
Questo volume è dedicato alla secolarità definita «sacra» perché rappresenta lo stile di vita cui siamo chiamati, superando la dicotomia tra il sacro e il profano. Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di trasfigurarlo - che è qualcosa di più che redimerlo: è risuscitarlo. Bisogna «trovare» il sacro e «creare» la via secolare. La scoperta della secolarità sacra ci sembra essere il catalizzatore affinché la trasformazione non sia solo un cambio d'abito, una nuova moda, ma una mutazione storica. Il compito non è facile, ma è urgente e anche affascinante. Il libro tratta vari aspetti della realtà secolare, formando un tutto armonico. La prima sezione è dedicata alla filosofia della secolarità; ne sviluppa la descrizione, analizza la sacralità del secolare e riporta alcune considerazioni sulla sfida che la secolarità rappresenta per le religioni tradizionali. La seconda è dedicata alla politica come aspetto non trascurabile della vita: l'Uomo è soma, psyche, polis e kosmos. In quanto polis, la sua appartenenza a una comunità (politica) è fondamentale. Questa sezione comprende vari articoli collegati alla sociologia che abbraccia anche la formazione universitaria. La terza sezione, dedicata alla pace, comprende due libri: Concordia e Armonia, raccolta di alcuni articoli che illustrano come la pace non possa che essere il risultato di una secolarità vissuta nella sua sacralità, e Pace e disarmo culturale. La sezione termina infine con alcuni scritti sull'ecosofia che, come dice la parola, è la saggezza della Terra che siamo invitati ad ascoltare e con la quale fare pace. L'invito alla pace, traguardo per la vita armoniosa dei diversi popoli sulla Terra, è un obiettivo che può essere raggiunto individualmente superando l'ego e collettivamente accettando la pluralità delle culture e tradizioni, senza che nessuna di esse pretenda di prevaricare imponendo una sola economia, una sola politica, una sola religione... Non è forse la varietà il dono più bello che possiamo riscontrare anche nella natura, e a maggior ragione tra i popoli?
Per Pannikar la mancanza di una vita simbolica è la più grande lacuna delle nostre società. L'uomo è menomato, non ha ponti con il senso del vivere quotidiano e con l'infinito. L'uomo riconosce il simbolo anzitutto nella natura. Il Kailash è la montagna sacra degli induisti e di altre religioni; è l'eccellenza, il simbolo che unisce l'uomo al cielo e al destino. Panikkar stesso, in tarda età e a rischio della sua stessa vita, ha compiuto un pellegrinaggio al Kailash, nell'attuale Tibet. L'uomo riconosce i simboli nella natura (montagne, alberi, fuoco, acqua), e ne costruisce con le proprie mani, ha l'arte del simbolo per creare i ponti con il significato. L'uomo simbolico diviene uomo artista, da lui nascono immagini, costruzioni, miniature, architetture, musiche. Viva, che danzando crea l'universo simboleggiato da un cerchio da cui brillano dei fuochi, è una delle immagini più coinvolgenti dell'umanità. Dai grandi templi dell'India scavati nella roccia alle guglie della Sagrada Familia del catalano Gaudí, conterraneo di Panikkar, l'arte è fonte e veicolo di simboli. Per la prima volta vengono raccolti gli scritti di Raimon Panikkar sul simbolo insieme con le immagini che permettono di contemplare quanto espresso dalla sua parola.
Octavio Paz fu ambasciatore del Messico in India dal 1962 al 1968. Qui conobbe e strinse amicizia con Panikkar, come testimoniano lettere, riflessioni e appunti qui riportati. Nel libro si trova anche la trascrizione integrale di un incontro svoltosi alla televisione messicana nel 1982 sul tema «Oriente e Occidente», da cui scaturisce la forma diversa delle intelligenze dei due interlocutori, più erudita e intellettuale quella di Paz, più spirituale e propriamente religiosa quella di Panikkar. Tale aspetto riemerge nell'appassionata confessione dello scrittore contenuta in una lettera a Panikkar datata 1976, in cui descrive il proprio rapporto conflittuale con le due forme di temporalità che descrivono l'esperienza umana, quella lineare della storicità occidentale e quella circolare della spiritualità orientale, esemplificata dalla figura del sadhu. Il libro include infine un testo di Panikkar a commento del poema Vrindaban, che il poeta messicano aveva avuto modo di recitare all'amico catalano.
Mentre il primo tomo del volume "Mistero ed ermeneutica" trattava di mito, simbolo e culto, tre forme attraverso le quali l'uomo si apre al mistero della Realtà, il secondo tomo è dedicato alla fede, all'ermeneutica e alla parola come espressione di questa apertura. La prima sezione si articola intorno alla fede, alla sua natura, e cerca di rompere la monopolizzazione della fede ad opera di una certa sua interpretazione ristretta. Solo il carattere simbolico delle parole e il loro uso in senso mitico può vincere la tendenza della nostra ragione ad arrogarsi il monopolio sul significato delle parole. La seconda sezione cerca di applicare l'ermeneutica ad alcuni dei problemi presenti nell'odierno incontro tra religioni e nel confronto tra le varie visioni del mondo. Lo sforzo qui è di integrare le interpretazioni, dettate dalla situazione contemporanea, della cosiddetta teologia fondamentale. Da questa prospettiva ermeneutica viene esaminato un esempio fornito principalmente dalla religione cristiana. L'ultimo capitolo analizza un aspetto importante di ogni religione, che sembra essere stato spesso indebitamente trascurato. La secolarizzazione e la religione trovano certamente un punto di incontro nel sottolineare l'importanza non solo della liberazione, ma della libertà. La terza sezione è composta da quattro testi che affrontano il tema del rapporto tra Uomo, Realtà e Parola, ciascuno da una particolare prospettiva.
Il testo qui proposto affronta la drammatica crisi in cui versa il mondo contemporaneo, una vera e propria "conflagrazione cosmica", secondo la definizione dell'autore, attraverso il mito della divinità hindù di Indra. Per Panikkar Indra assume un valore paradigmatico rispetto alla condizione umana attuale, un simbolo delle energie demoniache e divine che si contendono la supremazia al fondo della nostra più invisibile interiorità. L'India ha ceduto alla tentazione di mettere la scienza e la tecnologia sul piedistallo di Indra andando nella direzione sbagliata: "... la via verso la modernizzazione che l'India ha preso non ha portato alla liberazione promessa. Non ha conseguito il suo scopo. Ha fallito!". La prima parte di questo studio prepara lo sfondo per la tesi di Panikkar. Per questo la megalopoli Mumbai è un'illustrazione spaventosa, ma adatta. Nella seconda parte si presentano le cause più profonde del problema: le civiltà indiche sono incapaci di affrontare il complesso tecnocratico della modernità; il loro carattere autodistruttivo è inerente alle civiltà tecnocratiche. Da questo punto di vista il libro non si limita a descrivere ciò che accade nel sub-continente indico, ma ha l'ambizione di indicare al mondo intero una trasformazione radicale, una sorta di "Utopia" che ha tutte le risorse per realizzarsi, per divenire "concreta".
Il libro riporta l'incontro pubblico fra Raimon Panikkar e Angela Volpini che ebbe luogo nel 2000 presso Vivarium, a Tavertet, in Catalogna. Sei domande ciascuno su temi fondamentali della vita, rivolte da Marcel Capellades al filosofo e pensatore di fama internazionale e alla mistica che vide la Madonna per nove anni da bambina e dalla quale ricevette una visione della natura dell'uomo. Le loro risposte, brevi ed essenziali, ci offrono le loro visioni della realtà. Dice Panikkar in una lettera scritta ad Angela: "Mi trovo in sintonia totale con te. E significativo che malgrado le differenze culturali coincidiamo non soltanto sull'amore, ma anche nelle idee".
Il secondo tomo del volume III, "Una cristofania", riporta, sempre in ordine cronologico, altri scritti che vanno fino alla piena maturità dell'autore, esprimendone l'evolversi del cammino spirituale e la testimonianza di fede che trova la completa espressione in "La pienezza dell'uomo", un libro più volte pubblicato in diverse lingue. Il titolo, "Una cristofania", si riferisce per lo più a una forma di religiosità, la Cristiania, che è concentrata sull'esperienza diretta del mistero cristico. Come appendice al volume vengono riportati estratti di alcune lettere scritte al vescovo di Varanasi (India), rev. Patrick D'Souza, con cui l'autore fu in costante corrispondenza fin dal 1968. Essi testimoniano il suo impegno sacerdotale, nell'ambito del rapporto personale, sacramentale e istituzionale con il capo della diocesi in cui rimase incardinato fino alla fine della sua vita.
"Che cos'è il cristianesimo. Cristianesimo è un termine semplice, con un significato ben definito. Tale significato è appunto il "concetto" di cristianesimo: molti si fermano qui, e confondono il "cristianesimo" con il "concetto" di cristianesimo. Per quanto possano avere un concetto giusto, corretto e, almeno in certa misura, anche vero del cristianesimo, quest'ultimo resta tuttavia per loro sempre e soltanto un concetto, un'idea - o, se si vuole, anche un ideale -, un'essenza. Non arrivano comunque mai a penetrare il concetto fino a raggiungere il cuore stesso della cosa, della res significata (come fa notare san Tommaso d'Aquino). Così sfugge loro quella realtà vitale e misteriosa - una realtà che è sempre trascendente e che, di conseguenza, è mistero - che sta alla base del concetto stesso. Per costoro il cristianesimo è una dottrina, un Credo, concepito appunto come una serie di formulazioni cui di solito danno il nome di dogmi, e che interpretano come affermazioni di tipo intellettuale, relative ad aspetti determinati. Non intendiamo certo affermare che il cristianesimo non "abbia" una sua dottrina, vogliamo solo sottolineare il fatto che esso "è" molto più di tutto questo, molto più di un concetto, di un'essenza o di una serie di formule o di dogmi." (Dall'introduzione dell'autore). Il corposo volume III dell'Opera Omnia, Cristianesimo, tema centrale della ricca produzione di Raimon Panikkar, consta di due tomi. Questo primo tomo riguarda per lo più la tradizione cristiana...
In questo testo dedicato all'ecosofia, a quella saggezza della Terra che l'uomo ha purtroppo dimenticato di ascoltare, Panikkar offre una cornice interculturale-ermeneutica globale ai fini di instaurare rapporti equilibrati tra il sé e la Natura. Oggi il pericolo non viene dagli Dèi né dalla Natura, bensì da un mondo "arte-fatto" e fuori controllo che ha squilibrato l'intera Natura. In misura maggiore che in qualsiasi epoca del passato, le diverse culture hanno assoluto bisogno l'una dell'altra. Nessuna cultura, da sola - e le religioni, filosofie, scienze naturali sono fenomeni culturali - può pretendere di fornire la risposta ai problemi dell'esistenza. Non che vi siano universali culturali, tuttavia si trovano costanti antropologiche di base e visioni omeomorfiche della realtà. Nella sua globalità, la realtà si presenta in tre dimensioni reciprocamente irriducibili, ma ognuna delle quali presuppone l'altra: sono indicate dai termini Cosmo (materia/energia, Mitwelt cioè co-mondo), Uomo (consapevolezza, io/sé), Dio (abisso insondabile, energia, mistero inaccessibile). Qual è quindi il valore di questa intuizione cosmoteandrica del nostro rapporto con la Natura, basato sulla percezione della Realtà nel suo complesso e nelle sue parti, che fa tesoro della sapienza di tutte le epoche e le culture? Nella prima parte l'autore intende rispondere a tale domanda sviluppando nove tesi.
Quando due grandi spiriti si incontrano, accade qualcosa di particolare; è come se si creasse una campo energetico percepibile fisicamente, persino nelle vibrazioni dell'aria. Anche a distanza di anni, coloro che erano presenti nell'Aula Magna dell'Istituto universitario di Architettura a Venezia il 9 marzo del 2004 ricordano con emozione l'atmosfera tutta particolare creatasi in occasione dell'incontro fra Raimon Panikkar ed Emanuele Severino. I due giganti del pensiero contemporaneo mettono a confronto Oriente e Occidente per capire se possono collaborare alla ricerca di una possibile realtà ultima. Dall'incontro emergono due elementi di convergenza: l'insoddisfazione radicale nei confronti della visione dominante del mondo e la convinzione che tutto sia eterno. Ma anche l'irriducibile differenza dei rispettivi punti di vista: per Severino la follia consiste nella fede del divenire altro del mondo, che trova la sua estrema realizzazione nella tecnica, mentre Panikkar pensa che il nostro compito non sia risolvere l'enigma del mondo bensì imparare a vivere in esso. Così Oriente e Occidente, pur faticando a comprendersi, non cessano di interrogarsi l'un l'altro.