
Dell'architettura tradizionalista che pure ha costruito la città europea tra le due guerre mondiali non si parla nelle grandi sintesi storiche dedicate all'architettura contemporanea. Ciò a causa della tendenza da parte di critica e storiografia a privilegiare gli aspetti di volta in volta innovativi della nuova architettura. Si ricupera in quest'opera un mestiere dell'architettura anche laddove innovazione e impegno ideologico erano mancanti.
Il volume accoglie una scelta di saggi dedicati dall'autore all'arte del Tre e Quattrocento, lungo il crinale di quel momento d'eccezione della cultura figurativa europea che annuncia e accompagna la soglia fra Medioevo e Rinascimento. Scritte fra il 1934 e il 1985, queste pagine intessono un dialogo appassionato con artisti sommi o semplicemente grandi, come Giotto e lacopo della Quercia, i grandi riminesi e Pisanello; raccontano di opere epocali, come la Maestà di Duccio e l'affresco giottesco del primo Giubileo; svelano monumenti della complessità e novità del Duomo di Siena e di Orvieto; invitano a riflettere sulle differenze di struttura che possono segnare le diverse civiltà figurative.
"Simbolo del potere imperiale", "ottava meraviglia del mondo", "luogo tra terra e cielo": con espressioni di questo tenore, nell’arco di tutto il Medio Evo cristiano, la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli venne salutata e celebrata non solo come il culmine di una plurisecolare competenza tecnica e architettonica ma anche come opera "di ispirazione divina", in virtù di uno speciale favore disceso dall’alto sull’imperatore Giustiniano (527-565) che la commissionò e la realizzò esattamente negli anni in cui il suo potere,, centrato nella Nuova Roma sul Bosforo, andava dalle Alpi al Nilo, dall’Eufrate al Danubio alla penisola iberica.
Il presente volume propone una restituzione appassionata, accademicamente impeccabile, ma accessibile anche ai non specialisti (grazie a un ricco apparato iconografico espressamente concepito per questo volume) del testo che Procopio di Cesarea, il massimo storico dell’epoca di Giustiniano, dedicò alla Santa Sofia. La compenetrazione tra le competenze storico-artistiche e storico-filologiche dei due curatori del volume consente di godere appieno del testo procopiano in un fitto tessuto di raffinati rimandi letterari e di precise indicazioni per la visione diretta del capolavoro di Santa Sofia. Ancor oggi come nel VI secolo bizantino quella basilica "sfida l’osservatore" in una costante eccedenza della visione rispetto alla comprensione, che Procopio ha formulato per primo e per tutti, e che continua a rivelarsi come una sapienza insieme dichiarata e segreta.
Da qualche decennio l’arte romanica è alla moda. La si osserva archeologicamente, la si studia con moderni metodi filologici, la si visita persino nei viaggi organizzati. Piace la sua austerità imponente, la sua essenzialità percepita come segno di una forte religiosità, la sua facies nuda, spoglia, sobria. Ma la basilica di Ripoll o il Fondaco dei Turchi a Venezia sono veramente edifici romanici? Le cupole della cattedrale di Périgueux o la facciata di quella di Le Puy sono davvero medievali? Le statue lignee raffiguranti la Madonna e Cristo con il volto nero erano proprio così brutte e scarnificate? Ma l’arte romanica che oggi abbiamo davanti ai nostri occhi corrisponde davvero a quella medievale? In questo libro si mette in discussione il concetto stesso di romanico e di arte romanica, ne si indagano le origini, e soprattutto si contestualizza la sua genesi storiografica nel particolare contesto culturale della prima metà dell’Ottocento, quando in tutta Europa per la prima volta si scoprì, come d’improvviso, la produzione artistica anteriore all’avvento di quella maniera di costruire che Vasari definì come tedesca o portata dai Goti. In quei decenni segnati dalle campagne napoleoniche e dal Congresso di Vienna, tra Neoclassicismo e Romanticismo, i paesi dell’Europa decisero di riappropriarsi del proprio passato nazionale, catalogando, restaurando, studiando e anche ricostruendo l’arte costitutiva di ciascuna nazione: il romanico. Il libro analizza l’elaborazione storiografica e nazionalistica dell’idea di romanico, e ne decostruisce le invenzioni e gli errori, ponendo l’accento su alcune questioni controverse, come la popolarità degli artisti, il ruolo della donna nell’universo artistico misogino dell’epoca o la ricca policromia degli edifici. Ma nello stesso tempo svela la vera personalità del Medioevo romanico, dalla Francia all’Italia, dall’Inghilterra alla Catalogna, mettendo a confronto idee e modelli architettonici e figurativi, in un dialogo che dové essere in quei secoli molto più vivace e vitale di quel che oggi abitualmente pensiamo.
Il libro è una ricerca - per certi aspetti approfondita e per altri assolutamente nuova - sulla devozione dei musulmani verso la madre di Gesù, con uno sguardo sinottico che esamina il loro approccio e quello cristiano, nella tradizione e nell’attualità, secondo la Bibbia e il Corano. Maria diventa così la donna dell’incontro. Il libro è destinato sia ai cultori d’arte sia ai fedeli cristiani che musulmani. In difformità con l’idea diffusa che nell’Islam non esiste pittura a soggetto religioso, un artista musulmano sostiene la presenza nell’arte islamica di moltissime raffigurazioni, ponendosi in una posizione moderna di grande apertura. Luigi Bressan, in due ampi capitoli, mostra l’evoluzione storica della pittura della figura di Miriam, arricchendo la ricerca con la riproduzione di oltre settanta immagini che vanno dal Bangladesh alla Turchia, con qualche esempio anche dall’Italia. Molte sono rese pubbliche per la prima, altre sono difficilmente rintracciabili provenendo da collezioni private e da oltre 25 Musei del mondo intero. I centri di maggiore attività artistica, dei quali Luigi Bressan offre una documentazione sono l’India, la Persia e l’Impero ottomano. A quest’opera - unica per la ricchezza di testimonianze pittoriche e la vastità dello studio - che non mancherà di suscitare sorprese, ma si spera anche accrescerà il dialogo interculturale e interreligioso da parte degli stessi musulmani, hanno collaborato un’esperta in islamologia, Livia Passalacqua e il prof. Maurice Borrmans, professore emerito del PISAI ed editore di "Islamochristiana".