
Posto alla guida dell'Agip all'indomani della Liberazione, Mattei si diede la missione di dotare l'Italia di una ricchezza fondamentale per il suo sviluppo e la sua indipendenza, e nel giro di quindici anni mise in piedi l'Ini e la Snam; conquistò così non solo l'approvvigionamento diretto alle fonti di energia ma fece del nostro paese uno dei maggiori fornitori mondiali di manufatti e know-how per l'industria petrolifera. La sua grande spregiudicatezza nei confronti sia dei concorrenti esteri sia della politica italiana forse gli fu fatale: il 27 ottobre 1962 l'aereo che lo portava da Catania a Milano esplose in volo. Una morte che rimarrà uno dei misteri della storia repubblicana.
"Quando arrivavano le noci in tavola, noi figli potevamo prenderne due con garanzia, oppure quattro senza: quelle con garanzia erano rimpiazzabili se guaste; le altre, invece, andavano prese come venivano, buone o guaste. Come mai mio fratello spesso ne preferiva "due sicure", anche se sui tempi lunghi era più conveniente prenderne quattro?" Da qui trae spunto Paolo Legrenzi per esplorare i meccanismi mentali che ci guidano nell'investimento dei nostri risparmi. Vediamo così come emozioni, paure, rimpianti, illusioni, orizzonti temporali troppo corti ci ingannano, portandoci a decidere nei momenti sbagliati, a temere perdite improbabili, a ignorare i veri pericoli in agguato.
In questi anni abbiamo fronteggiato complesse crisi economiche, ambientali e finanziarie che ci hanno fatto capire di essere più vulnerabili di quanto pensavamo. Per affrontare le sfide del futuro servono modelli affidabili su cui fare previsioni e simulare scenari alternativi per passare dall'accettazione supina dell'incertezza alla gestione consapevole del rischio. Ma il "diluvio di dati" cui siamo sottoposti rende difficile distinguere tra notizie false e fenomeni reali, cosicché i cittadini rischiano di prendere decisioni sbagliate o di essere ridotti a spettatori di una politica che persegue obiettivi poco trasparenti. Ricostruire la catena che lega informazione, conoscenza e scelte politiche, così da selezionare in modo più consapevole anche la classe politica, diventa un obiettivo fondamentale della democrazia al tempo dei Big Data.
Millenni di vita in ambienti ostili e di lotta per la sopravvivenza hanno plasmato un uomo proiettato verso l'accaparrare risorse, soprattutto dalla natura. Ma oggi, nei tempi di crisi che stiamo vivendo, una parola un po' desueta sembra trovare un nuovo senso e una nuova pregnanza. Frugalità è la scelta consapevole di chi sa che non si può continuare a consumare il mondo che ci circonda con i ritmi degli ultimi decenni. Non significa tornare a un edenico quanto irreale passato, ma abitare il presente e proiettarsi nel futuro facendo i giusti investimenti e puntando su ambiente, educazione, ricerca, arte, scienza.
La grande recessione e il salto tecnologico in questi anni sono andati di pari passo. Per necessità e poi per virtù le imprese hanno affrontato ristrutturazioni in cui si trovano a convivere cacciavite, robot e tablet. Ma quali sono le politiche e gli strumenti che i governi e il sistema delle imprese devono adottare per rilanciare la manifattura? Un economista e un giornalista si confrontano con questa domanda e arrivano a conclusioni assai diverse. Gianfranco Viesti sostiene il rilancio di un'azione pubblica all'altezza delle sfide della globalizzazione, in grado di accrescere la dimensione delle imprese e di favorirne internazionalizzazione e innovazione. Dario Di Vico è per una politica industriale plurale in cui lo Stato diminuisca le tasse e passi l'iniziativa a banche, fondi di investimento e multinazionali.
Proseguire sulla strada dell'unione? Come? Quella che abbiamo oggi è una unione economica solo in minima parte: troppo ancora contano le decisioni dei governi, nazionali e locali, e le tante corporazioni di ogni paese. Né si può parlare di unione monetaria finché non si realizza l'unione bancaria. Allora che cosa fa difetto alla nostra "unione molto incompleta"? È mancata soprattutto - come sottolinea questo saggio - la volontà di realizzare un destino comune. Ogni unione presuppone infatti il desiderio di realizzare un bene che ci accomuna, cioè quanto si fa "per" gli altri e non solo "con" gli altri. Di qui l'importanza della solidarietà e della cooperazione, valori senza i quali il sogno europeo di venticinque anni fa rischia di svanire.
Troppa finanza nel mondo? Un OGM ipersviluppato rispetto alla sua naturale funzione di servizio dell'economia: è la finanza oggi. Gli enormi danni arrecati dalla crisi hanno richiamato l'attenzione sugli effetti di questa mutazione genetica: maggiore insicurezza economica e fragilità finanziaria, più diseguaglianza, meno crescita. Che fare? Più che complicare le regole va ridotta l'alimentazione della finanza attraverso l'eccessivo ricorso a manovre monetarie per governare l'economia. Va rilanciata alla politica la palla che, abdicando a propri compiti, ha passato alle banche centrali, sovraccaricandole di responsabilità.
Partendo dallo scenario tracciato nella XXX Lettura del Mulino sui cambiamenti, rapidi e tumultuosi, associati agli sviluppi della tecnologia in un mondo globalizzato, in questo volume Ignazio Visco discute tre temi di particolare attualità e rilevanza: la riforma della regolamentazione degli intermediari e dei mercati finanziari e l'enfasi sulla stabilità finanziaria dopo la "grande recessione"; la crisi dei debiti sovrani e le sue implicazioni per l'integrazione europea; il sistema produttivo e il ruolo dell'azione pubblica oggi in Italia. Il filo rosso che collega i diversi contributi, all'intersezione tra tendenze di lungo periodo e andamenti congiunturali, è la consapevolezza che la "grande trasformazione" in atto richiede interventi anche di natura strutturale da parte sia della politica economica sia della politica tout court, dentro e oltre i confini nazionali. Se non sappiamo, né possiamo, prevedere il futuro, dobbiamo però creare le condizioni per poterlo affrontare al meglio. Occorre quindi investire nelle infrastrutture materiali ma soprattutto in quelle immateriali, puntando sullo sviluppo delle conoscenze e competenze di tutti coloro che partecipano ai processi produttivi, aperti all'innovazione e al cambiamento. Bisogna poi riavvicinare la finanza alle esigenze dell'economia reale, con un'attenzione maggiore ai rischi per la stabilità finanziaria, e ricordare, infine, che le politiche europee e gli sforzi di riforma dei singoli paesi vanno accompagnati da un deciso...
Proprio come l'Idra, il mostro mitologico le cui teste, mozzate da Ercole, avevano il potere di rinascere raddoppiandosi, il capitalismo, un tempo solo occidentale oggi planetario, ricompare sulla scena del mondo riproponendo nuove e più sofisticate forme di schiavitù. Ma se è vero che dai grandi conflitti del '900 il capitalismo è uscito vincitore trionfando su ogni rivoluzione, è altrettanto vero che «l'uguaglianza è una necessità che si ripresenta continuamente, come la fame». Nella trama della storia qual è il posto di questo anelito, proprio delle religioni di salvezza e del comunismo moderno?
Come contrastare il potere delle grandi corporations e dei super ricchi? Nell'attuale contesto globale la veduta corta sembra imperare: ne sono esempio il capitalismo neoliberista che, ignorando le issues sociali e ambientali, distruggerà le proprie risorse; e i movimenti populisti che, ripiegati ostinatamente e illusoriamente entro confini nazionali, non riusciranno mai a imporre una qualche regolazione a livello sovranazionale. Solo organismi con competenze internazionali come ad esempio l'Ue o l'Ocse, purché investiti di un forte mandato democratico, potranno portare tutti i protagonisti ad abbandonare le proprie spinte autolesioniste.
«... immune dai suoi vecchi vizi e lontano, in ogni circostanza, dall'hybris dell'accentramento autoritario». Non ci interessa dimostrare l'essenzialità dello Stato o del mercato, ma capire come possano interagire per costruire il nostro futuro «Se fotografo i rapporti che oggi vedo fra lo Stato e l'economia e li confronto con quelli che ho vissuto e che ho contribuito a creare, la differenza che noto è grandissima». Uno dei protagonisti della storia politica e istituzionale italiana riflette su come oggi - in un mondo indebolito dalle crisi e sollecitato da grandi trasformazioni - sia illusorio pensare che il mercato possa da solo trovare soluzioni. Ma mentre in passato il ritorno allo Stato ha significato debito pubblico, inefficienza e corruzione, oggi lo Stato torna protagonista come investitore nelle imprese della crescita di domani e come Stato «provvidenza», capace di interventi che mai avevamo visto prima. Che cosa ha provocato un mutamento così profondo? È possibile oggi uno Stato promotore, dove l'utilità dell'intervento pubblico possa resistere alle patologie e alle storture che aprirono la strada al neoliberismo?
"Crescita, crescita": è la parola magica pronunciata a sazietà per salvarci da crisi che non cessano di succedersi... Questo per la pretesa dell'uomo di credere di poter sfruttare senza limiti i suoi simili e il pianeta e di aver creato un modello destinato a generare sempre maggior ricchezza, sempre maggiore felicità. Tuttavia, a partire dalle tesi di Nicholas Georgescu-Roegen, noi sappiamo che ciò non è possibile, mentre Ivan Illich e André Gorz ci hanno insegnato che è possibile un altro schema di società, capace di rispettare insieme l'ambiente e l'uomo. Gli "incontri" di Latouche sono con gli indios latinoamericani, con l'autarchia italiana tra le due guerre, con i precursori della decrescita, con la mercificazione dei viaggi alle Seychelles, con l'Africa, con la Cina e con i dibattiti e le esperienze in corso in Europa. L'opera ha un andamento quasi biografico con il susseguirsi di avvenimenti, esperienze e riflessioni. Prefazione di Patrick Piro.