
Le arti prodotte a Nord delle Alpi alla fine del Medioevo hanno suscitato fin dall'inizio del xix secolo l'interesse degli studiosi, che però, condizionati dalle proprie categorie spazio-temporali, le hanno per molto tempo associate al declino del "Tardo Gotico", considerandole alla luce della successiva formazione degli Stati moderni. Questo volume si propone di comprendere l'intera dinamica geografica, interpretata secondo le identità politiche del periodo, all'epoca in cui tali identità erano ancora in gestazione. L'autore individua due modelli culturali. Il primo, imposto dal duca di Borgogna, Filippo il Buono, è rappresentato soprattutto da Jan Van Eyck: il suo illusionismo pittorico, che soddisfaceva le aspettative delle persone colte, nutrite della lettura degli antichi, si diffuse rapidamente in tutta Europa. Il secondo, forgiato principalmente alla corte di Massimiliano d'Asburgo, si distingue per lo sviluppo delle arti grafiche (disegno, incisione) e trova il suo emblema in Jheronimus Bosch: le sue invenzioni dimostrano un gusto retorico per la novità e il virtuosismo, e promuovono un fenomeno importantissimo per l'arte occidentale, la rinascita dei generi pittorici.
Fenomeno fondamentale tra fine del XX e inizio del XXI secolo, la fotografia non è una semplice corrente dell'arte contemporanea. Essa arriva in realtà ad abbracciare la categoria generale dell'immagine, le ricerche sperimentali rese possibili dall'universo virtuale, le forme alternative della comunicazione nell'era dei nuovi media, la storia del modernismo nel momento in cui entra in crisi lo statuto dell'opera d'arte, la problematica caratteristica del documento in un contesto in cui l'arte non è più l'unico orizzonte della creazione e, infine, l'allestimento delle immagini nell'epoca in cui si dubita dell'esperienza che ci offrono le rappresentazioni. Questo saggio, illustrato, ricostruisce il periodo di produzione fotografica che va dai primi anni Ottanta e arriva fino a oggi, raccogliendo esperienze artistiche che, pur nella loro diversità, sono ugualmente pervase dello stesso afflato etico. In che modo vediamo? cosa guardiamo? quale rapporto c'è tra finzione e realtà? Imponendo la stabilità delle sue forme riflesse in un mondo di messaggi fluenti e indecifrabili, la fotografia contemporanea dà il nome a un insieme di pratiche creative che la collocano al centro della sensibilità del nostro tempo.
Uscito per la prima volta nel 1990, il libro di Jonathan Crary analizza la "genealogia" dell'osservatore moderno riconducendoci ai primi decenni dell'Ottocento, un'epoca rivoluzionaria per la visione e per i diversi apparati scientifici ad essa collegati. Si tratta di un periodo, precedente all'avvento della fotografia, nel quale, attraverso i nuovi "dispositivi dell'osservare" - come il fenachistoscopio e lo stereoscopio, indissolubilmente legati ai coevi interessi della fisiologia ottica -, si afferma il progressivo abbandono della discontinuità interno/esterno presupposta dall'esperienza visiva della camera oscura. Fra teoria della percezione, storia dell'arte e filosofia estetica, passando per capisaldi come Goethe e Schopenhauer, pittori come Vermeer e Turner, Crary evidenzia infatti come l'opacità corporea della visione subentri alla trasparenza dell'occhio cartesiano e come il soggetto osservatore divenga il luogo della produzione delle immagini dando vita a nuove sperimentazioni artistiche. Ma se da una parte questi mutamenti rappresentano una "liberazione della visione", l'autore ci svela anche l'altra faccia della medaglia, il processo di normalizzazione a cui tale visione e le sue rispettive pratiche sono sottoposte. Crary ci invita allora a rileggere alcuni fenomeni di rottura sia nella storia dell'arte che in quella più generale della visione, facendo del suo approccio interdisciplinare una guida metodologica allo studio della modernità.
A dieci anni di distanza dalla sua prima apparizione, questa storia del design viene riproposta in una versione riveduta e arricchita, che dà conto dei più recenti sviluppi registrati in questo campo. Da quando nel 1851 la Great Exhibition di Londra raccolse per la prima volta, sotto le modernissime volte in vetro e ferro del Crystal Palace, i «prodotti dell'industria di tutte le nazioni», la sterminata famiglia degli oggetti d'uso è entrata nella storia della nostra cultura, reclamando un progetto formale -il design - che ha finito col dare vita a un campo culturale ben strutturato, a una disciplina universitaria e a una professione perfettamente definita. Progettare la figura di un oggetto d'uso quotidiano costituisce infatti un'operazione complessa, nella quale la forma deve confrontarsi con la funzione, la creatività deve sfidare i vincoli tecnici, e il principio etico, formulato fin dall'inizio, di "portare la bellezza in tutte le case" deve affrontare le ragioni della produzione e del mercato. Questo libro racconta quindi la storia del design come storia di un laborioso equilibrio ogni volta raggiunto fra le componenti artistiche e quelle tecniche del progetto. Al suo centro, però, resta sempre l'oggetto d'uso, strumento indispensabile per il vivere quotidiano, portatore di significati sempre più ampi, con le luci e le ombre che lo hanno accompagnato nella sua lunga vicenda.
Luogo riservato al riposo, allo svago, all'otium, ma anche simbolo di potere politico o economico, la villa, nel corso dei secoli, riflette i mutamenti del gusto e delle esigenze di chi la abita. La sua struttura e la posizione che occupa nel paesaggio sono da sempre il segno tangibile di una volontà di affermazione e di dominio sull'ambiente circostante ed è per questo che descriverne le forme significa, prima di tutto, descrivere le abitudini e le esigenze dei proprietari. Analizzando gli elementi comuni e quelli specifici della villa, dall'epoca romana (con i Tusci e il Laurentinum di Plinio il Giovane) a quella medicea, dai giardini romantici fino ai tentativi opposti di Le Corbusier, impegnato a estraniare l'edificio dalla natura, e di Wright, che nella celebre Casa sulla Cascata punta a raggiungere la simbiosi tra paesaggio e architettura, Ackerman mostra le molteplicità di forme che la villa ha assunto nel tempo, ma anche il ritratto di una vita di campagna il cui spirito è arrivato fino a noi praticamente immutato.
L'improvviso e casuale accendersi di una passione incontrollabile tra i due protagonisti apre la storia. Romeo va a una festa per vedere Rosalina, e non per cercare Giulietta, ma quando i due si incontrano, si perdono l'uno nell'altro, entrambi ignari di avere di fronte un nemico. Tragedia dell'amor giovane, Romeo e Giulietta è considerata la storia d'amore per eccellenza proprio perché è molto di più. Un grande e ricco dramma di passioni umane, qualunque esse siano: oltre a celebrare un sentimento divorante e assoluto, Shakespeare ci racconta anche, e soprattutto, le scelte estreme a cui conducono odio, rivalità, rancore e vendetta. L'edizione viene presentata con testo a fronte nella nuova traduzione e con il puntuale corredo di note a cura di Silvia Bigliazzi.
Sul tema della città dell'avvenire, Wright ha lavorato per un quarto di secolo, nel modo che gli era tipico e che accentuava quando gli argomenti gli stavano particolarmente a cuore: un modo soggettivo, partigiano, intriso di egotismo. E, per questo, ancora più affascinante, perché mescola all'utopia una buona dose di pragmatismo, alla fantasia progettuale una ricca e meditata capacità di riflessione. Se è vero, come il grande architetto ritiene, che il disordine sociale ed economico del nostro tempo sia conseguenza inevitabile dell'eccessivo accentramento, si tratterà di valorizzare in concreto l'indipendenza e il rispetto individuali, la coscienza della natura e del suo utilizzo, insieme a una più intensa percezione della bellezza. A lungo sentito come un "manifesto" per la libertà e la dignità dell'uomo, e considerato, come avviene per ogni bandiera, anche come utopistico, il messaggio di Wright si è dimostrato estremamente concreto e puntuale per chi si sia posto il problema dell'urbanistica contemporanea in termini non astratti. I piani di Wright per la "Città vivente", qui dettagliati con una sorprendente varietà di fotografie, disegni originali, schizzi e planimetrie, includono ogni attività (scuola e teatro, arterie stradali, stadi sportivi, edifici agricoli). Prefazione di Jean-Louis Cohen. Con un saggio di Bruno Zevi.
"Dio è considerato trascendente e irrappresentabile: è un punto sul quale i tre monoteismi, detti abramici, concordano. Possiamo però immaginarlo, o meglio renderlo visibile attraverso l'immagine, cioè disegnarlo, dipingerlo, scolpirlo? O bisogna pensare che sia al di là di qualunque immagine e definirlo radicalmente inimmaginabile? Abbiamo pensato che, con questo libro, fosse possibile fare la storia del significato di tale domanda e al tempo stesso dei diversi aspetti della risposta". Moltissime immagini hanno rappresentato Dio nel corso dei secoli. Alcune sono state ritenute legittime e hanno goduto di un successo duraturo, altre sono invece state considerate fraudolente, blasfeme, e sono incorse anche in pesanti condanne. Ancora oggi, la questione della rappresentazione di Dio appare profondamente controversa e costituisce un costante argomento di divisione. François Boespflug ripercorre i secoli di storia e di storia dell'arte che hanno al centro la figura del Dio unico. Pur focalizzandosi maggiormente sull'arte medievale, Boespflug non manca di affrontare l'epoca moderna e dedica l'ultimo capitolo a "l'arte d'ispirazione cristiana al di fuori dell'Europa".
"Dopo la fotografia" esamina gli infiniti modi attraverso i quali la rivoluzione digitale ha totalmente modificato la nostra fruizione delle informazioni visive, a partire dalle foto di cronaca scattate con i telefoni cellulari fino all'uso pervasivo della videosorveglianza. Allo stesso tempo, la maggiore possibilità di manipolare ogni immagine ha reso la fotografia un documento di ambigua identità, mettendo cosi in dubbio il suo ruolo nel raccontare gli eventi, pubblici o privati che siano. Nel solco della tradizione di studi tracciato da John Berger e Susan Sontag, Fred Ritchin analizza fallimenti e potenzialità non ancora sfruttate di un medium in continua evoluzione. Addentrandosi nel futuro dei media visivi, l'autore sottolinea come la rivoluzione digitale stia trasformando le immagini in un sistema ipertestuale che ha cambiato radicalmente il nostro modo di concettualizzare il mondo. Secondo Ritchin è il momento di esplorare con rigore le opportunità offerte dalle innovazioni digitali e di usarle per capire meglio il nostro mondo in rapida trasformazione. I collegamenti ipertestuali di uno scatto messo in rete, per esempio, offrono immense occasioni per il dialogo e l'arricchimento reciproco. Immaginare cosa accadrà alla fotografia è una sfida che dobbiamo affrontare senza indugio se vogliamo ancora avere un controllo su tutte quelle immagini che ormai produciamo in maniera esponenziale, evitando così di diventarne schiavi inconsapevoli.
«T4 non è una tragedia classica, ma una raccolta di storie tragiche che si possono comprendere soltanto fornendo una chiave della logica che l'ha ispirata e l'ha guidata. Le vittime sono quasi tutte anonime, i carnefici sembrano solo aguzzini e sadici, ma dietro quella mostruosità c'è una normalità colpevole, ed è solo rendendola familiare e umana che si può comprendere e riconoscerne i segni anche fuori dalla storia, nel presente».
Marco Paolini, Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute
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Il DVD dello spettacolo (160') e il Taccuino di lavoro (160 pp.)
IL LIBRO: Il Taccuino di lavoro, raccoglie 11 saggi che descrivono dal punto di vista psichiatrico e storico la condizione dei malati di mente durante il nazismo.
Con il contributo di Claudio Magris, La vita in un battito di ciglia.
IL DVD: La registrazione di Ausmerzen, lo spettacolo di Paolini sullo sterminio di massa conosciuto come Aktion T4, una orribile prova generale dell'Olocausto. Trasmesso in diretta televisiva su La7 il 26 gennaio 2011, Ausmerzen ha inchiodato al video oltre 1. 700. 000 spettatori. Nei contenuti speciali le interviste inedite al professor Michael von Cranach e alla professoressa Alice Ricciardi von Platen.
Produzione JOLEFILM.
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Giulio Einaudi Editore e Jolefilm presentano:
Marco Paolini
AUSMERZEN
Vite indegne di essere vissute
racconto teatrale di Marco Paolini
testi di Marco Paolini, Mario Paolini, Michela Signori, Giovanni De Martis con Naomi Brenner
consulenze scientifiche Lorenzo Torresini
regia televisiva Fabio Calvi
aiuto regia Valentina De Renzis
direttore della fotografia Daniele Savi
produzione e organizzazione generale Michela Signori per JOLEFILM
direttore di produzione Chicco Minonzio per Studio Metria
assistente di produzione Rosita Volani
assistente fotografia Fabio Panigada
elaborazione contributi video e regia contenuti speciali Marco Segato
amministrazione e affari legali Lorenza Poletto, Germana Scalco
segreteria organizzativa Lucia Candelpergher, Francesca Cuzzolin
ufficio stampa Giambattista Marchetto_CHARTA BUREAU, GOIGEST
progetto scene Carlo Carbone
elementi scenici Monia Giannobile, Luca Pagliano, Andrea Violato
service luci e fonica AMANDLA PRODUCTION
tecnici Gianluca Del Carlo, Mirco Lenzi, Toni Martignetti, Arturo Pacini, Roberto Tremolanti
consolle luci Gaetano Rando - fonica di sala Gabriele Turra
riprese HD UnicaVideo
responsabile tecnico Luca Scamperle, direttore di produzione Emanuela Bertolotto, coordinatore di produzione Andrea Tresoldi,
responsabile della logistica Salvatore Aglieri
gruppi elettrogeni OGR ITALIA
tes LIVESAT
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Taccuino di lavoro (a cura di Mario Paolini e Michela Signori):
«Con la sua consueta forza poetica che fonde passione, irruenza, precisione, rigore, furore e pietas, Paolini, cantastorie e filologo di orrori e tragedie, fa la storia dell'eutanasia nazista, che l'immane atrocità della Shoah ha forse un po' messo in ombra. Trecentomila "vite indegne di essere vissute", eliminate nei modi piú vari, dall'iniezione letale alla "dieta senza grassi" - non quella dei salutisti di lusso, ma quella degli scheletri viventi di Auschwitz».
Claudio Magris
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In questo volume, curato da Mario Paolini e Michela Signori, undici interventi intensi e dolorosi, uniti dal filo conduttore della testimonianza disperata, del racconto di vite interrotte private della possibilità stessa della lotta alla sopravvivenza. E delle loro famiglie, ignare, fino ad anni recenti, del destino dei loro cari. Tra questi Taccuino d'attore di Marco Paolini, in cui l'artista ripercorre le tappe che hanno portato alla messa in scena dello spettacolo Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute.
Thelonious Monk che, incurante della baraonda intorno a lui, suona il Baby Steinway mezzo incastrato in cucina, con la schiena così vicina ai fornelli da rischiare di prendere fuoco. Lester Young perso, la notte, in una stanza d'albergo inondata dalla luce di un neon verde proveniente dalla strada. Charles Mingus che come una furia pedala al Greenwich Village attaccando briga con passanti e automobilisti e attraversando giornali, lattine vuote e cartacce sollevate dal vento. E poi Bud Powell, Duke Ellington, Chet Baker... Musicisti che hanno fatto la storia della musica jazz raccontati a partire da immagini, aneddoti e soprattutto dalla musica.