
La scelta di scrivere questo testo, soprattutto per quegli studenti che – giunti in una Istituzione Universitaria – non hanno mai studiato (oppure lo hanno fatto solo ad un livello iniziale) filosofia, nasce da alcune constatazioni. Una di esse è che, alcuni ambiti disciplinari come l’educazione, la comunicazione, i procedimenti psicologici e terapici avvengono sempre all’interno di un sistema socio-politico-economico-ideologico, nel corso di processi storici e nel gioco dialettico delle culture e delle tendenze emergenti del tempo.
Per tal motivo si crede che anche lo studio e la formazione di competenze adeguate per interventi qualificati in campo educativo, psicologico o nel sistema sociale di comunicazione richiedano di avere un minimo di coscienza di questo quadro contestuale.
Il testo è “introduttivo”: intende semplicemente aiutare gli inizi di questa comprensione; avviare ad essa. Con ciò si viene a specificare ulteriormente la scelta di campo fatta: non si interessa della filosofia in se stessa, ma solo in quanto aiuta a comprendere le idee dominanti, le attese profonde e le speranze “alte” del nostro tempo, che stanno alla base o pervadono le scienze dell’educazione e la comunicazione sociale della contemporaneità.
Carlo Nanni è Rettore Magnifico della Pontificia Università Salesiana di Roma e Docente ordinario di Filosofia dell’educazione presso la medesima istituzione.
Gabriele Quinzi è Docente stabilizzato di Metodologia pedagogica evolutiva e familiare presso la Pontificia Università Salesiana di Roma.
Guido Baggio è laureato in Economia e commercio, dottore di ricerca in Filosofia e Docente nella Facoltà di filosofia presso la Pontificia Università Salesiana di Roma.
Luciano Pace è dottore di ricerca in Filosofia dell’educazione e Docente di Religione cattolica nella Scuola pubblica.
Una storia delle principali concezioni filosofiche sull'anima, la mente, l'io e lo spirito dall'antichità ai giorni nostri attenta a sottolineare le linee di continuità con le concezioni dell'anima e dello spirito proposte dai filosofi classici e a evidenziare il modo in cui le scienze cognitive e le neuroscienze hanno cambiato l'immagine che l'essere umano ha di se stesso. Il libro offre anche una breve rassegna sistematica delle soluzioni filosofiche al problema mente-corpo ed è aggiornato ai nuovi indirizzi di ricerca sulla mente che vanno affacciandosi nel XXI secolo.
Certeau è il punto di partenza per una riflessione sulla storiografia contemporanea alle prese con i suoi fantasmi e vittima del sentimento di inadeguatezza. Uno smarrimento che lo storico stesso assume con fatica, con il quale condivide con pena il proprio lavoro dato che la storiografia ha sempre avuto la pretesa di spiegare e significare, di dare senso agli avvenimenti del passato, operazioni la cui legittimità sembra venire meno in relazione agli eventi della seconda guerra mondiale e della distruzione degli Ebrei.
L'espressione "filosofia del sospetto" non indica un indirizzo formale o istituzionale del pensiero contemporaneo, ma un atteggiamento o un'interpretazione largamente dominanti nella riflessione otto-novecentesca consistenti nell'affermare la vittoria definitiva della grande suggestione, ossia dell'illusione tutta moderna, materialistica, nichilistica e psicoanalitica, della fine o dell'oltrepassamento senza ritorno della metafisica dell'essere e dell'oggettività. La sua storia antiquaria ne illustra alcuni nuclei teoretici essenziali porgendoli nella loro realtà di datati reperti museali.
Il presente Dizionario storico filosofico religioso viola la convenzione post-moderna e post-metafisica "che vieta di fare determinate domande". Questo libro è destinato alle persone disposte a valutare il senso, oltre che l'impiego, della libertà; portate a discutere i limiti della scienza e dello stesso universo; interessate ad interrogarsi su ciò che, alla fine, "rimane" della nostra vita; desiderose di confrontare il cristianesimo tanto con le altre religioni quanto con le differenti forme dell'agnosticismo ormai prevalente nel mondo occidentale.
Un ritratto complessivo di uno dei pensatori dell'antichità, la cui prodigiosa attività di ricerca, dalla metafisica alla biologia e alla fisica, dalla psicologia all'etica, dalla politica alla poetica, dalla retorica alla logica, ha rappresentato una vera e propria "enciclopedia del sapere" destinata a esercitare un'influenza duratura sul pensiero occidentale.
Per l'uomo di oggi, che non spera più nella salvezza alla fine dei tempi ma ha davanti a sé un tempo senza fine, navigare in mare aperto sembra ormai diventato l'unico modo di vivere. Ma quale rotta seguire, dopo il tramonto di ogni certezza e il declino della tradizione giudaico-cristiana in Occidente, due segni distintivi della nostra epoca? Al termine di un lungo e originale itinerario di riflessione sulla modernità, Salvatore Natoli analizza le varie forme del fare (il lavoro, innanzitutto, ma anche il consumo, il progresso, il rischio) e il loro rapporto con quello che dovrebbe essere il vero obiettivo di ogni essere umano: un buon uso del mondo. Partendo dalla distinzione aristotelica tra "agire" (dare un senso alle proprie azioni) e "fare" (eseguire un compito), l'autore si chiede quanto, nella nostra frenetica attività quotidiana, siamo "agenti", soggetti capaci di realizzarsi in ciò che fanno, e quanto invece siamo "agiti", elementi impersonali di una serie causale e anonima di cui non si vede né l'inizio né la fine. Per essere titolari della propria vita, e quindi davvero liberi, non basta infatti conformarsi a ciò che l'organizzazione sociale richiede, ma occorre istituire un rapporto autentico con il proprio desiderio, con la propria corporeità e con gli altri. Così, nella società delle abilità, della tecnica e del saper fare, si ripropone in tutta la sua urgenza la questione delle virtù, intese come "abilità a esistere", in grado di darci stabilità e consistenza.