
Il mondo dell'arte è circondato da esperienze artistiche non ufficiali, popolari, religiose, marginali di cui raramente la critica e la storia dell'arte si interessano. In questo libro si analizzano opere ed esperienze creative che potrebbero tranquillamente essere collocate in quel mondo. Tre sono i casi studiati: l'arte votiva, l'outsider art e la street art, a ognuno dei quali è dedicato un capitolo. L'arte votiva è ignorata negli aspetti più contemporanei, ma visitando un qualsiasi santuario in Italia ci si può imbattere anche in linguaggi diversi dalla pittura figurativa: fotografia, installazioni, ready made, opere concettuali. All'arte degli outsider è sempre negata la consapevolezza del loro lavoro, e questo li separa definitivamente dai colleghi cosiddetti sani e liberi. La street art è spesso compromessa con la dimensione dell'arte ufficiale quando smette di essere tale ed è trasferita sulle pareti di una galleria d'arte. Il volume riconosce e discute le potenzialità di questi tre campi limitrofi, al fine di rendere più ricca la discussione del rapporto tra arte ed espressione umana.
L'ambiguità, la ferocia, la banalità, il dolore, la solitudine. Il teatro di Vitaliano Trevisan dà voce a personaggi forse perversi, talvolta paranoici, ossessionati da una presenza che scompagina la vita (come quella del figlio non voluto in "Oscillazioni") oppure soggiogati da un'assenza traumatica (come quella del compagno suicida in "Solo RPT"). Ma in gioco, in definitiva, ci sono la presenza e l'assenza di sé, il ritrovarsi o il perdersi nelle proprie autorappresentazioni, consolatorie o masochiste che siano. La vena dell'autore è intimamente tragica, ma di un tragico scarnificato, essenziale, senza alcuna enfasi. Con dei finali sospesi, in entrambi i casi, che lasciano aperte delle porte, anzi delle finestre, da cui i personaggi (e gli spettatori metaforicamente) si possono buttare oppure no.
La mela è una di quelle "incredibili mele e pere dipinte da Cézanne" che Woody Allen, in Manhattan, mette tra le dieci cose per le quali vale la pena di vivere. L'accendino è quello di Delitto per delitto: secondo gli esperti un Ronson, modello Adonis, personalizzato. A metterli assieme, la mela di Cézanne e l'accendino di Hitchcock, è stato Godard, in "Histoire(s) du cinema". E questo per dirci che sono ben pochi quelli che conservano memoria della mela di Cézanne in confronto a quanti ricordano l'accendino di Delitto per delitto. Da qui prende le mosse questo libro dedicato alle cose che vediamo nei film, e ai film come luoghi in cui gli oggetti quotidiani sono diventati, almeno nel nostro immaginario, quello che sono. Non solo di caffettiere, panchine e spremiagrumi si tratta, ma anche di una goccia di pioggia su una foglia, della fiamma di un fuoco acceso in riva al mare, di un fossile incastonato in una roccia... Antonio Costa si occupa dunque di ciò che "arreda" il mondo in cui si svolgono le storie, di ciò che sta attorno ai personaggi: delle cose con cui i personaggi entrano in contatto e delle cose che in vario modo entrano nella storia. E se ne occupa da vari punti di vista: narrativo, plastico, simbolico. Indaga cioè sul rapporto tra le cose e le forme cinematografiche: sul perché possiamo dimenticare certi particolari della trama dei film di Hitchcock, ma non dimenticheremo mai determinati oggetti degli stessi film: una chiave, un bicchiere di latte, un accendino...
Uto Ughi ha soltanto tre anni quando il suo primo maestro, l'amico di famiglia Ariodante Coggi, gli mette in mano un violino minuscolo, e glielo lega al collo perché non cada. Nasce cosi uno dei più grandi talenti musicali del nostro tempo, un esecutore dalla naturale e precoce attitudine a "tirar l'arco", che calca, ad appena sette anni, i palcoscenici dei teatri per i primi concerti in pubblico. Tuttavia questo libro non si limita a ripercorrere l'apprendistato del musicista, le lezioni con George Enesco, i concerti tenuti in tutto il mondo, i sodalizi artistici con i più grandi interpreti degli ultimi cinquant'anni. Questo libro ci svela un inedito Uto Ughi, un uomo che, lontano dai riflettori, ama la letteratura, i viaggi e la natura, il silenzio consapevole e i luoghi del mito, dove poter ritrovare se stesso. Capace come pochi di mantenere intatto nel tempo il rapporto con il pubblico, Uto Ughi condivide per la prima volta con i lettori i tesori accumulati durante il suo cammino professionale e umano, e mette insieme il racconto di una vita ricca di passioni.
In questo volume si raccoglie una selezione di interviste e colloqui con Luciano Berio, uno dei maggiori protagonisti della musica del Novecento. Le modalità del dialogo e il carattere informale del genere intervista aprono prospettive mobili, immediate e talvolta inattese sulle vicende artistiche e biografiche del compositore, restituendone un profilo al contempo affine e complementare a quello che emerge dai suoi testi teorici. Il corpo centrale della raccolta - 51 colloqui tra interviste, conversazioni e inchieste, condotti in lingue e Paesi diversi - traccia un percorso cronologico che va dal principio degli anni Sessanta fino a pochi mesi prima della scomparsa di Berio nel 2003. È la parabola di un musicista immerso nella contemporaneità, che qui si intreccia con quella dei suoi interlocutori, tra cui spiccano firme di rilievo della pubblicistica italiana e internazionale, nonché i nomi di compagni di vita quali Umberto Eco e Renzo Piano. I temi centrali dell'orizzonte creativo di Berio - dal teatro alla ricerca elettroacustica, dalla voce al linguaggio, dalle tradizioni popolari all'impegno del musicista nella società - si snodano attraverso le interviste con la chiarezza di un linguaggio che, senza mai rinunciare all'approfondimento e all'acume critico, mira a raggiungere un bacino di lettori largo e variegato. Molteplici i riferimenti alle opere più note di Berio, da Thema (Omaggio a Joyce) a Laborintus II, da Sinfonia alle Sequenze, da Coro a Stanar, o ai lavori di teatro musicale da Passaggio a Cronaca del Luogo; e ancora a progetti, incarichi e istituzioni che videro il compositore e l'uomo di cultura coinvolto come ideatore o collaboratore sempre attento alla funzione educativa della musica e alla sua capacità di costituirsi critica attiva della realtà.
Guardare un quadro costituisce una guida accessibile allo studio e alla comprensione della pittura a partire dall'analisi di singole opere esemplari.
L'autrice accompagna il lettore lungo un tragitto che gli permette di sviluppare le proprie capacità visuali, analitiche e storiche, invitandolo a scoprire il sistema di funzionamento di ogni immagine artistica, i suoi caratteri costitutivi e il loro rapporto armonico all'interno dell'opera.
Ogni capitolo del volume è dedicato agli elementi di base a disposizione dell'artista nel momento in cui realizza l'opera (Composizione, Spazio, Forma, Tono, Colore). Al contempo viene sottolineata l'importanza del tema, il ruolo della tecnica impiegata e il particolare contesto storico d'appartenenza (destinatario, messaggio, intenzione artistica...).
Il volume è illustrato da oltre 100 immagini a colori e in bianco e nero appartenenti alla tradizione europea e americana, da Piero della Francesca a Paolo Uccello, da Caravaggio a Rembrandt, da Van Gogh a Botticelli, da Picasso a Matisse, da Rothko a Kiefer.
L'antologia originale delle più celebri apparizioni televisive di Sordi. Un progetto di Franco Rostagno, curato da Marco Sacco e con la regia di Gianni Canale, in undici grandi capitoli "tematici" è raccolto il meglio dalle apparizioni televisive dell'Albertone nazionale: dagli sketch con Mina, Raffaella Carrà, Corrado, le gemelle Kessler e Alighiero Noschese, fino alla riproposta del personaggio di Mario Pio; dalle interviste in cui racconta di sé, all'esecuzione delle canzoni "Nonnetta" e "Carcerato". A rendere ancora più preziosa questa galleria di apparizioni, il provino cinematografico per il film "Casanova" di Fellini. Il libro che accompagna il DVD inserisce il percorso artistico di Sordi nei teatri, nelle piazze, nella storia del nostro Paese: ne "La grande anima d'Italia", infatti, Valentina Pattavina racconta l'avventura artistica di Sordi, fotografando ambienti, storie e protagonisti, e restituendo il sapore di un'Italia che non c'è più, anche attraverso i tanti riferimenti alla storia e alle tecniche dei "generi artistici" di cui il talento comico sordiano si è nutrito. (Introduzione di Vincenzo Cerami).
A oltre trent'anni di distanza, viene riproposta al pubblico l'esemplare edizione che Giovanni Previtali ed Evelina Borea dedicarono alle "Vite" di Bellori (1672): torna così a essere udibile la voce più alta della storiografia artistica dell'Europa secentesca. La postfazione di Tomaso Montanari ricompone la personalità intellettuale di Bellori, proponendo nuove chiavi di lettura della genesi, della struttura e degli scopi dell'opera. Attraverso le "Vite", Bellori voleva dimostrare a un'embrionale opinione pubblica internazionale che la storia delle immagini e degli artisti era parte costitutiva della storia della cultura europea. Con Bellori la storia dell'arte e la cultura visiva vengono promosse al rango di cultura valida in sé, non più bisognosa di legittimazione letteraria. La riforma di Annibale Carracci e la sua riconsiderazione storico-critica del Cinquecento italiano avevano costruito in artisti e intellettuali la coscienza della dignità e dell'autonomia della cultura figurativa. Forte di questa consapevolezza, Bellori dimostra una straordinaria aderenza alle opere d'arte e, grazie a un lessico rinnovato e complesso, riesce a dar conto di un nuovo linguaggio e di una nuova epoca stilistica segnando così una tappa fondamentale nel processo che da Vasari a Lanzi costruisce una storia dell'arte italiana.
Una pièce sul mistero dell’amicizia, su come ognuno costruisce la propria identità, e sui rituali e i malefici della sessualità nella vita segreta delle persone. Chispas Bellatin è un maturo uomo d’affari. È a Londra per lavoro, in un lussuoso hotel sulle rive del Tamigi. Qualcuno bussa alla porta: è una donna che dice di essere la sorella di Pirulo, il suo migliore amico di gioventù. Sono 35 anni che non lo vede, smisero di frequentarsi dopo che Pirulo tentò di baciarlo in una palestra di Lima. In verità, la sera stessa Chispas andò a casa dell’amico per scusarsi del pugno che gli aveva inferto per allontanarlo; ma da allora Pirulo sparì per sempre dalla sua vita. Sono tante, ambigue e fantasmatiche le storie, le versioni del passato, che iniziano a rianimarsi sulla scena: Raquel confessa di essere Pirulo e che grazie a quel pugno ha avuto la forza di operarsi diventando donna (nelle sue fantasie loro due si sono persino sposati, in un’altra sono stati amanti); Chispas confida all’amico/a di aver capito cosa fosse l’amicizia solo quando smise di vederlo, e che le sue avventure con le donne, i suoi tre matrimoni sono stati infelici a causa di quell’amicizia infranta (forse quel bacio in palestra doveva farselo dare). E se le cose fossero andate diversamente? E se quello sulla scena fosse il fantasma dell’amico morto per colpa di Chispas? E che pensare poi, quando lo stesso Pirulo apre la porta vestito da impaziente uomo d’affari? Certe sono solo le avventure, le fantasie segrete, le menzogne, le fughe in nuove dimensioni dell’immaginario che ognuno racconta a se stesso e agli altri per «rompere la camicia di forza dell’esistenza quotidiana».
Come funziona il laboratorio della creazione artistica nell'Italia del Rinascimento? Qual è il gioco delle parti fra artista, committente, «consiglieri» e «amici» dell'uno e dell'altro? Quale il loro rapporto col pubblico? Queste le domande che Salvatore Settis, nel saggio che dà il titolo a questo volume, apparso nel 1981 negli Annali della storia d'Italia Einaudi, pone a numerosi artisti, da Giorgione a Mantegna, da Leonardo a Leon Battista Alberti, da Michelangelo a Vasari. Un insieme di casi concreti, guardati da vicino con l'ausilio di contratti, lettere e altri documenti contemporanei, consente di descrivere e analizzare le pratiche socio-culturali che articolano il rapporto committente-artista, esplorandone le dinamiche ed evidenziandone le costanti. Settis mette cosí a fuoco la distribuzione dei ruoli nel processo di creazione di un'immagine, ma anche il progressivo accrescersi dello spazio operativo dell'artista, il suo impadronirsi dell'«invenzione» che all'origine faceva parte dell'«intenzione» del committente. Tre saggi su Giorgione (fra cui una nuova interpretazione della Pala di Castelfranco) chiudono il cerchio, tornando a un artista il cui rapporto con la committenza è, per la scarsezza di documentazione diretta, oggetto di studio particolarmente stimolante.
Corredato di un ricco apparato iconografico, rivisto e arricchito di nuove riflessioni e di una postfazione di Antonio Pinelli che ne riprende e sviluppa i temi, questo volume è un prezioso sussidio per guardare «dietro» le immagini, per intendere il variegato gioco di interazioni artista-committente da cui sono nate.
Avete mai pensato alla vostra casa, all'ufficio, alla scuola, al cinema, alla trattoria, ai negozi, alle strade che frequentate? Avete riflettuto sul valore specifico dell'architettura, rispetto a quello delle altre arti figurative? Che differenza c'è tra la vostra abitazione e un tempio, o un arco di trionfo? Il giudizio che diamo su un monumento di Bramante è basato su criteri diversi da quelli su cui si fonda l'apprezzamento di un'opera di Le Corbusier? L'architettura è un'arte "astratta", oppure ha precisi contenuti? "Saper vedere l'architettura" risponde a questi interrogativi: il suo proposito è di rivelare il segreto, l'essenza spaziale dell'architettura, affinché tutti sappiano vedere gli ambienti in cui spendono tanta parte dell'esistenza.