
Il volume, dedicato al tema dell'abitare tra cielo e acqua, affronta diversi settori disciplinari: in primo luogo nautica e yacht design, ma anche interior design e arredamento nautico. Questa ricerca prende in considerazione il desiderio primario di abitare a contatto con l'acqua e osserva come la contemporaneità ne affronti le istanze sconfinando sempre più dalla nautica all'architettura, coinvolgendo non solo progettisti affermati nel settore nautico, ma anche i protagonisti della scena architettonica internazionale. L'approccio critico degli autori evidenzia i limiti della progettazione d'interni nautici se svincolati dalle competenze necessarie per rendere armonico il progetto interno ed esterno delle imbarcazioni, e pone in risalto la rivoluzione che negli ultimi anni sta investendo il settore nautico, impegnato nel rendere sempre più equilibrato il dialogo tra le parti. Il volume si compone di quattro sezioni: una ricognizione storica che esemplifica alcuni casi emblematici dell'iconografia navale, dell'architettura acquatica, dell'arredo nautico, un'analisi del panorama contemporaneo attraverso indagini sui principali temi e questioni progettuali nel settore dell'Interior Yacht Design; una selezione dei maggiori progetti di Interior Yacht Design e infine, una sezione tecnica di apparati dedicati ai materiali da costruzione e agli oggetti di design civile adatti alle esigenze nautiche, che offrano strumenti utili alla progettazione, ma anche alla comprensione del progetto.
La ricostruzione della sequenza originale dei celebri teleri di Carpaccio (Venezia, 1460 circa -1526), provenienti dalla Scuola di Sant'Orsola e oggi nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia, ha lungamente costituito un complesso esercizio di lettura per i critici e gli specialisti di iconologia. Il volume, con riproduzioni in formato originale, conduce alla scoperta della minuziosa trama che lega i personaggi, gli abbigliamenti, i dettagli di ambiente, le architetture e i riferimenti simbolici rappresentati nei nove teleri in cui Carpaccio raffigurò, a partire dal 1490, la romanzesca vicenda di Sant'Orsola, principessa di Bretagna.
Si tratta dell'edizione italiana del volume di Howard Hibbard su Carlo Maderno, architetto italiano del secondo Cinquecento. Il testo di Hibbard rappresentava un'opera fondamentale per gli studi sull'architettura italiana tra Cinque e Seicento, in anni in cui l'interesse sulle attività di Maderno era limitato agli storici ticinesi e privilegiava l'analisi della facciata di San Pietro (1612) e della chiesa di Santa Susanna (1597-1603). Il lavoro ha mantenuto le caratteristiche di uno studio capillare e ben documentato sui molti cantieri diretti da Maderno con schede puntuali e calibrate sui problemi di linguaggio, commitenza e funzionalità.
L'opera nasce con l'intento di fornire un panorama ampio e approfondito delle vicende che hanno segnato, nel corso dei secoli, lo svolgimento della Scuola napoletana non solo nella città partenopea ma, più estesamente, nella Campania e in molta parte del Mezzogiorno. Un'appendice sulla letteratura artistica napoletana fornisce ulteriori elementi per seguire la storia della pittura partenopea. Corredano il volume più di duecento immagini a colori.
A conclusione e coronamento del lavoro di Brunetta sulle epoche e sugli spazi della cinematografia mondiale, un volume dedicato alla teoria del cinema, per analizzare i generi e gli orientamenti critici, le tecniche di doppiaggio e quelle degli effetti speciali, le nuove tecnologie di ripresa e di visione che stanno rivoluzionando la settima arte.
Viktor Lazarev ha consegnato alla storia dell'arte un'opera di riferimento sulla pittura bizantina, contribuendo sostanzialmente a definirne un quadro complessivo e coerente. Il termine "bizantino", applicato talvolta come etichetta alle opere di altri contesti, era stato spesso sminuito e alterato nel suo valore storico-artistico. Lazarev ha cercato di restituire all'arte di Bisanzio e delle province bizantine i loro caratteri essenziali, ricostruendo le fasi del loro sviluppo: dai monumenti del VI secolo alla dissoluzione di un impero e di una cultura sopravvissuti alle ragioni che ne avevano reso possibile la nascita. L'opera non è la semplice traduzione dell'originale russo apparso nel 1947-1948: essa venne radicalmente riveduta e ampliata dall'autore in vista della prima edizione einaudiana apparsa nel 1967, divenendo cosi uno dei punti di riferimento classici per la storia dell'arte e della bizantinistica. Per queste ragioni, dopo la seconda edizione nel 1981 (BSA), l'opera viene ora riproposta.
Un'opera sulla scultura di Michelangelo scritta e diretta dal suo maggior studioso, Christoph Luitpold Frommel, con una campagna fotografica attuata in occasione del restauro della tomba di Giulio II in S. Pietro in Vincoli, grazie alla quale le statue sono state riprese nel loro insieme e nei dettagli più impressionanti, retro compreso. È una storia appassionante, non priva di ossessione, quella che impegna per quarant'anni Michelangelo, nel tentativo di portare a termine l'incredibile gruppo di statue e l'architettura della tomba del suo grande amico e duro committente papa Giulio II (che morirà molto prima della conclusione dell'opera). Il volume svolge più funzioni decisive: testimonia l'evoluzione stilistica dello scultore, il complesso rapporto con i collaboratori della sua bottega e con i suoi fornitori; dà infine nuova luce alla formazione neoplatonica di Michelangelo, a oggi forse troppo poco considerata, che ha dato carne al "Mosè" e all'opera intera. Come scrive Frommel "le sue fasi creative sono interrotte da lunghe pause non meno creative, benché in buona parte causate da mancati pagamenti da parte dei committenti - anni d'incubazione nei quali comincia a modificare il suo linguaggio, per rigettarsi poi con nuovo sfrenato dinamismo nel lavoro. Questa vita, che cade in uno dei periodi più turbolenti e innovativi dei tempi moderni, si rispecchia nella tomba".
Lo studio dell'arte paleocristiana e bizantina vedi ancora un problema non risolto: le origini e lo sviluppo dell'icona e il suo uso religioso. Thomas Mathews apre una strada di ricerca finora inesplorata con l'individuazione di un corpus di dipinti su tavola provenienti dall'Egitto precristiano i cui soggetti e tecniche anticipano con evidenza le icone. L'autore rilegge inoltre una serie di documenti (dal il secolo d.C. alle dichiarazioni del II Concilio di Nicea nell'VIII secolo) che descrivono la venerazione delle icone cristiane e il loro uso cultuale all'interno della chiesa e delle pratiche rituali. Il collegamento tra i dipinti su tavola e lo studio dei documenti di natura teologica rivela le possibili radici dell'arte cristiana dell'icona nella pratica religiosa greca e romana, che era solita produrre dipinti su tavola quali offerte votive o immagini per il culto domestico. L'Egitto ellenizzato fondeva il suo pantheon con gli dèi greci, in una singolare operazione di sincretismo (Arpocrate come Dioniso) e realizzava una produzione di tavole (icone) dedicate a varie divinità; in parallelo, le prime immagini cristiane si formavano in analogia con la tradizione pagana (Iside come Maria). Dalla ricostruzione di Mathews appare naturale per i cristiani l'uso di iconografie pagane per rappresentare figure della Rivelazione. Le icone erano poi trasportabili, e questo ha facilitato enormemente la diffusione di formule iconografiche divenute popolari nel Medioevo e nel Rinascimento europeo.
L’analisi parte dal Vicino Oriente, Egitto, Palestina, Siria, e giunge sino alla Cappadocia e all’Armenia, un mondo da non confondere con Bisanzio, un mondo che consente uno sguardo sul paleocristiano molto plurale: arte cristiana orientale, arte bizantina, ma anche romana e italica. Nel testo di Zibawi coesistono una chiave di lettura iconografica e una freschezza capaci di inquadrare l’intero arco dello sviluppo dell’arte cristiana nei primi secoli. Storia dell’arte e storia di un fenomeno antropologico e artistico che attua un meticciato tra le varie culture che si affacciano sul Mediterraneo, e che ha condotto alla nascita dell’arte bizantina e romano-cristiana. Viene qui presentato un paleocristiano visto dalla sponda orientale del Mediterraneo.