
L'autore, con slancio al futuro ma attenzione alle lezioni del passato, accompagna il lettore in un percorso che racconta, senza tecnicismi, la storia di molte delle questioni più significative oggetto del dibattito economico e sociale degli ultimi anni: l'euro, i rapporti banche e imprese, l'educazione finanziaria ed al risparmio, lo spread. Il messaggio è chiaro: non si esce davvero da questa lunga e severa crisi, non ci sarà ripresa duratura, se non sapremo leggere e imparare le dure lezioni che la storia, anche recente, ci da. Dobbiamo ripartire insieme, con coraggio e umiltà, per un futuro caratterizzato da più etica e più efficienza.
Le problematiche inerenti al bilancio di esercizio hanno conosciuto nel tempo una notevole evoluzione, derivante dai profondi cambiamenti che hanno caratterizzato l'economia delle imprese e dell'ambiente in cui esse vivono e operano.
Senza il Sud, l'Italia sarebbe più ricca, e crescerebbe di più. Le regioni del Sud inghiottono senza frutto un fiume di risorse pubbliche. Sono soldi sprecati, sottratti all'Italia che produce ed è costretta a mantenere i meridionali. Sono soldi che finiscono nelle mani di politici corrotti e organizzazioni criminali. D'altronde i meridionali sono diversi dagli altri italiani: non hanno senso civico, sono familisti, hanno storia e cultura a sé. Questi sono gli argomenti del teorema meridionale. Che ha una sua logica. Ma è falso. Questo libro dimostra perché.
Non c'è italiano che non pensi di essere in credito con lo Stato, perché ritiene di pagare più tasse di quanto riceva in servizi. Ma non è così per la maggior parte di noi. In realtà chi predica a favore di una riduzione delle tasse e della spesa pubblica, di fatto predica a favore di una sperequazione dei redditi che avvantaggia le classi più ricche. Vivere in un paese che fornisce buoni servizi è meglio che vivere in un paese dove si pagano poche tasse.
Oggi la speculazione domina la finanza. La finanza controlla l'economia. L'economia determina le scelte politiche. La politica impatta sulla vita delle persone. Quello che dobbiamo fare è semplicemente ribaltare l'attuale scala di valori e leggere al contrario le frasi precedenti.
La democrazia diretta invocata dai populisti rischia di sfociare nella dittatura della maggioranza. Il peggiore nemico del populismo sono i corpi intermedi della cosiddetta società civile: associazioni, partiti, sindacati, autorità indipendenti, amministrazioni pubbliche. La lucida analisi di una questione essenziale per il futuro del nostro mondo, e una proposta concreta sul tema dell'immigrazione.
II primo decennio, del terzo millennio, si è aperto con una crisi economico-finanziaria che non conosce precedenti. I notiziari aprono e chiudono con news legate alla finanza e non di politica economica. E' il mercato finanziario che decide le sorti di un governo che sia di destra o di sinistra, non importa. La finanza giornaliera decide le sorti di uno stato. Tutto è sacrificato sull'altare della borsa finanziaria. Come è possibile che la finanza, che è gestita da pochissime persone, possa manovrare il mondo?
La crisi attuale avrà lunghe ripercussioni, nonostante le manovre di rigore, se non si ritorna a riporre al centro l'economia e la politica che a loro volta rimetteranno al centro l'uomo come immagine di Dio. Ci si deve interrogare sul serio su quale politica e su quale economia scommettere?
Don Paolo Malerba, laureato presso la Facoltà di Teologia dell'Italia settentrionale, Milano, 2000. Dottorato in Pastorale con specializzazione in Dottrina Sociale de[I.a Chiesa presso l'Università "Lateranense", Roma, 2006. È sacerdote nella diocesi di MolfettaRuvo-Giovinazzo-Terlizzi; ha vissuto quattro anni con i padri Comboniani tra formazione e lavoro missionario a Marsabit in Kenya.
Per la Tau Editrice ha pubblicato, nel 2012 il volume "Lavoro, dono o castigo".
Una riflessione, alla luce della riflessione morale cristiana, sul mondo del lavoro, dell'etica degli affari e delle responsabilità sociali delle imprese nella vita della comunità civile. Una delle principali sfide dell'era moderna è stata quella di riuscire a integrare gli affari nella struttura e nella vita della comunità civile, ma troppo spesso i pensatori sociali cristiani hanno dato a questo tema meno importanza di quello che avrebbe meritato e hanno trascurato le modalità attraverso cui l'economia contribuisce al bene comune e a quello privato.
John Perkins torna alla riflessione sull'impero globale e sulla base economica che lo sostiene, le corporation statunitensi. Analizzando quattro zone calde del pianeta - Asia, America Latina, Medio Oriente e Africa - grazie alle testimonianze di collaboratori "pentiti" delle multinazionali, mercenari, attivisti, politici e vittime dello sfruttamento, Perkins denuncia le responsabilità del governo americano e di organismi come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale nel creare una crisi geopolitica ed economica della quale beneficiano soltanto pochi privilegiati. Ma se la corruzione, l'instabilità, l'ingiustizia sono ormai pratiche dominanti, le storie di chi le combatte dimostrano che c'è spazio anche per immaginare un pianeta diverso. "Non troverete del catastrofismo in queste pagine", avverte Perkins. "Per quanto seri, i nostri problemi sono opera dell'uomo. Poiché siamo stati noi a creare i nostri problemi, possiamo anche risolverli". Un libro allarmante ma non privo di speranza, dedicato a quanti si impegnano a costruire "un mondo stabile, sostenibile e pacifico".
Com'è possibile che l'umanità, che ha raggiunto un progresso tecnologico senza precedenti, non riesca a fare in modo che ogni uomo sul pianeta possa disporre di una casa, di cibo, degli indumenti essenziali, di cure adeguate, di un lavoro dignitoso commisurato alle sue possibilità? A questa domanda fondamentale - e sempre più urgente visti il degrado della nostra società e l'acuirsi delle disuguaglianze fra poveri e ricchi - la lettura di questo libro fornisce alcune risposte. Per l'autore la società potrà cambiare soltanto quando un'etica diversa guiderà le nostre azioni, sapremo instaurare un nuovo rapporto con la natura e abbandoneremo l'odierna "logica della crescita e della produttività", che si è rivelata rovinosa e incapace di risolvere i problemi, per una logica economica alternativa, davvero a misura d'uomo (con la creazione di fattorie e di piccoli centri abitati in cui si pratichi un'agricoltura di sussistenza, ad esempio, e una produzione industriale limitata ai beni veramente necessari). Con il suo stile semplice e diretto, Pierre Rabhi trasmette ai lettori una profonda simpatia per la terra e per il suo ideale di una sobrietà felice.
Il saggio di Cecotti rompe il silenzio costruito dalla cultura cattolica" italiana degli ultimi decenni attorno alla figura e al pensiero sociale di Carlo Francesco d'Agostino. "

