
Come prima colazione c'è chi si prepara rognoni di castrato alla griglia, giusto per il piacere avventuroso di avvertire al palato "un fine gusto d'urina leggermente aromatica". È il caso di Leopold Bloom nell'"Ulisse" di Joyce. Altri, meno temerari, non riescono a rinunciare alle dolcezze di brioche, cornetti, miele e marmellate e quanto ricordi la sensualità appagante del latte materno descritta da Maupassant in "Idillio". Il cibo è fra gli argomenti più frequentati nella letteratura di ogni tempo, anzi, i curatori di questo "Sillabario" si spingono a sostenere che non esista romanzo senza qualcuno che, prima o poi, mangi o beva qualcosa, e comunque concordano con Aldo Buzzi quando sentenzia: "lo scrittore che non parla mai di mangiare, di appetito, di fame, di cibo, di cuochi, di pranzi mi ispira diffidenza, come se mancasse di qualcosa di essenziale". In questo libro gli autori con passione, ma senza prendersi mai troppo sul serio, compongono un menu di piatti e letture che attraversa l'arco della giornata, dal primo bicchiere d'acqua del mattino fino alle ostriche e allo champagne delle notti da 'ons vivants'. Sapori, ricette, curiosità, consigli, piluccando qua e là fra le voci del Sillabario o sbafandosele una dopo l'altra, si compie un viaggio concreto e fantastico e si scopre, con emozione, che per sperimentare piaceri profondi, per nutrirsi e saziarsi, può essere sufficiente aprire un libro e mettersi a leggerlo.
"Non capisco come faccia una giovane coppia a iniziare la vita insieme comprando un divano o un televisore" disse una volta a Gopnik lo chef britannico Fergus Henderson. "Non lo sanno che la tavola viene prima?" E Adam Gopnik lo sa benissimo: la tavola è il principio di tutto. È il luogo dell'alimentazione e quindi della vita, ma è anche il luogo per eccellenza dove raduniamo gli affetti e perpetuiamo le tradizioni; un luogo di cultura gastronomica e di intrattenimento godereccio. Ma non è sempre stato così. L'autore di questo libro ce lo racconta con dovizia di aneddoti e curiosità. Quando, al posto delle antiche osterie, sono nati i moderni ristoranti? Quando la Rivoluzione ha messo a disposizione dei francesi un buon numero di chef, i cui aristocratici datori di lavoro avevano fatalmente perso la testa... Quando nelle nostre cucine si è cominciato a sentire il bisogno di ricettari? Quando la cucina ha cessato di essere il dominio esclusivo delle donne che, per amore o per forza, si tramandavano le ricette di generazione in generazione. Il tema della tavola, insomma, va ben oltre le disquisizioni eno-gastronomiche tanto di moda negli ultimi anni e le moderne ossessioni alimentari. Gopnik ci rivela, attraverso la storia dei grandi chef e quella dei grandi vini, la centralità del cibo e del bere come elemento di civiltà e continuità del vivere; ci guida con l'entusiasmo del gourmet attraverso i percorsi del gusto, non senza regalarci qualche segreto della sua cucina.
La memoria è essenziale per chi, come Marcel Proust, va alla ricerca del tempo perduto ma è pure fondamentale per chi va alla ricerca delle ricette del tempo che fu. Curiosando nelle cucine dei Guermantes, dei Verdurin, di Françoise e del Grand Hotel di Balbec questo volume ci conduce nel mondo della Belle Epoque proponendo i piatti del romanzo più sontuosi come la Salade Japonnaise, più tradizionali come il Boeufen gelée e più semplici come la Madeleine, quel dolcetto dal nome tanto grazioso che scatenò nella mente del romanziere francese il viaggio a ritroso nel tempo nel quale le papille gustative diventano l'organo che scatena i ricordi più deliziosi ma anche più terribili.
Morti ammazzati, chiacchiere fra donne, segreti di famiglia, passioni inconfessabili, atti puri e impuri, prosa e poesia ma soprattutto tanto gusto e tanti sapori si trovano nei film di Pedro Almodovar. Con tutte le ricette tratte dai suoi film.
A cena con Annie in un diner di Manhattan oppure a pranzo da Hannah e le sue sorelle il Giorno del Ringraziamento, e ancora in un bistrot di Parigi, al Gritti di Venezia o in un pub londinese. Woody Allen sorprende anche per come utilizza nei suoi film il cibo e le bevande. Che sia per far pensare e sentirsi "più intelligenti", per sognare gli amori più dolci e frustranti, per parlare e parlare con gli amici, per descrivere nevrosi da raccontare sul lettino dello psicanalista, in ogni caso il cibo è spesso il "contorno" giusto della narrazione del grande regista americano. Da Ciao Pussycat a Vicky Cristina Barcelona il percorso è lungo, ricco di sorprese e di riferimenti culinari inaspettati.

