
Affascinanti vite di donne in comunione con la chiesa e con gli uomini tutti.
Gli studi sulla condizione della donna nella chiesa antica sovente si sono limitati a evidenziare l’antifemminismo dei padri della chiesa. Forse c’è qualche altra parola sulle donne, qualche altra parola di donne che, nonostante tutto, è pervenuta fino a noi. In questa raccolta abbiamo voluto cercare queste parole di donne e sulle donne nell’ambito ristretto della vita monastica dai suoi albori fino al vi secolo, cioè fino a Scolastica, sorella di Benedetto; le biografie di monache qui raccolte provengono da ambienti sociali e culturali molto diversi, dall’oriente e dall’occidente, da un’area geografica che dall’Egitto risale a Roma passando per la Palestina.
La dimensione femminile serba in sé un anelito alla vita di comunione, perché vi è inscritto nelle viscere uno spazio di accoglienza per altri, e per Altro, una custodia delicata e forte. Nei vangeli si legge di donne abitate da passioni forti, di donne che seguono il Signore fin sotto la croce, si prendono cura di lui, del suo corpo, fino a diventare le prime testimoni del Risorto: quel volto luminoso ha continuato nella storia a muovere il desiderio di incontro con chi si ha accanto nella casa, nella comunità, nella chiesa, nel mondo, il desiderio di relazioni che danno vita.
«Un cuore solo e un’anima sola»: questo il precetto fondamentale trasmesso dalla prima comunità monastica di Gerusalemme, divenuto nei secoli modello ideale per la vita comune in ogni monastero. Nei monasteri femminili, più ancora che in quelli maschili, le donne che si consacrano a Dio attraverso la vita comunitaria sono prive di prospettive di gratificazioni personali, diremmo oggi di “carriera”. Unite alle sorelle dal vincolo dell’amore e del perdono reciproco, dall’obbedienza e dall’humilitas, vivono nell’accudimento di un bene condiviso. La loro vita è scandita dai rigidi orari che governano la preghiera e le incombenze quotidiane: le mura del monastero come confini del mondo, dove prende forma, come afferma Enzo Bianchi nella sua Introduzione, «una societas di donne che gestiscono tempi, spazi, lavori, economie in un’autonomia praticamente esente da qualsiasi interferenza esterna, una societas di cui possono entrare a far parte a pieno titolo donne già schiave o libere, ignoranti o colte, nobili o popolane, ricche o povere una societas la cui autorità – la badessa – è eletta liberamente con il voto di tutte le sorelle mediante quello che oggi chiameremmo un “suffragio diretto e universale”costituisce un ambito culturale ricco e liberante, difficilmente reperibile altrove nella società medievale»