
È il 1814, siamo a Vienna, è in corso il Congresso che ridisegnerà la carta dell'Europa come la vorranno i vincitori di Napoleone - lo zar, l'imperatore d'Austria, il re d'Inghilterra, il re di Prussia. Un giovane, che è arrivato nella capitale al seguito del Segretario di Stato del Papa, scrive a suo zio del Congresso e del clima politico e artistico viennese. Attraverso le sue lettere scopriremo la musica di Beethoven, autore di sinfonie dalla dirompente carica innovatrice. È un momento di svolta: da qui in poi la musica non sarà più affare di pochi aristocratici. Il virtuosismo diventa in questo momento la chiave di volta per la conquista di un nuovo pubblico borghese. Le regolari stagioni sinfoniche e le regolari stagioni da camera che si diffonderanno ovunque nella seconda metà dell'Ottocento hanno una delle loro più importanti radici nella Vienna del Congresso. Fa da contraltare alla potenza di Beethoven, la musica di Schubert, l'"escluso", il prodigioso giovane musicista incapace di farsi largo nel mondo e di cui il mondo non s'accorge.
"Che cos'è il design? Come funziona il linguaggio degli oggetti di cui ci circondiamo? Quali relazioni lo legano alla moda, al lusso, alla pubblicità, all'arte, all'industria, alla nostra storia personale e collettiva? Il designer è un artista o un professionista, è un meticoloso risolutore di problemi o un egocentrico creatore di oggetti inutili? "In tutte le sue manifestazioni, il design è il Dna delle nostre società. Se vogliamo capire la natura del mondo moderno, è questo codice che dobbiamo esplorare." Gli oggetti parlano e, in un mondo sommerso di cose, il rumore di fondo è diventato così assordante che è giunto il momento di chiedere un po' di silenzio e lasciar parlare quelli che hanno seriamente qualcosa da dire: capitolo dopo capitolo, pagina dopo pagina, scopriamo quanto ci manchi una seria e approfondita cultura sull'argomento, quanto piacere ci sia nel conoscere attraverso gli oggetti, quanto possiamo coltivare noi stessi e la nostra stessa personalità circondandoci di oggetti, nei quali riconoscerci e ai quali affidare il compito di rappresentarci. Deyan Sudjic ci insegna ad apprendere questo linguaggio e ad ascoltare con giudizio critico, così da renderci più consapevoli del mondo nel quale viviamo". (M. De Lucchi)
Sulla fine degli anni Cinquanta, i tubi di dentifricio di Oldenburg, i cartelloni pubblicitari di Rosenquist, i fumetti di Lichtenstein, le Coca-Cola di Warhol fanno irrompere sulla scena dell'arte figure e cose della vita quotidiana che raccontano in maniera completamente inedita la civiltà dei consumi. Come nessun altro artista del moderno, l'artista pop si lascia coinvolgere volutamente dall'universo metropolitano dominato dai prodotti fabbricati in serie e dai mezzi di comunicazione di massa. Alberto Boatto, uno tra i maggiori critici italiani, racconta la Pop Art attraverso gli incontri con i suoi più grandi esponenti e con le loro opere, negli anni in cui ancora conservavano la fragranza dell'eresia.
Ascoltare o leggere Ascanio Celestini oggi sembra un po' come guardare dall'alto un'autostrada a tre corsie piena di berline aerodinamiche e rimanere ipnotizzati da una piccola 500 del 1967 che procede per conto proprio. Protagonista della scena teatrale italiana, voce di coloro che non compaiono mai nelle storie ufficiali, Celestini è capace di ascoltare tante storie e distillarne una sola e collettiva.
"Scultura è un termine oggi abitualmente utilizzato nell'ambito dell'arte contemporanea non solo per le opere tradizionali ma anche per ogni tipo di lavoro con caratteristiche tridimensionali effettive, dalle costruzioni e assemblaggi agli oggetti, dalle installazioni spaziali agli ambienti e agli interventi in contesti esterni. Perché si è arrivati a estendere, forzandola all'estremo, una categoria che per secoli ha avuto un'identità precisa, tale da non dare mai adito ad ambiguità interpretative di fondo? Di fatto oggi ci troviamo in una situazione culturale in cui si registra una compresenza delle più diverse forme operative, tutte legittimate al livello della produzione artistica più avanzata." Dalle sculture plastiche di Rodin e Medardo Rosso ai rilievi cubisti di Picasso, da Boccioni ai ready made di Duchamp, agli artisti pop, dai concetti spaziali di Fontana alle realizzazioni tridimensionali che incorporano nell'opera lo spazio dell'installazione o il corpo dell'artista, la parabola straordinaria e vitale della scultura del Novecento, nelle sue eclettiche modalità creative.
Un percorso che attraversa più di un secolo di storia dell'arte, dall'Astrattismo all'Espressionismo astratto, dal Dadaismo alla Pop Art, dal Cubismo alle tendenze più significative degli ultimi decenni. Giuseppe Di Giacomo individua i temi e i problemi teorici fondamentali della produzione artistica moderno-contemporanea: il rapporto tra arte e realtà, il ruolo del mercato e quella connessione di etica ed estetica, di memoria e testimonianza che caratterizza alcuni fenomeni artistici dagli anni Ottanta in poi.
Sembrerebbe tutto semplice: un compositore sceglie un libretto e lo mette in musica, rivestendo le parole di note. Per Mozart è il contrario: vengono prima la musica, poi le parole. Perché per lui la poesia deve essere 'figlia ubbidiente della musica'. E al compositore che spettano le scelte drammaturgiche, è la musica che deve determinare il 'tono', il ritmo, il senso stesso del dramma. E infatti nelle tre opere "Le nozze di Figaro", "Don Giovanni", "Così fan tutte", Mozart non si limita affatto a valorizzare gli ottimi libretti di Lorenzo Da Ponte. Scopre possibilità drammatiche latenti nelle pieghe del testo, lo reinterpreta, gli dà un senso nuovo attraverso la musica. Gli elementi della partitura interagiscono in modo miracoloso nel creare uno specifico colore, una perfetta atmosfera, un preciso ritmo drammatico. Con un linguaggio semplice e chiaro e l'aiuto di un gran numero di esempi musicali suonati e 'raccontati' dall'autore stesso nel cd allegato, Giovanni Bietti conduce alla scoperta delle caratteristiche drammatiche e musicali delle tre opere mozartiane. Scopriremo ad esempio perché il "Don Giovanni", un'opera che comincia con un tentativo di stupro e un assassinio, e che finisce con la morte del protagonista, sia stato definito da Mozart un'opera buffa. Il senso c'è, ma non lo si capisce semplicemente dal testo: bisogna tendere l'orecchio alla musica, al suo linguaggio e alla sua stupefacente varietà.
Hanno inventato il 'beat', sono stati, assieme a Bob Dylan, i padri del rock, hanno scritto alcune delle canzoni più belle e famose del secolo scorso, hanno contribuito a rendere 'visibili' i giovani, hanno stabilito nuove regole d'abbigliamento e di vita, hanno fatto crescere i capelli a un'intera generazione, hanno cambiato alcune regole della nostra vita e molto, molto altro ancora. Il tutto con una dozzina di album, tutti passati alla storia, e in meno di dieci anni, tra il 1962 e il 1970. Un decennio rivoluzionario sotto molti punti di vista, così com'erano rivoluzionari i Beatles. Rivoluzionari erano il loro modo di stare in scena, il loro abbigliamento, i loro atteggiamenti privati e pubblici, la loro ricerca sonora, il modo di comporre, di usare lo studio di registrazione, di proporsi in pubblico, di sparire dalle scene, e la lista potrebbe continuare a lungo. La musica pop, tutta la musica pop, ha un enorme debito verso i Beatles. Non soltanto le band e gli autori che hanno deliberatamente preso spunto dalla loro lezione, ma anche chi, per contrasto, l'ha rifiutata, perché entrambi, i 'favorevoli' e i 'contrari', hanno dovuto fare i conti con gli straordinari cambiamenti, le radicali innovazioni, le incredibili invenzioni dei quattro di Liverpool. Innovazioni che hanno cambiato in maniera radicale il volto della musica popolare, l'hanno trasformata, aperta, liberata, portandola a essere arte.
Francesco De Gregori si racconta per la prima volta attraverso una serie di conversazioni condotte da Antonio Gnoli. La sua vita e il suo mondo emergono in una successione di pensieri, ricordi ed emozioni. L'intima intelligenza delle sue canzoni fa da sfondo alle nostre esistenze intrecciate con la storia italiana. Chiunque si sia posto domande su che cos'è l'arte e la bellezza, il tempo che passa e ci trasforma, Dio e le religioni, l'oggi che comprendiamo sempre meno, troverà in questi dialoghi risposte di sorprendente sincerità e acutezza. Scoprirà inoltre le numerose esperienze che De Gregori ha vissuto con coerenza e desiderio: i libri letti e amati; l'America con i suoi miti e la politica con i suoi equivoci e il senso di cosa abbia voluto dire per lui essere di sinistra senza lasciarsene condizionare. Il mondo poetico di De Gregori ne esce in sintonia con il battito del suo cuore e della sua mente. Tra la musica che ha scritto e quella che ha amato. In un finale sorprendente Francesco De Gregori riflette, ragiona e affronta con umiltà lo spirito del nostro tempo, così segnato dalle passioni tristi. Non ci sono ricette, né messaggi edificanti. Solo la sommessa convinzione che la vita migliore è quella che si interpreta con passo d'uomo.
Da Van Gogh a Picasso, da David a Boccioni, da De Pisis a Clemente: Alberto Boatto ripercorre la storia dell'autoritratto dall'inizio del moderno fino al suo tramonto. Il volume, qui proposto in una nuova edizione arricchita di nuovi profili e nuove immagini, è suddiviso in due parti: nella prima l'autore risponde alla domanda "che cos'è un autoritratto?"; nella seconda presenta circa novanta autoritratti, commentandoli e interpretandoli.
Non è vero che l'arte contemporanea non richieda più alcuna competenza tecnica e che si fondi sul principio provocatorio del ready-made. Al contrario, "mai come oggi non soltanto a un artista, ma a chiunque svolga un'attività inventiva, è concesso, anzi decisamente richiesto, di slittare tra competenze diverse: si dà forma a un pensiero con il continuo sovrapporsi di fattori. Il contraltare a questa libertà, tuttavia, è che si disponga di competenze varie e che si agisca in maniera precisa, progettata, realizzando le ipotesi di lavoro più varie con abilità specifiche". Anche per fare una crepa nel pavimento, un sole finto che abbronza davvero, una scatola nera nella quale il nostro corpo si disperde come nel vuoto (per citare tre opere gigantesche presentate alla Tate Modem di Londra, nell'ordine, di Doris Salcedo, Olafur Eliasson, Miroslaw Balka) occorre avere una coscienza e una dimestichezza dei propri mezzi che non è possibile improvvisare. Le nuove tecniche sembrano però avere almeno un aspetto in comune, quello del bricolage, che mette insieme materie e approcci differenti e che non mira alla durevolezza dell'opera. In ciò si rispecchia un'epoca in cui declina l'idea di storia come insieme sensato e in cui tendiamo a percepire il tempo come un flusso elastico, dominato dal frammento e dal caso. A partire da questi presupposti, Angela Vettese riflette su come sono cambiati i materiali e i linguaggi dell'arte contemporanea.
La ricchezza del lavoro multidisciplinare condotto da studiosi di tutti i principali atenei toscani per il Piano paesaggistico regionale è qui restituita attraverso una serie di saggi inediti. Questo libro costituisce un riferimento particolarmente interessante per chiunque intenda fare il punto sulla pianificazione paesaggistica oggi in Italia. Mostra, inoltre, la differenza tra pianificazione paesaggistica e progettazione di giardini e parchi o tutela dei singoli beni paesaggistici, ovvero quali siano le conoscenze e le interpretazioni del paesaggio in chiave patrimoniale che possono essere messe in gioco su scala regionale.