
Cosa accade quando la cultura incontra una struttura politica, amministrativa, una macchina organizzata? Accade che o la "macchina" decide di rischiare e quindi di lasciare libera la cultura di manifestarsi; oppure succede che la "macchina" otturi i pori più pericolosi della cultura e, alla fine, la lasci agonizzare. Il duello che racconta Vittorio Sgarbi in "Clausura" è proprio questo: libertà della cultura o clausura. Non c'è margine di trattativa. O l'una o l'altra. Due anni alla guida dell'Assessorato alla cultura di Milano. Due anni di idee, battaglie per difendere valori assoluti e non negoziabili, opere che l'ignoranza amministrativa non può consentire di distruggere e che l'indifferenza quotidiana non può far dimenticare. Due anni di polemiche per affermare che il dio denaro, gli automatismi inerti della burocrazia, l'ignavia non devono avere la meglio sulla cultura. E all'appello non mancano niente e nessuno in questo libro: suor Letizia (Moratti), frate Clemente (Mastella), Glisenti, l'Expo, Berlusconi, Veltroni, l'Ara Pacis, le pale eoliche, la valle del Belice e molto altro. Perché la clausura di Milano si diffonde per tutto l'arco della penisola e ha due sinonimi: interessi e ignoranza. Ma ripartire si può. Da Salemi.
Questa monografia, agile e completa, ripercorre vita e opere del Caravaggio, analizzando la sua esistenza disordinata e avventurosa e la grandezza rivoluzionaria dei suoi capolavori. Come spiega Vittorio Sgarbi "Vita e opere di un artista finiscono sempre con l'assomigliarsi; ma in Caravaggio c'è uno spirito di gioco, un piacere della beffa e una mancanza di misura nella vita che non si rispecchiano neanche nell'opera più spregiudicata, la quale si spiega bensì attraverso un radicale rinnovamento del pensiero cui è estranea ogni sregolatezza".
Un merito universalmente riconosciuto a Vittorio Sgarbi è la sua capacità, il suo talento nel raccontare sia con la scrittura sia verbalmente, la storia dell'arte. Passando da racconti di vita personale a chiacchierate con studenti, a citazioni di Leopardi, Dickinson, Dante e molti altri fino a lezioni su opere d'arte note e meno note, Sgarbi vuole qui rendere omaggio ai due maestri della scrittura d'arte che sono stati i riferimenti principali della sua storia di critico.
L'anima non è un insieme di neuroni e grazie all'opera d'arte riesce a sopravvivere a essi. In un confronto con lo scopritore del DNA Francis Crick, che considera l'anima un processo biochimico destinato a scomparire con la morte, Vittorio Sgarbi si pronuncia per la possibilità di una forma di immortalità non religiosa, ma conseguita attraverso le opere. Quando, cioè, l'uomo riesce in quella misteriosa operazione alchemica di trasferimento della sua anima dal corpo a quella sorta di protesi, eterna, che è l'opera d'arte. Un percorso nell'enigma dell'anima, fra tradizioni religiose e patrimonio artistico dell'umanità.
Attraverso un percorso rigoroso ed innovativo, sospeso tra sentimento e favola, tra l'immaginario e il meraviglioso, dove entrano prepotentemente anche la storia e il Concilio di Trento, questo film-documentario rende più agevole la comprensione del cammino artistico del Guercino, introducendo in modo discorsivo i vari temi costitutivi del suo operare artistico, le vicissitudini e gli aneddoti della sua vita, raccontati per il pubblico da due personaggi tanto diversi, ma fini conoscitori dell'artista di Cento. Il libro riporta la storia umana e artistica del Guercino nel racconto storico-critico di Vittorio Sgarbi e di Sir Denis Mahon.
"Non c'è un limite a tutto. Non è vero che c'è un limite a tutto. Allo scempio, a quanto pare, non c'è limite. Perché lo scempio ci circonda, ci perseguita, ci assale in ogni luogo. Sai che cos'è lo scempio? Lo scempio è tutto quello che non eravamo e che siamo diventati, che non desideravamo ma che c'è stato imposto, che non avremmo mai immaginato e che invece si è materializzato, si è concretizzato, è divenuto il nostro volto e il nostro incubo. Il volto e l'incubo del nostro paese, la faccia orribile dell'Italia. Perché è lo scempio, ormai, il carattere dominante dell'Italia" (Vittorio Sgarbi).
Vittorio Sgarbi compie una incursione nei concetti del bene e della bellezza, traendo spunto dalla grande tradizione dell'Occidente cristiano in materia di sanità e malattia. La cristianità dell'assistenza nasce proprio dall'esigenza, dal dovere morale di curare il malato come farebbe Dio. Ma sembra talora che Dio non possa stendere la sua mano, ed è allora che l'assistenza interviene ricreando le condizioni di possibilità di quel miracolo che Dio non può fare. Per quanto riguarda l'architettura, l'autore afferma che l'idea dell'architetto è un'idea filosofica, al servizio di una funzione. L'architettura non può esistere se non in rapporto alle esigenze reali dell'esistenza umana.
"Percorsi perversi di un secolo già trascorso in cui si è visto, detto e fatto tutto e il contrario di tutto. Si è uccisa la figurazione e la si è fatta rinascere; si è affermata l'Avangardia fino a trasformarla in una dittatura e la si è fatta morire. Oggi l'Avanguardia è un fantasma che non inganna più nessuno. Eppure è ancora un linguaggio obbligatorio. Se osserviamo i moti, i passaggi, gli intrecci del Rinascimento, dell'età baroccca, del Settecento, vediamo diversità, varietà, contrasti, ma come aspetti di un pensiero unico o prevalente. Nel Novecento le linee dominanti sono molteplici, contrapposte, elusive: domina una babele di linguaggi che fa convivere le esperienze più lontane in una perfetta intolleranza." (Vittorio Sgarbi)

