
Questo breve testo è la rilettura in chiave moderna di un'opera di Arthur Schopenhauer. Venne pubblicata postuma per il pudore dell'Autore, che non la riteneva in linea con il suo pensiero e l'etica. Il lettore è in grado di decidere cosa fare degli stratagemmi per prevalere sull'avversario. Di sicuro i personaggi riportati non sono sempre esemplari di correttezza e virtù.
Scritta per un concorso indetto dall'Accademia danese delle scienze e pubblicata per la prima volta nel 1841, l'opera "Il fondamento della morale" può essere considerata come un'introduzione all'etica e alla metafisica schopenhaueriana. Situata tra le due grandi opere filosofiche di Schopenhauer, "Il mondo come volontà e rappresentazione" (1819) e "Parerga e Paralipomena" (1851), essa propone un'etica descrittiva e non prescrittiva, che all'imperativo categorico di Kant sostituisce il sentimento della compassione. Scopo della presente edizione è di riproporre, in una nuova traduzione, quest'opera di Schopenhauer, nella quale l'autore, a partire dalla critica della morale kantiana, perviene a una nuova fondazione dell'etica che trova il proprio fondamento ultimo nella metafisica.
I tre saggi di Alfred Schütz qui raccolti a cura di Leonardo Allodi hanno per oggetto, rispettivamente, la filosofia di Max Scheler (1966), la sua epistemologia ed etica (1957-1958) e la sua teoria dell'intersoggettività (1942). Una interpretazione critica capace di mettere sotto gli occhi, insieme ai principali tratti di originalità della corrente fenomenologica, elementi che la conducono oltre se stessa, a una "proto-sociologia", un contributo preliminare all'autentica sociologia. Il movimento teorico qui evidenziato va dall'epistemologia alla elaborazione di una "sociologia del sapere". Una presa di distanza dal trascendentalismo del maestro - Husserl - che per Scheler si traduce nell'elaborazione di una fenomenologia realista, e per Schutz, aprendosi al pragmatismo, ha compimento nella Costruzione sociale della realtà (1966): la persona è l'unità concreta in cui interagiscono la sua costituzione "individuale" e "sociale". La fenomenologia diventa così chiave di accesso per una lettura antropologica e sociologica del mondo.
La riflessione di Schwarzschild sul divieto di idolatria - tema fondamentale per la fede e la prassi religiose del mondo ebraico - è un commento filosofico-rabbinico al precetto di non farsi alcuna immagine di Dio. È, però, anche un'applicazione di questo comando alla storia del sentimento religioso e della spiritualità, dal momento che farsi immagini costituisce un bisogno umano che, proprio perché tale, va sottomesso all'imperativo divino. Rinunciando a stigmatizzare le pur pericolose idolatrie del nostro mondo, Schwarzschild si concentra sulla "madre di tutte le idolatrie", quella religiosa, perché è l'idolatria che pretende di non esserlo, quella che si smercia per veritas e vera religio. Nell'approccio di questo originale pensatore ebraico, idolatra è chiunque creda o pensi che si possa eliminare la cesura tra divino e umano, tra idealità e realtà. La proibizione dell'idolatria diventa, in questa prospettiva, la formula negativa con cui si tutela la primaria e più alta verità della rivelazione divina e della riflessione razionale umana: esiste un Dio uno e unico, nel quale l'unità numerica sfuma e si trascende nella sua dimensione morale.
Noto come «medico della giungla» e premio Nobel per la pace, in Italia Albert Schweitzer è ancora poco conosciuto come pensatore potente e straordinario anticipatore. Il suo impegno filantropico ha tenuto in secondo piano l'attualità del suo pensiero teologico-filosofico, in particolare la rivoluzione del principio del «rispetto per la vita», capace di rinnovare radicalmente l'etica e di indirizzare verso la pace. Di fronte alla minaccia di una catastrofe nucleare ed ecologica, gli scritti qui presentati mostrano con grande chiarezza la sorprendente attualità del lavoro di Schweitzer in difesa della vita - inclusa quella animale - e della libertà di pensiero.
Il passato si manifesta sempre nel presente e, nel nostro tempo, ha costruito un mondo alienato, dove la follia dei mercati senza regole, l'iniquità sociale, la precarietà degli equilibri geopolitici, la guerra globale al terrorismo, il rischio nucleare, la distruzione dell'ecosistema, l'inarrestabile migrazione dei nuovi nomadi della terra, la mancanza di un nuovo ordine mondiale che disciplini l'economia globale e stabilisca un nuovo diritto della gente segnano il futuro delle giovani generazioni nel nuovo secolo. Esse sono il futuro, noi siamo il passato che distrugge il presente e pretende di fermare il tempo, di sottrarsi al divenire. Un'illusione. Di qui, in Occidente, l'esigenza di andare oltre, e di costruire un'economia altra e una società altra che diano un senso nuovo al mondo. Si dirà che una tale esigenza è utopia, ma è l'utopia del futuro che muove la storia del presente.
Lo scopo di questo libro è rintracciare attraverso l'analisi e la discussione epistemologica dell'ecologia dell'azione individuale, dinamiche, ragioni e motivazioni della scelta economica. La razionalità, fondamento della scienza e dell'azione economica esclude ogni altro criterio morale che non sia costituito dalla stessa moralità dell'attività economica razionalizzata, sottratta alla decisione individuale guidata da criteri emozionali o estetici o morali. Entrano in gioco le grandi questioni dell'intenzione del soggetto e della inintenzionalità dei fini sociali. Il nodo affrontato da Boudon è costituito dalla percezione che l'intenzionalità dell'agire venga sospesa dallo sviluppo della scienza economica in senso razionale-oggettivo, talché la tecnicizzazione dell'economia consente (ed impone) al soggetto di deresponsabilizzarsi di fronte al significato della scelta che pone in essere. Nel pensatore francese riflessione metodologica e teoria etica sono pertanto inscindibili giacché il relativismo contemporaneo, che Boudon confuta diffondendo i tratti di un individuo che ha perso ogni vincolo di coscienza e ogni contenuto etico, compie allo stesso tempo un errore gnoseologico prima ancora che sotto il profilo della riflessione etico sociale.
"Avrei dovuto pensare che da quel nome 'nihil' venga significata l'ineffabile, incomprensibile e inaccessibile luminosità della bontà divina, ignota a tutti gli intelletti tanto umani che angelici." Così Giovanni Scoto nel cuore del Libro III, esso stesso al centro del "Periphyseon". Il nulla domina le sue idee rivoluzionarie sulla Creazione. "Quando la trascendenza divina comincia ad apparire nelle teofanie" scrive Peter Dronke, "allora quel nulla diviene qualcosa. Creare dal nulla tutti gli esseri, dal più alto al più basso, significa farli apparire come teofanie, come manifestazioni del divino." Perché Giovanni Scoto sostiene che nel Verbo divino, nella Sapienza, tutte le cose sono sia eterne sia fatte, e che Dio, nel creare il mondo, crea anche sé stesso. La Sapienza è informe, e in essa sussiste la materia, essa stessa informe. Nessun filosofo platonico si era spinto sino a questo. La Sapienza, che è l'esemplare infinito di tutte le forme, non ha bisogno di forma "a essa superiore per formarsi", ma quando discende nelle forme guarda a sé stessa come al suo proprio principio formatore. Nella sua trascendenza, la Sapienza è non-essere e assoluto nulla, "ma in virtù della sua presenza nelle cose essa insieme è ed è detta essere". L'animato dibattito tra maestro e discepolo che costituisce l'ossatura del "Periphyseon" raggiunge qui uno dei suoi punti più alti, dettando tutta l'interpretazione letterale della Genesi che l'ispirato profeta Mosè ha composto nel linguaggio della poesia e del mito.
La misura dei miei giorni nasce come un diario alla soglia degli ottant'anni di Florida Acott-Maxwell (1884-1979), scrittrice e psicologa analista allieva di di Carl Jung.
Sospesa nel vuoto di un presente su cui non può incidere, elle sorveglia il mondo, lo scruta con circospezione, ne misura la possibilità di futuro, scava nelle sue attuali contraddizioni. Ne emerge una serie di domande che ella appunta come su un notes. Su tutte ne campeggia una: "Che cos'è diventato l'umano in noi?". Perché è l'umanità stessa dell'uomo ad essere in questione: questo è ciò che resta tra le vicende del mondo e nel cuore di ciascuno man mano che il empi passa.
In occasione della nuova edizione della Storia dell’educazione nell’ antichità delle Edizioni Studium, il grande testo del 1948, in una versione arricchita da una densa prefazione di Giuseppe Tognon, nell’ottobre del 2006 si è svolta all’Università degli studi di Bergamo, presso il Dipartimento di scienze umane e sociali, una giornata di studi dedicata ad Henri-Irénée Marrou. Il volume che proponiamo ne raccoglie gli atti, che ora vengono accompagnati da un saggio introduttivo del curatore, Adolfo Scotto di Luzio. Questo volume si propone di portare un contributo alla comprensione di alcuni dei temi cruciali e degli snodi attorno ai quali si organizza la sua biografia di studioso e di uomo di cultura.
Il libro ricostruisce i fondamenti filosofici e teologici dei cambiamenti che le prove dell'esistenza di Dio hanno subito a partire dall'argomento di Anselmo. La rivendicazione di una conoscenza chiara e distinta della natura di Dio, avanzata da Descartes, è all'origine della supremazia della prova che Kant chiamerà ontologica e che avrà una straordinaria fortuna nel pensiero moderno. Di questa fortuna si ripercorrono qui la nascita, lo splendore, le sorprendenti metamorfosi e il tramonto.