
Personaggio divenuto mitico suo malgrado, Henri Cartier-Bresson ha segnato con un'impronta personale il mondo della fotografia con un rigore d'analisi e un rapporto tra forma e contenuto che non ammette quasi altro modo per esprimere un fatto, descrivere un paesaggio, realizzare un ritratto. Il patrimonio delle sue immagini rappresenta ormai una pietra miliare: non si può essere fotografi senza rapportarsi, per imitazione, contrapposizione o proselitismo, con la sua opera. Sinonimo egli stesso del termine "fotografia", che ha arricchito di teoria non meno che di folgoranti esempi pratici, ci offre in questo libro 60 delle sue migliori immagini, introdotte da un profondo testo critico di Jean Clair.
A quattrocento anni dalla morte di Caravaggio il mito si è mangiato l'artista. "La sua pittura aspetta ancora di essere riconsegnata a un nastro in bassa fedeltà, che ne comprima e comprenda il contenuto di verità bruciante, lasciando fuori tutto il resto". Tra indagine sul campo e lettura critica, tra Milano, Roma, Genova, Napoli, Malta, la Sicilia: un reportage che riconsegna un uomo di oggi, raccontando per la prima volta, davvero, come pensa e lavora un pittore. Andrea Dusio ricolloca Caravaggio all'interno della sua epoca e ne dà una nuova lettura: variano le date, mutano le attribuzioni, vengono proposti nuovi confronti con altre opere e nuovi contesti di lettura. "White Album" perché il bianco è la cosa più lontana dallo stereotipo di Caravaggio.
Questo romanzo è una rievocazione del grande musicista nel periodo che precede la creazione dell'"Otello". L'azione si concentra in pochi mesi, nella suggestiva cornice della Venezia di fine Ottocento, che Wagner aveva eletto a palcoscenico dei suoi trionfi. Werfel immagina che Verdi vi si rechi in incognito a studiare il rivale, convinto che la propria vena creativa sia esaurita. Il conflitto tra i due musicisti diventa la chiave interpretativa del romanzo fino a quando Verdi, riacquistata la consapevolezza della propria arte e della propria indipendenza spirituale, si recherà ad incontrare il grande nemico-amico e apprenderà della sua morte.
Creare produce conoscenza, costruisce ambienti e trasforma vite. L'antropologia, l'archeologia, l'arte e l'architettura sono tutte modalità di creazione che, in questo libro Ingold mette in relazione. Superando la concezione dell'arte e dell'architettura come compendi di opere da analizzare in chiave antropologica o archeologica, Ingold ripensa l'atto di creazione come un processo in cui artefici e materiali sono in corrispondenza reciproca nella generazione della forma. 'Making' presenta una serie di considerazioni sul significato del creare cose, sui materiali e la forma, la natura del design, la percezione del paesaggio, la vita animata, la conoscenza personale e il lavoro manuale. Le riflessioni di Ingold attingono a esempi ed esperimenti che spaziano dall'industria litica preistorica all'architettura delle cattedrali medievali, dai tumuli circolari ai monumenti, dal volo degli aquiloni all'intreccio di corde, dal disegno alla scrittura.
Berlino è famosa per essersi sempre radicalmente reinventata. Vi è tuttavia una forte tradizione che ha caratterizzato lo sviluppo architettonico di Berlino in ogni epoca: lo sguardo rivolto all’arte dei Paesi mediterranei.
Basta una passeggiata per scoprire molti, sorprendenti parallelismi, dal castello barocco di Schlüter (l’antica Roma!) passando per il Forum Fridericianum e il teatro anatomico della scuola veterinaria (Palladio! Vicenza!), fino alla ricostruzione della Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche dopo il 1945 e all’ala progettata da Franco Stella per il castello, recentemente ricostruito.
Horst Bredekamp mette in luce inedite analogie e scrive la storia di una passione mediterranea capace di plasmare uno scenario urbano inconfondibile, legato a doppio filo non solo col potere e le sue rappresentazioni, ma anche con struggimenti e recondite speranze.
Che cosa hanno in comune La notte di Elie Wiesel, le fotografi e dell’Album Auschwitz, Notte e nebbia di Alain Resnais? La tragedia della Shoah, naturalmente.
Ma per quanto scandaloso possa sembrare, non solo. Ognuna di queste opere porta all’estremo i limiti del nostro vedere e ci spiega che certe immagini funzionano solo in virtù di ciò che non si vede, del loro fuoricampo e del vuoto che riescono a rendere percepibile. Il confronto con l’estremo continua a interrogare il nostro modo di relazionarci alle immagini che provano a raccontarlo e sfida il nostro sguardo a esercitarsi oltre i suoi limiti. Tocca alla teoria dell’immagine ricostruire il terreno per un ritorno alla morale e alla politica delle immagini, in grado di difendere la “causa dell’invisibile” e ripensarne la radice attraverso ciò che ci è dato vedere.
Claude Lévi-Strauss ha scritto che "fra tutti i linguaggi, solo la musica riunisce i caratteri contraddittori di essere a un tempo intelligibile e intraducibile". Da sempre l'esperienza musicale ha generato miti e utopie; è stata contestazione dello status quo, nostalgia delle origini e della Armonia Mundi, simbolo di ciò che mai potrà essere detto in parole. Questo libro si propone di seguire qualche percorso che la musica ha tracciato nell'immaginazione umana. Nella prima parte vengono prese in esame le teorie psicoanalitiche della musica e i loro antecedenti nel pensiero del Romanticismo. Nella seconda sono evocati, attraverso l'analisi di alcuni testi letterari e musicali (Hoffmann, Bernhard, Rilke, Offenbach), i rapporti tra musica, inconscio, fantasie cosmogoniche, mitologie del femminile e pratica analitica.
"Nelle ricerche sul cinema - scrive l'autore - ho tentato di estendere il tipo di indagine condotta nei miei libri" sulla complessità del mondo e dell'essere umano. Ma come può il progenitore dei media audiovisivi alimentare una simile esplorazione? Il cinema di Edgar Morin è un medium capace di far luce sull'uomo e sulla società. In questi scritti incisivi e affascinanti, Morin analizza le mitologie del mondo contemporaneo. Nella sua teoria, in cui il cinema appare in tensione tra tecnica e magia, arte e industria, standardizzazione e creatività, individui e comunità, lo spettatore diviene il perno di un'esperienza concreta del tempo e della storia. I testi inediti, qui recuperati e organizzati, costituiscono perciò un punto di riferimento rilevante nell'ambito delle ricerche sul cinema, i media, l'estetica, la cultura e la conoscenza, intesi come dimensioni fondamentali dell'umano.
Sulla Sicilia, sin da tempi antichissimi, si sono riversate ondate di civiltà. Ma i Greci vi hanno lasciato un carattere indelebile, che fa parte della natura profonda di questa terra. Gli dèi non se ne sono mai andati dall'isola. Nelle campagne assolate nel cuore dell'estate, per le strade aggrappate ai pennacchi di roccia delle montagne siciliane si può ancora sentire Eracle chiamare le sue mandrie e Ulisse ridere del Ciclope. Nel tramonto di Agrigento, di Selinunte, di Segesta abitano ancora le processioni in onore degli dèi. Quando il giorno chiama la notte, nei teatri di Siracusa e di Taormina, il racconto del mito, nella rappresentazione delle tragedie, ritrova la voce potente che dovette avere nel V secolo a.C., in Grecia e nell'Occidente greco. Terra rifugio di dèi e di eroi, di ninfe e di filosofi, di mostri e di re, la Sicilia è l'incarnazione di quello straniamento magico e felice che tanto piaceva ai Greci. È la stranizza di un mezzogiorno d'estate, con i cortili risuonanti di voci e qualche buona storia da ascoltare e da raccontare.
Un filosofo e storico dell'arte s'interroga sul mistero e la singolarità delle pratiche e delle forme degli ex voto, immutate dall'antichità pagana a oggi e comuni alle società più diverse. La loro volgarità di forme anatomiche (mani, piedi, occhi, cuori, seni, genitali), il loro carattere ripetitivo e banale provocano infatti un certo malessere in chi ne ripercorre con lo sguardo le migliaia di esemplari.
Nel processo di globalizzazione in atto, che cosa accadrà della tradizione più specifica dell’Europa, quella delle sue città, con la pretesa di eternità della loro bellezza, che tutti conosciamo perché le abbiamo visitate?
Per delineare una risposta, l’autore, che è un esperto proprio delle città europee, invita il lettore a una originale riflessione, per capire se mai l’Europa delle città sia alla vigilia di una irreversibile mutazione o se invece la sua identità entrerà trionfalmente nel mondo globale senza venire rinnegata.
L'autore
Marco Romano ha insegnato Estetica della città nelle Università di Venezia, Palermo, Genova e Milano. Tra le sue molte opere, La città come opera d’arte (Einaudi 2008).
Il viaggiatore che nella seconda metà del Quattrocento scopre il fascino del "Bel Paese" è mosso da un sentimento laico ben diverso dallo spirito che spingeva i pellegrini del Medioevo. L'Italia appare la culla di una nuova civiltà. Alla base di questa rivoluzione c'è tanto la rinascita delle 'humanae litterae' quanto l'invenzione della prospettiva. Personaggi come Albrecht Dürer e Erasmo da Rotterdam sono così i precursori di una conquista dell'Italia e dei suoi tesori, proprio come Palladio, Machiavelli, Giorgione e Tiziano con i loro trattati o con le loro tele sono gli agenti promotori della cultura italiana in tutta Europa. L'apice della fortuna dell'Italia si avrà però in pieno Settecento, con lo straordinario successo del Grand Tour, che come un fiume in piena porta nella penisola aristocratici, letterati, artisti e filosofi che la considerano una meta ineludibile per la formazione della coscienza europea.