
Questo volume ripercorre la storia di quel piccolo regno armonico che è la Cappella musicale pontificia Sistina attraverso la sequenza dei suoi direttori. Il libro si trasforma così in una galleria di ritratti ma soprattutto in una serie di fondali storici. Questo particolarissimo itinerario, percorso dall'autore attingendo a testimonianze documentarie dirette o a ricomposizioni legate ad eventi ben attestati, conferisce così alla Cappella Sistina un'immagine molto più realistica rispetto a quell'alone mitico che la circonda.
L'autore mette le vesti di Giotto per spiegare ai ragazzi la storia che ha voluto rappresentare nella cappella degli Scrovegni. Egli racconta per immagini la vita di Maria, quella di Gesù, la sua morte e risurrezione. Completa il volume la sequenza dei vizi e delle virtù, le due strade che decidono del destino eterno dell'uomo, rappresentato dal giudizio universale.
Un grande fuoco nel cuore è il racconto della vita di Van Gogh, quale risulta dallo studio delle lettere e dalla contemplazione di alcune tele. Due strade che portano all'incontro con la sua vibrante umanità. Emerge l'esperienza di un uomo bruciato da «un grande fuoco nel cuore», teso a scrutare e a rappresentare il mistero che sta al fondo di ogni persona e della realtà tutta: «Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui un tempo era simbolo l'aureola».
Attraverso gli affreschi di Giotto e ampi brani della Legenda Aurea, nella forma della lettera a un'amica, il lettore è accompagnato a immedesimarsi con l'irruenza e l'affezione di Pietro, che si arrende al tenace amore di Cristo, e poi con l'abbandono fiducioso che ha segnato la fine della vita terrena della Vergine, di Giovanni, della Maddalena, dello stesso Pietro e di Paolo. Una meditazione sulla misericordia di Dio che custodisce chiunque a Lui si affidi. Prefazione di Massimo Camisasca.
Primi di luglio 1610... Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610) sta risalendo il Tirreno in direzione di Roma. Giunto a Palo viene arrestato e messo in cella con un ragazzo tredicenne al quale confida la propria vita e illustra le proprie opere, «quasi mettendole in scena ad una ad una». Un capolavoro di Caravaggio non è una carezza di colori delicati, ma un pugno nello stomaco; non è un sussurro, ma un urlo assordante, un taglio netto e cruento, un dito che entra in profondità nella carne. Questo libro racconta con grande acutezza di sguardo l'opera caravaggesca, suddivisa nelle cinque stanze di una ideale mostra. Lo spettatore è invitato ad entrare dentro la scena per diventarne partecipe perché in essa si mostra e accade il dramma dell'esistenza. Dramma, non tragedia, però, perché nel buio delle cose sempre irrompe da una misteriosa sorgente la luce della grazia.
Il volume propone la vita di Francesco attraverso le ventotto Storie francescane della Basilica superiore ed è arricchito da immagini della Basilica inferiore e della cappella Bardi in Santa Croce a Firenze dove Giotto dipinse sette "Storie di san Francesco". Un prezioso strumento per guardare gli affreschi di Giotto mettendosi in ascolto delle parole care a Francesco. La Basilica di Assisi ci fa vedere la vita di san Francesco per destare il fascino della santità attraverso la via della bellezza. L'autore ci guida nella lettura della ricca iconografia della Basilica e in particolare degli affreschi di Giotto ad Assisi e nella cappella Bardi in Santa Croce a Firenze.
Nella Cappella degli Scrovegni Giotto ha dipinto la storia più bella del mondo, quella di Gesù, cominciando dai suoi nonni Gioacchino e Anna, i genitori di Maria. Attraverso di lei Dio si fa bambino. Tutti sono presi da stupore e restano a bocca aperta, perfino i cammelli.
Sette secoli fa, fra il 1303 e il 1305, Giotto, su commissione del banchiere padovano Enrico Scrovegni, affresca la Cappella intitolata a Santa Maria della Carità. Questa piccola chiesa romanico-gotica, concepita inizialmente per accogliere lui stesso e i suoi discendenti dopo la morte, è oggi considerata un capolavoro della pittura del Trecento italiano ed europeo e una delle massime espressioni dell'arte occidentale. Nella pittura di Giotto tutto - dalle corrispondenze verticali e orizzontali alle prospettive architettoniche, dal simbolismo dei colori a quello dei numeri - partecipa dell'avvenimento di Dio che si fa uomo. Un fatto storico che Giotto ha messo in scena perché attraverso i colori e le immagini i fedeli potessero meditare sulla vita di Maria e di Gesù, sulla sua morte e resurrezione, sul proprio destino di libertà in vista del Giudizio Universale.
Fra il 1303 e il 1305 Giotto affrescò, su commissione del banchiere padovano Enrico Scrovegni, una piccola cappella dedicata a Santa Maria della Carità. Il ciclo pittorico è centrato sull’avvenimento di Dio che si fa uomo per aprire all’uomo la strada verso il suo personale destino di gloria.
L’Autore di questa guida introduce il visitatore nella ricchezza di significati custoditi negli affreschi, nell’ordito profondo e nella regia ad essi sottesi, che trovano espressione anche nel simbolismo dei colori e dei numeri, del bestiario e dell’erbario, negli intriganti giochi prospettici, nelle corrispondenze fra Antico e Nuovo Testamento.
Giotto, infatti, assieme a Dante è all’apice di una cultura in cui ogni particolare partecipa di un ordine che tutto abbraccia. Di tale cultura la Cappella degli Scrovegni costituisce, assieme alla Divina Commedia, un vertice assoluto.
Il libro vuole ripercorrere l'opera di Fabrizio De André facendo affiorare le radici della sua sensibilità certamente laica, ma unita a dimensioni proprie del sentire religioso e cristiano, in particolare. Non per "battezzare" Fabrizio - che rimane estraneo ad ogni appartenenza - ma per raccogliere motivi senza i quali riteniamo non si può adeguatamente comprenderlo. Una religiosità, in fondo, mai negata, sviluppata in quella forma liminare al religioso e all'etico che appartiene ad una visione complessiva e profonda della realtà vicina alla mistica. Una laicità mistica, dove l'ultimo termine è aggettivo, modalità di esercizio della laicità. Al di là del bene e del male, sulla cattiva strada. Questa dimensione - che crediamo ultimamente propria di ciascuno - lo fa trasversale ad ogni appartenenza religiosa, morale, politica, rendendolo affine e connaturale a tanti, credenti e non credenti, a uomini di diversa convinzione morale e politica. A generazioni diverse. Il nostro sforzo è, dunque, quello di motivare questa lettura, certi che costituisca almeno l'indicazione di un percorso finora quasi del tutto trascurato. Dobbiamo a Fabrizio un grazie particolare, non solo per aver accompagnato - e non smetterà mai di esserci - l'intera nostra esistenza, ma soprattutto per averci permesso di crescere insieme a tutti quegli uomini e donne che si sono ritrovati attorno alla sua chitarra, che hanno sussultato appena la sua voce irrompeva magicamente tra le mura delle case...
Nel 2008, a sedici anni dalla scomparsa dell'artista, nel pieno di uno sviluppo storiografico che deve rinunciare al rapporto con la sua persona e con l'evoluzione della sua opera, la critica si trova in una fase così delicata da richiedere una verifica del modo di leggere e recepire l'arte di Francis Bacon. Luigi Ficacci torna a indagare un aspetto particolare della sua poetica: il profondo rapporto che lega i due grandi maestri nell'identica percezione di un flusso della spiritualità umana in cui entrambi collocano l'arte, un flusso che condurrà l'occhio odierno a guardare Michelangelo con l'esilarante disperazione di Francis Bacon. Il fulcro del saggio è "Study from the Human Body" di Melbourne: un titolo simile avrebbe potuto essere attribuito facilmente a un disegno di Michelangelo. È un eroe-uomo colto in un passaggio di evanescenza dalla propria potenza; figura dalla sensualità oscura, gravata da un imprecisabile senso di tragedia, carica di potenza e disfatta. Bacon di spalle, mentre esce di scena, rivela un aspetto di grevezza del meccanismo della forza, qualcosa che svela il peso schiacciante della potenza e la vulnerabilità dell'uomo; ma anche lo stato latente della sua forza animale e la possibilità, nell'azione, di elevarsi istantaneamente a una violenza oltre i limiti; e anche che la potenza e la sua capacità di trasfigurare il corpo sono governati da un'incombenza dell'irrazionale o del fato, più che da un'azione determinata dalla volontà.

