratteristica della cultura di quel Paese che, tradotta in immagini, è destinata ad assicurare loro un carattere eminentemente popolare, e dunque un enorme successo. Il fatto cioè che si tratta dell’unica cultura nazionale moderna che, pur essendo tale, non ha perso un rapporto reale con la dimensione religiosa, con l’aspirazione etica del monoteismo giudaico-cristiano e che, tra l’altro, proprio per questo è riuscita a restare immune dal fascismo e dal comunismo. Proprio per questo è stata l’unica cultura che ha saputo e sa produrre sceneggiature e pellicole capaci di esprimere, senza vergognarsi, una limpida fiducia nei valori della legalità, dell’onestà individuale, della fraternità senza barriere ideologiche, della democrazia».
Claudio Siniscalchi, nato a Roma nel 1959, divide la sua attività professionale tra l’insegnamento universitario e il giornalismo. Insegna Storia e critica del cinema alla LUMSA di Roma ed è ricercatore alla Facoltà di Scienze della Comunicazione della Universidad Complutense di Madrid. Negli ultimi anni ha collaborato con diversi atenei italiani e stranieri, tra cui il Politecnico di Torino e la University of Southern California di Los Angeles, e ha insegnato presso alcune università pontificie.
Collabora con «Libero» e ha una rubrica di critica cinematografica sul quotidiano «L’Ordine» di Como. Il suo ultimo libro, pubblicato in questa collana nel 2008, è Il cinema europeo nell’epoca della secolarizzazione (1945- 1968).
Il lavoro si propone di analizzare il ruolo che la corporate governance assume nell'impresa moderna. Il tema in oggetto è infatti al centro dell'interesse della comunità scientifica e professionale e delle varie legislazioni nazionali ed internazionali a motivo non solo del rapporto esistente tra le regole che disciplinano ed orientano le condotte delle imprese ed i processi di creazione di valore, ma anche del carattere di attualità e di interesse che esso riveste alla luce delle recenti crisi che hanno investito numerose grandi imprese sia in Italia che all'estero. Il volume si inserisce nell'ambito degli studi di economia e gestione delle imprese, essendo caratteristico di tale disciplina sia l'approccio all'analisi delle varie tematiche, sia il background metodologico e conoscitivo degli autori. Partendo dal considerare l'impresa quale istituzione economica la cui capacità di sopravvivenza è legata, da un lato all'azione di governo e, dall'altro, alle pressioni ed alle attese che provengono dai molteplici interlocutori, il libro si propone di fornire al lettore alcuni spunti di riflessione ed un inquadramento metodologico che consente di qualificare il concetto di corporate governance dell'impresa e di inquadrare i suoi molteplici aspetti e riflessi in termini di capacità di creazione di valore condiviso non solo dagli shareholder, bensì da tutti gli stakeholder.
"Social impact in your hands®" è una guida completa per chi voglia intraprendere o abbia già intrapreso un percorso imprenditoriale volto a coniugare il business con l'impatto sociale. Il volume si compone di nove moduli nei quali gli argomenti si snodano attraverso quattro lenti (Who, Why, What, How) che consentono di comprendere quali siano i passaggi necessari per costruire un'impresa sociale. Nello specifico, le lenti Who e Why definiscono il mondo dell'impatto, delineano la figura dell'imprenditore sociale e illustrano l'origine della spinta a perseguire un purpose sociale. Segue un'illustrazione del percorso che conduce dall'idea alla nascita dell'impresa sociale, attraverso l'analisi delle sfide sociali, il focus sul problema che si intende risolvere, e la definizione della soluzione e dei prodotti/servizi da offrire. Dopo questi step, vengono fornite le conoscenze necessarie per finanziare, presentare e comunicare l'impatto sociale che si desidera perseguire. L'ultimo modulo dà spazio alla passione, alla determinazione e al coraggio degli imprenditori sociali, attraverso il racconto delle loro storie e la condivisione di alcuni Top tips da seguire.
Il rito del telegiornale, serale o meno, è caduto, tra reti all news, informazione on line e messaggistica su smartphone. Eppure le news sono sempre al centro del dibattito e le strategie comunicative restano fondamentali. Questo volume osserva le tecniche e gli sviluppi dei telegiornali italiani, proponendo confronti con varie situazioni europee ed extraeuropee, attraverso le ricerche scientifiche di un gruppo di studiosi dell'Università Cattolica di Milano e le testimonianze di professionisti dell'informazione. I saggi analizzano anche una serie di emergenze: dalla guerra ai ragazzi, dal potere dei conduttori al linguaggio in relazione alla politica. Testi di Paola Abbiezzi, Benedetta Andreozzi, Laura Silvia Battaglia, Francesco Buscemi, Emilio Carelli, Elena Colombo, Massimo Corcione, Joana Curvo, Guendalina Dainelli, Marco Deriu, Alessia Ferrarotti, Anna Giunchi, Antonio Nizzoli, Laura Ogna, Gian Paolo Parenti, Darwin Pastorin, Sebastiano Pucciarelli, Chiara Rainis, Andrea Salvadore, Giorgio Simonelli, Gaetano Tramontana, Chiara Valmachino, Marina Villa.