
Siamo soliti pensare che le democrazie liberali si fondino esclusivamente sulla razionalità, a cui spetta un ruolo dominante nella sfera pubblica. Le società totalitarie, per contro, tenderebbero a esaltare l'emozionalità e i sentimenti. Tuttavia ogni giorno della vita di una qualunque democrazia è attraversato da disgusto, vergogna, o viceversa altruismo ed empatia: emozioni anche pubbliche in grado di agire profondamente sull'umore e sulla tenuta di un paese. In particolare, una società liberale che aspiri alla giustizia non può prescindere dalle emozioni basate sull'amore. Nussbaum riprende il tema della religione civile, che vede come un collante fondamentale alla base dell'impegno comune che ha talvolta permesso a intere nazioni di affrontare enormi sacrifìci, rialzarsi dopo guerre e privazioni, conquistare nuovi diritti.
Ma è proprio vero che gli esseri umani agiscono soltanto per soddisfare i loro interessi più o meno egoistici? In questo libro, Martha Nussbaum sostiene che alle emozioni vada affidato il compito di ridare vitalità a esperienze atrofizzate di sensibilità per delle relazioni interpersonali regolate in termini morali. Non è solo da considerazioni razionali rispetto allo scopo che è possibile dedurre le norme e le istituzioni in grado di offrire alle persone l'opportunità di condurre vite soddisfacenti e dignitose. E anzi, è proprio valorizzando il ruolo delle emozioni nel giudizio pubblico, e soprattutto nelle questioni di giustizia, che è possibile presentare gli esseri umani come fini in sé, dotati di dignità e individualità, piuttosto che quali unità astratte indistinguibili o come meri mezzi per i fini altrui.
L'economia ha ancora bisogno della filosofia? Se i rapporti tra le due discipline sono diventati sempre più rarefatti, Nussbaum è convinta che la seconda sia per la prima un prezioso alleato: il metodo, le argomentazioni e le opzioni fornite dalla storia della filosofia sono in grado di garantire all'economia fondamenta più solide, maggiore rigore e creatività. Il contributo filosofico è necessario per salvaguardare l'equità sociale e per tutelare nell'azione economica l'incommensurabilità delle singole persone e il benessere individuale, oltre che quello totale della società. Senza una comprensione adeguata della natura umana, del nesso tra ragione e sentimenti, del ruolo che l'etica e l'altruismo giocano nella scelta dei fini, oltre che nella determinazione dei mezzi, l'agire economico, per quanto coerente al suo interno, rischia di essere carente nei confronti della realtà. Una realtà complessa, sfuggente e organica che, per quanto difficile da trattare, rappresenta la cornice e il motore dell'economia. I filosofi mettono alla prova le fondamenta dell'edificio economico, non perché esso ceda, ma per evitare che a collassare possano essere l'ambiente e l'uomo che in esso si muove, ignaro di se stesso.
Le metafore urbane e i luoghi della città in Platone analizzati con almeno due novità esegetiche. La prima riguarda la metaforica della polis, tanto nel senso di luogo del conflitto politico quanto in quello di spazio urbano. La seconda riguarda l'analisi dell'urbanistica delle Leggi, l'"inizio forte e totale del pensiero utopico".
Vengono qui raccolti alcuni testi di Enrico Nuzzo che, in ragione della loro dispersione in vari periodici o volumi collettanei, sono divenuti di non facile reperibilità. Sono così stati inseriti studi di natura diversa, legati ora da una prevalente mira teorica, ora da una precisa intenzione storiografica, rivolta ad autori differenti, prevalentemente moderni. Vi si ritroveranno alcune delle principali linee del lavoro di Nuzzo: l'intenso interesse rivolto alla 'metaforologia' e ai suoi possibili rapporti con le ragioni dello storicismo più avvertito; l'attento e innovativo corpo a corpo con i testi vichiani; la riflessione critica su temi quali la 'vita civile', la 'sapienza', le variazioni sincroniche e diacroniche nel linguaggio filosofico. Pur nella loro autonoma configurazione, gli studi contribuiscono, così, a delineare la cifra unitaria che caratterizza la riflessione di Nuzzo, in cui la profonda acutezza teorica si coniuga sempre con la ricchezza delle indagini storiografiche e il rigore metodologico.
Tutto persiste e sembra conservare la propria identità attraverso il tempo, malgrado ogni cambiamento. L'analisi di Oaklander parte da interrogativi che attraversano l'intera storia della filosofia e che vengono riformulati nei termini della filosofia analitica contemporanea. Pur ammettendo che la metafisica non è in grado dì fornire risposte definitive a problemi di questo genere, Oaklander si impegna a fornire argomenti che non siano in contrasto con ciò che la scienza ci dice rispetto alla natura delle cose e al ruolo del tempo.
C’è una storia del pensiero liberale che è diversa, almeno in parte, da quella comunemente raccontata qui in Italia. È una storia in cui, per fare solo qualche esempio, Montesquieu è importante quanto e più di Locke; Humboldt ha un posto che non ha nulla da invidiare a quello di Stuart Mill, che d’altronde ha ispirato; Tocqueville assume un ruolo centrale; Berlin, piuttosto che Hayek o Rawls, è l’autore più significativo dell’ultimo dopoguerra. Questo volume propone un liberalismo che non rincorre teorie o risposte definitive, ma si ridefinisce ogni volta a seconda delle situazioni e dei problemi storici. Più che il liberalismo per l’autore esiste la continua lotta degli uomini per conquistare sempre nuovi e diversi e più ampi spazi di libertà. Leggere la storia del pensiero liberale dal punto di vista qui sviluppato porta ad insistere su termini-concetto come dubbio, spirito critico, pluralismo, piuttosto che su individuo, mercato, diritti.
Il Novecento è stato, per il pensiero liberale, il secolo delle sfide più drammatiche e dagli esiti più tragici. Il pensiero liberale ha dovuto vedersela, nel corso di pochi decenni, con i grandi movimenti totalitari di massa, di destra come di sinistra. È stato il secolo della politica e della militarizzazione delle coscienze, dell'ideologia, della teoria che ha voluto farsi immediatamente prassi, dell'intellettuale militante e "impegnato". E anche della critica e della crisi dei valori "borghesi", del parlamentarismo, della divisione dei poteri e della rappresentanza. Tutti questi elementi sono entrati in violenta frizione con la cultura e la prassi liberale. Che la sfida si sia infine conclusa con una vittoria ideale, e anche pratica, del liberalismo non era affatto, nel corso della lotta, un esito scontato. Anche perché gli intellettuali che non hanno "tradito", cioè che non hanno assecondato le pretese del pensiero illiberale, sono stati veramente pochissimi. Qui se ne individuano cinque, i più importanti, di cui si ricostruisce in modo originale il pensiero: Benedetto Croce, Michael Oakeshott, Karl Raimund Popper, Friedrich von Hayek, Isaiah Berlin. Si tratta di pensatori liberali di enorme statura intellettuale ma molto diversi fra loro per linguaggio, impostazione metodologica e risultati dell'analisi. A conferma della concezione liberale in esso delineata, il volume contiene anche una serie di saggi su vari aspetti del pensiero crociano.