
La forma del dialogo appartiene alla letteratura quanto alla filosofia, nella quale ha toccato il suo vertice nella produzione platonica. Senza il dialogo la filosofia, così come la conosciamo, non avrebbe prodotto quei risultati e quei valori ai quali ancora oggi attingiamo. Se la figura di Socrate è addirittura impensabile al di fuori di una relazione dialogica e il suo non sapere non avrebbe senso, potremmo dire che anche una gran parte del pensiero non avrebbe toccato la profondità né il livello artistico che gli va riconosciuto senza il ricorso a questo mezzo. Questo Dialogo filosofico, di Vittorio Hösle, è l'esposizione più completa della storia letteraria e filosofica della forma dialogica, che dalle origini platoniche si estende ai momenti più interessanti e cruciali della nostra cultura. Dalla figura e dal ruolo di Socrate prende piede una trattazione che percorre l'intera storia del pensiero occidentale, con un felice intreccio di autori che ne rappresentano le stazioni più autorevoli. L'esposizione si svolge fluida, da Cicerone, Boezio e Agostino attraverso Abelardo e Lullo, Petrarca, Cusano e Bodin, D'Alembert, Diderot e Hume fino alla nostra epoca (nella quale questa forma sembra in declino) con Feyerabend e Murdoch. Un tema che nella sua complessità e ricchezza tocca l'interesse di ogni lettore.
"Non c'è dubbio che, lanciandosi nella stesura di questo testo significativamente intitolato In presenza di Schopenhauer, Michel Houellebecq abbia voluto condividere con i propri lettori questo incontro per lui così decisivo. La forza della rivelazione suscitata in lui da quella lettura, infatti, è innegabilmente legata allo shock procurato dal riconoscere un alter ego con il quale si capisce subito che sta per instaurarsi un'intesa duratura. Schopenhauer l'esperto di sofferenza, il pessimista radicale, il solitario misantropo, si rivela una lettura "confortante" per Houellebecq - in due ci si sente meno soli. Tanto da indurci a chiedere: Houellebecq era schopenhaueriano prima di leggere Schopenhauer, o è stata questa lettura a renderlo quello che conosciamo? Era già, fondamentalmente, "non riconciliato" (con il mondo, con gli uomini, con la vita) o Schopenhauer ha seminato i germi del conflitto? Houellebecq amava già i cani più del genere umano, o bisogna riconoscere, qui come altrove, l'influenza di Arthur?" (Dalla prefazione di Agathe Novak-Lechevalier)
«Possano i miei Quadri della natura fornire al lettore una parte del piacere che una mente ricettiva trova nella contemplazione della natura. E poiché tale piacere risulta moltiplicato dalla comprensione dell’intima connessione delle forze naturali, ad ogni saggio sono state accluse delle spiegazioni e delle aggiunte scientifiche.»In queste parole, che accompagnano la prima edizione dei Quadri della natura, scritti a Parigi dopo il viaggio in Centro e Sudamerica compiuto tra il 1799 e il 1804, risiede tutta la forza dirompente e innovatrice di questo libro e del suo autore. Esploratore, pensatore fuori dagli schemi, punto di riferimento della comunità scientifica del suo tempo, Alexander von Humboldt è stato il primo a osservare e descrivere l’ambiente come una rete globale in cui tutto è interconnesso, e a definire di fatto l’idea di natura che conosciamo oggi. Soprattutto gli viene riconosciuta l’invenzione del moderno concetto di paesaggio. I Quadri della natura rappresentano in questo senso un documento unico, un grande classico della letteratura scientifica – ma anche uno straordinario diario di viaggio – che rivive ora in una nuova edizione, arricchita da splendide illustrazioni in bianco e nero e a colori.
Si può persino affermare che una tradizione diventa tanto più divergente quanto più faticosamente aspira alla fedeltà. Essa infatti, cerca anche di imitare sottili peculiarità, evita il puramente generico, ma a ogni peculiarità può sempre e soltanto contrapporne una diversa. (Wilhelm von Humboldt)
Le opere fondamentali del pensiero filosofico di tutti i tempi. In edizione economica, con testo a fronte e nuovi apparati didattici, le traduzioni che hanno definito il linguaggio filosofico italiano del Novecento. Testo originale nell'edizione di T. H. Green e T. H. Grose.
Le vere cause della religione secondo l'originale e disincantata interpretazione del grande pensatore inglese. David Hume (1711-1776) è il maggior esponente dell'empirismo inglese.
L'Estratto isola e illustra i capisaldi del Trattato, arricchendo e chiarendo con formulazioni nuove la dottrina della causalità e della credenza. Completa il volume la Lettera di un gentiluomo al suo amico in Edimburgo, in cui Hume respinge le accuse di scetticismo assoluto e di ateismo, mostrando come invece la sua filosofia si concilia con la fede nella trinità e ne costituisce anzi il più saldo fondamento. Pubblicato anonimo nel 1740, nell'estremo tentativo di attirare l'attenzione degli studiosi e del pubblico sulla novità del pensiero espresso nel "Trattato", l'"Estratto" è stato definitivamente attribuito a Hume nel 1938. Ancora più recente (1967) l'attribuzione della "Lettera", la cui prima edizione, anonima, risale al 1745.
Gli scritti politici di David Hume, raccolti in questa prima edizione italiana integrale e completa, sollevano questioni scomode, difficilmente collocabili nelle classificazioni canoniche della storiografia moderna e contemporanea, che ha sin qui delineato dello Hume politico un'immagine di pensatore ambiguo, indecifrabile, persino "inquietante". Ciò nonostante, le sue idee sull'origine dello Stato e dell'obbedienza politica, la sua visione della libertà, della proprietà, della giustizia, della natura immutabile dell'uomo, delle istituzioni, del libero mercato, della stabilità politica e delle relazioni internazionali, oltre ad iscriverlo di diritto nel novero dei principali teorici politici moderni, costituiscono anche una preziosa fonte di ispirazioni per lo sviluppo del liberalismo e, soprattutto, del conservatorismo. Hume, infatti, si rivela il primo, vero conservatore dei tempi moderni, per avere inaugurato, anticipando di qualche decennio le tesi controrivoluzionarie di Edmund Burke, un conservatorismo "politico" nel vero senso del termine, libero dall'influenza del tradizionalismo religioso e basato sulla difesa dell'ordine, della sicurezza e dell'interesse della nazione, su una visione realistica dell'esperienza politica e sulla diffidenza verso il radicalismo, lo spirito di innovazione violenta, l'arroganza razionalista, la retorica ideologica e il fanatismo settario.
Per tutte le discipline che studiano il cervello umano la coscienza è la grande sfida ancora in corso, il territorio dove il rigore della scienza fa i conti con le pulsioni spirituali dell'uomo. In che modo, e soprattutto per quale motivo, entità fisiche quali siamo noi generano e provano sensazioni così impalpabili, così poco fisiche? Domande sfuggenti, come sfuggente è l'oggetto che si cerca di costringere in una risposta netta e definitiva. Tra le tante voci spicca quella di Nicholas Humphrey, che pone la coscienza in un'ottica darwiniana - si tratterebbe di un vantaggio evolutivo dell'uomo - e per capirne la magia non ha paura di scomodare una parola tabù per scienziati e psicologi: l'anima, il luogo in cui ognuno di noi vive e sperimenta la propria meravigliosa unicità.

