
«Il mistero del Natale, come annotava Hannah Arendt, allieva di Romano Guardini per un semestre a Berlino, si incrocia come il tema dell'"inizio": proprio "la nascita di Gesù è stata posta come un nuovo, costitutivo inizio, che è originariamente cristiano: un bambino è nato per noi". Egualmente il Capodanno rappresenta un "nuovo inizio". Certo esiste un inizio che subito svanisce, una volta attuato; è quello che i Latini chiamano initium, il punto di partenza nel tempo. Ma Guardini rivolge lo sguardo a un inizio più importante, quello che si mantiene e che i Latini chiamano principium, l'inizio che domina tutto ciò che verrà. Gustare il dono dell'"inizio" sia in quella nascita a Betlemme che richiama anche tutte le nascite, sia in quel nuovo anno. A ciò, in modo sapiente, ci introduce in questi bellissimi testi Romano Guardini.» (Silvano Zucal)
Nel 1935 la predicazione e l'attività educativa di Romano Guardini lo portano a scrivere queste dieci riflessioni, una sintesi delle dimensioni fondamentali dell'esistenza cristiana. Confrontandosi, da un lato, con l'impostazione teologica dominante e, dall'altro, con il pensiero di John Henry Newman, l'autore affronta la questione del sorgere della fede e del suo contenuto, avendo attenzione anche ai momenti di crisi e tensione della stessa esperienza del credente. Di qui le pagine sulla fede nell'azione, nell'amore e nella speranza, sulla varietà delle forme in cui si concretizza, sul suo sapere e il rischio della gnosi come superbia intellettuale. L'opera si conclude con un approfondimento delle formulazioni dogmatiche nella Chiesa e sul significato del vivere i sacramenti, in quanto trasformazione interiore.
Dalle riunioni educative per i giovani cattolici tedeschi avvenute nel 1929 al castello di Rothenfels nascono queste dieci meditazioni di Romano Guardini, che trattano altrettante dimensioni del volto del Dio di Gesù Cristo, offrendo un percorso carico di afflato spirituale. Le riflessioni toccano i temi della Provvidenza, della volontà di Dio, della grazia e della contrizione, del cuore e del Dio che consola, dando corpo alle grandi parole della fede e mettendo in luce il loro apporto vitale per l'esistenza. Grande è l'attenzione per l'umanità del credere, per i tratti che dicono la "carne" della fede e il midollo delle giornate: le domande, la morte, la coscienza della colpa, il perdono, la speranza. Con uno guardo profondo sulla realtà della creazione, Guardini testimonia e annuncia il Dio Vivente, il Dio della vita, appunto, che guarda il mondo e l'uomo con benevolenza.
L'autore, nelle tre meditazioni qui raccolte, ha inteso fare opera non teoretica, ma pratica: invitare, con l'urgenza di un appello rivolto alla singola persona, a un ripensamento del problema del bene, della coscienza e dei rapporti che li legano nel vivo dell'azione. Il testo è indirizzato a illuminare, in spirito religioso, che cosa sia concretamente il bene per colui che lo vuole attuare nella sua esistenza; e nell'unicità e assolutezza del bene, che ogni volta ci si propone e ci stimola a operare, ci fa contemplare il fulgore di santità del Dio vivente. Così la coscienza, che dal bene si lascia attirare, supera da una parte i pericoli di un moralismo astrattamente universale e superbo e dall'altra di un arbitrio universale. Essa attinge poi la sua perfezione cristiana quando, salendo alle vette del raccoglimento, vi schiude lo spazio dove può inabitare Dio con l'infinito delle sue sacre ispirazioni e con il dono delle grazie mistiche, che suggellano la dedizione suprema dell'uomo al Suo volere. Il procedimento "socratico", con la pacatezza della sua progressiva penetrazione, aggiunge persuasività al discorso.
La nuova edizione del più importante saggio pedagogico di Romano Guardini. In queste pagine ci guida alla scoperta del nucleo originale del «fenomeno dell'educazione» nelle diverse età della vita, ciascuna con i propri problemi e le proprie conquiste, con la lucidità e la sapienza di chi conosce il segreto della persona e della libertà, e la credibilità del grande educatore. Una lettura per tutti, in quanto formatori di persone e di se stessi.
Questo libro rappresenta il capitolo mancante del capolavoro di Guardini che porta il titolo Il Signore: là dove si tratta infatti della persona e del messaggio di Gesù, si dovrebbe anche parlare della risposta che Egli diede ai suoi discepoli quando questi gli chiesero di insegnar loro a pregare. Il titolo dà una indicazione precisa: vuol dire che la preghiera non deve procedere da un sentimento imprevedibilmente mutevole, ma dalla luce della verità e dal profondo del cuore. Forse invece di "verità" sarebbe meglio dire "realtà", perché ciò che il Signore ha annunciato e su cui ha fondato la nostra vita non consiste soltanto di pensieri e di notizie, ma è il Regno del Dio vivente. La parola "verità" può quindi ben rimanere col suo chiaro rigore, ma intesa nel senso che essa significhi non solo l'autenticità della conoscenza, ma anche la consistenza dell'essere.
La riflessione di Guardini sulla vita morale e le sue strutture si è svolta sempre in feconda osmosi con quella sulle forme dell'impegno intellettuale, sulle manifestazioni della fede, sulla partecipazione liturgica, sui fenomeni culturali come visioni del mondo, sulle grandi svolte dello spirito nella storia. Anche queste meditazioni non escludono agganci alla filosofia, alla teologia, alla scienza delle religioni. Il discorso non è quindi puramente esortativo e 'moralistico'. Vi si annoverano invece pagine tra le più nitide e profonde stese dall'Autore, con anticipazioni geniali sul divenire del costume del nostro tempo. L'accettazione o accoglienza, la pazienza, la giustizia, il rispetto, la fedeltà, la singolare virtù ch'è l'assenza di intenzioni o propositi, la quale potrebbe equivalere all'autentica 'gratuità', l'ascesi, al di là dei sospetti psicanalitici, il coraggio, la bontà, la comprensione, la cortesia, di cui è fatta una garbata apologia in uno spietato esame delle ragioni del suo attuale declino, la riconoscenza, il disinteresse, il raccoglimento, il silenzio: 'virtù' che - indagate a un livello apparentemente soltanto di convivenza umana dignitosa e riguardosa si svelano, nella Postilla, tessere d'un mosaico il cui disegno segreto è la giustizia davanti a Dio.
È stato Romano Guardini nei primi Anni Venti del secolo appena scorso ad uscire in quell'espressione, che può essere assunta come diagnostica di uno dei lineamenti della teologia cristiana della prima metà del XX secolo: "Un processo di incalcolabile portata è iniziato: il risveglio della Chiesa nelle anime". Un risveglio, che era connesso, nell'analisi del giovane teologo italo-tedesco, con il risveglio culturale ad un vero senso della realtà vissuta e al senso comunitario. Svaniva, sulle macerie della prima Guerra Mondiale, l'incanto per l'idealismo e per l'io astratto, e la coscienza cristiana iniziava a percepire la Chiesa come via verso la personalità, e insieme, come via verso la comunità. Le "Lezioni sulla Chiesa", tenute da Guardini all'università di Bonn nel 1921 e pubblicate nel 1922 con il titolo Il senso della Chiesa, avevano entusiasmato il suo uditorio e i suoi lettori, che le avvertivano "come un colpo d'ala, un soffio di cristianesimo originario, pentecostale", in quanto additavano "nuove vie verso un rapporto vivo tra Chiesa e personalità, verso una crescita umana autentica fondata sulla libertà interiore, che sfocia in una comunità di grazia" (Rosino Gibellini, La teologia del XX secolo)
Nei due scritti qui raccolti (Accettare se stessi - Conosce l'uomo solo chi ha conoscenza di Dio) Guardini parte dalla domanda costitutiva del soggetto: «chi sono io?». Una domanda inquietante, nel tempo della compiuta modernità, in quanto non si danno risposte immediate e certe. Consumate le identità fondate su una presupposta autosufficienza dell'immagine dell'uomo, per Guardini la domanda esistenziale ritrova una risposta nella Parola: questo è il senso del biblico essere fatti a immagine di Dio. In questo Nome l'uomo ritrova se stesso, ritrova il proprio nome. Ma sarà un ritrovarsi solo nel tempo del Giudizio. Nel frattempo - nel «nostro tempo glaciale [...] in un cosmo totalmente estraneo» - all'uomo che non cessa di cercarsi, Dio si dà nella polarità della lontananza e vicinanza: fedele alla chiamata - ostinato nella ricerca del proprio nome nuovo - sarà solo chi, rifiutando ogni sicurezza idolatrica, attenderà in una fede certo povera, ma pura.
Romano Guardini nel corso della sua vita ha sempre nutrito un vivo interesse per la liturgia, come testimoniano i due scritti qui per la prima volta tradotti in italiano e accomunati dal tema del tempo liturgico, fondamentale nel rito cristiano. Il primo scritto difende la domenica dagli attacchi della modernità, non tanto in nome del cristianesimo, quanto dell'uomo che necessita del riposo settimanale per integrare nella sua esistenza la dimensione religiosa che lo completa. Il secondo scritto rispecchia il progetto di far incontrare la liturgia con la preghiera personale e la cosiddetta pietà popolare. L'intenzione è mostrare come la figura di Gesù Cristo - la sua vita, la sua morte e la resurrezione - possa diventare il contenuto della preghiera. Nonostante il mezzo secolo di riforma liturgica intercorso, resta attuale l'invito a una preghiera personale schietta e fiduciosa, ispirata dalla Rivelazione contenuta nelle Scritture e custodita dalla liturgia.
1945: fine della Seconda guerra mondiale, disfatta della dittatura nazista, nuovo inizio per la Germania. Romano Guardini tenne in questo anno spartiacque - un importante punto di svolta anche nella sua vita e nella sua opera - le sei conferenze qui raccolte. Se durante la catastrofe molti rimasero ammutoliti e anche la voce di Guardini si fece sentire solo in modo tentennante, la prima volta in assoluto in cui parlò dopo la guerra fu l'8 luglio a Memmingen, di fronte alla gioventù cattolica. Come guida spirituale, le sue prime parole su ciò che era appena accaduto sono per i giovani monito ma anche incoraggiamento. Guardini individua la menzogna quale tratto principale dell'epoca nazista. Di contro, è dalla verità - anche dalla verità delle parole che la propaganda ha svuotato del loro senso - che è necessario ripartire affinché l'esistenza umana possa di nuovo essere giusta. E guardare al futuro.
Lo spirito della liturgia è una classica interpretazione della spiritualità liturgica, germinata da una straordinaria potenza d'intuizione e da una perspicacia anticipatrice dei movimenti storici, quale il Guardini ha sempre testimoniate. Il volume, che uscì nel 1919 nella collezione "Ecclesia orans" promossa dall'abate Ildefons Herwegen di Maria Laach, nulla ha perduto a tutt'oggi della sua forza di penetrazione, del suo vigore di sintesi. Nei santi segni l'autore avvia ad una calda comprensione della liturgia e del suo simbolismo. Gli si apre dinanzi così, intatta, la ricchezza di allusione e di appello religioso insita nel segno della croce, nell'inginocchiarsi, nel vario atteggiarsi della mano di chi prega, nell'incedere processionale, nel battersi il petto, nel cero, nell'acqua benedetta, nella fiamma sacra, nella cenere penitenziale, nell'incenso, nella luce, emblema della verità di Dio, nel pane e nel vino, nell'altare coi suoi lini, nel calice e nella patena, nella benedizione, nelle campane. Lo spazio nelle sue direzioni, il tempo con l'avvicendarsi dei ritmi quotidiani, rivelano, essi pure, un'arcana consacrazione liturgica. Profondità cristiana e sensibilità lirica si fondono armonicamente in queste pagine.
In quest'opera si presentano con tutta la profondità, la ricchezza teologica, la saggezza di guida spirituale, la forza di persuasione psicologica che li caratterizzava e che ne fece uno straordinario avvenimento nella storia della gioventù tedesca degli anni Trenta, gli esercizi spirituali tenuti da Romano Guardini al castello di Rothenfels. Ordinati secondo una classica ripartizione in istruzioni, considerazioni, conferenze, discorsi pronunciati durante la celebrazione eucaristica, in essi tuttavia l'autore immette la novità di riflessioni sull'aspetto anche umilmente umano (esercizi del corpo, della respirazione...) di ciò che deve predisporre alla meditazione, al lavorio interiore. Un dominio della fede e della vita cristiana, immedesimato con la conoscenza sapienziale della Scrittura, una forza di penetrazione e un acume pedagogico che sanno interpellare ciascun ascoltatore e risvegliarne il senso di responsabilità.
Nel 1841 fu pubblicato il libro di Ludwig Feuerbach, L'essenza del Cristianesimo, nel 1907 quello di Adolf von Harnack con lo stesso titolo. I due celebri scritti, che tante controversie accesero nel mondo cristiano e fuori di esso, appaiono, il primo, distruttivo e, il secondo, riduttivo di ciò di cui intendevano precisare l'essenza: né certo la religione "umanistica" feuerbachiana, né l'orientamento "liberale" harnackiano con la limitazione drastica del kérygma evangelico alla sola proclamazione del Regno, sono adeguati all'oggetto della loro indagine. Con quest'opera, che in brevi ma incisive pagine affronta il medesimo sgomentante tema, Romano Guardini propone alcune idee fondamentali sull'essenza di quella realtà che ha inserito nella storia del mondo l'esigenza tormentosa e beatificante della scelta: il messaggio di vita divina, l'annuncio di salvezza, la rivelazione della verità trascendente nel Cristo. Quest'essenza, messa a confronto con la sostanza di altre predicazioni "religiose" come quella buddhistica, l'eleva da esse nella sua assoluta eterogeneità: non è un discorso di consolazione, non è un metodo etico, non è un'elaborazione teoretica dell'esistenza umana e del mondo.
Opera giovanile di notevole ambizione di pensiero, l'Opposizione polare (1925) - che l'autore considerò la radice speculativa di tutta la sua attività di teologo, di liturgista, di interprete letterario e filosofico - si dispiega su un disegno rigoroso. È il tentativo di una filosofia «esatta» della vita, che delinei una logica capace di una conoscenza strutturale di essa. L'andamento in sé astratto delle classificazioni, articolazioni, incroci tra gli «opposti» vuol cogliere il dinamismo del «concreto vivente», individuare i pericoli negli estremi, celebrare l'"oscillazione" che non è mai equilibrio statico, equivalente alla morte. Sotto quest'apparato concettuale vibra la sensibilità di Guardini che vuol rendere ragione, con rispetto "religioso", a ogni particolarità del reale, dall'ambito fisico a quello biologico, a quello psicologico. Impresa "fenomenologica", la trattazione include però opzioni metafisiche per l'autore ineludibili, come il rifiuto di equiparare l'opposizione polare, caratteristica del finito, alla contraddittorietà hegeliana: il passaggio all'affermazione del Trascendente trova qui il suo fondamento.
Anticipazione del dibattito sul postmoderno, La fine dell'epoca moderna (1950) è il luogo in cui Guardini dà il meglio di sé come filosofo e teologo. Con radicalità teoretica e sensibilità letteraria, delinea l'affermarsi dell'idea di modernità, che si compie e disintegra con la prima guerra mondiale. Non è la logica stessa del moderno - si chiede - a metter capo a un inaspettato ritorno del caos, interno ed esterno? «L'uomo sta nuovamente di fronte al caos... In questo secondo caos si sono riaperti tutti gli abissi delle origini». Che ne è del kerygma cristiano in quest'epoca che «non ha ancora un nome»? Con disincanto Guardini rigetta ogni nostalgia restauratrice. Certo, all'altezza dei tempi «la solitudine della fede sarà tremenda»; ma non v'è qui un kairós provvidenziale? «La fede diviene più parca, ma anche più pura e più grave»: una fede in cui rivive l'idea cristiana di persona. E gli scuotimenti della nuova epoca non comportano la necessità di reinterrogare i fondamenti del concetto di Potere? È quanto compiuto nel secondo saggio qui raccolto (1951), un'analisi lucida e attuale delle radici teologiche e antropologiche del potere.
I due saggi raccolti in questo volume, "Il senso della Chiesa" e "La Chiesa del Signore", costituiscono un anello che racchiude la meditazione religiosa e l'impegno concreto di predicazione e d'apostolato di Romano Guardini. Il primo scritto (1922) ha rappresentato un evento storico, poiché vi si avvertiva il sorgere di un senso della comunità religiosa che rompeva le angustie dell'individualismo spirituale. Guardini vede la Chiesa non come potenza dominatrice, ma come realtà che vive nel credente, aperta sul mondo, anche sui non credenti, in fiducia verso lo Spirito. Tali lineamenti sono approfonditi nel secondo saggio (1965), che presuppone la discussione del Concilio Vaticano II e accoglie con gioia gli aspetti emersi nei documenti conciliari, esprimendo però solo un desiderio: «che il cammino dell'epoca presente non sia per portare ad un appiattimento o superficialità, o ad un indebolimento della Chiesa, ma che resti sempre chiaro alla coscienza che la Chiesa è "mistero", ed è "roccia"... Essa vive per la propria missione e la deve adempiere, fosse pure a prezzo dello scandalo».
La tematica del miracolo, affrontata perlopiù in prospettiva apologetica, è inserita da Guardini in un contesto più ampio e meno "controversistico". Il suo procedimento piano e solo in apparenza elementare toglie il fenomeno del miracolo, nella sua straordinarietà, dalle secche del dibattito su "legge e natura" e "abolizione" d'essa da parte di Dio; discussione che egli ritiene egemonizzata pur sempre, anche presso i cristiani, da una mentalità scientista. La visione più autentica è invece quella in cui l'intervento miracoloso di Dio, di Cristo (emblematicamente è studiato il cammino di Gesù sulle acque), rientra nel piano della storia salvifica e corrisponde a priori all'onnipotenza, sapienza e amore divini. Con sicurezza d'intuizione in materia biblica l'Autore, nella seconda parte, svolge la nozione di segno, che nei Vangeli ha un'importanza eminente: il "segno" è un richiamo forte all'immediata presenza operante di Dio, in momenti e circostanze cruciali, che devono rilevarsi sulla trama ordinaria, quotidiana del vivere cristiano. Una meditazione serena e liberante su Lourdes, al di là di ogni eccesso miracolistico, conclude il saggio.
Nel novembre del '45 a Tubinga, in una Germania distrutta materialmente e spiritualmente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, fu chiesto a Guardini di ricordare il gruppo di resistenza «La Rosa Bianca». Nel 1958 un'altra commemorazione gli fu affidata dall'Università di Monaco, dove i fratelli Scholl e i loro amici avevano studiato e maturato la scelta antinazista. Per la prima volta sono qui raccolti i due discorsi: non semplici orazioni accademiche, ma impegnate meditazioni sul senso di una esistenza cristiana di fronte alle situazioni-limite della vita politica. I giovani della «Rosa Bianca» divengono modello di quella che deve essere la concezione cristiana dell'azione politica: rispondere alla coscienza fino al «martirio» quando il potere, facendosi totalitario e assoluto, usurpa lo spazio della trascendenza e l'inalienabile libertà della persona. Un rischio che Guardini vede persistente nelle nostre società secolarizzate.
Se di Guardini negli ultimi anni si sono per lo più discusse le opere teologico-filosofiche, non bisogna dimenticare il suo costante interesse per l'aspetto cultuale della vita religiosa (si ricordino Lo spirito della liturgia e I santi segni). Nell'opera che qui ripresentiamo, Guardini si sofferma sul Rosario come forma di preghiera della vita cristiana. Egli mostra come gli elementi che la costituiscono, la ripetizione dell'Ave, l'intercalarsi del Pater, il ritmo delle decine, creino un'atmosfera di alta elevazione spirituale, in cui può disporsi l'autentica contemplazione che è suggerita dai Misteri. Con rapide, originali intuizioni è presentata la loro ricchezza scritturistica e teologica e l'armonica concatenazione. Pagine che guidano il lettore a riscoprire il senso autentico di una delle forme del culto più care alla tradizione cristiana.