
Non avremo mai uno sviluppo solido e un'Italia più civile se nel Mezzogiorno non ci sarà una svolta e non si avvierà una crescita capace di autosostenersi. Nella difficilissima congiuntura presente non è più possibile sottrarsi a un interrogativo che vale il nostro futuro: perché non abbiamo saputo sciogliere il nodo del mancato sviluppo meridionale? Uno dei più attenti conoscitori del nostro Sud risponde che il problema non è economico e non dipende dalla carenza di aiuti, bensì dall'incapacità della classe politica locale di creare beni e servizi collettivi. La scarsa cultura civica, quel familismo amorale che proprio al Sud è stato "scoperto", non è soltanto il retaggio di una storia remota, ma anche il frutto di ieri e di oggi, lasciato marcire dalla politica locale tollerata dal centro. Come spezzare questo circolo vizioso? Contro una visione salvifica del federalismo e un malinteso autonomismo, bisogna porre vincoli severi all'uso clientelare della spesa e delle politiche locali attraverso un controllo più stringente da parte dello stato centrale e dell'Unione europea.
"Le autorità di vigilanza si sono cullate nell'illusione che le regole già scritte fossero sufficienti e che i problemi potessero essere risolti dall'autoregolamentazione. Questo atteggiamento, alimentato dalla pressione delle lobby finanziarie, è stato il principale responsabile delle regole che non sono mai state scritte, il grande buco nero di questa crisi. Il nesso fra banche e politica era troppo forte perché la crisi, per quanto grave, potesse spezzarlo."
"Se in passato c'è stato un problema di troppo pochi mezzi di informazione e quindi di un accesso limitato all'informazione, oggi, e per il futuro, la preoccupazione maggiore è che, in un mondo dove prevale semmai l'abbondanza nell'offerta di contenuti, ciascuno resti nel suo piccolo recinto di informazione amica e non si esponga mai all'ascolto di idee diverse dalle proprie."
Non sempre le previsioni economiche sono azzeccate: e anche un paese vecchio e ricco come l'Italia può riprendere a crescere. "Da quando l'euro e l'Europa sono in crisi, sembra che le vie della crescita stiano finendo. Non è così. È la via fiscale e monetaria alla crescita che si è esaurita. Per dare nuovi orizzonti alla crescita economica, facendo una robusta concorrenza alla Cina senza alzare barriere protezionistiche, bisogna rilanciare un vero mercato transatlantico e completare l'integrazione tra Europa e Stati Uniti".
Alla difficile ricerca di nuovi equilibri tra decentramento e globalizzazione, prima che sia troppo tardi. "La tensione tra globalizzazione e decentramento genera spinte che la tradizionale struttura statuale non è più in grado di gestire. Sono fenomeni che la crisi ha accentuato, soprattutto in Europa, dove aumentano le disuguaglianze e cresce l'insofferenza dell'opinione pubblica. La stessa Unione monetaria è a un bivio: o i paesi dell'euro realizzano una vera integrazione politica e fiscale oppure le prospettive di sopravvivenza della moneta comune appaiono limitate".
"Molti sono convinti che la crescita economica di un paese sia determinata sempre dal livello o dall'aumento delle infrastrutture, indipendentemente da qual è lo stadio a cui la crescita è arrivata. Ma non è così. Certo, se prendiamo un paese che è quasi del tutto privo di infrastrutture, per esempio una nazione che si trova al centro dell'Africa, è chiaro che lì la costruzione di un'infrastruttura costituisce un passaggio essenziale per la crescita e di fatto ne diventa un volano. [...] Non è certo realizzando la Livorno-Civitavecchia in forma autostradale che la crescita dell'Italia può accelerare di chissà quanto. E neanche realizzando la Tav o il nuovo traforo del Brennero vedremo aumentare il Pil in modo consistente e, soprattutto, duraturo." (l'autore)
"Ripubblicare il testo di Newman mette oggi a contatto con le sue parole. Non siamo nell'Inghilterra della prima metà dell'Ottocento, ma in pieno mondo globalizzato, con un carico di rassegnazione di fronte a meccanismi che ci appaiono più grandi di noi (anche da parte dei cristiani). Queste parole, oggi, risuonano come un monito in un quadro di globalizzazione finanziaria, in cui esistenze e sentimenti sono dominati dalla invisible band del denaro. Non si tratta di 'dottrina sociale', bensì di un confronto serio e serrato con la parola di Gesù, che offre - come dice Newman - 'ampia materia di serio pensiero'. E l'attualità di questo testo del futuro cardinale inglese: come vivere nel capitalismo ed essere cristiani? Newman non presenta facili soluzioni (che peraltro sarebbero oggi datate), ma intende aprire contraddizioni, far pensare e far decidere. Qui sta l'attualità della sua predicazione sulle ricchezze." (dalla prefazione di Andrea Riccardi)
Polanyi indica la strada al progetto della decrescita pensando la trasformazione sociale con le radici nella cultura che influenza il tipo di relazioni umane e anche economiche. Non c'è dubbio che per lui la trasformazione della società diventi un'azione che arriva a porsi l'obiettivo del mantenimento dei legami sociali, proprio perché lo scambio basato sul guadagno e sull'arricchimento da plusvalore non è solo un passaggio storico «eccezionale», ma è «innaturale».
La coppia democrazia-capitalismo è in crisi, vittima di una depressione che non è solo finanziaria. Trionfa invece il capi-comunismo visto che mentre la nostra economia va in pezzi, la Cina cresce a ritmi vertiginosi. Più 9 per cento del Pil nel 2009 e un piano di investimenti grandioso: strade, scuole, ospedali, ferrovie, colossali impianti per la produzione di energie rinnovabili. Si può ancora dire che il comunismo è stato sconfitto dalla storia? 0 è tempo di cominciare a guardare alla società con occhi un po' più a mandorla? Per esempio, le misure anticrisi attuate dai nostri governi sono servite ad arricchire gli stessi speculatori responsabili del collasso, mentre l'intervento statale cinese ha permesso di limitare i danni e ricominciare a crescere. La nostra vita politica è scossa da continui scandali e violazioni del diritto, mentre in Cina stanno nascendo nuove forme di partecipazione, pur all'interno del partito unico. E tra i grattacieli di Shanghai e Pechino si avverte uno slancio verso la modernità che il vecchio Occidente non riesce più nemmeno a immaginare. Da Margaret Thatcher a Berlusconi, da Wall Street al Cile di Pinochet, passando sempre per Pechino, questo libro racconta una deriva che abbagliandoci con la promessa del benessere ci sta privando della libertà. E grazie a esempi e testimonianze di imprenditori, studiosi, giornalisti, attivisti dei diritti umani spiega invece come la Cina sta lavorando per migliorarsi.
Il volume-guida del seminario di formazione per i giovani studiosi di Comunione e Liberazione.
Alla fine del 1928, l'economia degli Stati Uniti viveva un momento di grande euforia: la Borsa andava a gonfie vele, le azioni crescevano, il denaro correva a fiumi... Di lì a pochi mesi quel mondo di carta e di illusioni sarebbe crollato come un castello di sabbia, distruggendo patrimoni, obbligando migliaia di industrie a chiudere, gettando sul lastrico milioni di famiglie, provocando all'interno degli USA una migrazione selvaggia di milioni di disperati in cerca di lavoro con le loro famiglie. In questo libro John K. Galbraith racconta che cosa determinò quei tragici giorni.
Il volume affronta la necessità da parte dei pontefici di approntare una economia sociale al fine di perseguire il bene comune. L'autore pertanto analizza le encicliche da Leone XIII fino a papa Francesco al fine di spronare alla creazione di un sistema economico incentrato su elementi capaci di conciliare libertà e giustizia sociale, sviluppo economico ed equa distribuzione dei beni e progresso sociale. Al fine di sottolineare quanto era stato evidenziato da Giovanni Paolo II sull'economia di mercato, l'autore ferma l'attenzione sul pensiero sociale di Benedetto XVI contenuto nella enciclica Caritas in Veritate, non solo perché essa sintetizza il precedente magistero, ma soprattutto perché ripropone la prospettiva di un'economia sociale nella DSC (Dottrina Sociale della Chiesa) in un contesto teologico e antropologico più esplicito. Il volume si chiude con l'analisi dell'Evangelii gaudium di papa Francesco il quale, nella sua esortazione apostolica volta alla Nuova Evangelizzazione, parla anche di economia e di mercato condannando quell'economia che ha perso di vista il proprio fine ministeriale perché preda dell'idolatria e del denaro.

