
"Nato per muoversi": l'uomo possiede una struttura corporea e una mente concepite per muoversi e interagire con l'ambiente. Fin dalla nascita e per tutto l'arco di vita le funzioni motorie ci permettono di entrare in relazione, comunicare, traslocare, coordinare i movimenti grosso-motori e quelli di coordinazione fine (come la scrittura, il linguaggio verbale e le abilità manuali) grazie a un processo di apprendimento che caratterizza tutta l'età evolutiva. Tali acquisizioni si strutturano in modo spontaneo e imitativo ma possono essere indotte e facilitate da un intervento educativo che sappia valorizzarle, farle piacere ma soprattutto orientarle alla formazione globale e al benessere della persona. Il testo risponde alle quattro domande più ricorrenti nell'ambito delle attività motorie per l'età evolutiva: perché sia necessario proporle; chi ne deve beneficiare in modo adattato alle caratteristiche (fisiche, socio-cognitive ed emotivo-affettive) individuali e tipiche dei periodi evolutivi; come insegnarle attraverso un'analisi dei principali metodi, stili e strategie di insegnamento; infine dove proporle con riferimento esplicito ai contesti scolastico ed extra-scolastico. La trattazione si addice a coloro che scelgono di diventare insegnanti efficaci nell'ambito delle attività psico-motorie e motorio-sportive: studenti e laureati in Scienze motorie o in Scienze della formazione primaria, ma anche maestri, docenti o istruttori.
I discorsi degli storici sono discorsi scientifici come lo sono quelli della fisica e della biologia? E se non lo sono, in che cosa e perché ne differiscono? Quali son i limiti della verifica nelle scienze storiche? Che cos'è, poi, un fatto storico? L'autore si propone di rispondere a questi e altri interrogativi, trasformandoli in altrettante "regole di controllo" del discorso degli storici.
La scuola può essere il centro di una grande rete di contatti, ponte con il territorio e palestra di sguardo solidale. Si impara davvero quando apprendimento e servizio degli altri si incontrano, non quando il sapere diventa autoreferenziale o, peggio, si isola dal contesto e non incontra chi vive ai margini. Il service learning è una proposta pedagogica che permette di inserire nella prassi ordinaria l'attenzione al servizio progettandolo, monitorandolo e valutando le competenze apprese. Sì, perché servire insegna, anzi insegna più del lavoro in aula. Invitare a sperimentare gli apprendimenti in contesti reali, creando le condizioni per vere «prove esperte», è una grande opportunità educativa e culturale, oltre che di solidarietà. Già ampiamente diffuso nel mondo, da qualche anno il service learning - grazie al lavoro dei docenti e dei formatori della scuola di Alta Formazione Educare all'Incontro e alla Solidarietà (EIS) della LUMSA, che hanno collaborato anche a questo testo - sta trovando un suo spazio anche in Italia. Le scuole salesiane delle Figlie di Maria Ausiliatrice hanno individuato in questa proposta dei chiari punti di contatto con il loro stile educativo, il sistema preventivo di don Bosco: un modo per coniugare la loro tradizione pedagogica con uno strumento che permette di portare nella didattica ordinaria - dalla progettazione alla valutazione - alcune accortezze tipiche del loro carisma. Nasce così questo volume, che nelle prime due parti mette a confronto la pedagogia salesiana nella sua essenza con la proposta del service learning. La terza parte, infine, presenta alcuni progetti realizzati in scuole FMA di ogni ordine e grado, per diffondere e proseguire questo interessante connubio.
Ha ancora senso, nella scuola dei nativi digitali, la lettura delle opere della tradizione letteraria? Le tecnologie possono aiutare l'insegnamento della letteratura? E, soprattutto, che cosa significa insegnare letteratura nell'era digitale? Quali sono le pratiche didattiche più adeguate per sviluppare le competenze digitali e la capacità critica delle nuove generazioni? Il libro - coniugando didattica della letteratura, informatica umanistica, ciberpsicologia e tecnologia dell'educazione - esplora le possibilità di rinnovamento del ruolo del docente di lingua e letteratura italiana e, più in generale, della funzione della letteratura all'interno dei sistemi educativi, fornendo strumenti, idee e materiali per una didattica con e senza le nuove tecnologie.
Un po' di umorismo nel vedere problemi e situazioni, la capacità di ridere insieme delle stesse cose, la soddisfazione che rimane dopo un momento di letizia comune, sono mezzi utilissimi per sdrammatizzare e affrontare più serenamente i momenti cupi della vita, per sviluppare senso critico e dare importanza alle cose veramente importanti. Per questo insegnare a ridere in modo sano e liberante è forse uno degli obiettivi educativi più ambiziosi che la pedagogia possa offrire alle giovani generazioni. Rivolto a insegnanti, animatori culturali e responsabili di gruppi giovanili, il libro si propone: - di fornire alcune idee di base sulle strutture, il linguaggio, le articolazioni, il senso dell'umorismo e il suo valore nell'educazione; - stimolare, offrendo un'abbondanza di esempi, la creatività dei ragazzi sia nella produzione di materiale umoristico sia nella sua elaborazione e riorganizzazione in varie forme e occasioni (animazione teatrale, giochi, linguistica, feste, passatempi, ecc.); - mettere a disposizione un repertorio di materiale umoristico, utilizzabile e manipolabile, quale base di partenza per lo svolgimento delle attività proposte.
Il volume affronta in modo mirato le forme di insegnamento delle diverse abilità linguistiche (leggere, scrivere, ascoltare e parlare), della riflessione sulla lingua, della testualità e del lessico, in una prospettiva che contempla tutti gli ordini di scolarità e sempre tesa a coniugare la dimensione teorica generale con la pratica applicativa. I singoli argomenti sono approfonditi con costante riferimento alle esigenze dell'insegnante di italiano: i contenuti linguistici che deve conoscere, le modalità di programmazione, le strategie di insegnamento in aula e la valutazione dei risultati ottenuti.
Una didattica attiva è una didattica fondata sulle pratiche, ossia sulla capacità di sviluppare a scuola percorsi progettuali in cui l'esperienza è in primo piano, e vi è dunque spazio non solo per la trasmissione del sapere, ma anche per la scoperta della realtà attraverso attività di laboratorio svolte dentro e fuori il contesto scolastico. Anche gli apprendimenti infatti, come le intelligenze, possono essere multipli, se sorretti da una didattica in grado di intrecciare in modo plurale mente e corpo, esperienza e riflessività secondo un approccio transdisciplinare e di rete. Queste tematiche sono affrontate nel volume sia nelle loro dimensioni teoriche che attraverso alcune analisi di caso.
L'autore affronta il grande tema della scuola dal punto di vista degli alunni. In verità dicendo "alunni" si dice qualcosa di troppo vago: qui è in gioco il punto di vista degli "sfaticati", dei "fannulloni", degli "scavezzacollo", dei "marioli", dei "cattivi soggetti", insomma di quelli che vanno male a scuola. Pennac, ex scaldabanco lui stesso, studia questa figura popolare e ampiamente diffusa dandogli nobiltà, restituendogli anche il peso d'angoscia e di dolore che gli appartiene. Il libro mescola ricordi autobiografici e riflessioni sulla pedagogia, sulle universali disfunzioni dell'istituto scolastico, sul ruolo dei genitori e della famiglia, sulla devastazione introdotta dal giovanilismo, sul ruolo della televisione e di tutte le declinazioni dei media contemporanei. E da questo rovistare nel "mal di scuola" che attraversa con vitalissima continuità i vagabondaggi narrativi di Pennac vediamo anche spuntare una non mai sedata sete di sapere e d'imparare che contrariamente ai più triti luoghi comuni, anima i giovani di oggi come quelli di ieri. Con la solita verve, l'autore della saga dei Malaussène movimenta riflessioni e affondi teorici con episodi buffi o toccanti, e colloca la nozione di amore, così ferocemente avversata, al centro della relazione pedagogica.
L'Italia è un paese di eccezionale varietà linguistica, cui contribuiscono l'italiano standard (con le sue diverse colorazioni regionali), i dialetti e le minoranze linguistiche. Completano il quadro i dialetti parlati fuori della penisola, in aree prossime o, talvolta, in terre assai lontane. Questo libro descrive, secondo varie prospettive, la situazione del dialetto - con le sue qualificazioni più correnti: arcaico, schietto, locale, rustico, urbano -, ciò che si pensa del (proprio) dialetto, il rapporto con l'italiano e le sue varietà, le diverse forme di documentazione (vocabolari, grammatiche, atlanti linguistici), i gruppi dialettali. La nuova edizione è stata rivista sulla scorta dell'esperienza dell'uso didattico e contiene i necessari aggiornamenti bibliografici, così come aggiornato risulta anche l'apparato cartografico.
Scritta tra il 1959 e il 1966 è l'opera più organica e probabilmente il vertice filosofico di Adorno, il sistema di un pensatore profondamente antisistematico. Dopo un'introduzione in cui lo spirito di sistema viene contrapposto al procedimento dell'esperienza filosofica, Adorno avanza una critica dell'ontologia e delinea il movimento della dialettica negativa, che culminando nel riconoscimento del primato dell'oggetto, diventa dialettica materialistica, ma di un materialismo "senza immagini", opposto alla "coscienza reificata" del materialismo dialettico. La dialettica negativa viene poi applicata a "modelli" che corrispondono ad alcuni concetti chiave della filosofia: la libertà, la storia e la metafisica.